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lunedì 26 agosto 2019

L'alienazione dell'uomo nella società di massa

Diego Fusaro: La Notte del Mondo, Marx, Heidegger e il tecnocapitalismo. Utet
Riporto una breve sintesi del libro di Diego Fusaro sull'alienazione dell'uomo contemporaneo come descritta prima da Marx e poi rielaborata e approfondita da Heidegger. Messe a confronto le cause dell'alienazione, che il primo riporta allo sfruttamento capitalistico, e il secondo all'effetto reificante della Tecnica, Diego Fusaro approfondisce la relazione delle due interpretazioni e mette in evidenza la comune denuncia del tecnocapitalismo globalizzato oggi imperante. Aggiungo un mio commento personale all'interpretazione del problema, riportandolo ad una visione non antropocentrica o, comunque, rispettosa delle altre specie viventi.Per coloro che non si interessano di filosofia, chiedo un piccolo sforzo perché' comunque, il problema che si dibatte ha a che vedere con una visione dell'uomo e della realtà' che rientra nella "cosa del pensiero". L'argomento ha poco di astratto ed è al contrario molto concreto e gli effetti si parano davanti a noi, allibiti testimoni di una trasformazione che non ha precedenti, e di fronte a cui non è più possibile chiudere gli occhi . Grazie all'interessante libro di Fusaro, concetti fondamentali della filosofia contemporanea come quelli di alienazione, massificazione, tecnica planetaria, vengono esplicitati e chiariti, portando ad una corretta interpretazione del fenomeno drammatico della sovrappopolazione umana e del pericolo mortale che essa costituisce per la vita sulla terra.
Parafrasando Heidegger il giovane filosofo Diego Fusaro ci manda con questo suo libro il seguente messaggio: solo uno Stato ci può salvare. La situazione dell’uomo contemporaneo è stata ben sintetizzata dal primo Marx con la parola “alienazione”. In cosa consista questo sentimento di estraneazione dell’uomo nella società contemporanea puo’ essere descritto con un’altra parola introdotta da Marx: la reificazione dell’uomo, cioè la sua riduzione a cosa tra le cose da parte dell’apparato produttivo di massa che domina attraverso il capitalismo globalizzato. Di questa reificazione è responsabile, secondo Marx, il processo di produzione che padroneggia gli uomini trasformandoli in valore di mercato come le merci prodotte. I grandi numeri della produzione di massa, nel capitalismo globalizzato, uniformizzano il processo produttivo accentuando l'alienazione dell'uomo ridotto a numero nella grande macchina del mercato globale. Fusaro pone a confronto quello che dice Marx con l'altro grande interprete filosofico della contemporaneità: Hedegger.
"Sia che lo si chiami "kapitalistische Produktionsweise", secondo la definizione di Marx metabolizzata dai suoi eterodossi allievi del Novecento, sia che lo si etichetti come "Technik", in accordo con il lessico di Heidegger e dei suoi epigoni, il sistema della produzione materializzata (di massa ndr), nella sua anonima autoreferenzialità di un minaccioso dispositivo che signoreggia gli uomini, presenta una dinamica di sviluppo illimitata e illimitabile: marxianamente, il capitale persegue il "telos" del proprio incremento smisurato, proprio come, heideggerianamente, la tecnica rincorre lo scopo del proprio irrelato e insensato autopotenziamento, in una cornice di mero nichilismo antiumanistico, il cui il mercato, la produzione e il consumo diventa il solo valore direttivo".
