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martedì 13 settembre 2016

Fallimento ambientalista

Jacopo Simonetta scrive un interessante articolo sul fallimento del movimento ambientalista (www.crisiswhatcrisis.it) in cui si chiede perché man mano che la situazione ambientale degenera, la quantità di gente preoccupata aumenta, ma il movimento ambientalista è sempre più debole e solo.Perché l'ambientalismo è ovunque in crisi e perde peso politico proprio quando la crisi ambientale precipita? Jacopo si pone la domanda centrale: c'è stato qualcosa di sbagliato alla radice del movimento? "Nel suo insieme l'ambientalismo non ha saputo elaborare e divulgare un paradigma politico alternativo ai due che, all'epoca, si contendevano la scena: il liberalismo e il socialismo." Nessuno tra gli ambientalisti ha saputo elaborare un modello politico nuovo basato su una nuova visione del mondo. Sia il capitalismo che il socialismo perseguono il progresso indefinito della società e il nucleo centrale che li accomuna è l'idea di progresso. Secondo l'autore è proprio l'archetipo del progresso che andrebbe messo in discussione. Ma ciò, aggiunge, avrebbe comportato un attacco alla radice stessa del pensiero moderno alla cui origine troviamo padri del calibro di Bacone, Galileo, Cartesio, Hobbes, Boyle, ecc. Il famoso testo di Donella e Denis Meadows "I Limiti dello sviluppo" individuava nella tecnologia e nello sfruttamento delle risorse il problema principale, ed indicava nel progresso un mito fondante ma distruttivo, e proponeva di fermare la crescita demografica e la crescita economica prima di raggiungere la soglia critica. Fu introdotto il concetto di sviluppo sostenibile, per conciliare l'idea di buone pratiche di risparmio delle risorse e salvaguardia ambientale con l'idea di manternere comunque un certo grado di sviluppo.Ma l'idea del controllo demografico fu subito invisa anche da una parte dei collaboratori al testo, considerata non corretta politicamente, quasi razzista, e presto messa sotto silenzio. L'ambientalismo si andò sempre più schierando politicamente mentre perdeva l'originalità delle impostazioni di partenza e di incisività sulla realtà economica. Si chiede poi Jacopo se avrebbe potuto andare diversamente. Nel periodo in cui si sviluppò l'ambientalismo Usa e URSS erano impegnati in una corsa per il controllo del pianeta e rallentare la crescita economica era impensabile: avrebbe frenato il progresso tecnologico a svantaggio dei due contendenti. Negli anni 70 si generò un certo dibattito sulla sovrappopolazione, e alcuni paesi come India e Cina cominciarono ad applicare il controllo delle nascite (politiche che poi furono abbandonate o depotenziate). Gli effetti dei progressi in campo medico e le nuove tecnologie per la produzione di cibo avevano creato le condizioni di un boom demografico senza precedenti. Si cominciò a rendersi conto delle conseguenze devastanti di questa esplosione ma si elaborò un nuovo mito: quello della "transizione demografica" che avrebbe risolto da solo il problema. La crescita economica avrebbe comportato, secondo questa visione, una stabilizzazione demografica automatica. Nella corsa tra socialismo e capitalismo, dice Jacopo, quest'ultimo si è rivelato più flessibile, si è appropriato della retorica ambientalista, l'ha anzi sfruttata modificando anche la produzione e indirizzando i consumi, ed alla fine ha vinto sul campo, senza che il degrado ambientale avanzante venisse minimamente rallentato. "L'ambientalismo politico si trovò stretto in un' inpasse che avrebbe potuto essere superata solo con un radicale cambio di paradigma; un salto culturale talmente grande da non essere neppure tentato." Si chiede infine Simonetta se ha ancora un senso fare dell'attivismo ambientalista. Nessuno ormai fa più caso ai ripetuti allarmi su imminenti catastrofi ambientali. Ci si è abituati a tutto. Si parla di riscaldamento ambientale come una moda, senza scandalizzarcene. Tutti parlano di rilancio della crescita in un mondo che sta morendo per le emissioni dovute alla crescita. "Se ci si danno finalità possibili, c'è sempre un senso a fare qualcosa" conclude l'autore cercando una via d'uscita in un vicolo cieco e specificando che comunque date le premesse, le cose dovevano andare per forza così. Possiamo fare poco: prepararci agli eventi futuri ed aumentare le probabilità di sopravvivenza nostre e quelle di parenti e amici (resilienza). Evitare di peggiorare ulteriormente la situazione: questo si può fare. Non basterà a salvare il pianeta ma almeno servirà a qualcosa. Prepararci, infine, al medio evo prossimo venturo, al disastro imminente in cui la natura riprenderà il sopravvento, e confidare nelle doti di resistenza e resilienza della specie umana. Dobbiamo archiviare tutte le nostre conoscenze scientifiche e prepararci ad affrontare la tempesta: i nostri discendenti potranno usufruire di quello che avevamo scoperto. Dobbiamo creare i presupposti perché dei paradigmi realmente alternativi possano nascere, o rinascere, magari tra qualche secolo.
Come commento all'articolo di Jacopo posso dire che sono in gran parte d'accordo sulla sua analisi, ma trovo che sia troppo clemente con il movimento. Gli esiti di esso sono visti da Simonetta come inevitabili e già destinati al fallimento fin dall'inizio. C'era da dare una diversa impostazione, dice Jacopo, in particolare insistere per un controllo della esplosione demografica su cui il movimento non ha mai veramente voluto impegnarsi. I motivi di questa sottovalutazione, dice l'autore, si possono capire: l'argomento era scabroso, la politica era impreparata, il discorso era troppo estraneo al periodo in cui i progressi scientifici erano esaltati e l'uomo era ed è considerato il padrone del mondo. Il movimento si è affidato invece alla politica, in particolare all'illusione che una prassi anti capitalista bastasse ad assicurare la salvezza ambientale.Il discorso ambientalista è divenuto così un accessorio del movimentismo di sinistra, proprio quando i movimenti marxisti e socialisti perdevano l'aspetto di rivolta contro la civiltà industriale di mercato e acquisivano sempre di più una colorazione terzomondista sul filo di una antropocentrismo basato sui diritti assoluti della specie Homo. Se c'era da salvare qualche specie animale o un ambiente naturale senza intaccare lo strapotere dell'uomo sulla natura ciò era condiviso dagli ambientalisti. Ma se quella salvezza di specie o di paesaggio comportava un costo per il padrone del Cosmo, ad esempio un limite alla natalità umana o al benessere (inteso come consumi), o al diritto di scegliere i luoghi dove vivere e spostarsi, allora il discorso veniva chiuso con una condanna morale. L'ambientalismo politically correct non ha voluto mai mettere in discussione i diritti assoluti dell'uomo, anzi ha considerato la tutela ambientale e delle altre specie non un valore in sé, ma un valore relativo agli interessi di Homo. Questa è la colpa principale. In presenza di una esplosione della popolazione umana e quindi di una moltiplicazione esponenziale delle necessità di consumi e di strumenti e strutture per la sopravvivenza di nuovi miliardi di umani generatisi in pochi decenni, il ruolo di una salvaguardia ambientale così riduttivamente intesa non poteva che naufragare e ridursi al giardinaggio o poco più. La politica ambientalista è così divenuta una politica dei no. No a nuove costruzioni, no a infrastrutture, no a nuovi consumi, no alle energie da idrocarburi, no a quelle nucleari, no a nuove tecnologie, no no no. E questi no erano e sono in contraddizione e conflitto con i nuovi bisogni determinati dal contemporaneo aumento della densità demografica e delle richieste da parte di una popolazione in continua crescita. Si espandono le megalopoli anche a causa delle politiche umanitarie degli ambientalisti e al tempo stesso si proclama da parte dei movimenti la necessità di fermare il cemento e salvare i terreni agricoli. Queste contraddizioni sono talmente evidenti, che anche ai più ben disposti verso l'ambientalismo, cadono le braccia. Un pretendere di fermare lo sviluppo e una contemporanea richiesta di più servizi per le masse umane in espansione incontrollata,una miscela contraddittoria ed esplosiva di cui le prime vittime politiche sono state i movimenti ambientalisti. I quali non ebbero e non hanno, anche oggi che la situazione è in rapido deterioramento, il coraggio di una scelta radicale. La prima necessità per salvare il pianeta è quella che indicarono i fondatori dell'ambientalismo: la riduzione della natalità umana per un riequilibrio tra natura e specie, tra varietà biologica e civiltà umana.

