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venerdì 25 novembre 2011

DESMOND MORRIS: IL PIANETA DELLE SCIMMIE





COME E PERCHE' UNA SCIMMIA ARROGANTE STA DISTRUGGENDO IL PIANETA.


Esistono centonovantatré specie viventi di scimmie con coda e senza coda; di queste, centonovantadue sono coperte di pelo. L’eccezione è costituita da uno scimmione nudo che si è auto-chiamato Homo sapiens. Questa razza eccezionale ed estremamente capace trascorre molto tempo ad esaminare i propri movimenti più nobili, ed altrettanto ad ignorare accuratamente quelli fondamentali. E’ orgogliosa di possedere il cervello più voluminoso tra tutti i primati, ma cerca di nascondere il fatto di avere anche il pene più grande, preferendo accordare questo onore al possente gorilla. Si tratta di uno scimmione che usa molto i propri mezzi vocali, ha un acuto senso dell’esplorazione ed è rappresentato da molti esemplari…Io sono uno zoologo e lo scimmione nudo è un animale; esso costituisce un argomento facile per la mia penna e mi rifiuto di continuare ad evitarlo solo perché alcune sue forme di comportamento sono piuttosto complesse e sorprendenti. La mia giustificazione è che pur nel diventare tanto erudito, l’Homo sapiens è rimasto uno scimmione nudo e che nell’acquistare nuovi ed elevati moventi, non ha perso nessuno dei vecchi moventi più bassi. Spesso ciò gli provoca un certo imbarazzo, ma i suoi antichi impulsi gli appartengono da milioni di anni, i nuovi solo da qualche millennio, e non vi è alcuna speranza che egli possa scuotere via rapidamente l’eredità genetica che si è accumulata durante tutto il suo passato evolutivo. Sarebbe un animale molto meno preoccupato e più soddisfatto se solo affrontasse questa realtà. Forse è qui che lo zoologo può aiutarlo.
……Negli ultimi anni, l’interesse per la conservazione degli animali si è diffuso in un certo grado nei gruppi di individui di età più giovanile, apparentemente come conseguenza dello sviluppo delle potentissime armi nucleari, il cui enorme potenziale di distruzione ci minaccia tutti con la possibilità di uno sterminio immediato, di modo che noi proviamo un impulso emotivo verso gli animali che possono venire usati come simboli di rarità. Questa osservazione non va interpretata come un’implicazione che questo è il solo motivo della conservazione della vita allo stato selvaggio. Vi sono inoltre motivi perfettamente validi sia scientifici che estetici che ci fanno desiderare di aiutare le razze meno fortunate. Se vogliamo continuare a godere della ricca complessità del mondo animale e a servirci degli animali selvaggi come oggetti di esplorazioni scientifiche ed estetiche , dobbiamo dare loro un aiuto. Se consentiamo che essi spariscano, il nostro ambiente si verrà a semplificare nel modo più sfavorevole. Poiché noi siamo una razza dotata di forte spirito investigativo, non possiamo consentirci di perdere una fonte così preziosa di materiale.
Nel trattare i problemi della conservazione, talvolta vengono menzionati anche motivi economici. E’ stato fatto rilevare che la protezione intelligente e la produzione controllata delle razze allo stato selvaggio possono essere di aiuto in alcune parti del mondo alle popolazioni affamate di proteine. Se ciò è perfettamente vero parlando di un breve periodo di tempo, il quadro delle previsioni a lunga scadenza è più pessimistico. Se continueremo ad aumentare di numero con la spaventosa velocità del giorno d’oggi , alla fine si tratterà di scegliere tra loro e noi.. Per quanto le specie selvaggie possano esserci preziose da un punto di vista simbolico, scientifico ed estetico, i fattori economici della situazione saranno contro di loro. La realtà è che quando la densità della nostra razza raggiunge un determinato livello, non resta spazio per gli altri animali. L’obiezione che essi costituiscano una fonte basilare di cibo, sfortunatamente, non regge ad un attento esame. E’ più efficace mangiare direttamente cibo vegetale, anziché trasformare questo in carne e quindi mangiare gli animali. Con l’ulteriore esigenza dello spazio per vivere, si dovranno prendere misure anche più drastiche, per cui saremo costretti a sintetizzare i nostri cibi e, a meno che non riusciamo a colonizzare gli altri pianeti su vasta scala in modo da dividere il carico, oppure a controllare seriamente in qualche modo l’aumento della popolazione, , saremo obbligati, in un futuro non troppo lontano, ad eliminare dalla terra tutte le altre forme di vita.
