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venerdì 27 febbraio 2015

L'Etiopia in esplosione demografica




Il sito World Bullettin del febbraio 2015 pubblica l'ultimo report dell'Agenzia Centrale di Statistica dell'Etiopia  ( CSA) in cui si riferisce che alla data del luglio 2014 il paese ha raggiunto gli 88 milioni di abitanti. Quest'anno dovrebbe già essere a quota 90 milioni. Il paese diviene così il secondo più popoloso dell'Africa dopo la Nigeria con i suoi 164 milioni. Il paese si conferma al centro di una esplosione demografica che riguarda tutta l'Africa e in particolare i paesi della fascia sub sahariana.  Ma il dato preoccupante sono le prospettive per il futuro: con i suoi tassi di fertilità di 7,7 figli per madre
presto il paese si avvia a superare i 100 milioni di abitanti e a raggiungere in qualche decennio i 150. Purtroppo a preoccuparsi del problema non sono le varie Onlus che operano nel paese, né le chiese cristiane locali, o le organizzazioni missionarie, cattoliche o riformate che siano. Tutti costoro anzi invitano incoscientemente al crescete e moltiplicatevi, sperando forse -in maniera più o meno cosciente- di mantenere così il paese in stato di estrema povertà e poter continuare la bella politica della missione "umanitaria" tra i poveri e gli emigranti. E' chiaro infatti che gran parte dei nuovi nati in un paese estremamente povero sarà costretta ad emigrare in Europa o a sopravvivere nella fame e nella indigenza. Chi si preoccupa del problema è il governo etiope che ha cominciato da anni una campagna per l'informazione sulla procreazione responsabile ed il controllo delle nascite specie nelle aree rurali del paese. La classe dirigente etiope infatti, a differenza delle anime belle europee che vanno a predicare la crescita demografica in mezzo ai poveri, si rendono conto che le possibilità del paese di uscire dal sottosviluppo e dalla povertà sono legate ai tassi di natalità: più si riuscirà a mettere sotto controllo la crescita demografica, più ci saranno risorse da investire nell'ammodernamento del paese, nelle infrastrutture, nelle scuole, nell'agricoltura, nelle imprese che faticosamente cercano di farsi strada in una economia arretrata, e meno dovrà essere speso per acquistare cibo e prodotti di sussistenza (ad esempio medicine e prodotti sanitari) per una popolazione in forte crescita.  Il rappresentante del CSA nella conferenza stampa che ha seguito la pubblicazione dei dati, ha detto che si cominciano a vedere i risultati dell'opera del governo per il controllo delle nascite e che i tassi di natalità sarebbero scesi dal 7,7 figli per donna in media, a 4,1. Ma anche con questi tassi, avvisa il rappresentante dell'agenzia governativa, l'Etiopia raggiungerà i 140 milioni di abitanti tra qualche decennio; bisogna dunque proseguire il lavoro di informazione ed educazione alla procreazione responsabile. "Questo dimostra che, mentre la popolazione dell'Etiopia continuerà a crescere in futuro, il tasso di crescita sarebbe però in costante diminuzione", ha aggiunto. Ha poi specificato che il governo prevede di incrementare al 19 per cento della popolazione etiope la quota di abitanti delle città -favorendo così il fenomeno di inurbamento attualmente in corso e che ha portato in un decennio ad aumentare di molto la popolazione urbana che era al 16 per cento. E' previsto che nel 2029 la popolazione delle città sarà al 31 per cento. Nel 2018 l'Etiopia effettuerà un nuovo censimento nazionale  in linea con una clausola costituzionale che obbliga il paese a condurre il censimento ogni 10 anni, in maniera da verificare se ci sono variazioni positive nel senso di un maggiore controllo dei tassi di natalità, tale da consentire un certo sviluppo economico. Per adesso le politiche di controllo demografico, pur con le buone intenzioni di tanti governi africani che sono coscienti del problema, si rivelano essere ancora troppo timide e con risultati limitati. Di fatto la crescita demografica in tutto il continente è ancora in piena corsa e i risultati si vedono: interi sistemi ambientali con la loro biodiversità stanno rapidamente scomparendo, lasciando il posto a coltivazioni destinate alla produzione di cibo per la sussistenza della popolazione in crescita, alla cementificazione, allo sfruttamento economico intensivo, all'estrazione di minerali o idrocarburi, all'espansione delle infrastrutture, all'inquinamento, alle discariche, alla industrializzazione senza i minimi criteri di salvaguardia ambientale. I dati del CSA etiope non fanno che confermare, per ora, i dati allarmanti di un disastro che continua.

