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mercoledì 23 luglio 2014

Nessuna pietà per chi nasce




Nel suo libro "Un viaggio in Italia" , ristampato quest'anno da Einaudi, Ceronetti ci descrive la devastazione del nostro paese cementificato e sovrappopolato. Lo fa da par suo, da maestro della parola, mostrandoci cosa sono stati capaci di fare al bellissimo paesaggio italiano (oggi in gran parte deturpato) gli esemplari di Homo che l'hanno abitato, specialmente negli ultimi decenni. Sul tema della sovrappopolazione Ceronetti ha scritto  altri saggi che ci mostrano la violenza antropocentrica e la mancanza di un'etica rispettosa dell'ambiente e della natura che è alla base dell'esplosione demografica della specie umana. Riporto il brano seguente tratto da "La carta è stanca" nell'edizione Adelphi del 2000.

"Ma perché li fanno? Perché con tanta impudenza e leggerezza li gettano in queste fornaci? Non si può pensare ai catini frignanti, agli squittenti garbugli delle cliniche materne, senza commiserazione e spavento. Nessuna pietà per chi nasce. La compassione per l’infanzia, se ce ne fosse, sarebbe una pillola formidabile.
Non vedono che sulla terra non c’è più posto?
E che la città umana, avviluppata dalle suppurazioni del mondo minerale come da un mortale catarro, è ormai un luogo di supplizio per i corpi più fragili?
E non mancano trombe intrepide che ci incoraggiano a sempre più eccedere, come il professor Colin Clark, autore di The myth of over-population, venuto di recente in Italia dall’emisfero australe su invito papistico per illustrare i meravigliosi effetti di una strabocchevole popolazione mondiale. Veniva da Bombay il professore, e là non aveva visto, sentito, annusato niente! Non capisco questi cattolici superpopolazionisti, non capisco una Chiesa pro-banchetto cieco, frenetico, della vita. Il loro massimo dottore, Agostino, aborriva il crescete-moltiplicatevi: comando precristico che, dopo Cristo, diventa anticristico. Questa Chiesa fanaticamente popolazionista ha l’ideologia demografica di tutti i vecchi imperialismi, antimalthusiani come anticattolici: oppure quali mai binari la guidano? Sant’Agostino ebbe un figlio solo; il professor Colin Clark, nove. Da chi viene l’esempio migliore?
Neppure nei loro opachi termini contabili i nostri partiti politici osano dire certe umili verità, come l’impossibilità di dare a tutti, sotto la valanga demografica, una scuola e un lavoro decenti. Non osano dire che, aumentando insieme popolazione e consumi, la rovina dell’ambiente è sicura. Miserande elites senza un pensiero, senza un’idea morale, senza una partecipazione nella gravità, tengono spregevolmente il potere.
E che cosa faranno, le nazioni meglio organizzate, dotate di ogni tipo d’arma, fino al fischio ultrasonico, dei continenti in esplosione demografica, quando il male diventasse estremo?...
Lasciamo la gente che non può capire e che è abbandonata dall’inerzia della legge alla sua prolificità senza legge. Entra, nelle teste istruite, il pudore di fare aumentare, mentre sta già paurosamente crescendo, la popolazione mondiale? Non ne fate una questione di soldi, il problema è morale. I mezzi disponibili non c’entrano: bisogna dirsi che è una vergogna accrescere, sapendo quanto sia mala la vita, il dolore del mondo. Qui va sentito il dovere sociale! Non sono le religioni e le dottrine a insegnarlo, è il senso dell’umano, la compassione umana, la verità irresistibile del dolore. Se hai già un figlio, perché ne vuoi due? Se ne hai due, perché quattro? Oh provveditori di carne viva alle fornaci del dolore! Lavatevi gli occhi, vedete le condizioni di vita che si preparano a tutti in un mondo sovrappopolato, ascoltate il lamento degli ergastoli urbani, là fuori, straripanti di folla pigiata, di odio, di malattia e di solitudine, sentite l’odore di polpetta al plutonio nelle cucine del diavolo, e capirete che avete quest’obbligo assoluto: di non sentirvi affatto liberi di fare quel che volete in fatto di procreazione. Se vi ritenete liberi, solo perché forniti di mezzi adeguati, di procreare un mucchio di figli ben nutriti di spazio (conta più lo spazio del pane), mangiatori di spazio, restringitori di spazio, non consideratevi mentalmente superiori al moltiplicatore tarato di prole, che la rovescia per incuria e miseria nei blefotrofi, nei riformatori e negli ospedali.
