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mercoledì 19 ottobre 2016

Uno strano articolo su Nature

Riporto un articolo di Marco Respinti intitolato : "Nature smonta la bufala della sovrappopolazione" apparso su “La Nuova Bussola Quotidiana” (quotidiano on line) a proposito di un articolo su Nature uscito nel dicembre 2015 riguardante il fenomeno sovrappopolazione che, secondo la giornalista scientifica Megan Scudellari, sarebbe una invenzione di alcuni buontemponi e non una verità che sta mettendo a rischio la natura e le specie della Terra.
“In un articolo ospitato su Nature di dicembre, la giornalista scientifica Megan Scudellari bolla disinvoltamente come falsa l’idea secondo cui la popolazione della Terra crescerebbe costantemente in modo esponenziale portando inevitabilmente ‒ come per primo affermò il pastore anglicano ed economista Thomas R. Malthus (1766-1834) nel 1798 ‒ alla carestia e alla miseria. La popolazione mondiale, infatti, non cresce per nulla in modo esponenziale. Non lo ha fatto ieri, non lo fa oggi ed «[…] è improbabile che lo faccia in futuro», dice il demografo della Rockefeller University di New York Joel Cohen intervistato dalla Scudellari. Oggi, per esempio, la popolazione mondiale cresce a un ritmo che è addirittura la metà di quello seguito prima del 1965. Quanto agli attuali 7,2 miliardi di abitanti della Terra da mangiare ce n’è davvero a sufficienza per tutti. A documentarlo è la FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, secondo le cui stime la produzione mondiale di cibo è di gran lunga superiore alla crescita demografica. Attualmente, la sola produzione calorica mondiale in cereali è sufficiente a sfamare tra i 10 e i 12 miliardi di persone. La fame nel mondo allora non esiste? Niente affatto: esiste eccome, afferma sempre Cohen. Solo che non è causata né dalla presunta sovrappopolazione mondiale né dalla scarsità generale e generica di cibo, bensì dal fatto statistico che circa il 55% della produzione nutrizionale del pianeta viene impiegata per scopi diversi dall’alimentazione umana (mangimi per bestiame o produzione di carburanti), oppure semplicemente sprecata, o ancora malamente distribuita. Né scarseggia neppure l’acqua, come ha documentato il vice segretario generale delle Nazioni Unite, Jan Eliasson, sulle pagine dello stesso Nature nel gennaio 2015. Il vero problema dell’acqua, infatti, è che in certe regioni molti (si calcola 1,2 miliardi di persone) hanno difficoltà ad accedervi, ma questo per ragioni politiche, militari o economico-sociali di arretratezza tecnologica, motivo per cui l’unico rimedio possibile è l’antropizzazione, lo sviluppo tecnico-scientifico e il libero scambio commerciale che zittisce le armi, non certo il deserto umano, la riduzione delle nascite e il reinselvatichimento del pianeta. La Scudellari cita a questo proposito Nicholas Eberstadt, demografo dell’American Enterprise Institute di Washington: «La sovrappopolazione non è sul serio sovrappopolazione. È piuttosto una questione di povertà»; ma, invece di esaminarne attentamente le cause alla ricerca di soluzioni pratiche, ci si perde in chiacchiere attorno a un problema che non esiste, la chimerica “Bomba P”. La teoria vorrebbe che se a dire per l’ennesima volta che non è vero che sulla Terra siamo troppi, che non è vero che il pianeta non ce la fa più, che non è vero che il cibo è insufficiente a nutrire tutti e che non è vero che l’acqua manca è finalmente un beniamino blasonato del pensiero dominate come Nature il mondo dovrebbe cominciare a prestare orecchio, ma chissà perché abbiamo già la sensazione di sbagliarci” (Da La nuova bussola quotidiana del 07-01-2016).
L’articolo di Nature (e quello di Respinti che lo riprende qualificando la sovrappopolazione come una bufala) è una mistificazione e fa affermazioni di una falsità lampante. Vediamone alcune:
Oggi, per esempio, la popolazione mondiale cresce a un ritmo che è addirittura la metà di quello seguito prima del 1965.” Perfetto, ammettiamo anche –ma non esistono dati certi al riguardo, cioè basati su rilevamenti e censimenti correttamente eseguiti, specie in paesi del secondo e terzo mondo- che su base mondiale il numero medio di figli per donna sia inferiore a quello del 1965. Quello che l’articolo non dice è che la base su cui si applica il tasso medio di natalità nel 1965 non è un “recipiente” di 7,5 miliardi di abitanti, ma uno di 3,2 miliardi (la popolazione mondiale nel 1965).Oggi il tasso di natalità si deve applicare ad una base più vasta, almeno 7 miliardi e mezzo. Ciò significa che se vediamo il dato numerico complessivo oggi ogni anno si aggiungono 100 milioni di individui in più alla popolazione mondiale, mentre nel 1965 se ne aggiungevano 60 milioni, pur dando per vero che il tasso di natalità medio fosse superiore. Dal 1975 la popolazione mondiale è infatti raddoppiata: una vera e propria esplosione demografica di cui non esistono né precedenti né altri esempi comparabili in specie animali. Inoltre l’affermazione di Nature non tiene conto della maggior durata di vita media che contribuisce all’innalzamento complessivo della presenza umana sul pianeta.