martedì 17 febbraio 2015

JP Morgan: la crescita demografica salverà il capitalismo



Ormai non si fanno più scrupoli. Gli esperti della società finanziaria JP Morgan leader nei servizi finanziari globali parlano apertamente di crescita demografica come parametro fondamentale per giudicare le aspettative di crescita dei mercati. La crisi, secondo gli esperti della società, si potrà superare soprattutto grazie alla crescita dei consumatori e del conseguente aumento della produzione.  Nell'ultimo report sull'Italia appena pubblicato, la grande società finanziaria, vero tempio del capitalismo  internazionale,  afferma che le aspettative di crescita del paese rimangono basse perché i tassi di natalità ristagnano su livelli di sussistenza e il mercato non si espanderà nei prossimi anni per mancanza di crescita demografica significativa. Ma anche nell'analisi dei vari mercati mondiali JP Morgan ribadisce il criterio della crescita demografica come aspetto centrale per giudicare le prospettive di crescita dei mercati e dei parametri di fondo della società capitalistica.
In un report destinato agli investitori sull'Africa ad esempio gli esperti della banca riferiscono:


"Tre sono i fattori strutturali domestici che stimolano la crescita economica africana: (1) notevole dotazione di risorse naturali, (2) forte crescita demografica, (3) forte bisogno di grandi investimenti infrastrutturali. Quest’ultimo fattore, a sua volta, è determinato da una forte tendenza all’urbanizzazione – si stima che, entro il 2030, la metà della popolazione sub-Sahariana vivrà in grandi città."
Anche per quel che riguarda l'India e la Cina JP Morgan ha le idee chiare:
"Crescita demografica, aumento di redditi e consumi, solidi investimenti in infrastrutture grazie a bilanci pubblici sani, prezzi azionari bassi: per questi motivi l’Asia può essere un’alternativa in tempi di cadute dei mercati occidentali."
Nel tempio del capitalismo internazionale dunque non si fa più mistero che la crescita demografica è considerata la condizione di base per giudicare l'affidabilità degli investimenti e le prospettive del mercato. Questo spiega molte cose, come l'assoluta contrarietà delle grandi banche e delle imprese multinazionali alle politiche di controllo demografico, la loro opposizione alle campagne per la contraccezione e alla necessità di ridurre i tassi di natalità per controllare i fenomeni di inquinamento, degrado ambientale  e riscaldamento globale. La crescita della popolazione e la presenza di un gran numero giovani è considerato dalle società di finanza e dal grande capitale una condizione essenziale per mantenere alti gli scambi, incrementare le vendite e la produzione industriale, mantenere basso il costo del lavoro, espandere i mercati, aumentare la richiesta di finanziamenti anche a medio e lungo termine, incrementare la richiesta di beni di base come i prodotti alimentari , di mobilità, di auto, di tecnologia informatica, di comunicazioni,  di beni di lusso.  La necessità di favorire la crescita demografica per consentire alla produzione e ai mercati finanziari  di crescere ancora a danno dell'ambiente è ancora più esplicito per certi settori. Nelle pagine dei vari report della JP MOrgan e delle altre grandi società finanziarie si accenna senza alcun filtro alla necessità di favorire l'espansione edilizia, la costruzione di infrastrutture, la cementificazione delle campagne (giudicato un fenomeno positivo di espansione anche economica e imprenditoriale), il mercato delle abitazioni, i fenomeni di urbanizzazione e industrializzazione, la creazione di collegamenti ad alta velocità, la costruzione di areoporti, porti, vie di comunicazione, aree commerciali e di scambio. La crescita delle città, senza preoccuparsi delle ricadute sull'ambiente e sullo stress degli abitanti ammassati come animali da allevamento, viene esplicitamente favorita e considerata un indicatore positivo di crescita economica e del Prodotto interno lordo. La cosa che più sorprende è che in questa presa di posizione in favore della crescita demografica, in un mondo di sette miliardi di abitanti avviati ad una crescita ancora più devastante entro la fine del secolo, i rappresentanti dei mercati e del grande capitale si trovano affiancati ai verdi e a tanti ecologisti che si rifiutano di considerare il controllo demografico come un aspetto essenziale per salvare il pianeta e il suo ambiente. Si raggiunge il massimo della stupidità per coloro che si schierano per la decrescita economica e allo stesso tempo considerano la crescita demografica un aspetto di democrazia in quanto favorirebbe la redistribuzione delle risorse. Forse il fatto che le grandi società finanziarie del capitalismo internazionale sono loro alleate nel favorire la crescita demografica farà loro aprire gli occhi?

