"In Italia bisogna rottamare la spazzatura edilizia
post-bellica, senza qualità, interesse storico ed efficienza antisismica. Si
tratta di circa quaranta milioni di vani, costruiti tra il 1945 e il 1972-75,
che non solo non sono meritevoli di conservazione, ma che andrebbero distrutti
quanto prima". E' l'opinione di Aldo Loris Rossi (in foto), urbanista e
ordinario di Progettazione architettonica e ambientale all'Università Federico
II di Napoli, da sempre sostenitore di politiche di riqualificazione
geo-architettonica e paesaggistica delle città italiane. "Le nostre città
- continua Loris Rossi - sono oggi in una condizione di ristagno. Questo non ha
riscontro negli altri paesi industrializzati dove il rinnovo urbano è una
prassi corrente". Le ragioni di tale ristagno sono molteplici ma nascono
da una matrice comune: i guasti prodotti, a partire dal secondo dopoguerra a
oggi, dalla sovraurbanizzazione, dall’edilizia ad alto rischio di stabilità e
dall’abusivismo.
"Dal dopoguerra a oggi si è realizzata la più grande
espansione edilizia della storia d'Italia - spiega Loris Rossi - Nonostante la
popolazione sia sostanzialmente stabile (ma qui il professore non considera l’incremento
immigratorio di circa dieci milioni di persone negli ultimi 15-20 anni -n.d.r.-) da un
quindicennio si è continuato a costruire residenze. Se nel 1945 si registravano
35 milioni di vani residenziali, oggi, assommano a circa 120 milioni; cioè, in quasi 60
anni sono stati edificati circa 85 milioni di vani, quasi due volte e
mezzo quelli prebellici ereditati dopo 30 secoli di vita delle città italiane.
E la cosa più grave è che l’edilizia degli anni ’40,
’50
e
’60 non è antisismica, è stata costruita nell’emergenza e senza garanzie di stabilità, con
esempi periodici di collassi improvvisi. Le prime leggi severe sull'edilizia
antisismica, infatti, risalgono agli inizi degli anni '70.Inoltre si tratta di
edilizia di pessima qualità costruttiva, fatta con materiali scadenti (nel sud
il cemento è prodotto spesso da imprese della mafia), con progetti dozzinali o
addirittura, nel caso dell’abusivismo, senza. Si è calcolato che la spazzatura edilizia è fatta di
circa 40 milioni di vani. Per disfarcene, l'Ordine nazionale degli architetti
aveva lanciato nel 2000 una grande iniziativa: realizzare il fascicolo di
fabbricato, fare cioè la radiografia dell'edificio, una sorta di check-up
per valutarne lo stato di salute. Se infatti analizziamo l'edilizia post
bellica scopriremo che, se non sono antisismici, questi edifici sono a rischio.
Il fascicolo di fabbricato è stato istituito dal Comune di Roma e dalla Regione
Campania, salvo poi essere dichiarato illegittimo".
Il Tar Lazio prima e il Consiglio di Stato poi, con sentenza
1305 del 28 marzo 2008, infatti, hanno dichiarato il fascicolo del Comune di
Roma contrario alla Legge Regionale del Lazio 31/2002 e al principio di
ragionevolezza, perché richiedeva indagini urbanistiche, catastali, geologiche
e ambientali troppo complesse per i proprietari. Dello stesso avviso la Corte
Costituzionale per il “libretto di sicurezza della casa” previsto dalla Regione
Campania.
Se dunque un terzo del patrimonio edilizio italiano è a rischio,
quali sono i pericoli ai quali si va incontro? "Il cemento
armato
- continua Loris Rossi - non dura in eterno, quindi, dopo 25-30 anni la resistenza si
riduce progressivamente. Personalmente ho assistito alla demolizione di
edilizia post-bellica degli anni '40 e '50 e ho notato che dentro il cemento
non c'era più il ferro. In pratica il cemento non era più armato, ma
'disarmato'. C'erano solo buchi arrugginiti, addirittura in alcuni casi abbiamo
trovato reti di pollaio e filo spinato invece delle barre di acciaio previste
dalla normative vigenti. Inoltre, se si usano materiali scadenti e non
si rispetta il dettato delle leggi sull'edilizia antisismica, anche le case in
cemento armato possono cedere, com'è successo in Abruzzo. Prima che
questa edilizia ci cada addosso, le istituzioni dovrebbero muoversi in tre
direzioni: salvaguardia integrale dei centri storici e delle aree
agricole - beni unici e irriproducibili - e rottamazione
con incentivi di quella edilizia postbellica non antisismica e priva di qualità.
Ridurre la politica urbanistica a un aumento delle cubature, alla concessione
della sopraelevazione o della stanzetta, come nella prima versione del
"piano casa" del governo Berlusconi, è un grosso errore: bisogna
invece aprire una prospettiva più ampia per rinnovare l'armatura urbana
italiana e rimettere in moto l'economia delle città".
(Da articoli di Liquida e Kataweb).
(Da articoli di Liquida e Kataweb).