Ma di questo continuo potenziamento della produzione delle cose, un effetto collaterale non secondario ma sostanziale -anzi essenziale all'intero meccanismo della produzione e del mercato di massa- e quindi della alienazione umana, è l'incremento "produttivo" dell'uomo reificato a cosa tra le cose, funzionale al Gestell (come definito da Heidegger) cioè all'impianto tecnico-industriale-informatico-finanziario ed economico che signoreggia il mondo. L'uomo è si produttore, ma egli stesso è divenuto prodotto: cosa tra le cose, con l'unico senso della moltiplicazione numerica di se stesso in qualità di consumatore-produttore. Funzionale alla "macchinazione" è il continuo esplosivo incremento numerico della popolazione umana, quell'incremento inarrestabile che nell'ultimo secolo ha portato la popolazione umana del pianeta da uno a otto miliardi, senza più mediazioni e autolimitazioni - come era stato nelle epoche precedenti-. Moltiplicazione umana senza limiti e produzione-mercato di massa hanno poi avuto effetto sulla trasformazione del mondo in quell'apparato tecnocapitalistico che ha determinato il collasso ambientale dei nostri anni.Mentre cresceva il sistema della finanza mondiale e della produzione e scambio globale, abbiamo assistito alla scomparsa dello stato, accelerata in Europa dalle due guerre mondiali. Lo stato ha perso le frontiere e gradualmente le funzioni direttive, per divenire amministrazione, esecuzione di ordini e regolamenti sovranazionali, deresponsabilizzati, uniformatizzati. La democrazia è formalmente conservata, di fatto gli ambiti di libertà ristretti da regolamenti e giurisdizioni extra-statali come la Bce o il Wto. Ma l'effetto più appariscente è quello sulle strutture umane materiali. La crescita delle megalopoli , l'espandersi dei traffici e dei consumi, delle infrastrutture, degli areoporti, dei porti, dei centri commerciali, dei sistemi produttivi. Tutto questo è sotto i nostri occhi allibiti e forse ancora increduli: l'attuale emergenza climatica e ambientale, dall'effetto serra ai rifiuti, all'inquinamento da plastiche e da tossici, è solo l'aspetto più eclatante di uno sradicamento dell'uomo ridotto a pollo di allevamento intensivo nelle sue megalopoli in continua rapida espansione. L'effetto estraniante o deiettivo e inautentico (se vogliamo usare il termine heideggeriano) di questo sradicamento è l'uniformizzazione planetaria. Se qualcuno ritiene che questi siano vani discorsi da intellettuali o pure astrazioni, non ha da farsi che un bel viaggio in posti disparati del pianeta, dai più vicini a quelli più lontani e, un tempo si sarebbe detto, appartenenti ad "altre culture". Quello che appare evidente agli occhi del viaggiatore è l'oscena identità ripetitiva di quello che una volta sarebbe apparso come la varietà delle culture, dei costumi, delle città e dei paesaggi del mondo. Un unico grande proliferare di caseggiati e di infrastrutture, tutte assolutamente simili, un crescere di grattacieli assolutamente indistinguibili e simili nei vari luoghi e megalopoli, strade, aeroporti, apparati di illuminazione, centri commerciali, tunnel, ferrovie, ponti, tralicci. Un identico movimento e attività di milioni di umani che brulicano affannosamente in un fare che non conclude nulla ma è perennemente fine a se stesso, sradicati e lontani dalle vecchie appartenenze, senza più una cultura se non quella del valore della moneta e della merce. Tutti si adoperano per un interesse che gira intorno al proprio presente, al proprio utile, al proprio sussistere. La vita diviene ovunque uguale, uniforme nei tempi e nei modi di fruizione. Tutti hanno un uguale stile di vita, persino in luoghi opposti del globo, che da un lato assicura una vita più comoda e circondata dai prodotti della produzione, dall'altra lascia le persone spaesate (nel senso letterale di senza paese), inglobate in un grande meccanismo che non lascia scampo alla ricerca di una propria verità, ma impone un'unica verità: quella del mercato. Questo dramma, anziché denunciato viene quasi osannato dai media controllati dall'apparato produttivo e finanziario: con la definizione di multiculturalismo si cerca di far passare la scomparsa di ogni cultura, definendola paradossalmente come integrazione tra culture diverse.