sabato 14 febbraio 2015

Continua la strage di migranti.

Il primo a parlare è stato uno dei maggiori responsabili di queste stragi: il papa. Poi sono seguiti gli altri corifei, i politici del buonismo d'accatto e portatore di tragedie, i giornalisti democratici e progressisti. Tutti a deprecare i soccorsi che non si sono visti, l'accoglienza che non è sufficiente, i finanziamenti che sono pochi, la necessità di più assistenza, di corridoi umanitari. Tutti invocano l'Europa, come fosse la fata turchina. Un'Europa già piena di immigrati, già cementificata e sovrappopolata.  Che i mercanti di morte speculino su questa cosiddetta fratellanza universale da anime belle è l'ovvia inevitabile conseguenza. Ormai esistono consolidate e potenti organizzazioni che ricavano profitti immensi dai viaggi della speranza.


Non riesco a capacitarmi della ottusità di intelletto di tanti politici e tanti commentatori, della incapacità generale di vedere la semplicissima verità che sta all'origine delle migrazioni di massa e delle conseguenti stragi del mare. 
Nessuno riesce a fare un semplice sillogismo di primo tipo, un ragionamento logico elementare: se una donna ha in media dieci figli, e se questi dieci figli nascono in un territorio privo di risorse per mantenerli, questi dieci figli diventeranno migranti verso dove è possibile trovare cibo e assistenza: l'Europa. E verso l'Italia che è l'avamposto dell'Europa proteso nel Mediterraneo.  E’ oggi che  dobbiamo pensare al futuro per evitare che tra dieci o venti anni i barconi carichi di disperati si moltiplichino e la migrazione divenga di dimensioni ancora più apocalittiche.  Non è possibile sostenere oltre questi tassi di natalità, non è più possibile per le nostre terre avviate ad una cementificazione sempre più massiccia,  e non è più possibile  per il pianeta la cui atmosfera si sta surriscaldando per le emissioni di sette miliardi di umani, avviati a divenire 10 miliardi tra qualche decennio.  Se continuano gli attuali tassi di natalità in Africa, in Medio Oriente e  e in Asia le migrazioni illegali cresceranno esponenzialmente , le mafie delle tratte di uomini aumenteranno i loro profitti, avvoltoi e cooperative  continueranno a campare sulle sovvenzioni europee e governative