24 commenti:

  1. UUIC è solito etichettare gli ambientalisti che stai descrivendo, quelli delle "organizzazioni", come "cocomeri": verdi fuori, rossi dentro. Al di là dell'indicazione cromatica forse troppo precisa, lì sta il problema -- l'ambientalismo non è un fine, è un mezzo. Senza contare che anche a voler lasciare fuori dal discorso gli ipocriti criminali in giacca e cravatt che venderebbero la madre per guadagnare uno scalino nella propria "scalata ai vertici", non esiste un ambientalismo. Occorrerebbe usare il plurale, con tutto quel che ne consegue.

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  2. "Ma l'idea del controllo demografico fu subito invisa anche da una parte dei collaboratori al testo, considerata non corretta politicamente, quasi razzista"

    A dire il vero Simonetta dice chiaramente che il problema della crescita demografica e' stato affrontato solo dal lato della natalita'(e dico io tutto sommato abbastanza risolto, siamo sotto i 2.5 figli per donna attualmente su scala mondiale), mentre dall'altro lato, quello della mortalita', e' stato esacerbato. Mentre la natalita' dimezzava (era 5 nel 1960, e' 2.5 oggi, un cambiamento enorme, epocale, ma che viene del tutto CENSURATO dai catastrofisti), la vita media e' quasi raddoppiata (e anche questo viene sottaciuto, non sia mai che si ammetta che le condizioni di vita sono drasticamente migliorate dappertutto).
    Ma su questo aspetto, il raddoppio della speranza di vita, Simonetta dice che una critica e' improponibile: gia' e' difficile dire che bisogna fare meno bambini (per il cattolico integralista il solo non concepire un bambino equivale ad ucciderlo, ma ce ne sono sempre meno a sostenere assurdita' del genere) chi avrebbe il cinismo di dire che per la salute del mondo bisognerebbe lasciar morire i vecchi e i malati oltre una certa eta' oppure oltre una certa soglia di gravita', e non curarli? Questo si' va abissalmente CONTRO, come si rende conto pure Simonetta, ogni ATTUALE forma di solidarieta' umana.