Vediamo quest’altra affermazione: “Quanto agli attuali 7,2 miliardi di abitanti della Terra da mangiare ce n’è davvero a sufficienza per tutti. A documentarlo è la FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, secondo le cui stime la produzione mondiale di cibo è di gran lunga superiore alla crescita demografica. Attualmente, la sola produzione calorica mondiale in cereali è sufficiente a sfamare tra i 10 e i 12 miliardi di persone”. A parte che vengono riportate come frasi bibliche affermazioni della FAO, una organizzazione screditata e dedita più all'autoconservazione che al bene alimentare delle nazioni, quello che viene sottaciuto è il prezzo che stiamo pagando per avere l’attuale produzione sufficiente a sfamare tutti i sette miliardi e mezzo di abitanti, in termini di inquinamento ambientale e intossicazione della salute di noi tutti abitanti della terra. Infatti per assicurare questa produzione sono necessari, vista la quantità di terre coltivabili rispetto al numero della popolazione, un uso enorme e spropositato di fertilizzanti chimici e di pesticidi che stanno inquinando tutte le terre coltivate, i suoli limitrofi, le acque di fiumi, laghi e mari della terra.Molti effetti sulla salute di questi prodotti chimici e veleni sono sottostimati e in numerose malattie come quelle degenerative , tra cui alzhaimer e parkinson, e molte neoplasie (polmoni, intestino, cie urinarie ecc.) sono implicati i prodotti usati per l'agricoltura intensiva, tra cui fertilizzanti chimici e pesticidi organofosforici altamente tossici e capaci di accumularsi sia nell'ambiente che negli organismi. Inoltre si ricorre sempre di più a prodotti Ogm che assicurano produzioni maggiori. Certamente con tutta probabilità si potrebbe portare la produzione a bastare a 12 miliardi di abitanti, ma lascio immaginare la quantità di chimica e di tossici necessari per aumentare la produttività di terreni agricoli già stressati per sopperire alle esigenze nutrizionali di sette miliardi e passa di umani. Terreni che, tra l’altro, per effetto dell’aumento della pressione demografica (basti pensare all’africa e al sud america), dell’espansione delle megalopoli e delle strutture antropiche connesse, e del riscaldamento atmosferico, stanno diminuendo in estensione anno dopo anno. La vera e propria bufala (in questo caso) è la storia del 55% della produzione agricola destinato alla produzione di carne e ai biocarburanti. Siamo al ridicolo in quanto la produzione dei biocarburanti viene incentivata dagli stessi che dicono che la sovrappopolazione non esiste e che per risolvere il problema energetico bisogna ricorrere alle energie rinnovabili. Quanto alla produzione di carne bisogna spiegare alle popolazioni dei paesi in via di sviluppo che finora abbiamo scherzato e che per loro la carne non si deve più produrre ma devono accontentarsi di cereali e insetti. Quanto al minor impatto delle produzioni cerealicole rispetto agli allevamenti è un mantra che viene ripetuto a memoria ma non esistono studi seri che dimostrino il minor uso di sostanze chimiche o di minori emissioni.
Ecco un’altra chicca dell’articolo: “Il vero problema dell’acqua, infatti, è che in certe regioni molti (si calcola 1,2 miliardi di persone) hanno difficoltà ad accedervi, ma questo per ragioni politiche, militari o economico-sociali di arretratezza tecnologica, motivo per cui l’unico rimedio possibile è l’antropizzazione, lo sviluppo tecnico-scientifico e il libero scambio commerciale che zittisce le armi, non certo il deserto umano, la riduzione delle nascite e il reinselvatichimento del pianeta.” Dunque l’acqua basta per tutti.Addirittura dicono gli "scienziati" il rimedio alla mancanza d'acqua è l'antropizzazione: siamo all'omeopatia ideologica per cui per curare il veleno dell'antropizzazione ci vorrebbe altra antropizzazione! Il riscaldamento atmosferico e lo scioglimento dei poli dovuto all’attività antropica di quei soli 7 miliardi e passa è finto, una invenzione dei catastrofisti, secondo i nostri geni le cui elucubrazioni vengono riportate dalla giornalista su Nature. L’avanzata della desertificazione, la salinizzazione dei terreni, la scomparsa delle foreste, la riduzione delle pioggie sono tutti fenomeni dovuti a guerre e a ragioni politiche o di sfruttamento? Credo invece che queste siano solo affermazioni dettate da ideologia e preconcetti. La mancanza di acqua, secondo studi effettuati dall’Oms, produce già ora molte vittime: otto milioni di persone l'anno muoiono a causa della siccità e delle malattie legate alla mancanza di servizi igienico-sanitari e di acqua potabile e secondo le stime dell'Onu nel 2030 fino a tre miliardi di persone potrebbero rimanere senz'acqua. Anzi non solo la scarsità di acqua non viene dalle guerre, ma è proprio essa stessa la causa di alcune guerre attuali e future. La sovrappopolazione inoltre è alla base di molte guerre e di arretratezze che causano diseguaglianze e ingiustizie.
L’articolo di Nature, che spero non riporti l’opinione ufficiale della prestigiosa rivista scientifica, ma solo la posizione della giornalista e di alcuni ricercatori che seguono più l’ideologia e il politically correct cche la verità scientifica, è dunque una completa bufala che vuole negare l’evidenza di un mondo sempre più invivibile, antropizzato in ogni suo aspetto, con un territorio devastato direttamente dalla presenza antropica in eccesso o dalle strutture necessarie al sostentamento energetico e alimentare e alla produzione per assicurare consumi a un numero spropositato di umani, un numero che al di la di tutte le chiacchiere è aumentato da uno a quasi otto miliardi in poco più di un secolo e che se continuerà così andrà incontro a conseguenze ancora più catastrofiche. Quello che poi queste teste illuminate, che giungono perfino a scrivere insulsaggini su Nature, non vogliono capire è che il pianeta non è un pollaio da allevamento in cui stipare umani in ogni spazio disponibile, ma un ambiente in cui la Natura deve essere preservata per la salvezza stessa di noi umani e in cui l’uomo deve vivere in armonia con tutte le altre specie viventi e non come un padrone assoluto che saccheggia l’ambiente in cui vive.