Procreazione consapevole e controllo delle nascite debbono essere le nostre parole d’ordine, da oggi stesso. Dobbiamo respingere al mittente le invocazioni di preti e cretineria politica nostrana a più nascite, a fare più figli, a famiglie più numerose. Smettiamola di affidare il futuro del pianeta agli imbecilli che ci porteranno al disastro.  Dobbiamo intervenire adesso nelle aree di origine di queste grandi migrazioni per far si che il tasso di natalità si adatti alle risorse disponibili in quei territori. Ed allo stesso tempo dobbiamo indirizzare gli aiuti, piuttosto che alle organizzazioni che lucrano sulle migrazioni (associazioni cattoliche, ong di anime belle, ciarlatani del progresso e della solidarietà a carico altrui) , a favorire lo sviluppo economico e la situazione sanitaria in loco di quelle popolazioni, a creare scuole e formazione professionale che possano dare un futuro di lavoro e benessere in quelle terre. E' necessario lavorare per dare dignità e autonomia alle donne, conoscenza sui metodi di procreazione consapevole, politiche di controllo demografico che portino meno bocche da sfamare e più sviluppo. 

sabato 7 febbraio 2015

La Sesta Estinzione




Elizabeth Kolbert, esperta di riscaldamento climatico ed ecologista del Times, ci descrive nel suo libro “La Sesta Estinzione” la storia innaturale del nostro pianeta, in cui una specie infestante, con i suoi alti tassi di natalità che hanno portato all’esplosione più massiccia e senza precedenti di una sola specie, sta determinando l’estinzione di massa di moltissime altre specie viventi e sta devastando l’ambiente naturale della Terra in maniera irreversibile. Il grande Killer, la specie assassina, occorre prenderne atto, siamo noi proprio noi. Questa scimmia è fornita di capacità raziocinante ma risulta  incapace di capire dove la sta portando il suo modo di intendere il mondo come sua assoluta proprietà, come magazzino di merci a sua disposizione. Riporto una sintesi della tesi di fondo di questo libro che passa in rassegna in maniera particolareggiata e documentata la storia di molte estinzioni pregresse delle singole specie raffrontandole con quelle assai più drammatiche cui stiamo assistendo. Gran parte del dramma risiede nel fatto che la causa di tanta distruzione siamo noi stessi.