    Cito ancora Simonetta: "ma nessuno si sognò neppure lontanamente di mettere in discussione gli effetti demografici che il fulmineo progresso della medicina stava avendo in tutto il mondo. Eppure, non è certo un segreto che la demografia dipende dall’equilibrio fra nascite e morti. E che, con animali molto longevi come l’uomo, gli effetti di fluttuazioni anche modeste da entrambe le parti hanno effetti complessi, destinati a farsi sentire nei decenni. Un argomento politicamente minato ancor oggi, tanto più allora che avevamo una salubre memoria delle follie criminali di Hitler e Stalin."
    Appunto. Simonetta non e' nuovo a evidenziare questa tesi, che peraltro dal punto di vista dei dati e' del tutto vera, e' un fatto. La medicina, dal punto di vista dell'equilibrio demografico, cio' che ha dato da un lato con gli antifecondativi e la diffusione della cultura del concepimento consapevole, ha tolto dall'altro col prolungamento della vecchiaia.
    A mitigare la visione catastrofista di Simonetta, sarebbe doveroso pero' dire, e non lo si dice, che e' normale che ci vogliano almeno una o due generazioni perche' il calo della natalita' si equilibri con l'aumento dell'aspettativa di vita, cosa che finora, seppure con questo ritardo, e' _puntualmente successa_ in tutto il mondo. Per usare la stessa argomentazione dell'intelligente Simonetta, a volte si ha l'impressione che i catastrofisti siano talmente affezionati alla loro ipotesi non dimostrata, alla loro petitio principii, quella dell'ineluttabile catastrofe finale, che qualsiasi prova viene comunque usata per confermare l'ipotesi di partenza, anche quando va evidentemente in senso contrario.

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    1. "[...] chi avrebbe il cinismo di dire che per la salute del mondo bisognerebbe lasciar morire i vecchi e i malati oltre una certa eta' oppure oltre una certa soglia di gravita', e non curarli?

      Infatti non lo si dice, ma lo si fa in silenzio. Informarsi sui meccanismi del triage in campo sanitario, ad esempio, o sulle recenti discussioni delle commissioni che si occupano senza troppa pubblicità delle "ipotesi" circa la fin troppo prossima legge sul "fine vita". Guarda caso trovando "addentellati" con gli andamenti delle curve demografiche e le relative ricadute economiche (ovvero: "come possiamo fare in modo che quel che è stato abbondantemente pagato dalle numerosissime generazioni degli ex-giovani e che abbiamo già disperso in mille rivoli non venga reclamato sotto forma di assegni pensionistici e assistenza sanitaria?". E lì, stanne certo, il cinismo che paventi non manca, anche se viene accuratamente tenuto nell'ombra (per ora) e mistificato con forme di neolingua per farlo sembrare altro-da-sè (in prospettiva, ma già qualcosa trapela). Dai alle dirigenze altri 10-15 anni di tempo e vedrai emergere in piena luce il bubbone.

      Quando, a breve, noi generazione della moltitudine di pagatori passeremo all'incasso, allora s'alzerà il sipario e si rivelerà quella commedia della quale per ora solo gli autori conoscono la trama. Ma che dico? Non è una commedia, è un'ottimamente congegnata tragedia. Per ora, tutti zitti, ché la moltitudine dei pagatori è ancora attaccata alla mungitrice e non bisogna turbarla più di tanto per non minarne la "produttività". Molto meglio aspettare che siano anche fisicamente in condizioni di non nuocere.

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    2. Se ci si pensa un attimo, qualunque sistema pensionistico si metta in atto, anche contributivo, e' chi lavora e crea economia in un certo momento che paga le pensioni di chi ha lavorato in passato, dato che, in ogni caso, i beni disponibili in un certo momento sono quelli che in quel momento si producono, e sono quegli stessi beni disponibili allo scambio nel presente che danno valore ai soldi e alla finanza eventualmente risparmiati dagli attuali pensionati nel passato.
      In altre parole, e' l'economia in atto in un certo momento che definisce la ricchezza generale di quel momento, pensionati compresi.
      E' per questo che una economia in crescita non ha problemi a pagare le pensioni, mentre una in calo li ha. Chi ha vissuto la crescita ha pagato poco (cioe' in modo adeguato al contesto piu' povero del passato) per avere nel futuro ricco di piu', mentre chi vive la decrescita il contrario, paga tanto e avra' necessariamente meno, salvo che il paese non si indebiti sperando in un rovesciamento della situazione futura che permetta di pagare il debito...
      Nel nostro paese c'e' stata pure la complicazione che, sebbene in decrescita, sono continuate per decenni pensioni pensate e adeguate a un periodo di crescita: si andava in pensione con l'ultimo stipendio, non con quello medio, perche' allora era... impensabile che lo stipendio non avrebbe continuato ad aumentare in futuro!)

      La legge delle baby pensioni vedo fu approvata dal governo Rumor nel dicembre 1973:
      http://www.comune.jesi.an.it/MV/leggi/dpr1092-73.htm
      https://it.wikipedia.org/wiki/Governo_Rumor_IV#Finanze
      https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_energetica_%281973%29

      proprio in contemporanea con il momento acuto della crisi del petrolio, le domeniche a piedi e le luci pubbliche tutte spente dopo le 10 di sera, momento che segna la fine definitiva del periodo di crescita "cinese" dell'italia seguito all'ultimo dopoguerra (avvisaglie c'erano gia state alla fine degli anni '60, culminate nell'inizio dell'inflazione e l'autunno caldo). Notare che cofirmatario della legge, come responsabile del tesoro, fu Ugo La Malfa, detto dai contemporanei "cassandra", quello che nei decenni successivi ci sfracello' i coglioni con la denuncia del debito pubblico in crescita incontenibile, come se lui non ne fosse stato uno dei maggiori responsabili firmando quella legge! Tant'e' che poco dopo ci fu la rincorsa inarrestabile alla crescita del gettito fiscale, che culmino' con l'introduzione di quel documento paleosovietico che fu "la bolla di accompagnamento merci viaggianti", non so se qualcuno se la ricorda, fu l'inizio della fine, della trasformazione dell'italia economica in un gulag fiscale da cui non siamo piu' usciti e non usciremo mai piu', finche' sopravvive questa italia.

