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giovedì 20 gennaio 2022

E se il riscaldamento da carbonio non ci fosse?

(La curva di Michel Mann)
Riporto il seguente intervento del Professor Prestininzi (maggio 2021) al Collegio degli Ingegneri di Padova e pubblicato su Meteoweb. Il professore sostiene che il riscaldamento atmosferico in atto, che non nega, non dipende dalla presenza di CO2 in eccesso, ma da cicli che sulla Terra sono sempre esistiti. Porta a dimostrazione dati scientifici e studi di esperti scienziati del clima, riportati su riviste internazionali. La denuncia dello scienziato è netta: dietro gli allarmismi sul clima c'è una strategia delle lobby dell'ecologismo mainstream con l'intento di far passare la loro politica: rinnovabili come sola fonte energetica consentita, redistribuzione delle risorse a danno dell'occidente (ma non della Cina), stop alla crescita economico-tecnologica, libera espansione numerica della nostra specie. Questa visione è infatti viziata da un dato di fondo: la rivoluzione verde dovrebbe avvenire senza mai toccare il tema della popolazione umana e dell'effetto antropico dovuto alla sovrappopolazione sulla catastrofe ecologica. La questione del riscaldamento da carbonio costituisce il leit motiv che permette ai Verdi di conquistare una rilevanza politica dietro una ideologia faziosa che esamina solo i dati che la supportano e silenzia tutti gli altri. Se guardiamo alle scelte delle istituzioni europee e quelle del presidente democratico americano, si tratta per ora di una strategia vincente che ha visto schierati in campo anche gli esperti Onu e che ha silenziato tutte le voci contrarie. La sopraffazione di chi denuncia la unilateralità di questa ideologia e il silenziamento dei dati scientifici, sono fatti che debbono aprire gli occhi oltre che il dibattito su temi che non possono essere monopolizzati dai soliti noti. La lotta politica e gli interessi di potere delle lobbies -comprese quelle cosidette ambientaliste- non possono sopraffare la libertà di pensiero basata sui dati oggettivi, come quello riguardante le cause reali dei cambiamenti climatici e le conseguenze della prevaricazione della nostra specie su tutte le altre.
"Il Collegio degli Ingegneri di Padova ha promosso il ciclo di conferenze dal titolo “Dialoghi sul Clima” per dare voce ai numerosi punti di vista su questo tema tanto dibattuto. L’obiettivo è promuovere un confronto su ampia scala e sui diversi aspetti del clima, ospitando esperti dei diversi settori al fine di acquisire un quadro complessivo fondato su basi scientifiche. Nell’appuntamento del 26 Maggio, è intervenuto il Prof. Alberto Prestininzi, Docente di Geologia applicata presso La Sapienza di Roma, che ha affrontato alcuni temi spesso trascurati nel dibattito nazionale: cosa emerge dalle conoscenze del passato? La storia geologica ed i suoi archivi possono aiutarci a decifrare il comportamento climatico del nostro pianeta? Ecco i contenuti principali dell’intervento del Prof. Prestininzi.
Sono oltre 40 anni che tv, giornali e media parlano di “catastrofi imminenti” riguardo al clima, “incutendo terrore misto a minacce e ritorsioni, mentre l’accademia non è più il luogo del confronto”. Inizia così l’intervento di Prestininzi, che cita come esempi i seguenti articoli di giornale:
• 1989 Repubblica, 2 novembre – Dieci anni per salvare la Terra, lo affermano gli scienziati
• 2007 Repubblica, 16 dicembre – Ambiente: due anni per salvare il mondo. Gli scienziati sono ormai tutti d’accordo
• 2007 Corriere della Sera, 5 maggio – Le Cure per guarire la Terra suggerite dagli scienziati: ci sono solo 8 anni di tempo
• 2008 Repubblica, Giugno – Entro l’estate Polo senza ghiaccio; Lo dicono gli scienziati
• 2013 Repubblica, 9 settembre – Dieci anni per salvare il pianeta. L’allarme degli scienziati dell’Onu. (dal Quinto Report IPCC).