Dice Fusaro: "La "morte di Dio" annunciata da Nietzsche coincide con l'insensatezza di un mondo storico in cui, dopo il crepuscolo dei valori in grado di opporsi alla dinamica della reificazione planetaria, a sopravvivere è unicamente il nichilismo della forma merce e della tecnica autoreferenziale come unico valore direttivo, a cui tutto diventa relativo. "
Accade così sotto i nostri occhi che alla proliferazioni delle merci, e dell'uomo ridotto a merce, si contrappone la distruzione della vita (intesa come natura) nella forma delle varie specie viventi che popolano ancora la terra e che sembrano sempre più delle "sopravvivenze" relegate ad aree museo, a riserve naturali sempre più ristrette ed assediate dalla grande macchina in continua espansione. I boschi bruciano perché debbono divenire aree di produzione e di allevamento per produrre merci e cibo per una popolazione in continua espansione. La colpa viene data ora a questo ora a quel politico, ma nessuno vede la tragica realtà metafisica che ci condanna alla distruzione.
Come accade che la tecnica snatura l'essenza dell'uomo e lo sradica dalla sua appartenenza alla terra? Non e' solo la trasformazione artificiale del pianeta come la cementificazione, l'espandersi delle infrastrutture delle megalopoli e l'affermarsi globale della civilta' industriale. C'e' qualcosa di più' sostanziale in questa perdita di appartenenza naturale: la riduzione di uomo a numero e dell'umanità' a massa umana omogenea senza più cultura e senza radici(massificazione). Questo avviene con la trasformazione della persona da soggetto a oggetto e quindi il suo divenire strumento funzionale al meccanismo, il suo entrare nel grande ciclo della produzione-consumo dove l'unica cultura che resta è quella dei bisogni indotti, della pubblicità e della realtà virtuale. L'esplosione demografica di homo cui assistiamo da più' di un secolo ne e' l'aspetto più' appariscente. La tecnica e il pensiero calcolante, la tecno-scienza funzionale al capitalismo globalizzato, determinano la crescita sproporzionata rispetto al resto delle specie viventi e al mondo naturale, trasformando così la specie homo in vera e propria malattia planetaria, in una specie di cancro che soffoca il pianeta. Questa e' l'alienazione più' sostanziale, la deiezione che rende l'uomo la specie infestante con il suo prepotente antropocentrismo e il mondo quel fondo "a disposizione" destinato solo all'utile immediato, che ne sta determinando la fine. Tutto viene ridotto e schiacciato a presente, considerato l'unica realtà, mentre il passato e il futuro sono cancellati.
Marx aveva alimentato la grande illusione che l'alienazione umana sarebbe finita quando la classe operaia liberata avrebbe gestito la tecnica in modo umano rispetto al capitalismo speculatore. Si sperava che allora il valore d'uso avrebbe sostituito il valore di mercato e l'uomo sarebbe uscito dal suo destino di reificazione e di sfruttamento.
Già Heidegger aveva criticato questa illusione, parlando della Tecnick come di compimento della metafisica, come destino della società' contemporanea. Nella sua Lettera sull'Umanismo (1946) conclude che da questo destino non si puo' uscire con nessuna rivoluzione economica e sociale. Ma vede una via di uscita solo in un cambiamento che riporti l'uomo alle sue radici : da homo faber che vede il mondo come fondo utilizzabile, l'uomo contemporaneo deve divenire il pastore dell'essere, il custode della natura fuoriuscendo dal ciclo produzione-consumo. Solo un ritrarsi (vedi il saggio sull'Abbandono) dal fare tecnico di trasformazione del mondo e dal pensiero calcolante puo' restituirci un destino conforme alla natura.
