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venerdì 14 settembre 2012

LORIS ROSSI: ROTTAMARE L’ITALIA DEL DOPOGUERRA






"In Italia bisogna rottamare la spazzatura edilizia post-bellica, senza qualità, interesse storico ed efficienza antisismica. Si tratta di circa quaranta milioni di vani, costruiti tra il 1945 e il 1972-75, che non solo non sono meritevoli di conservazione, ma che andrebbero distrutti quanto prima". E' l'opinione di Aldo Loris Rossi (in foto), urbanista e ordinario di Progettazione architettonica e ambientale all'Università Federico II di Napoli, da sempre sostenitore di politiche di riqualificazione geo-architettonica e paesaggistica delle città italiane. "Le nostre città - continua Loris Rossi - sono oggi in una condizione di ristagno. Questo non ha riscontro negli altri paesi industrializzati dove il rinnovo urbano è una prassi corrente". Le ragioni di tale ristagno sono molteplici ma nascono da una matrice comune: i guasti prodotti, a partire dal secondo dopoguerra a oggi, dalla sovraurbanizzazione, dall’edilizia ad alto rischio di stabilità e dall’abusivismo.

"Dal dopoguerra a oggi si è realizzata la più grande espansione edilizia della storia d'Italia - spiega Loris Rossi - Nonostante la popolazione sia sostanzialmente stabile (ma qui il professore non   considera l’incremento immigratorio di circa dieci milioni di persone negli ultimi 15-20 anni -n.d.r.-) da un quindicennio si è continuato a costruire residenze. Se nel 1945 si registravano 35 milioni di vani residenziali, oggi, assommano a circa 120 milioni; cioè, in quasi 60 anni sono stati edificati circa 85 milioni di vani, quasi due volte e mezzo quelli prebellici ereditati dopo 30 secoli di vita delle città italiane.
 E la cosa più grave è che l’edilizia degli anni ’40, ’50 e ’60 non è antisismica, è stata costruita nell’emergenza e senza garanzie di stabilità, con esempi periodici di collassi improvvisi. Le prime leggi severe sull'edilizia antisismica, infatti, risalgono agli inizi degli anni '70.Inoltre si tratta di edilizia di pessima qualità costruttiva, fatta con materiali scadenti (nel sud il cemento è prodotto spesso da imprese della mafia), con progetti dozzinali o addirittura, nel caso dell’abusivismo, senza.  Si è calcolato che la spazzatura edilizia è fatta di circa 40 milioni di vani. Per disfarcene, l'Ordine nazionale degli architetti aveva lanciato nel 2000 una grande iniziativa: realizzare il fascicolo di fabbricato, fare cioè la radiografia dell'edificio, una sorta di check-up per valutarne lo stato di salute. Se infatti analizziamo l'edilizia post bellica scopriremo che, se non sono antisismici, questi edifici sono a rischio. Il fascicolo di fabbricato è stato istituito dal Comune di Roma e dalla Regione Campania, salvo poi essere dichiarato illegittimo".
Il Tar Lazio prima e il Consiglio di Stato poi, con sentenza 1305 del 28 marzo 2008, infatti, hanno dichiarato il fascicolo del Comune di Roma contrario alla Legge Regionale del Lazio 31/2002 e al principio di ragionevolezza, perché richiedeva indagini urbanistiche, catastali, geologiche e ambientali troppo complesse per i proprietari. Dello stesso avviso la Corte Costituzionale per il “libretto di sicurezza della casa” previsto dalla Regione Campania.

Se dunque un terzo del patrimonio edilizio italiano è a rischio, quali sono i pericoli ai quali si va incontro? "Il cemento armato - continua Loris Rossi - non dura in eterno, quindi, dopo 25-30 anni la resistenza si riduce progressivamente. Personalmente ho assistito alla demolizione di edilizia post-bellica degli anni '40 e '50 e ho notato che dentro il cemento non c'era più il ferro. In pratica il cemento non era più armato, ma 'disarmato'. C'erano solo buchi arrugginiti, addirittura in alcuni casi abbiamo trovato reti di pollaio e filo spinato invece delle barre di acciaio previste dalla normative vigenti. Inoltre, se si usano materiali scadenti e non si rispetta il dettato delle leggi sull'edilizia antisismica, anche le case in cemento armato possono cedere, com'è successo in Abruzzo. Prima che questa edilizia ci cada addosso, le istituzioni dovrebbero muoversi in tre direzioni: salvaguardia integrale dei centri storici e delle aree agricole - beni unici e irriproducibili - e rottamazione con incentivi di quella edilizia postbellica non antisismica e priva di qualità. Ridurre la politica urbanistica a un aumento delle cubature, alla concessione della sopraelevazione o della stanzetta, come nella prima versione del "piano casa" del governo Berlusconi, è un grosso errore: bisogna invece aprire una prospettiva più ampia per rinnovare l'armatura urbana italiana e rimettere in moto l'economia delle città".
(Da articoli di Liquida e Kataweb).