“Come mai abbiamo trasferito questo tema dai luoghi deputati alla ricerca ad un dibattito-confronto politico-ideologico, gestito formalmente dal sistema di comunicazione?”, si chiede l’esperto. “DaI severo discorso fatto da J. Hansen al Congresso USA nel 1988, l’ONU ha assunto l’onere «di capire» fondando l’IPCC (presieduto sempre da economisti), al quale è stato affidato il compito «scientifico» di verificare gli effetti sul clima connessi alle emissioni di CO₂. Negli ultimi due decenni, gran parte dell’isteria sul riscaldamento globale – in seguito ri-etichettata “cambiamenti climatici” – si è basata sul cosiddetto grafico a “mazza da hockey” creato da Michael Mann (figura sotto il titolo). Il grafico è stato utilizzato dall’IPCC per rendere credibili i modelli previsionali. Ma questo grafico è una frode. Un algoritmo software creato dall’uomo e truccato per produrre una forma di bastone da hockey, indipendentemente dai dati reali. A Michael Mann non piaceva essere considerato un ciarlatano dagli scienziati critici, quindi li ha citati in giudizio per diffamazione. E alla fine di agosto 2019, una di quelle cause è stata conclusa dalla Corte Suprema della British Columbia, in Canada, che ha respinto la causa di Mann contro il Dr. Tim Ball. Ma c’è di più. Secondo Principia-Scientific, il tribunale non solo ha accolto la domanda di Ball per l’annullamento della causa pluriennale da nove milioni di dollari, ma ha anche compiuto il passo aggiuntivo garantendo a Ball di non pagare i costi legali. Si prevede che questo straordinario risultato provocherà gravi ripercussioni legali per il dottor Mann negli Stati Uniti e potrebbe rivelarsi fatale per le affermazioni scientifiche sul clima secondo cui le temperature moderne sono “senza precedenti”. Michael Mann si è rifiutato di consegnare i dati che ha utilizzato per costruire il grafico”, spiega Prestininzi, che è poi passato ad affrontare l’aspetto scientifico della questione clima. “Un gruppo internazionale di esperti ha studiato le carote di ghiaccio nell’Antartide, arrivando fino a 800.000 anni fa e ricostruendo le variazioni della CO₂, della temperatura e del metano nel tempo (figura seguente). Si nota che ci sono cicli grossomodo di 100.000 anni, che sono esattamente i cicli di Milankovic. Milankovic ha giustificato le vecchie glaciazioni con dei cicli che obbedivano a quella che era l’oscillazione dell’asse terrestre e quindi degli effetti del sole sulla Terra, producendo questi cicli periodici di 100.000 anni. Nei 100.000 anni, ci sono oscillazioni minime che hanno una grossa influenza e che noi possiamo misurare”, spiega Prestininzi.
Diminuendo la scala a 10.000 anni, attraverso dati veri ottenuti da fossili guida, usati per la datazione relativa delle rocce, l’esperto illustra l’esempio del clima in Europa nell’Olocene, evidenziando le grandi oscillazioni all’interno di questo periodo. “Il clima della Terra non è qualcosa di omogeneo: abbiamo un clima che caratterizza la parte all’estremo nord, un clima temperato, un clima che riguarda la zona equatoriale e così via. In ognuno di questi evidentemente ci sono condizioni differenti e quindi trovare le medie globali del clima per capire qual è il trend è una cosa molto molto difficile”, spiega Prestininzi.
L’esperto sottolinea come l’andamento del clima degli ultimi 10.000 anni “rispetta certe leggi che oggi andiamo via via dipanando perché esistono delle perfette correlazioni con questi cicli inferiori ai 100.000 anni e questi cicli trovano corrispondenza con l’attività solare”. Prestininzi evidenzia poi che dal grafico sull’andamento della CO₂, basato su dati reali, non emerge alcun tipo di correlazione con le oscillazioni della temperatura negli ultimi 10.000 anni.