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    3. (continua)
      "Stranamente" in rete non si trova quasi niente su quell'obbrobrio che fu la "bolla di accompagnamento", eliminata, anzi trasformata in "documento di trasporto", solo circa vent'anni dopo perche' totalmente incompatibile con i principi di libera circolazione delle merci nella comunita' europea, oltre che di sanita' mentale aggiungo io. Fu eliminata ma in cambio di ulteriori feroci salassi fiscali, non se se vi ricordate la crisi del 1993, e' da allora che venne radicalmente modificata la tassazione sugli immobili facendo passare il principio che l'immobile deve pagare una salata tassa annuale a prescindere dal reddito che produce e dal reddito complessivo del proprietario... prima si pagava solo all'atto della compravendita, era una specie di iva che si era tenuti a versare quando, effettuando la compravendita, si veniva in possesso dei soldi e quindi dei mezzi per poter pagare. Logico, no? Nella prima eta' repubblicana, nell'italia povera e distrutta dalla guerra, se avessero introdotto una tassa iniqua cosi', ci sarebbe stata la rivoluzione cruenta entro due mesi (tassa da pagarsi fra l'altro anche sui suoli edificabili, come se l'immobile fosse gia' edificato, motivo per cui i comuni, sempre a caccia di soldi, rendono edificabili a nastro i loro territori, da cui la famosa "cementificazione", che i fessi e i faziosi politici in malafede, attribuiscono alla speculazione immobiliare, e alla mancanza di leggi e regolamenti - ROTFL). Ogni tanto la tassa viene abolita ma solo sulle prime case, cioe' le case di quelli che fanno vincere le elezioni (quante volte e' stata cambiata la legislazione sulla tassazione immobiliare? Nel mio comune, alla disperata caccia di soldi per alimentare i suoi innumerevoli sprechi (ufficio parita' della donna, ufficio biciclette, ufficio "pace del mondo" - sul serio, in un comune!!!), pochi anni fa e' cambiata _tre volte tre_ nel giro di un solo anno fiscale)...

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    4. La cosa "divertentissima" e' che nell'indifferenza generale e' passato il principio che lo Stato e tutti i suoi organi periferici, non so se avete notato, puo' aumentare ad libitum la tassazione a seconda delle sue necessita', riservandosi il diritto di specificare quanto gli serve, e percio' dovete pagare, fino a pochi giorni prima della scadenza fiscale. Cioe' dovete pagare non a seconda della vostra possibilita' e disponibilita' a farlo, ma a seconda delle necessita' di chi vi obbliga, che della vostra disponibilita' se ne fa un baffo, non gliene fraga proprio niente, lui ha fatto il "debito" e percio' voi avete vissuto al di sopra delle vostre possibilita' (il ragionamento, esplicitato dall'emerito ex-presidente, non fa una piega...).

      Basterebbe questo per definire il nostro demenziale paese un cesso indescrivibile parificabile ad una dittatura della peggiore specie.

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  3. Cito ancora: "qualunque risulti essere la dotazione di risorse del pianeta e qualunque sia il livello di tecnologia raggiungibile, il collasso del sistema sarà inevitabile ed il nostro destino tanto più fosco quanto più abbondanti saranno le risorse e potenti le tecnologie". (Meadows)

    Come volevasi dimostrare...

    In realta', c'e' che e' sbagliata, e' limitata nella sua prospettiva, la critica a:
    "il corpus centrale delle due dottrine socio-economiche di rispettivo riferimento, necessariamente hanno fatto proprio il nucleo centrale che le accomuna: il Progresso. Un archetipo, che si porta dietro un vasto corollario di conseguenze e che nessuna analisi dei fatti potrà mai scalfire in quanto si tratta, tipicamente, di un postulato pre-analitico",

    perche' confonde la crescita economica e il progresso con la crescita materiale-industriale, cosa che non e' assolutamente piu' vera, specie nelle nostre societa' postindustriali e postmoderne in cui risulta sempre piu' evidente che lo "sviluppo" avviene in settori che non hanno nulla di materiale, e attengono a settori immateriali. Anche la crescita materiale ha un punto di saturazione, che abbiamo gia' raggiunto nelle societa' affluenti ben prima del rarefarsi delle risorse, tant'e' che i decisori pubblici, per mantenere lo status quo e difendere gli interessi dei produttori correnti e obsoleti (vedi auto ed elettrodomestici e case, non per niente tutti soggetti a "rottamazione"), tentano in tutti i modi di stimolare consumi materiali che la gente recalcitrante non ha nessuna voglia e nessun bisogno di fare. E' evidente che siamo in una crisi da sovrabbondanza dell'offerta, ch e' il contrario ed e' incompatibile della scarsita' di risorse, e che sono i decisori pubblici, oltre che gli ambientalisti che molto spesso hanno fatto carriera e sono anche decisori pubblici, a non aver capito nulla di cosa sta succedendo.

    Questo e' manifestamente confermato dalle analisi delle componenti del PIL dei vari paesi.

