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lunedì 18 gennaio 2010

Technology and Overpopulation

Overpopulation – Technology Solution
Posted on January 18, 2010
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By
Fred Westmark
Many futurists and modernists believe that technology can solve all of mankind’s problems. The panacea for humans, they believe, is in the hands of technology, the savior of mankind. But can technology overcome every human problem?
Technology has helped humans overcome many of its problems. Technology has improved human society in many ways: faster transportation, better food, greater access to information, and so on. These tools and machines made technology have vastly improved people’s lives. Today, a messenger doesn’t have to run twenty six miles to bring the news of the Greeks victory over the Persians (Marathon); he could send a message by cell phone in an instant.
Mankind can travel to the moon. Mankind can wash and dry clothes in an hour. Technology has been beneficial for us. Scientists try to push technology to its feasible limits. But what are the limits?
Has technology provided food for everyone? Has technology made humans smarted? Has technology prevented war? Has technology stopped hatred and bigotry? Has technology shown us how to love each other? Will technology control our breeding habits?
Humans act and feel the same as they did thousands of years ago. Machines have improved and changed, but we haven’t. We still hate getting up on Monday morning. We still need to eat every day. And we still breed and produce more human beings. Will technology be used in the future to stop people from breeding?
We are humans, not machines. We can’t improve by adding another widget. No one can simply push a lever and turn us off. Humanists would warn us that some technology is dangerous and could destroy us. Will human beings allow technology to tell us when and how to have children? The answer is an empathic ‘NO’!
We need to use technology wisely, but we need to control technology. It is only as means to an end, it is not the end. Humans need information and knowledge to answer overpopulation questions. Technology can help us. A machine won’t solve overpopulation on the earth, machines can only control and manipulate.
We, humans, have the capacity to respond to dangerous situations and we will respond to the overpopulation threat. We have no choice. We need commitment and determination from the entire planet.

sabato 16 gennaio 2010

SOVVRAPPOPOLAZIONE E SVILUPPO ECONOMICO

Una popolazione del pianeta che era di meno di un miliardo nel 1900 (impiegando qualche milione di anni per arrivare a tanto) e che oggi va per i sette miliardi, in soli cento anni. Chi non riconosce un questo la tragedia del pianeta terra è cieco o fa finta di non vedere. La redistribuzione delle ricchezze è una chimera per allocchi: non farebbe che aumentare la produzione di rifiuti e di CO2, la deforestazione, la fine del pianeta.Né si può costringere gli uomini all'indigenza come predicano gli utopisti della Decrescita Felice: che senso ha ridurre i consumi se non creare disoccupazione, degrado sociale, dittature autoritarie per impedire lo sviluppo. Marxisti e verdi degli specchietti solari spacciano castronerie. La verità è che l'unica soluzione è la politica del contenimento demografico mediante contraccettivi, incentivi fiscali per le famiglie con un solo figlio, sterilizzazioni, aiuti condizionati alla riduzione della natalità.

Chi afferma che lo sviluppo demografico aiuta lo sviluppo economico?
Potrebbe essere ben vero il contrario. Come spiegato da Ansley Coale della Princeton University, nei paesi del sottosviluppo c’è un rapporto di proporzionalità diretta tra tassi rapidi di incremento della popolazione e condizioni economiche declinanti. Le economie di molti paesi in via di sviluppo, ad esempio quelli dell’Africa e dell’America Latina, vengono frenate dal fatto che un’alta percentuale del reddito personale e di quello nazionale venga spesa per rispondere a necessità di consumo immediate, per cibo, alloggio e vestiti - ci sono, infatti, troppi bambini per ogni lavoratore adulto. Così rimane poco reddito disponibile, a livello personale e nazionale, per accumulare capitale da investire. La mancanza di capitali d’investimento deprime la crescita di produttività dell’industria e porta ad un’alta disoccupazione (che è esacerbata dalla rapida crescita del numero di persone in cerca di prima occupazione). La mancanza di capitale contribuisce anche all’incapacità, da parte di un paese, di investire in educazione, amministrazione, infrastrutture, nelle necessità ambientali e in altri settori che potrebbero contribuire al miglioramento della produttività a lungo termine dell’economia e degli standard di vita della gente.
Nessun paese, nel ventesimo secolo, ha fatto molti progressi nella transizione da “in via di sviluppo” a “sviluppato”, fino a che non ha messo sotto controllo la crescita della sua popolazione. Per esempio, in Giappone, Corea, Taiwan, Hong Kong, Singapore, nelle Bahamas e nelle Barbados, un rapido sviluppo economico, misurato in prodotto nazionale lordo pro capite, è avvenuto solo dopo che ognuno di questi paesi aveva raggiunto un tasso di crescita naturale della sua popolazione al di sotto dell’1,5% l´anno e un numero medio di figli per donna di 2,3 al massimo. Herman Daly, ex Senior Economist della Banca Mondiale, ritiene che criteri simili potrebbero valere anche per altri paesi. Detto in parole semplici, se quanto affermano Simon e Forbes fosse vero, i paesi a bassa crescita demografica dell’Europa e del Nord America dovrebbero avere economie deboli, mentre le economie dell’Africa sub-sahariana e degli altri paesi dell’Asia e dell’America Latina, caratterizzati da una crescita impetuosa, dovrebbero essere robuste. La Cina è un buon esempio dei giorni nostri di come un cambiamento demografico nella direzione di una riduzione della fertilità possa stimolare il settore manifatturiero e potenziare la crescita economica.