Alcune considerazioni personali a margine del testo di Fusaro. Salvo qualche raro accenno, i movimenti dei verdi non sono pressoché mai citati dal giovane filosofo, sebbene la devastazione ambientale sia uno dei principali effetti del tecnocapitalismo globale. Il movimento ecologista non e' riuscito a proporre una reale svolta alla crisi contemporanea, per il motivo che si e' mosso finora all'interno del pensiero antropocentrico (l'uomo prima di tutto). Anzi -coerentemente al pensiero politico della sinistra post-marxista, più che l'uomo fisico al movimento dei verdi interessano i cosiddetti diritti umani, cioè un coacervo di affermazioni del politicamente corretto formulati in modo da non consentire alcuna discussione pena l'esclusione dal mondo civile e la condanna senza appello. All'opposto, solo un pensiero che riconosca i diritti degli altri, delle altre specie viventi e della natura nel suo complesso, riducendo in modo determinante i diritti umani assolutizzati, può dare risposte adeguate. Per cercare una via alternativa e' necessario un nuovo patto tra uomo e natura. O meglio, visto che non e' possibile un patto tra specie diverse, un patto tra uomo e se stesso (con la parte animale che ci appartiene in tutto e per tutto come ci ha insegnato Lorenz). Solo riconoscendo la nostra appartenenza al mondo naturale è possibile riconoscere la reale salvaguardia di chi non appartiene alla nostra specie ma è parte integrante della natura terrestre. Come dimostra quello che sta avvenendo, solo riducendo i nostri diritti a favore di quelli animali e vegetali è possibile salvare l'uomo. Al primo posto di questo patto deve essere la marcia indietro rispetto alla proliferazione della specie Homo, alla sua riduzione a numero in espansione senza limiti e senza senso. Il rientro demografico e' condizione di fondo per poter poi modificare tutto il resto, ridurre il ciclo della produzione e consumo, secondo criteri compatibili con il pianeta per ridare spazio alla natura finora soffocata. Se la tecnica ha causato l'esplosione demografica, sarà' ancora la tecnica, gestita con un criterio diverso da quello antropocentrico, ad assicurare la possibilità' di un rientro nei limiti.Dalla tecnica è venuto il motore a scoppio e la bomba nucleare, ma anche il computer e i mezzi contraccettivi. Concretamente, tuttavia, come si può raggiungere lo scopo? Non bastano la volontà dei singoli o le conferenze sul clima. Chi oggi può essere in grado di gestire la potenza della tecnica in modo meno antropico e più favorevole alla natura? Non certo bastano i poteri della grande finanza e della produzione globalizzata, coloro che guidano le politiche mondiali come oggi. Fondamentale a questo scopo e'dunque tornare ad una figura che, nella hybris della globalizzazione uniformante, si era quasi autodistrutta: lo Stato. Tornando a Hegel, bisogna reinterpretare lo stato moderno nel senso di un gestore del rapporto tra uomo e natura. E questo stato non puo' essere un utopico stato mondializzato di la da venire. Il globalismo è funzionale al mercato. Cultura e natura debbono ritrovare le proprie radici in un nuovo concetto di stato, che, come Hegel non ha mai smesso di insegnarci, abbia autorità, forza e giurisdizione sui luoghi e sugli uomini - e le altre specie- che li abitano.

giovedì 1 agosto 2019

L'Europa tra i verdi e Putin

In Europa stanno rapidamente avvenendo cambiamenti politici, come mostrato anche dalle ultime elezioni europee. I partiti classici del novecento, come socialisti e popolari sono ovunque in regresso (anche se tengono in alcuni contesti). Aumentano invece ovunque le nuove formazioni verdi da una parte, e cosiddetti sovranisti dall'altra. I verdi migliorano le loro posizioni su una idea di fondo: combattere il cambiamento climatico. I sovranisti hanno anch'essi una strategia che li porta a vincere: porre un freno alla immigrazione di massa afro-asiatica. La politica dei verdi è riassunta in un manifesto dei "Green europei" elaborato nel 2014 ma che è tuttora alla base delle loro proposte politiche
(per la lettura vai al link: https://europeangreens.eu/manifesto/italy).