Un numero sempre maggiore di specie animali è in via di estinzione. Nell’epoca che stiamo vivendo – l’Antropocene-  stiamo assistendo ad una immensa catastrofe che supera le precedenti “Big Five” che hanno portato alla scomparsa di specie importanti come i dinosauri o il mastodonte americano o l’alca gigante o innumerevoli specie di piante. Ma quella che sta avvenendo ai nostri giorni rischia di cambiare per sempre l’aspetto, la storia  e il destino della Terra. Dalla distruzione della foresta amazzonica, ai cambiamenti irreversibili della cordigliera delle Ande, alla frammentazione della Grande Barriera Corallina, alla scomparsa di specie come le rane d’oro del centro america, al pipistrello bruno, agli orsi, alle foche, alle tante specie di uccelli in pericolo, a migliaia di specie marine, al triste destino dei rinoceronti e degli elefanti e delle tantissime specie a rischio nel continente africano, stiamo assistendo ad una estinzione di massa senza precedenti. Tutto questo nel silenzio generale, anzi mentre tutte le discussioni vertono sulle esigenze egoistiche  della specie Homo e sull’aumento continuo dei suoi consumi e della sua produzione. Tutti siamo preoccupati che nei prossimi anni non potremo cambiarci l’automobile come negli anni precedenti, o dovremo prendere un numero minore di aerei, o accontentarci di un tenore di vita meno dispendioso. Ci disinteressiamo invece completamente di quello che sta avvenendo alle specie viventi diverse da Homo che ci hanno accompagnato per milioni di anni.
Da dove nasce la grande catastrofe cui stiamo assistendo? Tutto comincia con la comparsa di una nuova specie animale, forse duecentomila anni fa. Come accade a tutte le specie molto giovani, la sua posizione è all’inizio piuttosto instabile. Ridotta numericamente, la sua presenza è limitata a una ristretta porzione dell’Africa orientale. Lentamente la popolazione di questa nuova specie  cresce. I membri di questa specie non sono dotati di particolare rapidità nei movimenti, né possiedono una grande forza o alti tassi di fertilità. E tuttavia sono pieni di risorse. Gradualmente si spingono verso nuove regioni con climi differenti, differenti predatori, differenti prede da cacciare. Sembra che nessuno dei classici limiti ambientali né la geografia possa scoraggiarne la migrazione. Nelle zone costiere raccolgono crostacei e molluschi, in quelle interne cacciano altri mammiferi. Si adattano in fretta a ogni luogo intervenendo fortemente e trasformando l’ambiente circostante. Quando si spostano verso l’Europa, entrano in contatto con creature particolarmente simili a loro (Neanderthal), ma più robuste e forse dotate di maggiore forza muscolare. Si incrociano con questa nuova popolazione e poi, in un modo o nell’altro, la sterminano. L’esito di questa vicenda si rivelerà esemplare. Man mano che la specie in questione amplia il suo raggio di azione, incrocia il cammino di altri animali, di dimensioni anche due, dieci, venti volte maggiori: enormi felini, orsi giganteschi, tartarughe grosse come elefanti, bradipi alti quasi cinque metri. Sono specie fisicamente più forti, e spesso molto più feroci. Ma non si riproducono con rapidità, e vengono spazzate via. Anche se è terrestre per natura, la nostra specie –alquanto ingegnosa- attraversa i mari. Raggiunge isole abitate da esemplari di particolari processi evolutivi: uccelli con grandi uova, ippopotami nani, scincidi giganti. Queste creature, abituate all’isolamento totale, sono male equipaggiate per far fronte ai nuovi arrivati o ai loro compagni di viaggio (la maggior parte delle volte, topi). Molte di loro, ancora una volta, soccombono. Il processo non si arresta; si protrae a singhiozzo per millenni, finché la specie in questione non si è diffusa praticamente in ogni angolo del pianeta. A questo punto, più o meno contemporaneamente, intervengono diversi fattori che permetteranno all’Homo sapiens, questo è il nome che la specie è giunta a darsi, di riprodursi con una frequenza senza precedenti. In un solo secolo la popolazione raddoppia; in seguito raddoppia ancora, e poi ancora una volta in qualche decennio. Intere foreste vengono abbattute. Gli esseri umani lo fanno di proposito, allo scopo di procurarsi il sostentamento. Trasportano organismi da un continente all’altro, alterano le terre, cacciano e distruggono animali, inquinano, bruciano, edificano, imprimendo così un nuovo aspetto alla biosfera terrestre. Introducono senza volerlo agenti patogeni e quando in un ambiente si presenta un agente patogeno del tutto nuovo è come se venisse introdotta una pistola in un duello col coltello.  