    Forse il problema vero e' che gli ambientalisti attuali sono troppo vecchi per accorgersi dei cambiamenti di paradigma che stanno avvenendo sotto i loro occhi, e sono troppo legati al vechio paradigma marxista progresso=industrialismo=materialismo=capitalismo=crescita=collasso=comunismo, che e' da un bel pezzo che mostra la corda.

    Siamo nella societa' postmoderna, dove l'immateriale tende a farla da padrone, il materialismo marxista e' concettualmente obsoleto, e' finito come chiave di interpretazione del mondo, o meglio siamo gia' nella fase successiva di quella teorizzazione storica. Lo dimostra lo stesso scollamento dalla realta' dei discorsi che facciamo in questi siti. Sembriamo un disco incantato.

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  4. Il discorso di Simonetta sul prolungamento della vita grazie ai progressi della medicina confesso di non averlo capito. Non per nulla l'ho sottaciuto nel testo. Che vuol dire che abbiamo agito solo sul controllo delle nascite? Hitler e Stalin hanno agito anche sull'altro versante ma, tra l'altro, senza raggiungere grandi risultati. A parte le tragedie provocate dal nazismo e dal comunismo. E' sul versante "controllo delle nascite" che si può e si deve agire e ogni discorso sul rientro demografico è un discorso prospettico, non di mero utilitarismo centrato sul presente (lascio la questione agli economisti). O meglio, credo di capire cosa intendesse Simonetta: il suo è un discorso anti-tecnologico, nel senso che la medicina è un aspetto della tecnica moderna, il male assoluto per molti ambientalisti. Un arresto del progresso tecnologico è l'unica possibilità di salvezza del pianeta, per tanti di loro. Su questo punto come sai divergo fondamentalmente. Parafrasando Heidegger (ma non tanto) io dico che la tecnica è un destino dell'uomo moderno, come tale irreversibile. Provare per credere. chi può tentare, solo tentare di fermare il progresso scientifico e tecnologico? Oggi ci sono alcuni ragazzotti che predicano il ritorno al medio evo e si fanno pure esplodere contro gli aspetti (e le persone) che rappresentano la modernità. Nel loro aspetto di rivolta anti-moderna sono ridicoli e verranno sconfitti. Anche se vincessero il loro califfato si trasformerebbe presto in una potenza tecnologica. Il problema che la "grande macchinazione" della modernità, cioè la trasformazione tecnica del mondo ha preso il sopravvento sull'uomo stesso il quale ne è divenuta vittima. La macchina è più grande di quelli che la fanno funzionare. Ma il sogno anti- società tecnologica è un sogno romantico senza speranz. Se l'uomo si salverà sarà perché utilizzerà la tecnica ma con un nuovo pensiero e una nuova morale, profondamente diversa anzi opposta a quella antropocentrica e metafisica che ci ha guidati finora.

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    1. Probabilmente hai ragione, a volte io stesso mi innervosisco quando sento parlare di traviamento dell'uomo da parte della tecnica, come se la tecnica arrivasse da chissa' dove e non fosse una delle peculiarita' originali dell'uomo (dico probabilmente perche' non sono del tutto sicuro di nulla, vedi sotto).

      Simonetta ha scritto piu' volte circa la questione del prolungamento della vita, poi ti trovo il link, Simonetta lo seguo attentamente, mi pare uno dei piu' colti, combattuti e ragionanti della nostra banda, e spesso offre nuovi spunti. Non credo percio' che sia a priori anti-tecnologico.

      Piu' che altro, credo appartenga anche lui generazionalmente a quel gruppo politico il quale, preso atto del fallimento dell'utopia comunista, si e' ritratto nel nichilismo e nella fine della storia. Il prototipo di quel tipo di personalita' e' Vattimo, col suo pensiero debole.

      Se non fosse fallito il suo, di pensiero di Vattimo, che era fortissimo, hai voglia che adesso predicherebbero la relativita' e la debolezza di ogni pensiero...

      Ne trovi in giro fin che vuoi di personaggi cosi', originati dall'epoca in cui ci siamo formati noi stessi. Epoca che ha visto, in due o tre decenni, trasformare il nostro paese in modo radicalmente profondo, che e' passato da un medioevo non molto dissimile da quello islamico attuale, all'era della tronfieta' consumistica attuale.

      Su effettorisorse, ho criticato l'affermazione di Simonetta secondo cui i giovani di adesso sono disgraziati rispetto ai vecchi, portando l'esempio dei miei, nati all'inizio degli anni '20, e facendo considerare che e' una bestemmia ignobile dire che un giovane di oggi abbia una qualita' della vita peggiore di quella che hanno avuto i vecchi, e con meno poortunita': se ce l'ha, e' per l'atteggiamento nichilistico e irragionevole dell'attuale ecologismo catastrofista, non certo per l'oggettiva enorme affluenza delle bulimiche societa' occidentali, che se hanno un problema e' quello di non riuscire piu' a consumare e digerire tutto cio' che producono.

      Se c'e' un problema e' di eccesso di risorse, non di scarsita'.

      Inoltre, e' molto ipocrita dire che l'ecologismo e' stato troppo politicizzato sia a destra che a sinistra (questo era un pallino di Langer), nell'ecologismo politico, perlomeno in italia, si e' riciclata l'intera, e sola, estrema sinistra. Di liberal-democratico nell'ecologismo non c'e' un bel niente, e lo si avverte in modo acuto leggendo i commenti dei simpatizzanti.