La lettura di questo manifesto è impressionante: vi è descritto un programma politico di decrescita senza alternative che avrebbe - se mai attuato- conseguenze epocali per il continente.In questo senso si può propriamente parlare, credo con soddisfazione di chi lo ha redatto, di documento rivoluzionario. Il manifesto ha come punti di forza la lotta alle disuguaglianze (di reddito, di sesso, di nascita, di identità ecc.) e una apertura che veda la scomparsa dei confini in favore di una comunità europea aperta, democratica, partecipativa, ridistribuiva, non più basata sugli stati, ma sulla comunità dei cittadini titolari dei diritti. Auspicano, a tal fine, il rafforzamento del parlamento europeo e dei tribunali internazionali per la difesa dei diritti umani. Allo stesso tempo i verdi dichiarano di vedere positivamente una diversità e un multiculturalismo considerato un valore assoluto di libertà e un arricchimento della società europea. Il liberalismo però si limita qui, in campo economico i verdi europei sono fortemente contrari ad una " deregulation neoliberista che ha dato origine a mercati finanziari guidati unicamente da un’avida ricerca del profitto a breve termine".
Nel documento le imprese private possono essere ancora tollerate ma nei limiti di quelle " medie e piccole" controllate dallo stato e dal fisco, anche con tassazioni rivolte al consumo energetico (carbon Tax).Le grandi imprese vanno assolutamente scoraggiate con forti tassazioni e con una carbon tax particolarmente centrata sulla grande produzione. L'agricoltura va incentivata ma esclusivamente se basata sul divieto di pesticidi e fertilizzanti chimici, e sulla condanna senza appello degli ogm. Deve essere completamente eliminata l'agricoltura industriale intensiva, dice il documento dei Green . I trasporti, nella visione dei verdi, possono essere solo su ferrovia (di cui vanno rivisti gli snodi principali (?)), su bicicletta o su auto elettriche. Le ultime auto a combustibile tollerate dovranno utilizzare biocarburanti prodotti però non da coltivazioni(nefasto), ma da scarti (non meglio specificati).
Sul fronte energetico i verdi propongono: "Una politica energetica coerente – basata sul risparmio energetico, sull’efficienza e sulle rinnovabili – è l’unica maniera per arrivare a un’economia a impatto zero (basata esclusivamente sulle rinnovabili), o quasi entro, il 2050. Ulteriori obiettivi nazionali vincolanti in materia di efficienza energetica e rinnovabili sono dunque essenziali: il consumo energetico deve essere ridotto del 40% nei prossimi 15 anni e allo stesso modo, entro il 2030, il 45% del nostro consumo energetico dovrà provenire da fonti rinnovabili, esclusi i biocarburanti. Questo è necessario non solo per tenere al di sotto dei 2° l’innalzamento della temperatura globale rispetto ai livelli pre-industriali, ma anche per motivi economici, in quanto stimolerebbe l’attività economica, creerebbe nuovi posti di lavoro e ridurrebbe la dipendenza dell’Europa dall’importazione di combustibili fossili sempre più cari."
A questo punto manca solo Alice.
La negazione sul nucleare è totale: il nucleare va al più presto eliminato dal territorio europeo, chiudendo tutte le centrali a cominciare da quelle più obsolete. Ma il manifesto non si ferma qui: va assolutamente negato ogni ulteriore finanziamento al progetto ITER per la fusione nucleare, il cui progetto in attuazione a Cadarache va equiparato tout court ad una centrale nucleare classica.
Chiarissima la posizione dei verdi europei sul problema degli stati nazionali e dei confini: "Migliaia di persone muoiono lungo i confini esterni dell’Europa ogni anno, a causa di controlli sempre più severi e della difficoltà di entrare legalmente nell’UE. L’UE ha il dovere di assicurare che questa gente riceva un’adeguata protezione. Dobbiamo fare di più per creare un sistema di asilo che sia degno di questo nome. Questo ruolo non può essere lasciato all’Agenzia europea di sorveglianza delle frontiere, FRONTEX. Gli stessi Stati membri violano i diritti umani nel controllo delle proprie frontiere." A questo scopo, onde non offrire una sponda ai sovranisti è necessario " che la “guerra al terrore” debba essere dichiarata formalmente conclusa" (sembrerebbe di capire in maniera unilaterale).