L’intervento di Prestininzi si concentra poi su uno studio condotto da ricercatori italiani e pubblicato su Scientific Reports, dal titolo “Persistent warm Mediterranean surface waters during the Roman period”. Nello studio, i ricercatori hanno voluto misurare la temperatura superficiale del Mediterraneo in un certo tempo, utilizzando punti particolari come Mar Egeo, Mare di Sicilia, Mare di Minorca e Mare di Alboran (Stretto di Gibilterra). In questi punti, sono stati eseguiti dei carotaggi. I dati ottenuti sono poi stati confrontati con le oscillazioni del Nord Atlantico. È emerso che il cosiddetto periodo caldo romano è presente in tutte le valutazioni. Tutti questi dati dimostrano che si tratta di un “trend generale del pianeta”, spiega l’esperto. Nel caldo romano, “Annibale ha attraversato con gli elefanti le Alpi, che erano caratterizzate da una bassa presenza di neve, cosa che circa 100 anni dopo non avrebbe potuto fare a causa del seguente abbassamento della temperatura durante la Piccola Era Glaciale, durata fino al 1700. Poi inizia il trend in risalita del riscaldamento in cui oggi siamo immersi. Dallo studio è emerso che durante il periodo romano c’erano circa 2°C in più rispetto ad adesso”, aggiunge l’esperto.
Prestininzi parla poi del bacino dell’Amerasia, sotto i ghiacci dell’Artico. “Finora sono state condotte poche ricerche per la difficoltà di esplorare il fondale marino sotto la coltre di ghiacci dell’Artico. Da 10 anni, due grandi centri di ricerca, uno in Germania e uno negli Stati Uniti, stanno conducendo e pubblicando ricerche interessantissime che però non vengono assolutamente pubblicizzate. L’IPCC non ne parla. Gli studi stanno documentando una straordinaria attività vulcanica con emissioni idrotermali ad altissima temperatura lungo l’estremità della dorsale medio atlantica, lunga 1.600km, sotto i ghiacci del Mar Glaciale Artico. Questo idrotermalismo, ossia una circolazione di acque calde, va ad influenzare tutto il bacino”, spiega l’esperto, affrontando il tema del riscaldamento dell’Artico, tanto dibattuto quando si parla di riscaldamento globale.
Prestininzi poi parla delle proiezioni ufficiali fornite dall’IPCC riguardo l’innalzamento del livello del mare entro il 2030. Nel 1977, era stato previsto un innalzamento di 6 metri, nel 1985 era stato previsto un innalzamento di 1,4 metri. Nel 1990, si prevedeva un innalzamento di 0,3 metri, sceso a 0,2 nelle proiezioni del 1995 e a 0,17 nelle proiezioni del 2000. Nel 2013, infine, è stato previsto un innalzamento di 0,53-0,98 metri entro il 2100. Prestininzi sottolinea, invece, come negli ultimi anni il livello del mare abbia oscillato solo di pochi centimetri, sulla base di dati satellitari reali. A conclusione del suo intervento, l’esperto cita il Premio Nobel per la Fisica Ivar Giaever che ha definito il riscaldamento globale come “una nuova religione”: bisogna cioè accettare la tesi delle responsabilità umane come un dogma ed è proibito discuterne da un punto di vista scientifico.