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    2. Fra l'altro dire che il movimento ambientalista sia fallito mi pare estremamente discutibile: non si sente parlare di altro che di bio, di clima, di ecologico, di sostenibile, anche e soprattutto presso le persone piu' illetterate e influenzabili dalla pubblicita' mainstream, non c'e' campo dello scibile in cui non sia presente in misura massiccia la retorica ecologista in ogni sua forma, non c'e' prodotto, legge, normativa che non magnifichi le sue qualita' "green".

      E' che forse per gli idealisti la concretizzazione degli ideali e' sempre deludente.

      Adesso che ci penso, mi capita spesso di dire a vecchi "compagni" (io non sono mai stato comunista, piuttosto libertario, ma di "comunisti" ero, e sono, circondato): "Di che cazzo vi lamentate adesso? Questo e' il mondo per cui avete combattuto durante tutta la vostra giovinezza, e adesso che lo vedete concretizzato non solo vi fa schifo, ma non vi accorgete nemmeno che in gran parte e' la realizzazione dei vostri sogni, e nonostante questo continuate a dar la colpa delle vostre frustrazioni e infelicita' ad altri".

      "Dare la colpa ad altri", questa e' l'unica costante.

      Onestamente, c'e' poco di che essere comprensivi.

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    3. Mi piacerebbe che dicessero la loro, in proposito, anche lumen e sergio, anche a scopo di legittima difesa, perche' credo che dai posteri saremo considerati nella migliore delle ipotesi dei poveri deficienti, nella peggiore gli ipocriti responsabili del disastro, per aver toppato completamente sia la diagnosi che la cura, aggravando il male (cosa sono state le rottamazioni di auto, elettrodomestici, edifici e chissa' cos'altro se non dei pretesti per incrementare il BAU, mantenendo in vita settori industriali obsoleti, energivori, inquinanti e stra-inflazionati che altrimenti sarebbero andati a morte naturale, usando a pretesto appositamente inventate fole ecologistiche?).

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  5. Se la trasformazione tecnica del mondo e' "destinale", la natura del pianeta terra e' fottuta irreversibilmente. Cio' significa che tutta la terra diverra' artificiale, nel senso dell'antropocene: tutto cio che costituisce l'ambiente sara' opera dell'azione umana,nel senso di essere stato creato o trasformato in modo sostanziale dall'azione di Homo. Non solo le trasformazioni dei suoli e le costruzioni, i mezzi di trasporto, di comunicazione, e le produzioni tecnologiche, ma le specie viventi animali e vegetali, e persino l'uomo stesso sono e verranno sempre piu' modificati (e' di oggi la manipolazione del Dna). Una foresta non sara' piu' naturale, ma il prodotto umano di un intervento di progettazione e riforestazione, e cosi' un paesaggio, una costa, le sponde di un lago o un fiume. Nello stesso tempo in cui prosegue la costruzione di nuovi manufatti, e avanza la produzione tecnologica, si verifica la devastazione della natura originaria. Piu' si espandono le periferie delle megalopoli, piu ' sorgono gli enormi grattacieli, si infittiscono le autostrade e le linee ferroviarie, piu' si riempiono i cieli dei moderni mezzi di trasporto, piu' il cervello umano viene condizionato dai nuovi mezzi virtuali di comunicazione e creazione di nuovi contenuti della cultura e del vissuto, e piu' nello stesso tempo e per gli stessi motivi si crea il deserto della massificazione in cui gli individui vengono privati della propria umanita' intesa come essenza naturale dell'animale uomo. La vita viene codificata, schematizzata, cibernetizzata, reificata, uniformizzata, artificializzata. I significati naturali dei luoghi, delle cose e delle persone vengono persi e sostituiti da significati di un metalinguaggio tecnico universale che rende tutto oggetto, e come tale vissuto nel suo valore commerciale, di vendibilita', di sostituibilita', di fruibilita'. Un paesaggio non e' piu' un paesaggio naturale, ma un elemento turistico, un ambiente artificiale che vale in quanto rende, produce reddito, occupazione, funzioni che vanno nel senso della antropizzazione, dell'appropriazione antropica del pianeta. Persino quando si protegge un ambiente, o delle specie viventi, delle risorse naturali, lo si fa non per un loro valore intrinseco, naturale, di radicato alla terra, di essenziale, ma lo si fa per l'utilizzabilita' di quel paesaggio, di quelle specie, di quelle risorse ai fini di una ulteriore antropizzazione, secondo una appropriazione snaturante. Il dominio dell'uomo diviene distruttivo e questo e' talmente connaturato all'uomo faber moderno che non ci sono vie di uscita. Almeno fino a che il processo di antropizzazione e' sostenuto da una crescita esponenziale del numero di umani sul pianeta come si e' verificato negli ultimi decenni. Fino a che non si porra' fine alla crescita demografica esplosiva di Homo che sta distruggendo la natura con una velocita' che non ha precedenti a memoria storica.

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  6. "lo si fa non per un loro valore intrinseco, naturale, di radicato alla terra, di essenziale"

    Non esiste nessun valore intrinseco, ed e' un giudizio di valore espresso dal soggetto giudicante anche l'attribuzione di un valore intrinseco.

    QUesta confusione, filosoficamente, suona bene, finche' non ci si capisce nulla, ma non e' per niente onesta. E' la tipica confusione tedesca, persa in un garbuglio di parole usate truffaldinamente, fra giudizi di fatto e di valore, questa si' a scopo di lucro, quello dei propri desideri.