Se ciò vi sembra piuttosto melodrammatico, diamo un’occhiata ai dati. Alla fine del diciassettesimo secolo la popolazione mondiale degli scimmiotti nudi era soltanto di mezzo miliardo, mentre adesso è arrivata a tre miliardi (nel 1967 prima edizione di questo libro- oggi purtroppo siamo a ben 7 miliardi! N.d.r.). Ogni ventiquattro ore essa aumenta di 150.000 unità (le autorità competenti per la emigrazione interplanetaria considererebbero questo dato una sfida scoraggiante). Tra 260 anni, se l’aumento si mantiene costante, il che è improbabile, sulla terra si affollerà una massa in fermento di 400 miliardi di scimmioni nudi. Ciò significa che per ogni miglio quadrato della superficie terrestre, vi saranno undicimila individui. Per dirla in altro modo, la densità di popolazione che oggi abbiamo nelle città più grandi esisterebbe in ogni angolo del globo. E’ ovvio quali conseguenze ciò porterebbe alle forme di vita allo stato selvaggio. Ugualmente triste sarebbe l’effetto sulla nostra razza.
Non è necessario fermarci su questo incubo poiché la possibilità che esso si realizzi è molto remota. Nonostante i grandi progressi tecnologici, noi siamo ancora fondamentalmente un semplice fenomeno biologico e, malgrado le nostre idee grandiose e l’alto concetto che abbiamo di noi stessi, siamo ancora degli umili animali, soggetti a tutte le leggi fondamentali del comportamento animale. Molto prima che la nostra popolazione raggiunga i livelli considerati precedentemente, avremo infranto così tante regole che governano la nostra natura biologica, da perdere il nostro predominio come razza. Noi abbiamo la tendenza a compiacerci del fatto che ciò non potrà mai accadere, che in noi vi è qualcosa di speciale e che in un certo senso siamo al di sopra del controllo biologico. Però molte specie sensazionali si sono estinte in passato e noi non costituiamo un’eccezione alla regola. Prima o poi scompariremo per fare posto a qualcos’altro. Se vogliamo che ciò avvenga il più tardi possibile, dobbiamo considerarci in modo attento e spietato come esemplari biologici e renderci conto dei nostri limiti. Questo è il motivo per cui ho scritto questo libro e ho deliberatamente insultato la nostra specie, usando una espressione come “scimmione nudo” invece del nome corrente. Ciò è servito a mantenere il senso delle proporzioni e ci obbliga ad osservare quello che accade appena al di sotto della nostra superficie di esseri superiori. Forse ho esagerato un poco. Avrei potuto tessere molte lodi, descrivendo i nostri straordinari successi, mentre omettendoli, ho dato inevitabilmente una immagine unilaterale. Noi siamo una razza straordinaria ed io non desidero negarlo o minimizzarlo. Ma sono cose che sappiamo benissimo. Mi è sembrato invece più importante mostrare l’altra faccia della medaglia. Sfortunatamente, dato che siamo così potenti ed abbiamo avuto tanti successi rispetto agli altri animali, talvolta troviamo piuttosto sgradevole pensare alle nostre origini, cosicché non mi aspetto di essere ringraziato per ciò che ho fatto. La nostra ascesa verso la cima è stata una storia di arricchimento rapido e, come tutti i “nouveaux riches”, noi siamo molto suscettibili riguardo alla nostra provenienza. Alcuni ottimisti pensano che, poiché abbiamo sviluppato un alto livello di intelligenza ed un potente impulso all’invenzione, saremo in grado di rivolgere qualunque situazione a nostro vantaggio; che siamo tanto plasmabili da poter rimodellare il nostro modo di vivere in maniera che si adatti a tutte le nuove esigenze portate dal continuo aumento della nostra specie; che quando verrà il momento sapremo affrontare il sovraffollamento, lo stress, la perdita del’intimità e l’indipendenza di azione; che rimodelleremo il nostro modo di comportarci e vivremo come formiche giganti; che controlleremo i nostri sentimenti di aggressività e di territorialità, i nostri impulsi sessuali e le nostre tendenze paternalistiche; che se dovremo diventare scimmioni-polli di batteria, sapremo farlo; che la nostra intelligenza è in grado di dominare tutte le nostre fondamentali necessità biologiche.
Io penso che ciò non abbia alcun senso. La nostra primitiva natura animale non vi consentirà mai. E’ vero che siamo plasmabili e che abbiamo un comportamento opportunistico, ma le forme assunte da questo opportunismo sono contenute entro limiti rigidi. Mettendo in rilievo in questo libro i nostri aspetti biologici, ho cercato di presentare la natura di queste restrizioni. Riconoscendole apertamente e sottomettendoci ad esse, avremo maggiori possibilità di sopravvivere. Ciò non implica un ingenuo “ritorno alla natura”, ma vuol dire semplicemente che dovremo adattare i nostri progressi opportunistici intelligenti alle fonfamentali esigenze del nostro comportamento. Dobbiamo in qualche modo migliorare come qualità, invece che come semplice quantità. Potremo così continuare a progredire tecnologicamente in modo sensazionale e sbalorditivo senza negare la nostra eredità evolutiva. In caso contrario, i nostri compressi impulsi biologici si acumuleranno fino a far crollare la diga e tutta la nostra complessa esistenza sarà spazzata via dalla piena.

