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lunedì 17 settembre 2012

"LE SCIENZE" AMMETTE IL FALLIMENTO DELLE RINNOVABILI

Anche sugli organi ufficiali della scienza mainstream  si nutrono dubbi sulle cosidette energie rinnovabili, anzi nel suo editoriale di settembre 2012 il direttore della rivista "Le Scienze" ammette candidamente che ..."le rinnovabili come eolico e solare non sono in sé una soluzione plausibile al problema di sostituire i combustibili fossili nella produzione di energia (...) e che saranno ancora i fossili a farla da padroni e la porta per limitare il riscaldamento globale a 2 gradi Celsius entro il 2100 si sta chiudendo". A rafforzare l'editoriale del Direttore, "Le Scienze" di questo mese pubblica anche un documentato articolo di Vaclav Smil  distinguished professor all'Università di Manitoba, dal significativo titolo: "Energia: l'illusione delle soluzioni facili",  nel quale senza giri di parole, il professore ammette il fallimento delle energie rinnovabili, l'aumento costante di consumo di carbone e petrolio, le aspettative eccessive su eolico e fotoelettrico. "Le risorse che queste forniscono sono limitate, troppo disperse o difficili da catturare e impediscono loro di diventare attori economici significativi nei prossimi decenni". Se non è una campana a morto è molto di più: un funerale.
"Le dimensioni della trasformazione richiesta, la sua durata, la capacità di generazione dei nuovi impianti, le enormi richieste infrastrutturali derivanti dalla densità di energia intrinsecamente bassa delle rinnovabili e la loro immutabile aleatorietà"... Praticamente è una aperta e chiara sconfessione di quello che verdi e ambientalisti ortodossi vanno ripetendo come un mantra: " le rinnovabili ci salveranno". Anche il direttore di Le Scienze Cattaneo prende atto che le rinnovabili si stanno dimostrando inconcludenti e inefficaci per fermare il consumo di fossili, ma non da una soluzione alternativa. Ricorre al solito pannicello caldo: "la migliore opzione per le nazioni avanzate è limitare i propri consumi energetici". Che è come dire che non c'è niente da fare. Nessuno convincerà i trecento milioni di nordamericani o il miliardo e mezzo di cinesi ad andare in bicicletta e mangiarsi frumento abbrustolito. Ormai agli specchietti solari e ai mulini a vento ci credono solo i produttori (ben foraggiati da denaro pubblico) e i politici in cerca di pubblicità con la demagogia delle favolette.

Riporto qui di seguito l'Editoriale di "Le Scienze" di settembre 2012


L'energia di domani


L'editoriale di Marco Cattaneo


Lo scorso anno, a pochi mesi dall'incidente ai reattori di Fukushima Daiichi causato dal devastante tsunami che ha colpito il Giappone l'11 marzo, ci siamo presentati al referendum contro il ritorno del nucleare civile con il nostro solito spirito guascone da derby calcistico: rinnovabili contro nucleare, buoni contro cattivi. Complice un'informazione ingannevole e schierata per lo più sulla base di pregiudizi ideologici anziché su dati realistici. Allo stesso modo, l'euforia per il trionfo referendario ha fatto credere a troppi ottimisti che l'era dell'energia pulita fosse già iniziata.

La cruda verità  -  come spiega Vaclav Smil, uno dei massimi esperti mondiali di questioni energetiche, a p. 44  -  è che c'è poco da stare allegri: né il nucleare né le rinnovabili come eolico e solare sono in sé una soluzione plausibile al problema di sostituire i combustibili fossili nella produzione di energia. Peggio, una soluzione a breve termine  -  e parliamo dei prossimi decenni  -  non è nemmeno immaginabile. Un po' per i limiti intrinseci di molte fonti alternative (il nucleare non è modulabile, le rinnovabili sono intermittenti), un po' per questioni di costi e infrastrutture di distribuzione.

Petrolio, gas e carbone rappresentano ancora l'80 per cento abbondante del consumo di energia primaria nel mondo. E nel decennio 2000-2010 quasi metà dell'aumento dei consumi ha trovato una risposta nel vecchio, sporco, adorato carbone. Infine, per dare l'ultima pennellata a un quadro piuttosto fosco, nel solo 2011 il consumo globale di petrolio è aumentato dell'1 per cento, quello di gas naturale del 2,1 e quello di carbone del 6,6. E il futuro non si prospetta più roseo, se è vero che il rapporto dell'International Energy Agency (IEA) presentato il 29 maggio scorso si intitolava Golden Rules for a Golden Age of Gas, "Regole auree per un'età dell'oro del gas".

Secondo le previsioni dell'IEA e delle maggiori società private del settore energetico, la domanda di energia crescerà del 10 per cento per decennio fino a metà del XXI secolo. E saranno ancora i fossili a farla da padroni. In questo scenario, il World Energy Outlook 2011 si concludeva con un monito inequivocabile: sebbene siano stati fatti timidi passi nella giusta direzione, la porta per limitare il riscaldamento globale a 2 gradi Celsius entro il 2100 si sta chiudendo.

Al momento, sottolinea Smil, la migliore opzione per le nazioni avanzate è limitare i propri consumi energetici. Che non significa rinunciare al proprio stile di vita, ma usare tecnologie ormai affidabili per aumentare l'efficienza delle nostre attività. Un europeo oggi consuma quasi il triplo dell'energia di un cinese o di un brasiliano e un americano più di cinque volte. Sarà difficile chiedere alle nazioni emergenti di fare la propria parte nello sforzo di contenere il cambiamento climatico, se continueremo a dimostrare di non essere in grado di fare la nostra...

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