Già nascono malvolentieri. Quasi sempre, bisogna dargli una spinta. L’espulsione naturale, a tempo, senza interventi, è sempre più rara. Ci vuole la siringa per convincerli. Il cesareo è un rubinetto sempre aperto. Appena nati, sono subito masse. Li cacciano in un gabbione dove imparano lo strepito collettivo, e di là passeranno in altre gabbie, in piazze, casamenti, quartieri, aule, uffici, ascensori, autobus, prigioni, corsie, cimiteri che straripano: vivranno come incapsulati in un incubo oppiofagico di De Quincey, dentro un mare di facce umane, la loro vita di spine.
Li amassero veramente, ma hanno l’aria di esserne perpetuamente stufi. Per levarseli dai piedi, i padrimadri sono maestri di sottigliezze. Bambini trattati in modo giusto, rispettati e guidati, non mutilati spiritualmente, non traditi, non visti con gli occhi di un manuale, non nutriti in modi insensati, ne vedo pochi. Da notare l’incapacità completa degli adulti di farli divertire, di stare con loro a un gioco. L’adulto moderno soffre d’impotenza ludica incurabile, e la morfina televisiva data ai bambini è un frutto di questa buia impotenza. Il teleschermo è un orco, che se li mangia un pezzo alla volta. Orfani di ogni correzione, li invade la paura…L’anarchia familiare è uno dei grandi terrori infantili.
Quasi sempre, la coppia scopre che non li voleva. La moglie inchioderebbe volentieri il padre dei suoi figli, che vaga oppresso dalla paternità, a una croce, se ce ne fosse una pronta, in cucina. Sufficit una domus. Ma vale la pena l’indagare  alcuni dei motivi per cui si procrea, quando non c’è la scusa della cecità e dell’abbrutimento, oltre il limite di Sant’Agostino. Uno dei motivi più fradici è la crisi di coppia. Hanno già due figli, il terzo è incaricato di risolvere i loro problemini. Le loro risse coniugali m’interessano poco, ma che per colpa loro ci sia un uomo in più mi sconforta. Questa sarebbe la famosa procreazione cosciente!
Poi ci sono i consigli degli esperti! Psicologi, ginecologi…”Faccia un altro figlio, signora, non perda tempo!”. Allora, per guarir di un’orticaria, ci giochiamo la testa di un uomo. La piccola nevrosi della madre sarà curata a prezzo della nevrosi incurabile del figlio. Un uomo entrerà nel dolore per ravvivare un ormone, spianare un foruncolo, eliminare un prurito. Non so quanti sospiravano l’istituzione del divorzio per fare subito un figlio all’amante diventata moglie, eppure ne avevano già tre o quattro della moglie precedente. E c’è chi, pur rischiando di avere figli sub-normali, porta ugualmente alla tempia della matrice la canna della sua dannata pistola, e preme il grilletto per vedere se nel tamburo è rimasto un colpo…
Quanta pena, nelle pitture, fanno i figliuolini pallidi, consunti dalle emottisi, coperti di ermellini, medaglieri, trapunte, cuscini, gorgiere, panoplie e piumaggi, dei monarchi assoluti e anche di quelli un po’ costituzionali! Li facevano nascere a grandi colpi di magie nere, decapitando medici e astrologhi, all’unico scopo di assicurare una successione a un trono senza gioia, e per consolarli di essere nati li soffocavano di delizie, cavallini, belle balie, automi musicali, ombre cinesi, acrobati, gelati al limone, gobbetta,cani. I principino malinconici si addormentavano abbracciando il teschio del nano che li aveva fatti ridere qualche volta. Nati per ragioni dinastiche, obbrobrio! L’uomo si è sempre riprodotto per scopi futili.
C’è un gran male, molto elogiato, dell’industria medica di questi tempi: un concentrarsi di violenza ai danni della sterilità naturale. Nei profeti biblici, la sterile che partorisce è un segno messianico, ma quel che vediamo tura gli alleluia. Povere forzate del parto (un’ex sterile, di questi giorni, ne aveva in corpo otto, che la stavano divorando), sottoposte a trattamenti tenebrosi, a crudeli umiliazioni, a inseminazioni di fantasia, a gravidanze in un tubo! I laboratori preparano grandi crimini in questo campo, a prezzo di vite viventi e di anime indifese; perciò bisogna difendere il corpo, non darlo all’esperimento; non cedere alle pressioni ignobili dell’ambiente, rifiutare il miracolo clinico, portare la propria sterilità naturale come un dono fatto alla terra troppo popolata, troppo carica e malata d’uomo.
Levi-Strauss parla di certi Indios brasiliani che, pur essendo pochi, preferiscono adottare che riprodursi, e questa esemplare saggezza di primitivi mi piace che incastri con un pezzo di sapienza greca; il filosofo Democrito raccomandava calorosamente adottate! E non era un pessimista: la tradizione l’ha tramandato ridente."