(Desmond Morris: La scimmia nuda-studio zoologico sull’animale uomo. Bompiani 1974 pag. 7-8, 258-262).

La tragedia di questo pianeta è che una specie di scimmia, sprovvista di peli, è diventata arrogante giungendo a riempire il pianeta dei suoi prodotti (in gran parte tossici per se e le altre specie) e di miliardi di suoi simili. Un cancro devastante che sta portando la terra all’annichilimento. Morris ci ricorda una verità di fondo, talmente di fondo che la dimentichiamo continuamente: l’uomo è una specie animale. Come le talpe che scavano gallerie, o le api che costruiscono nidi complessi, noi costruiamo strutture tecnologiche. La nostra tecnologia, vista da un pianeta alieno, infesta la terra come un formicaio infesta un giardino. Certo noi abbiamo la ragione, l’intelletto ecc.ecc. Ma Morris ci invita umilmente a tornare al nostro fondamento, alla nostra natura animale. Quando, intossicati dallo stress e dai fumi della città sentiamo dentro di noi la voglia di andarcene in campagna, in riva al mare o in alta montagna, è quella natura che ci richiama a noi stessi. Quando guardiamo un paesaggio incontaminato, o ci fermiamo estasiati a guardare il sole che sorge all’alba in un cielo rosa e su un mare azzurro, è la nostra natura interiore che ci chiama, anzi ci “ri-chiama” ad essere noi stessi, a rispettare la nostra natura di animali, a tornare a fonderci armoniosamente con il resto della natura e degli esseri viventi. E’un invito a smettere la nostra arroganza. Il libro di Morris fu scritto nel 1967, ma è attualissimo. La stupidità ancora domina la nostra specie. Gli stupidi sono al potere. Il pianeta è ancora in mano alle scimmie arroganti. agobit

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