Elizabeth Kolbert, esperta di riscaldamento climatico ed
ecologista del Times, ci descrive nel suo libro “La Sesta Estinzione” la storia
innaturale del nostro pianeta, in cui una specie infestante, con i suoi alti
tassi di natalità che hanno portato all’esplosione più massiccia e senza precedenti di una sola
specie, sta determinando l’estinzione di massa di
moltissime altre specie viventi e sta devastando l’ambiente naturale della
Terra in maniera irreversibile. Il grande Killer, la specie assassina, occorre
prenderne atto, siamo noi proprio noi. Questa scimmia è fornita di capacità
raziocinante ma risulta incapace di capire dove la sta portando il suo modo di
intendere il mondo come sua assoluta proprietà, come magazzino di merci a sua
disposizione. Riporto una sintesi della tesi di fondo di questo libro che passa
in rassegna in maniera particolareggiata e documentata la storia di molte
estinzioni pregresse delle singole specie raffrontandole con quelle assai più
drammatiche cui stiamo assistendo. Gran parte del dramma risiede nel fatto che
la causa di tanta distruzione siamo noi stessi.
Un numero sempre maggiore di specie animali è in via di
estinzione. Nell’epoca che stiamo vivendo – l’Antropocene- stiamo assistendo ad una immensa
catastrofe che supera le precedenti “Big Five” che hanno portato alla scomparsa
di specie importanti come i dinosauri o il mastodonte americano o l’alca
gigante o innumerevoli specie di piante. Ma quella che sta avvenendo ai nostri
giorni rischia di cambiare per sempre l’aspetto, la storia e il destino della Terra. Dalla
distruzione della foresta amazzonica, ai cambiamenti irreversibili della
cordigliera delle Ande, alla frammentazione della Grande Barriera Corallina,
alla scomparsa di specie come le rane d’oro del centro america, al pipistrello
bruno, agli orsi, alle foche, alle tante specie di uccelli in pericolo, a
migliaia di specie marine, al triste destino dei rinoceronti e degli elefanti e
delle tantissime specie a rischio nel continente africano, stiamo assistendo ad
una estinzione di massa senza precedenti. Tutto questo nel silenzio generale,
anzi mentre tutte le discussioni vertono sulle esigenze egoistiche della specie
Homo e sull’aumento continuo dei suoi consumi e della sua produzione. Tutti
siamo preoccupati che nei prossimi anni non potremo cambiarci l’automobile come
negli anni precedenti, o dovremo prendere un numero minore di aerei, o
accontentarci di un tenore di vita meno dispendioso. Ci disinteressiamo invece
completamente di quello che sta avvenendo alle specie viventi diverse da Homo
che ci hanno accompagnato per milioni di anni.
Da dove nasce la grande catastrofe cui stiamo
assistendo? Tutto comincia con la comparsa di una nuova specie animale, forse
duecentomila anni fa. Come accade a tutte le specie molto giovani, la sua posizione
è all’inizio piuttosto instabile. Ridotta numericamente, la sua presenza è
limitata a una ristretta porzione dell’Africa orientale. Lentamente la
popolazione di questa nuova specie
cresce. I membri di questa specie non sono dotati di particolare rapidità
nei movimenti, né possiedono una grande forza o alti tassi di fertilità. E
tuttavia sono pieni di risorse. Gradualmente si spingono verso nuove regioni
con climi differenti, differenti predatori, differenti prede da cacciare.
Sembra che nessuno dei classici limiti ambientali né la geografia possa
scoraggiarne la migrazione. Nelle zone costiere raccolgono crostacei e
molluschi, in quelle interne cacciano altri mammiferi. Si adattano in fretta a
ogni luogo intervenendo fortemente e trasformando l’ambiente circostante.
Quando si spostano verso l’Europa, entrano in contatto con creature
particolarmente simili a loro (Neanderthal), ma più robuste e forse dotate di
maggiore forza muscolare. Si incrociano con questa nuova popolazione e poi, in
un modo o nell’altro, la sterminano. L’esito di questa vicenda si rivelerà
esemplare. Man mano che la specie in questione amplia il suo raggio di azione,
incrocia il cammino di altri animali, di dimensioni anche due, dieci, venti
volte maggiori: enormi felini, orsi giganteschi, tartarughe grosse come
elefanti, bradipi alti quasi cinque metri. Sono specie fisicamente più forti, e
spesso molto più feroci. Ma non si riproducono con rapidità, e vengono spazzate
via. Anche se è terrestre per natura, la nostra specie –alquanto ingegnosa-
attraversa i mari. Raggiunge isole abitate da esemplari di particolari processi
evolutivi: uccelli con grandi uova, ippopotami nani, scincidi giganti. Queste
creature, abituate all’isolamento totale, sono male equipaggiate per far fronte
ai nuovi arrivati o ai loro compagni di viaggio (la maggior parte delle volte,
topi). Molte di loro, ancora una volta, soccombono. Il processo non si arresta;
si protrae a singhiozzo per millenni, finché la specie in questione non si è
diffusa praticamente in ogni angolo del pianeta. A questo punto, più o meno
contemporaneamente, intervengono diversi fattori che permetteranno all’Homo
sapiens, questo è il nome che la specie è giunta a darsi, di riprodursi con una
frequenza senza precedenti. In un solo secolo la popolazione raddoppia; in
seguito raddoppia ancora, e poi ancora una volta in qualche decennio. Intere
foreste vengono abbattute. Gli esseri umani lo fanno di proposito, allo scopo
di procurarsi il sostentamento. Trasportano organismi da un continente
all’altro, alterano le terre, cacciano e distruggono animali, inquinano,
bruciano, edificano, imprimendo così un nuovo aspetto alla biosfera terrestre.