martedì 12 gennaio 2010

ALLARME DEL WWF

In Italia si "consumano" 200
metri quadri di suolo al minuto
Il Wwf ha scritto a Napolitano, al premier e ai ministri: «Serve uno scatto d'orgoglio per salvare la natura»



MILANO - L'11 gennaio, a Berlino, l'Onu ha ufficializzato il lancio mondiale del «2010: Anno internazionale della biodiversità». Dopo l'anno del clima tocca dunque alla salvaguardia delle specie che abitano il pianeta. Il nostro paese è, ancora, un vero e proprio paradiso mondiale di biodiversità. Ma se non ci sarà un'inversione di rotta nella salvaguardia del territorio la situazione è destinata a cambiare radicalmente. Il suolo vergine, in Italia, si perde al ritmo di 110 chilometri quadrati all'anno, pari a 30 ettari al giorno, 200 metri quadrati al minuto. Sono dati contenuti in un resoconto fornito dal Wwf.
I dati offrono un quadro allarmante: attualmente nel nostro paese sono a rischio estinzione il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi, il 69% dei rettili e addirittura l’88% dei pesci d’acqua dolce. La situazione non va meglio per la flora (15%) e le piante inferiori (40%) ovvero alghe, funghi,licheni, muschi e felci. Dalla metà del secolo scorso la biodiversità in Italia ha subito una fortissima riduzione, in particolare a causa del consumo del suolo. Negli ultimi 50 anni sono stati intensamente colpiti alcuni importanti ambienti quali zone umide e boschi di pianura, ma anche altri sono stati compromessi da fenomeni di frammentazione che ne hanno deteriorato la qualità.
LA LETTERA DEL WWF ALLE ISTITUZIONI - Il Wwf ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio e ai ministri competenti in cui chiede uno scatto d'orgoglio al nostro Paese, per confermare un primato internazionale che ha fatto dell'Italia il primo Stato membro dell'Unione Europea che ha sottoscritto il «Countdown 2010», deciso a Malahide (Irlanda) nel 2004, e promosso la Carta di Siracusa nell'aprile 2009, nell'ambito del G8 Ambiente. In Italia, rileva il Wwf, non è stato fatto «nessun passo concreto per difendere la ricchezza di specie e habitat». L'associazione dice il presidente onorario Fulco Pratesi, chiede l'impegno del ministro dell'Ambiente per salvare animali simbolo come l'orso, lo stambecco, il lupo, che rendono unico il nostro Paese. Ci dovrebbe essere da parte di tutti i Paesi, l'impegno per il Countdown 2010 (un'alleanza di governi, Ong e settore privato) con l'obiettivo di intraprendere le azioni per fermare la perdita di biodiversità entro il 2010, l'anno della svolta e del target per tutti i governi del mondo.

I RECORD DELL'ITALIA - Con 57.468 specie animali di cui l'8,6% endemiche, e 12.000 specie di flora, delle quali il 13,5% specie endemiche, l'Italia è il paese Europeo più ricco di biodiversità ma molta della ricchezza si sta perdendo: attualmente sono a rischio di estinzione il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi e addirittura l'88% dei pesci d'acqua dolce. Tra le minacce principali la modifica degli habitat e il consumo del suolo. Non ultime ancora oggi il bracconaggio ai danni si specie sempre più rare e la caccia eccessiva. Rischiamo di perdere, nei prossimi anni, specie come l'orso bruno, la lontra, il capovaccaio, l'aquila del Bonelli, la pernice bianca, la gallina prataiola.È dunque il richiamo alle istituzioni il primo passo che il WWF compie in ambito nazionale per l'Anno della Biodiversità, un 2010 nel quale l'associazione sarà impegnata con iniziative speciali, progetti sul campo e ulteriori interventi istituzionali.

IN ITALIA MANCA ANCORA UN PIANO DI SALVAGUARDIA - Nelle lettera il Wwf indica
come obiettivo prioritario per il 2010 la definizione in un'apposita Conferenza nazionale, aperta al contributo scientifico delle associazioni ambientaliste e dei maggiori esperti italiani, per definire la Strategia nazionale della Biodiversità e un conseguente Piano d'azione, sostenuto da adeguate risorse economiche, ricordando che ad oggi l'Italia non è tra quei 167 Paesi del mondo (l'87% delle parti che hanno sottoscritto la Convenzione internazionale sulla Biodiversità, CBD) che hanno già adottato proprie Strategie e Piani d'azione a tutela della biodiversità. L'emergenza globale del fatto che drammatici sono i dati relativi alla perdita di biodiversità agli habitat e alle specie più minacciate sul nostro Pianeta: insostenibili processi di deforestazione fanno sì che ogni 3-4 anni sparisca per sempre una superficie di foresta pluviale equivalente a tutta la Francia, mentre le specie si estinguono ad una velocità 100 volte superiore a quella dell'era preistorica.