" (Da Meteoweb.eu)

mercoledì 12 gennaio 2022

Un ecologista diverso

"Il rapporto tra Gaia e l'ambientalismo non e' mai stato facile. Mi sembra di considerare la politica ambientalista proprio come George Orwell guardava al socialismo dei suoi tempi.Il mio cuore e' con gli ambientalisti, ma vedo le loro buone intenzioni vanificate dall'incapacita' di comprendere che la difesa dei diritti dell'uomo da sola non basta. Se, distratti dalla preoccupazione per gli esseri umani, trascureremo di prenderci cura di tutte le altre forme di vita presenti sulla Terra, la nostra civilta' finira' per soffrirne, e noi patiremo con essa...Condivido il disincanto di Patrick Moore nei confronti dell'ambientalismo. Moore fu uno dei fondatori di Greenpeace, ma come me ha una visione orwelliana delle lobbies ambientaliste odierne." ( James Lovelock: Omaggio a Gaia. 2000, Bollati Boringhieri pag. 26)
L' idea di Gaia consiste nel considerare il pianeta terra un sistema olistico in cui numerosi feed back assicurano alcune condizioni favorevoli alla vita, come la temperatura, il ciclo del carbonio, la produzione di ossigeno, la funzione della vegetazione, degli insetti, degli animali in genere, la presenza elementi chimici e di acqua. Il sistema Terra è quasi un organismo vivente a cui partecipano sia gli elementi biologici che chimico-fisici, con i suoi diversi equilibri omeostatici. L'idea di Gaia dagli ambientalisti mainstream non è mai stata accolta ed il motivo è semplice: al centro dell'ideologia verde rimane l'uomo, i suoi diritti e i suoi interessi. Tipica di questo modo di pensare è la frase con cui si invoca la difesa della natura e degli animali: "per lasciare ai nostri discendenti (umani) un mondo migliore" (sic!)-. Il concetto di Gaia introduce una prospettiva diversa che vede la biosfera come un organismo unico, di cui l'uomo è una delle componenti dipendente dalle altre. Secondo l'ideologia dei Verdi permane l'idea cartesiana dell'uomo come sede dell'intelletto (res cogitans), mentre la natura non è che "res extensa", materia e materiali a completa disposizione di chi detiene il supremo potere dell'intelletto, meritevoli di protezione solo in quanto beni goduti dal padrone. La natura va si protetta, ma come dominio dell'uomo, e viene dopo le sue esigenze di giustizia sociale e fruizione dei beni. Che i sistemi naturali, a prescindere dalla presenza umana,siano sistemi olistici in grado di autoregolarsi e funzionare autonomamente è qualcosa che confligge in modo diretto con il credo cartesiano. Già Gregory Bateson aveva specificato nel suo "Verso una ecologia della mente" (1972) che i sistemi naturali sono sistemi complessi che mostrano di funzionare secondo regole che possiamo definire "intelligenti". L'intelligenza, a differenza di quel che ritengono i cartesiani, non è una realtà umana, ma appartiene alla natura nel suo complesso e ai vari sistemi che la compongono: l'intelligenza è diffusa.
Lovelock non nasce come ecologista, ma come scienziato e ricercatore applicato a problemi pratici. Questo gli ha dato una impostazione scientifica e non basata sulle posizioni politiche preconcette e pregiudiziali. Una delle sue grandi invenzioni è il gascromatografo a "cattura di elettroni" (1957). Questo strumento, abbastanza semplice nella sua realizzazione pratica ma geniale nella teoria basata su flussi di gas in un campo elettrico, gli permise di individuare numerose sostanze inquinanti presenti nell'atmosfera - anche se in quantità infinitesimali dell'ordine di una parte su svariati miliardi- ma capaci comunque di determinare effetti deleteri sulla salute umana e in quella della biosfera. Tra queste sostanze i fluorocarburi (capaci di distruggere lo strato protettivo di ozono della stratosfera), i nitrati, i dimetilsolfuri,i metilioduri cancerogeni, gli idrocarburi aromatici policiclici e tanti altri. Fu grazie alle sue ricerche e agli strumenti da lui sviluppati che Rachel Carson poté scrivere l'opera fondamentale che diede l'avvio al movimento ecologista: Silent Spring. In essa l'Autrice denunciava l'onnipresenza sulla Terra di veleni chimici generati dall'attività antropica. fu anche grazie ai dati di Lovelock che Paul Herlich scrisse gli effetti devastanti della sovrappopolazione umana nel suo libro "The Population Bomb". Ma subito il movimento verde abbandonò la strada dell'analisi oggettiva dei dati e scelse quella comoda dell'ideologia antropocentrica, in cui i diritti umani divengono assoluti e la colpa del degrado ambientale ricade solo sullo sviluppo economico e industriale. Una strada che nega nei numeri senza limiti della crescita di Homo anche la verità più banale degli effetti drammatici sull'ambiente.