(Guido Cernetti: La Carta è stanca. Adelphi, 2000. Pag. 107-113).

martedì 15 luglio 2014

Quando l'Unità parlava di sovrappopolazione




Sono passati 30 anni, quasi un'epoca è trascorsa. Esisteva ancora il PCI e oltre cortina c'era l'Europa dell'Est guidata dall'Unione Sovietica. Il mondo ancora si suddivideva in due grandi blocchi ideologici contrapposti: il mondo libero ad occidente, il mondo comunista ad oriente. Anche se stavano per crollare, le ideologie sopravvivevano dal tempo della seconda guerra mondiale e l'ordine mondiale era quello scaturito dalla fine della guerra. In questo contesto di forti ideologie, sorprendentemente, c'era però più consapevolezza sui reali problemi che affliggevano il pianeta. Accanto alla critica delle economie basate sulla produzione e sul consumo, insieme ad una prima presa di coscienza dei limiti dello sviluppo possibile in un mondo limitato e con risorse naturali sempre più limitate, incredibilmente trenta anni fa si parlava di sovrappopolazione, cioè del vero problema all'origine del disastro cui la Terra si sta precipitosamente avviando. Negli Stati Uniti c'erano state le denunce di Paul Ehrlich con il libro "The Population Bomb" pubblicato nel 1968 (quando la popolazione mondiale era ancora di due miliardi e mezzo di persone), poi quella di Meadows e Randers con "The Limits to Growth" nel 1972. Nella Cina ultracomunista di Mao era stata avviata nel 1979 la politica del "figlio unico" imposta per legge per arrestare il degrado ambientale, favorire lo sviluppo di un'economia pianificata, consentire di spostare risorse sulla modernizzazione del paese. Anche l'India aveva avviato politiche di controllo demografico, dopo le gravi crisi alimentari e ambientali costate milioni di morti verso la fine degli anni sessanta. In Italia, persino nell'Italia ideologica di allora, nel tempio dell'ideologia comunista quale era allora l'Unità, organo ufficiale del Pci, venivano pubblicati articoli che denunciavano la deriva catastrofica verso cui il mondo si sarebbe avviato se non si fosse arrestato il boom demografico. Erano evidentemente altri tempi, era un'altra sinistra, in cui non si era ancora installata l'ideologia unica terzomondista, antropocentrica, dei diritti assoluti di Homo contro tutto il resto della natura, contro tutte le altre specie viventi, contro l'ambiente naturale considerato al servizio delle necessità senza limiti di Homo e pressoché ridotto a discarica. Uno di questi articoli è quello riportato in alto (cliccare sulla foto per ingrandirlo). In esso, datato 15 luglio 1983,  si accenna alla   Conferenza mondiale dell'Onu sullo stato della popolazione nel mondo prevista per l'anno successivo. Sono sorprendenti le previsioni fatte a quel tempo per gli anni 2000 e per i decenni successivi: si parla di sovrappopolazione con il rischio di arrivare ai 10 miliardi, di megalopoli come aspetto centrale della civiltà futura, di inquinamento massiccio delle terre e delle acque, di crisi alimentare e della necessità di ricorrere all'uso sempre più massiccio di sostanze chimiche in agricoltura,  di conflitti per le terre e per le risorse, di esaurimento delle risorse idriche ed energetiche, di spostamenti epocali di popolazioni dalle aree depresse  e sovrappopolate verso le aree più sviluppate con gravi crisi economiche, sociali,  di ordine pubblico e persino igienico sanitario nei paesi riceventi. Sembra incredibile, a leggerle oggi, che queste analisi venissero pubblicate nell'organo ufficiale della sinistra. Una lucidità di analisi che sarebbe vano ricercare oggi sull'Unità o su altri giornali della sinistra, pieni di vaneggiamenti terzomondisti in cui non si accenna più neanche lontanamente al problema demografico. E se vi si accenna...è per condannare la scarsa natalità in Italia e in Europa e per reclamare sovvenzioni per incentivare le nascite. Oggi l'Unità è divenuto giornale filo-papista che parla solo di accoglienza e di diritti di Homo, senza più accennare minimamente alla necessità di un controllo demografico che riporti il pianeta in una situazione sostenibile. Le previsioni  riportate nell'articolo del 1983 si sono avverate tutte: dal fatto che più della metà della popolazione mondiale sarebbe vissuta nelle megalopoli, all'esaurimento progressivo delle risorse, ai conflitti da eccesso di popolazione come si assiste in Africa e in Asia, alle migrazioni colossali che stanno modificando il volto dell'Europa e degli Stati Uniti, alle crisi economiche e sociali innescate da migrazioni e inurbamenti massicci, ai disastri ambientali che ormai minacciano la natura residua in tutte le aree del pianeta. Tutti questi fenomeni vengono correttamente riferiti all'eccessiva crescita demografica mondiale e si allertano i lettori sui rischi e sulle conseguenze che ne sarebbero seguito nei decenni successivi. Riporto un breve brano finale dell'articolo:

"...L'esperienza accumulata nel corso di trenta anni di crescita demografica senza precedenti, gli sforzi accumulati per modificarne i corsi, o attenuarne gli effetti,della situazione in tutta la sua complessità, altro non sono che l'effetto di decisioni...e i governi hanno il dovere e la responsabilità di fornire strumenti che mettano in condizione di scegliere, e per il meglio. Nascite, morti, migrazioni, vita delle famiglie, sono strettamente correlate agli interventi sulla salute, sull'educazione, sulle possibilità di lavoro, sulle condizioni della donna. E ogni qual volta le responsabilità del governo sono disattesa si hanno effetti nefasti per la vita degli individui e per le prospettive di uno sviluppo equilibrato."
(L'Unità del 15 luglio 1983)

L'unico fatto che non era stato previsto nell'articolo è quello più eclatante agli occhi di un lettore di oggi: che di fronte a tutte le previsioni del 1983 sui problemi dell'eccessiva crescita demografica, poi avveratesi, la sinistra avrebbe poi negato ogni rilevanza al problema della sovrappopolazione, sarebbe giunta a negarlo e a silenziarlo come un argomento vietato di cui non si deve assolutamente parlare. Questo forse è l'aspetto più sconvolgente di tutta la parabola politica della sinistra degli ultimi anni.

martedì 1 luglio 2014

Supermegalopoli




  La sovrappopolazione sta distruggendo rapidamente ciò che resta della civiltà e della cultura cinese. Come già è successo con il Giappone, la necessità di concentrare in spazi limitati e tecnologicizzati milioni di abitanti sta fagocitando lo stile di vita, i valori, l’organizzazione, le tradizioni, il lavoro, il tempo libero, l’intera vita di un miliardo e mezzo di cinesi. E’ di qualche giorno fa la notizia che il governo cinese sta pianificando la nascita di Jing-Jin-Ji, la più grande supermegalopoli del pianeta con 110 milioni di abitanti che nei disegni dei pianificatori servirà da modello per una nuova urbanizzazione e allo stesso tempo per sperimentare e attuare nuovi modelli di sviluppo economico. Rispetto a tanti paesi occidentali che vedono crescere dimensioni e popolazione delle proprie città-megalopoli con poca pianificazione e a volte, come nel caso di Roma e Milano, con molto caos, i cinesi hanno il vantaggio di un sistema politico autoritario e rigido che consente di pianificare interventi strutturali sul territorio e sulla popolazione su tempi lunghi. Nella progettazione della super-metropoli cinese è prevista la fusione di Pechino con le vicine megalopoli di Tianjin e della provincia sovrappopolata dello Hebei ricorrendo senza mezzi termini allo spostamento coatto di milioni di persone e allo stravolgimento totale del territorio e di tutto l’ambiente per un’area di 216 mila chilometri quadrati ( due terzi dell’Italia) dove sono previste sette anelli autostradali di raccordo, trasporti ferroviari superveloci, autostrade a otto corsie, immensi grattacieli, mercati vastissimi supertecnologicizzati, collegamenti telematici a gogo, sventramenti, abbattimenti massicci delle periferie nate spontaneamente nel passato, spostamento di fiumi e corsi d’acqua, tunnel, gallerie, cisterne, centrali di ogni tipo da quelle nucleari a quelle ad idrocarburi e carbone, fabbriche, capannoni, aree industriali, centri di smistamento traffico, centri sportivi, strutture di supporto e cemento cemento cemento, tanto cemento.  Se si salverà, e questo non è ancora detto, la Città Proibita rimarrà come simbolo triste di un passato che non esiste più. Oltre all’impatto sociale di un simile mostro frutto dell’incontro incestuoso tra sovrappopolazione e tecnologia, è da leggere nel progetto l’intento politico di  permettere lo sviluppo di un nuovo tipo di economia in cui l’area in questione, con una popolazione simile a quella del Giappone, avrà una concentrazione finanziaria paragonabile e un Pil combinato di oltre sei trilioni di yuan, quasi mille miliardi di dollari, ossia il 10 per cento del totale cinese. Ciò che stupisce nel progetto è la rapidità di realizzazione prevista. Il governo ha deciso, senza minimamente consultare gli abitanti coinvolti,che alcuni dipartimenti ministeriali, università e ospedali verranno spostati dalla capitale a Baoding, 150 chilometri a sudovest.  La cosa creerà inevitabili problemi logistici alla massa di utenti dei servizi, ma questo pare non interessare al governo. E per convincere cinque milioni di abitanti a spostarsi subito almeno di qualche decina di chilometri, le autorità pechinesi hanno già cominciato ad abbattere dei grandi mercati di periferia che richiamavano decine e decine di migliaia di lavoratori migranti. 