Non avendo mai incontrato prima il fungo o il virus o il batterio, il nuovo ospite non possiede difese contro l’aggressione che sta per ricevere.Questo tipo di interazioni sono letali. Nell’ottocento il castagno americano fu distrutto dal fungo parassita Cryphonectria importato dal Giappone (qualcosa come 4 miliardi di alberi scomparvero). Molte popolazioni di animali furono annientate da virus o batteri.
Ma nell’ultimo secolo si sta per compiere una trasformazione  ancora più  insolita e radicale. Dopo aver scoperto riserve sotterranee di energia, gli uomini avviano un processo di consumo di idrocarburi che modifica la composizione dell’atmosfera. Questo, a sua volta, altera gli equilibri climatici e chimici degli oceani. Alcune specie animali e vegetali reagiscono spostandosi: superano montagne e mari e migrano verso i due poli. Ma un gran numero di queste –sulle prime centinaia di specie, poi migliaia, e in seguito forse milioni- si ritrovano abbandonate nel deserto.Il tasso di estinzione cresce vertiginosamente, e il modo in cui è strutturata la vita sul pianeta muta. Per sostenere il numero crescente di esemplari Homo la specie assassina che sta infestando il pianeta ricorre a fertilizzanti, estrae azoto dall’atmosfera per utilizzarlo chimicamente per produrre cibo, riempie di veleni e antiparassitari le terre emerse e le acque per aumentare la produzione di cibo, utilizza dosi massicce di anabolizzanti ed ormoni per aumentare la produzione di carne, depreda i mari di pesci e molluschi, li riempie di plastiche di scarto. I veleni immessi aumentano anche essi vertiginosamente la distruzione di specie animali e vegetali.
In passato le grandi estinzioni avevano visto la loro origine in una glaciazione, come nel caso dell’estinzione della fine dell’Ordoviciano; nel riscaldamento globale e i mutamenti della composizione chimica degli oceani per quella della fine del Permiano; l’impatto di un asteroide contro il nostro pianeta nelle battute finali del Cretaceo. L’estinzione attualmente in corso ha le sue nuove cause specifiche: non un asteroide o una imponente eruzione vulcanica, ma una specie infestante: l’essere umano. La modernità è la piena espressione di questa distruttività umana. Si tratta di una capacità forse inscindibile dalle caratteristiche che ci rendono umani: l’irrequietezza, la creatività, la capacità di collaborare e risolvere i problemi intervenendo attivamente sull’ambiente circostante. “Sotto molti aspetti il linguaggio umano  è come il codice genetico”, ha scritto il paleontologo britannico Michael Brenton. “L’informazione viene immagazzinata e trasmessa, con delle modifiche, di generazione in generazione”. E’ la comunicazione a tenere insieme la società e a permettere agli esseri umani di sfuggire all’evoluzione. Eppure queste capacità aggiunte all’estremo egoismo di specie che ci caratterizza come umani ci sta conducendo alla catastrofe. Saremo in grado di prenderne coscienza e di cambiare rotta (se si è ancora in tempo?). Proprio ora, in quel magnifico momento che è per noi il presente, ci troviamo a decidere quale percorso evolutivo rimarrà aperto e quale invece verrà sbarrato per sempre. Nessuna altra creatura si è mai trovata a gestire nulla di simile, e sarà, purtroppo, il lascito più duraturo della nostra specie. La Sesta Estinzione continuerà a determinare il corso della vita sul pianeta molto dopo che ciò che l’uomo ha scritto e dipinto e costruito sarà ridotto in polvere, quando magari i ratti giganti avranno –oppure no- ereditato il pianeta. 