Tra i verdi e Lovelock non c'è amore, anzi c'è un certo astio che sfocia a volte in odio. Reciproco. Il suo nome non viene mai pronunciato nelle varie conferenze e congressi ecologisti. Come avveniva ai tempi del politburo del PCUS, la sua immagine è scomparsa dalla foto di gruppo dei personaggi di riferimento del movimento. La disistima dell'inventore di Gaia nei confronti degli ambientalisti mainstream è totale: l'accusa più benevole è di ideologismo. Una ideologia rigida, totalitaria ed estremista che non ammette la critica scientifica difendendo posizioni più politiche che derivate dai dati oggettivi. Una ideologia che, dice Lovelock, è più dannosa di tante posizioni politiche contrapposte, perfino di quelle che difendono l'industrialismo. Una delle rigidità che Lovelock critica è quella che non riconosce il problema della sovrappopolazione della specie umana e attribuisce la presenza ubiquitaria dei veleni ambientali esclusivamente allo sviluppo industriale capitalistico: "Una delle varie ragioni per cui considero il movimento dei Verdi con un misto di irritazione e tenerezza è la loro ossessione per i prodotti delle industrie chimiche e nucleari. Per molti Verdi se una sostanza chimica come il metilioduro o il disolfuro di carbonio proviene da un oscuro, satanico stabilimento, è per sua natura l'incarnazione del male; viceversa, se proviene da alghe coltivate con metodi biologici o cresciute spontaneamente, allora deve essere per forza buona e sana. Per me, come scienziato, non fa alcuna differenza da dove essa provenga; il fatto essenziale è che se ne introduco troppa nel mio corpo, mi avveleno. La stricnina e il cianuro non sono meno velenosi se sono estratti da una pianta spontanea o coltivata secondo i dettami dell'agricoltura biologica; né la loro tossicità aumenta se sono il prodotto di una sintesi eseguita in laboratorio. Le sostanze più velenose in assoluto sono le tossine prodotte dai microrganismi e dalle piante: il botulino di certi batteri, la ricina del ricino e la falloidina dell'amanita falloide. Bruce Ames ha saggiamente osservato che nella nostra dieta normale, non importa se provenienti dall'agricoltura biologica o intensiva, i cancerogeni e i cocancerogeni naturali sono migliaia di volte più abbondanti, e altrettanto tossici, dei prodotti dell'industria chimica. Vorrei tanto che una buona volta i Verdi crescessero , e dimenticassero le semplicistiche bugie della loro gioventù. Quando si è giovani è naturale guardare con sospetto l'industria e il movente del profitto, ma nel momento in cui diventiamo noi stessi consumatori, contribuiamo tutti allo sfruttamento della Terra. Ognuno di noi - non meno delle industrie che soddisfano le nostre necessità e i nostri desideri- è responsabile dei danni che le sono inferti. Vorrei che un maggior numero dei Verdi guardasse in faccia il problema: come fare per nutrire, vestire e dare un tetto all'abbondante popolazione umana, senza contemporaneamente distruggere gli habitat delle altre creature che vivono sulla Terra?"