Al World Urban Forum
2012, svoltosi a Napoli questo settembre Loris Rossi , riferendosi alla
Campania ma con un discorso valido per l’intero paese, ha fatto di nuovo
appello alla ''rottamazione della spazzatura edilizia post-bellica'' e a un
nuovo sviluppo urbano attraverso “ una rifondazione dell’armatura urbana", una
diversa pianificazione territoriale che ridisegni un nuovo rapporto tra
demografia e paesaggio in grado di restituire all’Italia quella bellezza e
quella vivibilità per cui era famosa
anni addietro. Intervenendo nel dibattito l’assessore regionale
all’urbanistica Tagliatatela ha aggiunto che bisogna pianificare a “volumetria
zero”, quindi senza consumo di nuovo territorio, e che è possibile, attraverso
la compensazione ambientale, abbattere per ricostruire, delocalizzare ciò che
di brutto è stato realizzato, o collocato in posti ambientali. Basta pensare
alle coste della Campania o della Calabria e della Sicilia, completamente
cementificate fin –spesso- sulla spiaggia. Si pensi ai danni al turismo e
quindi ad un settore centrale della nostra economia che ciò ha comportato. Si
tratta di un’impresa, quella auspicata da Loris Rossi, di certo imponente e che
richiede l’uso di ingenti risorse, ma in grado di rimettere in moto l’economia
e l’occupazione sia nel settore edilizio sia, in seguito, in quello del
turismo, restituendo al paese paesaggi, città più belle e vivibili, civiltà e
identità culturale. E’ un’opera che può essere programmata e attuata senza
fretta, man mano che si disporrà delle risorse necessarie. L’importante è avere
un criterio e un progetto operativo coerente che consenta di rottamare la
spazzatura edilizia di settanta anni di pessima gestione del territorio e di
dare una svolta alla sostenibilità ambientale. Altro che ponte sullo stretto,
si pensi all’enorme opera di riqualificazione delle coste, delle periferie
urbane, delle zone pedemontane, delle aree paesaggistiche attualmente distrutte
da spazzatura edilizia e capannoni. C’è lavoro per decenni e allo stesso tempo
sviluppo economico sostenibile in termini ambientali. Le zone vrdi residue in
Italia e le coste andrebbero inoltre tutelate, in maniera definitiva,con la
creazione di aree in edificabili e senza deroghe, come i parchi nazionali
gestiti dallo Stato e soggetti al massimo controllo. Assicurando la eventuale
necessità di maggiori cubature con la demolizione e ricostruzione in aree già
edificate, il restauro dei centri storici e delle periferie recuperabili. Anche
i criteri dei materiali edilizi da utilizzare andrebbero rivisti nell’ottica
della sostenibilità. Sarebbero così da incentivare le ricostruzioni in
materiali quali le pietre nelle varietà dei luoghi interessati, quali il legno,
il vetro, l’uso di isolanti naturali quali le sabbie, materiali organici come il
sughero, materiali a bvasso impatto ambientale, ecc. Il tutto nella prospettiva di creare edifici gradevoi
alla vista, meglio isolati, più confortevoli, ed anche più duraturi rispetto al
cemento.
Un discorso a parte meritano le grandi città come Roma e Milano
che hanno visto dal dopoguerra un processo di urbanizzazione intenso e
sregolato che ha distrutto il territorio intorno alla città e dato luogo a
quartieri invivibili e ingestibili di edilizia spaventosa, degradata, senza
infrastrutture e servizi adeguati. Qui il progetto del Professor Loris Rossi di
demolizione e ricostruzione secondo criteri di buona edilizia e di
sostenibilità potrebbe essere integrato anche da soluzioni che per l’Italia
appaiono “coraggiose” ma che nel mondo e nei paesi ad alto tasso di civiltà
sono la norma. Ad esempio la necessità di risparmiare territorio verde potrebbe
essere assicurata con zone ben individuate dove costruire in altezza che
consenta di dare risposta abitativa
a migliaia di famiglie evitando al contempo di distruggere
territorio verde o addirittura permettendo il recupero a verde di
territori attualmente cementificati in modo massiccio con edilizia di bassa o
bassissima qualità. Anche Roma e Milano potrebbero vedere così, in certi
quartieri non ovviamente al ridosso del centro storico, la costruzione di
grattacieli progettati da studi qualificati, circondati da aree verdi, forniti di tutte le risorse della tecnologia costruttiva e di
sostenibilità( produzione di energia fotovoltaica, isolamento termico,
risparmio energetico, sicurezza dal terremoti, ecc.) e comfort abitativo. Anche
l’edilizia popolare, se adeguatamente sostenuta dal pubblico, può assumere
questi contenuti innovativi, con grande risparmio di territorio, miglior
impatto ambientale e paesaggistico, minor consumo di energia e migliore qualità
di vita per decine di migliaia di persone.
Purtroppo la stabilizzazione della popolazione, nonostante
le prefiche che piangono ogni giorno sui bassi tassi di natalità in Italia, nel
nostro paese non è un obiettivo vicino. Il forte tasso di immigrazione è
destinato a durare e ad aggravarsi. Se la natalità nel mondo non decresce, le
stime prevedono in Europa 220 milioni di immigrati per i prossimi 50 anni.
Senza contare i tassi di natalità che in alcuni paesi stanno riaumentando, come
in Francia e Inghilterra. Se
continuiamo a costruire come si fa attualmente, il Bel Paese è destinato a diventare un lontano ricordo.
E' urgente una legislazione nazionale che istituisca aree verdi esenti da costruzioni e dalla speculazione edilizia, togliendone il controllo dalle troppe istituzioni locali. Tutte le aree verdi del paese con un alto valore paesaggistico dovrebbero essere immediatamente tutelate (da subito!) con l'istituzione per legge di queste aree protette dal cemento. Ormai è rimasto poco tempo e il cemento avanza.
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