martedì 3 febbraio 2015

Fusione calda: aggiornamenti


( In alto: Il tokamak TVC realizzato a Losanna)


Nel silenzio generale dei media prosegue l'avventura scientifica e tecnologica della fusione nucleare calda, l'impresa che potrebbe aprire nuove prospettive all'umanità, grazie alla possibilità di ottenere energia pulita, priva di emissioni e sempre disponibile. Mentre i verdi e i cosiddetti movimenti ecologisti si gingillano con le energie "rinnovabili", una pia illusione che non riesce a decollare nonostante si cerchi di estrarre energia dal sole e dal vento ormai da quasi settanta anni, alcune migliaia di ricercatori sono all'opera per realizzare la macchina in grado di riprodurre sulla terra l'energia che si genera nel nucleo delle stelle.

Nel 2014 nel Lawrence Livermore Laboratory in California, il professor Omar Hurricane è riuscito ad innescare una reazione di fusione in una micro bolla di gas di deuterio e trizio su cui hanno sparato contemporaneamente 192 laser immettendovi l'energia necessaria a riprodurre le condizioni di pressione e temperatura del centro di una stella: l'energia ottenuta è risultata di poco superiore a quella immessa dimostrando così la fattibilità tecnica della reazione di fusione.

In Europa prosegue a ritmi sostenuti la costruzione a Cadarache, nel sud della Francia, del primo prototipo funzionante di un mega reattore a fusione calda fornito di una camera toroidale di grandi dimensioni  per l'isolamento e confinamento elettromagnetico del plasma (tokamak), a cui partecipano numerosi paesi - tra cui Stati Uniti, Cina, India, Europa, Russia, Brasile ecc.) - riuniti nel progetto denominato ITER. Si è ormai realizzata l'infrastruttura base ed è stato recentemente piazzato il megatrasformatore realizzato dalla Hyundai per regolare l'immissione delle quantità di corrente elettrica ai voltaggi necessari al funzionamento della macchina. Tra poco si procederà all'assemblaggio della camera toroidale con i suoi rivestimenti speciali destinati a contenere i neutroni ad alta energia generati nel plasma e a restituire parte dell'energia ad esso. La realizzazione degli speciali pannelli ha richiesto studi avanzati in quanto i pannelli debbono assicurare un perfetto isolamento dei neutroni, una buona durata nel tempo e permettere un facile ricambio del rivestimento interno. Ugualmente complessa è stata la progettazione e realizzazione  delle spire di superconduttori necessari a generare i potenti  campi magnetici per il confinamento del plasma, in gran parte studiati e prodotti nel nostro paese.