Ma ben presto i Verdi ebbero un altro argomento per condannare Lovelock. La teoria di Gaia non l'hanno mai digerita. Non tanto per il rifiuto di un certo finalismo nei meccanismi della natura che va contro l'impostazione cartesiana, o per il fatto che fa del pianeta un sistema olistico in grado di reagire ai cambiamenti e spesso di autocorreggere gli squilibri tra le varie componenti, togliendo all'uomo il suo ruolo dominante; quanto perché andava contro il modello riduzionista in voga tra i verdi che riportava il problema ambientale alla critica del modello economico del libero mercato e della produzione industriale quale causa unica del collasso. Togliere importanza alla politica e alla ideologia anti-industriale era troppo per un movimento nato con grandi visioni di rivoluzione sociale oltre che ambientale. I dati scientifici che mostravano gli effetti devastanti sul sistema Terra di una eccessiva crescita della specie umana a danno di tutte le altre non potevano essere accettati: venivano ignorati nei congressi ambientalisti e osteggiati coloro che osavano accennarvi. Carson ed Herlich erano stati messi da tempo nel dimenticatoio.
Quando James Lovelock introdusse il concetto di Gaia, molti scienziati arricciarono il naso e risposero con diffidenza. I più videro in Gaia una specie di mitologia religiosa o addirittura un sottoprodotto new Age. Ma nella teoria non vi era nulla, a parte il nome, che richiamasse mitologie. Tutti i dati venivano da rilevazioni scientifiche. Racconta Lovelock (siamo nella metà degli anni '60): "...pensai che in qualche modo fosse la vita a regolare il clima e la chimica della Terra (gli scienziati erano meravigliati dalla costanza della temperatura e della composizione dell'atmosfera pur in presenza di irraggiamento variabile e fenomeni di ossidazione tra i componenti). All'improvviso, nella mia mente emerse l'immagine della Terra come un organismo vivente in grado di regolare la propria temperatura e la propria chimica conservando uno stato stazionario soddisfacente." Quando due anni dopo (1967) Lovelock presentò la sua idea di un sistema terrestre autoregolante ad un convegno dell'American Astronautical Society, la relazione fu accolta con entusiasmo. La cosa non è sorprendente, commenta Lovelock, giacché gli ingegneri - e con essi i fisiologi- capiscono perfettamente il concetto di feedback e il funzionamento ad autoregolazione dei sistemi complessi. Meno ricettivi furono gli scienziati dell'ambiente e i biologi in successive comunicazioni e convegni. In particolare i biologi si scagliarono sul nome Gaia e sulla metafora di una Terra vivente come se la teoria li desse come dati di fatto. Era l'approccio olistico che non condividevano, soprattutto contrastava con l'idea di un uomo unico depositario dell'intelletto e del dominio, in un pianeta ridotto a materiale da sfruttare o trasformare a piacimento. La biologa Lynn Margulis, in controtendenza, arricchì le idee di Lovelock con la sua comprensione e conoscenza delle comunità microbiche, scrivendo un libro (Microcosmos) sulla interazione dei microbi con l'ambiente e l'uomo in linea con l'intuizione di Lovelock. Altri elementi fondamentali per Gaia sono i microrganismi marini e le alghe di cui abbondano i mari. Racconta lo scopritore di Gaia:
"Lungo i bordi dei continenti, i movimenti della terra e lo spostamento della sabbia e della ghiaia causato dalle correnti formano lagune che intrappolano l'acqua degli oceani. Nelle regioni più calde del mondo, queste lagune perdono per evaporazione più acqua di quanta ne acquistino grazie alle precipitazioni o all'acqua di mare proveniente dall'oceano. Di conseguenza, il sale originariamente presente nell'acqua si concentra fino a cristallizzare, formando quelli che i geologi chiamano depositi di evaporiti. Questo processo ha luogo dai tempi più remoti e i letti di evaporiti si trovano sotto i sedimenti in tutto il mondo. Essi formano immensi depositi di sale , come quello che si estende sotto l'Europa settentrionale a qualche centinaio di metri sotto la superficie. I tappeti algali si estendono sopra questi depositi di evaporite. Lynn Margulis e io speculavamo sul ruolo di queste comunità di alghe nel mantenere la concentrazione salina dei letti, e pertanto nel conservare le acque dell'oceano al di sotto del livello critico di salinità di 0,8 M. Al di sopra di quella soglia, la sopravvivenza degli organismi viventi diventa difficile. Lynn tagliò con la paletta un pezzo di tappeto di alghe di 10 cm di lato. Osservammo la sua struttura bandata, in cui ogni fascia corrispondeva ad una diversa comunità di microrganismi, isolata dalle altre in base al flusso di nutrienti e ossigeno. Tutto sembrava ordinato per mantenere l'equilibrio salino del mare."