Nello studio dei cinesi si analizzano i problemi che rischiano di rendere invivibile la capitale: il traffico pazzo di sei milioni di automobili, gli ingorghi giganteschi, l’inquinamento cronico e il costante aumento della popolazione (Pechino sta crescendo di 600 mila abitanti l’anno). Le soluzioni prevedono l’uso massiccio di nuove tecnologie e l’accorpamento coatto dei servizi così da consentire economie di scala e procedure di controllo centralizzato. L’aumento costante della popolazione è una delle variabili da governare. Non si tratta solo di semplice inurbamento di popolazione dalle campagne alla megalopoli. C’è anche il parziale fallimento della politica del figlio unico che, tra l’altro, in seguito alle necessità dello sviluppo economico, è in via di abbandono da parte del Partito Comunista. Del resto tantissime famiglie, soprattutto nei centri agricoli periferici, hanno molti più figli dell’unico consentito, però evitano di registrarli all’anagrafe per non pagare le penali previste dal governo.
La Cina, con questo progetto, ha deciso di non opporsi più all’esplosione demografica, ma di cavalcare la tigre. Poiché la modernizzazione e lo sviluppo economico dovuto alla globalizzazione sta trasformando profondamente il paese, è inutile opporsi a quello che sta avvenendo. Invece di contrastare l’inurbamento da sovrappopolazione, il governo decide di sfruttarlo per creare una nuova realtà che sarà –in queste dimensioni- la prima del pianeta: la Supermegalopoli. Scompare  la Cina storica per piombare in un incubo: la modernizzazione nel suo spetto peggiore e nichilistico che comporta la distruzione totale della natura e dell’ambiente e la creazione di un mostro architettonico e strutturale in cui le persone faranno la parte di polli da allevamento intensivo e in cui la vita frenetica e senza senso renderanno la vita come se si vivesse tutta all'interno di un supermercato. La supermegalopoli in cui milioni e milioni di uomini vivranno costretti in spazi limitati e alienati,  mostrerà lo sradicamento di un uomo che ha perso ogni significato e ogni appartenenza alla natura per divenire un semplice numero in una società massificata in cui si replica la produzione di merci e di uomini ormai divenuti la stessa cosa. La sovrappopolazione toglie valore alle persone e massifica gli individui, divenuti semplici rotelle di un ingranaggio gigantesco che ormai funziona per conto suo, autonomamente, senza essere influenzato dalle regole e dalle istituzione che gli uomini si erano creati in secoli di storia ma in un mondo infinitamente diverso perché molto meno popolato. La sovrappopolazione non è più  una minaccia, è una dura realtà che sta distruggendo la realtà fisica e naturale del pianeta e sta diffondendo una coltre grigia, come un cancro inarrestabile, che divora non solo il territorio e l’ambiente, ma la cultura, l’identità, l’appartenenza, l’essenza stessa della presenza umana sulla Terra