Paradossalmente le novità più importanti sulla Fusione calda non vengono però dagli Stati Uniti o dal progetto ITER che si sta realizzando in Francia, ma da Losanna in Svizzera. E' qui infatti che -sempre nel disinteresse generale dei mezzi di comunicazione - si è in gran parte realizzata una importante iniziativa , inizialmente collegata al progetto ITER, costruendo una versione dinamica del sistema di confinamento magnetico del plasma nella camera toroidale.   Gli interessanti risultati prodotti nella macchina sperimentale hanno assunto  sempre  più autonomia rispetto al progetto originale, aprendo nuove prospettive di sviluppo per la fusione. Si tratta del Tokamak TCV  (Tokamak a Configurazione Variabile) costruito a Losanna attraverso la collaborazione di numerosi scienziati di varie nazionalità. Le notizie che seguono sono tratte in gran parte dalle specifiche tecniche del sito ufficiale del Tokamak TVC di Losanna all'indirizzo: http://crpp.epfl.ch/research_TCV.
La macchina, di dimensioni assai inferiori rispetto a quella progettata a Cadarache, è stata concepita per ottimizzare i sistemi di confinamento magnetico in programma per ITER. A questo scopo i ricercatori a Losanna hanno cercato di esplorare la fisica dei plasmi confinati, progettando un sistema che consente di variare  la sagomatura del plasma attraverso  le forze del campo magnetico con speciali bobine mobili azionate indipendentemente (comprese due bobine interne per il controllo verticale). La sagomatura variabile del plasma assicura che le reazioni di fusione vengano sempre ottimizzate ai massimi livelli di resa energetica, in quanto consentono un miglior riscaldamento del plasma e una sua migliore concentrazione quando richiesto. Allo scopo di assicurare un riscaldamento efficace e stabile del plasma si è creato uno strumento unico -mai prima realizzato- vale a dire un Ciclotrone da 4,5 MW di potenza, denominato ECRH ( Electron Cyclotron Resonance Heating) che è fornito di un sistema di onde elettromagnetiche distribuito su due frequenze (seconda e terza armonica) e sette emettitori controllabili in tempo reale da un software che interagisce con i rilevatori della stato del plasma. Il sistema di microonde risulta così altamente versatile e in grado di adattarsi allo stato e alla configurazione del plasma momento per momento. L'accoppiamento di microonde elettromagnetiche risonanti al plasma è il metodo più comune di riscaldamento del plasma. Se la condizione di risonanza è soddisfatta, la frequenza delle microonde eccita una delle frequenze proprie del plasma e le onde trasferiscono energia al plasma stesso.
Quando la frequenza delle microonde è uguale alla girofrequenza degli elettroni del plasma (cioè pari alla frequenza di rotazioni degli elettroni nel campo magnetico che confina il plasma), o alle sue armoniche, si ha un effetto di riscaldamento supplementare del plasma primario: la corrente elettrica provoca riscaldamento del plasma per effetto Joule. Inoltre quando l'onda elettromagnetica risonante ha una componente parallela al campo elettrico, può supportare una corrente elettrica nel plasma stesso. Questa corrente generantesi nel plasma viene definita ECCD (Electron Cyclotron Corrente Drive). Il reattore TCV di Losanna con il suo sistema di ECRH-ECCD composto da 9 girotroni (4.3 MW) è stata la prima macchina al mondo che ha generato corrente nel plasma sufficiente a innescare "scatti" di reazioni senza ricorrere a corrente indotta dall'esterno del Tokamak, determinando al contempo uno stato energetico stazionario e stabile. Sono previste ulteriori innovazioni nel TCV, in particolare un aumento di potenza di tre volte del sistema ECRH-ECCD nonché l'installazione di polarizzatori veloci sulla linea di trasmissione delle correnti interne.
Il confinamento magnetico variabile ha consentito una migliore interazione onda-particelle, una migliore distribuzione della velocità degli elettroni in fase e una stabilizzazione dei parametri del plasma. Molti esperti stanno analizzando i risultati e proponendo ulteriori innovazioni che dovrebbero avere ricadute anche sul progetto ITER e su progetti alternativi di macchine per la fusione calda controllata; progetti che si spera possano passare in breve alla fase di realizzazione di prototipi destinati alla messa a punto di reattori destinati alla futura commercializzazione. La retroazione sul plasma mediante Hardware di controllo è in via di costante miglioramento. Una prima conseguenza di quanto si è fatto a Losanna è che i futuri tokamak saranno tutti a confinamento variabile e a corrente generata internamente al sistema. Allo scopo si sta migliorando il sistema degli emettitori aumentando la potenza delle microonde lanciate perpendicolarmente al campo magnetico. Si cerca inoltre di azzerare la resistenza interna al plasma al flusso di elettroni il che permetterà di azzerare completamente l'immissione di corrente elettrica dall'esterno. In condizioni appropriate, il plasma evolve spontaneamente verso uno stato quiescente stazionario, con un punto di stabilità che coincide con una configurazione ristretta della sagomatura del plasma. La comprensione dei fenomeni fisici fondamentali che avvengono nel plasma di fusione è ancora in una fase aperta ed è essenziale proseguire gli studi al fine di fornire una interpretazione dei risultati sperimentali e offrire suggerimenti per migliorare i dispositivi attuali e futuri. I plasmi sono soggetti a stati tipicamente turbolenti e presentano comportamenti complessi, molto più complessi che i fluidi neutri standard, perché interagiscono costantemente con i campi elettrici e magnetici. Sono necessari potenti computer e teorie analitiche avanzate delle dinamiche del plasma, per migliorare la comprensione delle instabilità dello stato interno del tokamak e delle configurazioni in 3 D possibili del plasma.
La strada per la produzione di reattori a fusione calda in grado di fornire quantità enormi di energia pulita, priva di emissioni di carbonio e senza scorie radioattive, è tracciata, anche grazie al lavoro dei ricercatori di Losanna. Se il loro lavoro avrà successo il mondo chiuderà l'era del petrolio con tutti i suoi disastri e le drammatiche conseguenze ambientali, per vedere aprirsi una nuova era in cui l'energia sarà a disposizione di tutte le nazioni, per una maggiore opportunità di coniugare sviluppo tecnologico e tutela ambientale. Si ridisegneranno gli equilibri geo-politici e si apriranno nuove prospettive. La fusione calda può rappresentare la via di uscita per il pianeta dal  riscaldamento globale che sta già sciogliendo i poli e alterando il clima, mettendo a rischio migliaia di specie viventi, tra cui la nostra,     come dicono gli ultimi rilevamenti e gli appelli degli stessi esperti dell'Onu. La svolta potrebbe essere vicina.