Meccanismi analoghi regolano la temperatura della superficie terrestre, ad esempio la colorazione delle piante, l'umidità conservata o emessa dalla vegetazione, la riserva dei ghiacci artici e delle grandi montagne, le correnti oceaniche. Le temperature sono un elemento essenziale nel mantenere le popolazioni in un range equilibrato ai fini della biodiversità. " La maggior parte dei vincoli che limitano la crescita degli organismi (anche somatica oltre che numerica) è costituita da forze chimiche e geofisiche che si oppongono alla crescita stessa innalzando barriere non superabili con l'adattamento. Nel mondo naturale, la crescita delle piante puuò essere ancora più limitata di quanto lasci pensare l'intervallo tra 5 e 40 gradi celsius. Negli oceani, la disponibilità dei nutrienti è un fattore limitante la crescita delle alghe, e questa disponibilità declina bruscamente quando la temperatura dell'acqua sale al di sopra dei 12 gradi. L'acqua calda, infatti, stratifica e i nutrienti disciolti nelle acque più fredde relegati negli strati inferiori, non sono più disponibili." L'evoluzione dell'ambiente - rappresentata dalla temperatura e dalla composizione- e quella degli organismi costituiscono un processo unico e accoppiato con sistemi di controllo reciproco a feedback.
Un elemento fondamentale dell'omeostasi della temperatura ottimale della biosfera compresa tra 5 e 40 gradi centigradi sono le nubi.
"L'evento che avrebbe sollevato la teoria di Gaia dalla indifferenza generale si presentò del tutto inaspettato. Nel 1986, il dottor Murray, oceanologo della Washington University di Seattle, mi invitò da lui come visiting professor. In seguito a una conferenza tenuta al dipartimento di chimica, ebbi una feconda discussione con Robert Charlson, un insigne scienziato che si occupava di problemi dell'atmosfera. Bob mi spiegò che le nubi sovrastanti l'oceano erano al centro di un problema irrisolto. Quale era la fonte delle minuscole particelle, nuclei di sostanze idrosolubili, dalle quali si formano le nubi? Senza di esse, senza questi nuclei, non possono esistere le nubi. Quando Bob mi disse questo rimasi sorpreso. Senza dubbio, pensavo io, l'acqua che evapora dal mare tiepido condenserà in goccioline mentre, salendo, attraverserà strati di aria più fredda. -Si, ammise Bob, salirà. Ma se ci saranno pochi nuclei sui quali condensare, si tratterà di gocce grandi. Non saranno goccioline foriere di nubi, così piccole da galleggiare quasi sospese nell'aria. Invece, saranno grosse gocce che precipiteranno da un limpido cielo azzurro -.