Dalla lettura del documento emerge una Europa senza precedenti e forse anche senza futuro. La nuova Europa verde sarebbe una appendice afro-asiatica, sovrappopolata, cementificata (la casa nel documento è considerata un diritto assoluto di ogni cittadino regolare o irregolare che sia), aperta all'ingresso di titolati di diritti (umani) provenienti da ogni parte del pianeta, senza distinzioni tra diritti dei nuovi e dei vecchi cittadini, tra immigrati e residenti, tra regolari e irregolari.Una terra di tutti e di nessuno. Un coacervo di civiltà e di etnie, di culture e religioni. Tutte queste centinaia di milioni di detentori di diritti dovrebbero essere sfamati da una agricoltura non intensiva (quella intensiva è considerata vera e propria bestemmia), basata sul divieto di fertilizzanti e pesticidi. E' appena il caso di ricordare che la mancanza di pesticidi e fertilizzanti era, fino all'inizio degli anni 80 del secolo scorso alla base delle carestie che in Asia e Africa portarono alla morte milioni di persone. Ma sembra invece, nell'idea dei verdi, che la stessa ricetta applicata all'Europa porti al migliore dei mondi possibile e alla rinascita delle api. I cinquecento milioni di europei (in rapida crescita per i continui arrivi dell'auspicata immigrazione libera) dovrebbero inoltre vivere e lavorare grazie all'energia assicurata dalle fonti rinnovabili, che diverranno le uniche fonti ammesse nel 2050. Alla stessa data l'Africa avrà più di due miliardi di abitanti, la Cina quasi tre miliardi, l'India idem, e i flussi di migranti saranno intensissimi verso la terra delle rinnovabili. La quale, nell'auspicio dei verdi, dovrà assicurare cibo ed energia per tutti, oltre al lavoro, alla sanità e, ultimo ma non ultimo: la sicurezza.
Sulla base di queste proposte, e sulla spinta del terrore diffuso dai media sui cambiamenti climatici, le idee espresse in questo manifesto hanno dato ai verdi europei un successo insperato fino a poco tempo fa: il 21% in Germania e il 12 % in Francia. C'è da osservare infine che nell'intero documento non si trova traccia di alcun accenno al problema demografico. Sembra anzi che sia dato per scontato che le politiche proposte dai verdi debbano avverarsi in un mondo dove l'esplosione demografica umana, cioè la vera causa di tutti i problemi ambientali planetari compreso il cambiamento climatico, non solo non debba essere posta sotto controllo, ma non debba addirittura essere nominata, colpita da un vero e proprio tabù. Chi lo fa si espone ad una condanna senza appello e ad una scomunica da parte del mondo Green.
Sul fronte opposto la paura per l'immigrazione incontrollata e il timore per la propria sicurezza ha prodotto un successo uguale e contrario: la Lega ha vinto in Italia, Le Pen primo partito in Francia e Orban incontrastato in Ungheria. Ciononostante le istituzioni europee rimangono in mano alle forze tradizionali, grazie anche alla tenuta dei popolari in Germania e ad en marche in Francia. La Banca Centrale europea e le istituzioni finanziarie possono per ora rimanere tranquille. Se non che ad est lo zar russo si appresta ad estendere la sua influenza nel ventre molle europeo, anche grazie alle tendenze isolazioniste dell'America di Trump. Putin tuttavia è tormentato dai dubbi. Da una parte trova politicamente affini i sovranisti, a cui ha sempre guardato con simpatia, ma di cui si fida fino ad un certo punto. Troppo sovranismo in Europa potrebbe ritorcerglisi contro. Dall'altro è tentato di favorire l'ascesa dei verdi a posti di responsabilità. Trovarsi di fronte la verde Europa del movimento Green potrebbe essere per l'Orso Russo una manna. Un campo fertile e indifeso, succulento boccone per una Russia tornata grande potenza dopo la crisi del 1989.