    Non sarebbe piu' semplice dire semplicemente cosa NOI desideriamo, e poi parlamentare cercando di convincere gli altri sull'opportunita' di cercare di perseguirlo, dicendo onestamente che vorremmo cosi' perche' a noi piacerebbe cosi'?

    Tutti questi discorsi sulla necessita' inderogabile di perseguire questo o quello, sono sbagliati non perche' e' sbagliato il desiderio sottostante (un desiderio non e' mai "sbagliato" in se'), ma perche' gabellano quello che e' solo un desiderio, cioe' un giudizio soggettivo in una scala di valori, come necessita' immanente e inderogabile dell'universo.

    C'e' una immensa arroganza in essi, altro che rispetto per la natura.

    Lo scontrarsi di questi giudizi di valore con altri giudizi di valore altrettanto convinti di essere la verita' dell'essenza, e' esiziale per il mondo stesso, perche' cosi' diviene campo di battaglia all'ultimo sangue delle solite, banali, contrapposte volonta' presumenti di essere l'unica verita'.

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    1. In linea di principio hai ragione, ma questo tuo avere ragione ha degli addentellati pratici che potrebbero portare lontano anche lungo linee delle quali tu non accetteresti mai la liceità e alle quali ti opporresti molto duramente tirando in ballo (con ogni probabilità) "valori" altrettanto vacuamente soggettivi di quelli che hai appena stigmatizzato.

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    2. Non mi sono spiegato: ovvio che ognuno di noi ha dei valori e delle preferenze, e ci mancherebbe, ma perche' non considerarle onestamente per quello che sono? Cio' che trovo scorretto e' non essere consapevoli che i nostri valori sono i NOSTRI valori, senza alcuna universalita', e possono essere diversi, e spesso lo sono, da quelli degli altri.

      Dire "ah, se non succede quello che piace a me e io trovo giusto, il mondo crollera'", che peraltro e' tipico di tutti gli ecologisti-catastrofisti, e stringi-stringi e' il succo di qualsiasi articolo e commento sui blog, e' un'idiozia, a crollare al massimo e' il mondo come noi vorremmo che fosse: gabellare questo per un valore universale e' infantilismo narcisistico egocentrico puro, del genere del "delirio di onnipotenza infantile", che oltretutto se genera qualcosa, genera ostilita' e arroccamento sulla posizione opposta da parte degli altri.

      Nella confusione delle parole, si finisce per ritrovarsi cosi' senza nemmeno rendersene conto, oltretutto restando completamente impermeabili alla realta' dei fatti che, quando non smentisce, perlomeno e' molto piu' ricca e variegata delle monofissazioni dei vari fondamentalismi, ognuno nel suo campo.

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    3. Sì, ora mi è più chiaro. E' ovvio, però, e non va mai dimenticato, che la "ragione" sta sempre dalla parte del manico (del coltello). Con tutto quel che ne consegue, compresa l'imposizione forzata (ad esempio per legge) di modelli di pensiero e comportamento eletti del tutto arbitrariamente a "superiori".

      Potrei a questo punto partire con una serie di luoghi comuni elevati a "modello etico" per mezzo dell'interazione propaganda/coercizione/repressione, contrapponendoli al loro opposto. Incorrerei in svariati reati, ma sicuramente non sarei più dalla parte del torto o della ragione che se facessi il contrario. Ogni assetto etico è discutibile, compresi quelli che in merito ai quali ci persuadono/obbligano/puniscono le "nostre" dirigenze (un tempo chiamate rappresentanze secondo il mito di quel modello democratico che è dichiarato ma mai realizzato in corpi sociali mostruosamente numerosi come quelli nei quali siamo costretti a vivere oggidì).

      E' sempre e soltanto questione di rapporti di forza, ed è molto triste doverne prendere atto.

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    4. Eh si', ma non deprimiamoci troppo, e' il cervello che guida il braccio, per cui le idee, che siano etiche o scientifiche, contano eccome!
      La forza, nell'uomo, e' quella delle sue idee e del suo cervello, non certo della muscolatura (tant'e' che l'evoluzione, nel nostro caso, si gioca praticamente tutta sul cervello e sulle idee).
      La realta' vincola e modifica le nostre idee, a meno che noi non si viva in un mondo del tutto di fantasia, ma le idee, le nostre fantasie, le nostre elaborazioni, a loro volta modificano e non poco la realta'.
      Proprio per questo dobbbiamo stare molto attenti a cosa pensiamo e immaginiamo, e a come lo facciamo.

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    5. Sei consapevole, vero, che il peso delle tue idee (così come quello delle mie) costituisce 1/7200000000 del totale e che tale rapporto ha un valore che può essere rilevato solo a partire dalla decima cifra decimale? Siamo così prossimi allo zero da rendere lecito un arrotondamento per difetto. In altre parole, il nostro peso individuale è irrilevante su scala globale. Anche per questo sarebbe il caso di smettere di considerare la globalità delle cose e di cominciare a restringere vistosamente il campo, occupandoci di incidere sull'immediatezza territoriale e temporale che ci circonda (no, non sto parlando dell'Italia ma di molto meno). Esattamente quello che le dirigenze vogliono impedirci di fare, riuscendoci appieno. Ecco, anche in questo stanno le ragioni del fallimento dell'ambientalismo: discorsi troppo in grande, riferiti a un futuro intangibile -- basta, parliamo un po' del qui ed ora, per piacere, lasciando da parte le questioni sui massimi sistemi (che peraltro sono fuori portata).