Bob proseguì raccontandomi che sulle terre emerse ci sono sempre particelle intono alle quali si possono formare le nubi- per esempio le goccioline solforiche derivanti dall'inquinamento dell'aria; sull'oceano invece, a parte qualche isola vulcanica, non ci sono fonti di questi nuclei. Campionando l'aria sull'Oceano Pacifico, abbiamo trovato nuclei abbondanti di goccioline di acido solforico e solfato d'ammonio. Da dove provengono, si chiese Bob? Il giorno prima aveva tenuto una lezione sulla regolazione del ciclo dello zolfo e di altre sostanze chimiche attraverso l'emissione di dimetilsolfuro da parte delle alghe dell'oceano, e improvvisamente venne in mente a entrambi che le goccioline di acido solforico - quelle che fungevano da nuclei per la formazione delle nubi- potessero derivare propro dalla ossidazione del dimetilsolfuro. Ci spingemmo poi oltre, domandandoci se questo fenomeno non potesse far parte di un processo di autoregolazione del clima su vasta scala. Senza le nubi che sovrastano l'oceano , la vita come noi la conosciamo non potrebbe esistere. L'oceano infatti - con la sua massa scura che assorbe fortemente la luce solare - copre il 70 per cento della superficie del pianeta; le nubi invece sono bianche e riflettono le radiazioni. Senza le nubi la Terra sarebbe stata di circa venti gradi più calda; una Terra senza nubi avrebbe avuto una temperatura superficiale di 35 C, e pertanto sarebbe stata inospitale per il nostro tipo di vita. Esistono anche altre fonti di nuclei per la formazione di nubi; noi però pensammo che fosse ragionevole riflettere sul legame fra clima, nubi, dimetisolfuri e alghe considerandolo quale parte del sistema di autoregolazione di Gaia. Decidemmo di mettere le nostre idee nero su bianco in un articolo da pubblicare su Nature che poi venne pubblicato come editoriale".
I Verdi non accettano l'idea di trovare dei limiti alla crescita demografica di Homo. L'antropizzazione eccessiva della biosfera non smuove le loro proteste, quello che li disturba e' la tecnica e l'aumento di produzione delle merci. Le condanne riguardano l'industria, il mercato e l'energia da idrocarburi e da nucleare che sono visti come unici responsabili della catastrofe ambientale. La critica al consumismo e' assoluta ma, stranamente, non riguarda il numero dei consumatori. Ma bisogna domandarsi: non sono i consumi degli individui a sostenere le grandi industrie? E piu' numerosi sono gli individui piu' alti sono i consumi. Non sono le richieste di produzione da parte di otto miliardi di umani a stabilire il tipo di economia? Non sono gigantesche masse umane a spostarsi, anche fisicamente, verso le produzioni più abbondanti sostenendo industria e consumi, distruzioni di habitat e di natura?
L'antipatia del grande ecologo Lovelock verso i Verdi è dunque giustificata. Cosi conclude infatti la sua autobiografia:
"...dovremmo cercare di migliorare la nostra capacità di convivere con il nostro pianeta. Questa idea ci mette in guardia dalle conseguenze di un umanesimo senza freni. Abbiamo dovuto spingerci fin quasi ai giorni nostri per riconoscere che l'esclusivo amore per la nostra stirpe e la nostra nazione sfigura il patriottismo, stravolgendolo in un nazionalismo esasperato e dannoso. Oggi cominciamo a intravvedere la possibilità che la venerazione dell'umanità possa anch'essa trasformarsi in una filosofia squallida che esclude gli altri esseri viventi - le specie che vivono con noi sulla Terra. L'ape non è completa senza il suo alveare; tutti gli esseri viventi hanno bisogno dell'ambiente fisico che la Terra offre loro. Insieme alla Terra, tutti noi costituiamo un'unità.Dobbiamo riprendere la nostra percezione della Terra come organismo, e tornare a rispettarla. Gaia fa parte della scienza, e pertanto sarà sempre provvisoria; la Terra, che è la sua incarnazione, è invece qualcosa di reale, qualcosa più grande di noi.Ogni cambiamento che apportiamo avrà delle conseguenze se rivolto solo ai nostri interessi. Il nostro destino ultimo non è quello di avere diritti infiniti in un ambiente finito: è di condividere il futuro con il sistema della Terra e con tutte le altre specie viventi, e alla fine di fonderci nella chimica del nostro pianeta vivente."
Le citazioni, con qualche adattamento, sono tratte da James Lovelock: Omaggio a Gaia , la vita di uno scienziato indipendente. Bollati Boringhieri, 2000