Introducono senza volerlo agenti patogeni e quando in un ambiente si presenta
un agente patogeno del tutto nuovo è come se venisse introdotta una pistola in
un duello col coltello. Non avendo
mai incontrato prima il fungo o il virus o il batterio, il nuovo ospite non
possiede difese contro l’aggressione che sta per ricevere.Questo tipo di
interazioni sono letali. Nell’ottocento il castagno americano fu distrutto dal
fungo parassita Cryphonectria importato dal Giappone (qualcosa come 4 miliardi
di alberi scomparvero). Molte popolazioni di animali furono annientate da virus
o batteri.
Ma nell’ultimo secolo si sta per compiere una
trasformazione ancora più insolita e radicale. Dopo aver scoperto
riserve sotterranee di energia, gli uomini avviano un processo di consumo di
idrocarburi che modifica la composizione dell’atmosfera. Questo, a sua volta,
altera gli equilibri climatici e chimici degli oceani. Alcune specie animali e
vegetali reagiscono spostandosi: superano montagne e mari e migrano verso i due
poli. Ma un gran numero di queste –sulle prime centinaia di specie, poi
migliaia, e in seguito forse milioni- si ritrovano abbandonate nel deserto.Il
tasso di estinzione cresce vertiginosamente, e il modo in cui è strutturata la
vita sul pianeta muta. Per sostenere il numero crescente di esemplari Homo la
specie assassina che sta infestando il pianeta ricorre a fertilizzanti, estrae
azoto dall’atmosfera per utilizzarlo chimicamente per produrre cibo, riempie di
veleni e antiparassitari le terre emerse e le acque per aumentare la produzione
di cibo, utilizza dosi massicce di anabolizzanti ed ormoni per aumentare la
produzione di carne, depreda i mari di pesci e molluschi, li riempie di
plastiche di scarto. I veleni immessi aumentano anche essi vertiginosamente la
distruzione di specie animali e vegetali.
In passato le grandi estinzioni avevano visto la loro
origine in una glaciazione, come nel caso dell’estinzione della fine
dell’Ordoviciano; nel riscaldamento globale e i mutamenti della composizione
chimica degli oceani per quella della fine del Permiano; l’impatto di un
asteroide contro il nostro pianeta nelle battute finali del Cretaceo.
L’estinzione attualmente in corso ha le sue nuove cause specifiche: non un
asteroide o una imponente eruzione vulcanica, ma una specie infestante:
l’essere umano. La modernità è la piena espressione di questa distruttività
umana. Si tratta di una capacità forse inscindibile dalle caratteristiche che
ci rendono umani: l’irrequietezza, la creatività, la capacità di collaborare e
risolvere i problemi intervenendo attivamente sull’ambiente circostante. “Sotto
molti aspetti il linguaggio umano è come il codice genetico”, ha scritto il paleontologo
britannico Michael Brenton. “L’informazione viene immagazzinata e trasmessa,
con delle modifiche, di generazione in generazione”. E’ la comunicazione a
tenere insieme la società e a permettere agli esseri umani di sfuggire
all’evoluzione. Eppure queste capacità aggiunte all’estremo egoismo di specie
che ci caratterizza come umani ci sta conducendo alla catastrofe. Saremo in
grado di prenderne coscienza e di cambiare rotta (se si è ancora in tempo?).
Proprio ora, in quel magnifico momento che è per noi il presente, ci troviamo a
decidere quale percorso evolutivo rimarrà aperto e quale invece verrà sbarrato
per sempre. Nessuna altra creatura si è mai trovata a gestire nulla di simile,
e sarà, purtroppo, il lascito più duraturo della nostra specie. La Sesta
Estinzione continuerà a determinare il corso della vita sul pianeta molto dopo
che ciò che l’uomo ha scritto e dipinto e costruito sarà ridotto in polvere,
quando magari i ratti giganti avranno –oppure no- ereditato il pianeta.
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