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    6. "Sei consapevole, vero, che il peso delle tue idee (così come quello delle mie) costituisce 1/7200000000 del totale e che tale rapporto ha un valore che può essere rilevato solo a partire dalla decima cifra decimale"

      Non credo sia necessariamente cosi', ci sono poche idee che, posto uguale a 10 miliardi il potenziale effettivo complessivo di tutte le idee, ne rappresentano, da sole, 5 miliardi su 10, e altre che, anche se moltiplicate per 10 miliardi, continuano a valere zero. "Potenziale effettivo" non vuol dire che sono "eticamente superiori", vuol dire che hanno un futuro.

      E le idee "eticamente superiori" non sono quelle che dànno un guadagno o arrivano prime a qualche gara, sono quelle che si e' disposti a sostenere anche se ci si rimette qualcosa.
      Se fosse cosi', sarebbe interessante una disamina di quelli che sostengono, secondo loro, opinioni estremamente etiche e altruistiche, ma intanto si riempiono il portafoglio.

      "Niko­laus Otto gioca per qualche anno con un motorino a benzina, ed ecco che ci troviamo tutti a guidare automobili. Wallace Carothers si interessa alla condensazione dei polimeri, ed ecco che ogni ragazza proletaria porta calze di nylon belle quanto le calze di seta tra­forata che ancora nel 191O erano un odiato sim­bolo di privilegio. Otto Hahn e Fritz Strassmann si divertono con la radiochimica analitica, ed ecco che centomila persone muoiono vaporizzate a Hiroshima. (Freeman Dyson)

      Dalle obiezioni che poni, non credo di essere riuscito a spiegare cio' che vorrei intendere.

      Queste che stiamo esprimendo adesso sono idee, e solo il tempo dira' se avranno lasciato qualche segno, o se saranno state uno dei tanti miliardi di zeri.

      La materia di cui sono fatti gli uomini sono le idee.

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    7. In concreto, quale sarà domattina la qualità dell'acqua alla confluenza tra Tanaro e Po o, poco oltre, tra Scrivia e Po, e quale la qualità dell'aria nei pressi di Sannazzaro?

      Non è più tempo di "idee", occorre qualcosa di molto più tangibile e terra-terra (la materia di cui sono fatti gli uomini è parecchio più prosaica, altro che "idee"), qualcosa che sia sotto il controllo immediato e diretto di chi ne gode i vantaggi e ne subisce gli svantaggi. Anche in considerazione del fatto che l'ideazione umana è il più delle volte finalizzata alla sottomissione (altrui) e all'inganno. Le "grandi menti" ci hanno portato troppo in là e ambiscono ad andare ancora oltre, e non sono per niente convinto che il loro gran pensare abbia portato i vantaggi dei quali si sente parlare troppo spesso per poter credere nella loro effettiva esistenza.

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  7. quote:"Non sarebbe piu' semplice dire semplicemente cosa NOI desideriamo, e poi parlamentare cercando di convincere gli altri sull'opportunita' di cercare di perseguirlo, dicendo onestamente che vorremmo cosi' perche' a noi piacerebbe cosi'?"
    Apparentemente si, ma appunto, solo apparentemente. O meglio, farlo ammettendo apertamente di essere in torto marcio facendolo (il che avviene, inutile illuderci, quantomeno nella maggior parte dei casi), il che è pura utopia.

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  8. "farlo ammettendo apertamente di essere in torto marcio facendolo"

    Non capisco, intendi dire che l'alternativa a non essere convinti di essere in possesso della verita' assoluta e universale, equivale ad ammettere di essere in torto marcio?
    Per gli altri esaltati e' ovvio che e' cosi', ma lo e' comunque qualsiasi opinione si sostenga di diversa dalla loro. Anzi peggio, ai miei tempi anche chi non sosteneva nessuna opinione era bollato come "qualunquista", che era un gradino sotto, se possibile, di "fascista". Questi erano i "democratici" di allora, che ora, oltre che democratici anche di nome, sono diventati pure ecologisti. Non hanno torto quellialtri ancora che dicono che si tratta di una forma di religione intollerante (se non fosse che pure quelli ne hanno una, solo diversa e magari opposta).
    Non se ne esce... :)

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  9. Mah, sinteticamente penso che il fallimento dell'Ambientalismo sia stato PARZIALE: da una parte, infatti, esso è riuscito a far penetrare nella coscienza comune 'la questione ecologica', dall'altra il saggio A. laico, democratico-liberale e scientificamente fondato degli Anni Sessanta e Settanta è stato via via "cannibalizzato" da buona parte degli ex-neo-post fautori del Marxismo-leninismo, che hanno finito per emarginare completamente la fondamentale questione della lotta all'esplosione demografica per limitarsi a una sterile e sempre più stanca ripetizione della condanna del c.d. Neoliberismo e a un altrettanto sterile e generico Terzomondismo, e dai seguaci del neo-ambientalismo di matrice cattolica, a loro volta ostili al controllo delle nascite e sempre pronti a condannare genericamente ogni forma di ricerca del profitto (indipendentemente da come esso venga realizzato) nel nome di una reiterata predica a favore di una redistribuzione delle risorse planetarie che, senza interventi sul piano demografico, NON può risolvere definitivamente alcuno degli attuali problemi ambientali ed economico-sociali...

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  10. No, intendevo il contrario, forse non avevo colto la frase a dovere: voleva essere l'alternativa a essere convinti

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