Al  World Urban Forum 2012, svoltosi a Napoli questo settembre Loris Rossi , riferendosi alla Campania ma con un discorso valido per l’intero paese, ha fatto di nuovo appello alla ''rottamazione della spazzatura edilizia post-bellica'' e a un nuovo sviluppo urbano attraverso “ una rifondazione dell’armatura urbana", una diversa pianificazione territoriale che ridisegni un nuovo rapporto tra demografia e paesaggio in grado di restituire all’Italia quella bellezza e quella vivibilità per cui era famosa  anni addietro. Intervenendo nel dibattito l’assessore regionale all’urbanistica Tagliatatela ha aggiunto che bisogna pianificare a “volumetria zero”, quindi senza consumo di nuovo territorio, e che è possibile, attraverso la compensazione ambientale, abbattere per ricostruire, delocalizzare ciò che di brutto è stato realizzato, o collocato in posti ambientali. Basta pensare alle coste della Campania o della Calabria e della Sicilia, completamente cementificate fin –spesso- sulla spiaggia. Si pensi ai danni al turismo e quindi ad un settore centrale della nostra economia che ciò ha comportato. Si tratta di un’impresa, quella auspicata da Loris Rossi, di certo imponente e che richiede l’uso di ingenti risorse, ma in grado di rimettere in moto l’economia e l’occupazione sia nel settore edilizio sia, in seguito, in quello del turismo, restituendo al paese paesaggi, città più belle e vivibili, civiltà e identità culturale. E’ un’opera che può essere programmata e attuata senza fretta, man mano che si disporrà delle risorse necessarie. L’importante è avere un criterio e un progetto operativo coerente che consenta di rottamare la spazzatura edilizia di settanta anni di pessima gestione del territorio e di dare una svolta alla sostenibilità ambientale. Altro che ponte sullo stretto, si pensi all’enorme opera di riqualificazione delle coste, delle periferie urbane, delle zone pedemontane, delle aree paesaggistiche attualmente distrutte da spazzatura edilizia e capannoni. C’è lavoro per decenni e allo stesso tempo sviluppo economico sostenibile in termini ambientali. Le zone vrdi residue in Italia e le coste andrebbero inoltre tutelate, in maniera definitiva,con la creazione di aree in edificabili e senza deroghe, come i parchi nazionali gestiti dallo Stato e soggetti al massimo controllo. Assicurando la eventuale necessità di maggiori cubature con la demolizione e ricostruzione in aree già edificate, il restauro dei centri storici e delle periferie recuperabili. Anche i criteri dei materiali edilizi da utilizzare andrebbero rivisti nell’ottica della sostenibilità. Sarebbero così da incentivare le ricostruzioni in materiali quali le pietre nelle varietà dei luoghi interessati, quali il legno, il vetro, l’uso di isolanti naturali quali le sabbie, materiali organici come il sughero, materiali a bvasso impatto ambientale,  ecc. Il tutto nella prospettiva di creare edifici gradevoi alla vista, meglio isolati, più confortevoli, ed anche più duraturi rispetto al cemento.
Un discorso a parte meritano le grandi città come Roma e Milano che hanno visto dal dopoguerra un processo di urbanizzazione intenso e sregolato che ha distrutto il territorio intorno alla città e dato luogo a quartieri invivibili e ingestibili di edilizia spaventosa, degradata, senza infrastrutture e servizi adeguati. Qui il progetto del Professor Loris Rossi di demolizione e ricostruzione secondo criteri di buona edilizia e di sostenibilità potrebbe essere integrato anche da soluzioni che per l’Italia appaiono “coraggiose” ma che nel mondo e nei paesi ad alto tasso di civiltà sono la norma. Ad esempio la necessità di risparmiare territorio verde potrebbe essere assicurata con zone ben individuate dove costruire in altezza che consenta di dare risposta abitativa  a migliaia di famiglie evitando al contempo di  distruggere  territorio verde o addirittura permettendo il recupero a verde di territori attualmente cementificati in modo massiccio con edilizia di bassa o bassissima qualità. Anche Roma e Milano potrebbero vedere così, in certi quartieri non ovviamente al ridosso del centro storico, la costruzione di grattacieli progettati da studi qualificati, circondati da aree verdi, forniti di tutte le risorse della tecnologia costruttiva e di sostenibilità( produzione di energia fotovoltaica, isolamento termico, risparmio energetico, sicurezza dal terremoti, ecc.) e comfort abitativo. Anche l’edilizia popolare, se adeguatamente sostenuta dal pubblico, può assumere questi contenuti innovativi, con grande risparmio di territorio, miglior impatto ambientale e paesaggistico, minor consumo di energia e migliore qualità di vita per decine di migliaia di persone.  
Purtroppo la stabilizzazione della popolazione, nonostante le prefiche che piangono ogni giorno sui bassi tassi di natalità in Italia, nel nostro paese non è un obiettivo vicino. Il forte tasso di immigrazione è destinato a durare e ad aggravarsi. Se la natalità nel mondo non decresce, le stime prevedono in Europa 220 milioni di immigrati per i prossimi 50 anni. Senza contare i tassi di natalità che in alcuni paesi stanno riaumentando, come in Francia e Inghilterra.  Se continuiamo a costruire come si fa attualmente,  il Bel Paese è destinato a diventare un lontano ricordo.
E' urgente una legislazione nazionale che istituisca aree verdi esenti da costruzioni e dalla speculazione edilizia, togliendone il controllo dalle troppe istituzioni locali. Tutte le aree verdi del paese con un alto valore paesaggistico dovrebbero essere immediatamente tutelate (da subito!) con l'istituzione per legge di queste aree protette dal cemento. Ormai è rimasto poco tempo e il cemento avanza. 

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