lunedì 17 ottobre 2016

Inferno: il film

Il film tratto dall'interessante romanzo di Dan Brown e diretto da Ron Howard è deludente ma con qualche aspetto positivo. La delusione viene dalla inconsistenza della storia che dovrebbe appartenere al genere "thriller" ma che risulta ampiamente prevedibile e allo stesso tempo poco credibile. L'aspetto positivo è che finalmente il tema della sovrappopolazione viene portato all'attenzione del vasto pubblico dei film di intrattenimento. Altri film hanno trattato del tema in passato, ma mai con la chiarezza con cui viene esposto in questo film, sebbene (ovviamente) a parlarne esplicitamente è il "cattivo" di turno; il cui discorso è però documentato e veritiero, basato su dati oggettivi, e allude anche al libro di Elisabeth Kolbert sulla "sesta Estinzione", quella provocata dall'esplosione demografica di Homo. Il film banalizza alquanto il romanzo e attribuisce ai cospiratori la volontà di diffondere un virus, una nuova peste, in grado di dimezzare il numero di umani salvando così il pianeta dalla catastrofe ecologica e dall'estinzione di tutte o quasi le altre specie viventi. Il film si avvale di riprese mozzafiato sulle bellezze artistiche di tre tra le più belle città del mondo come Firenze, Venezia e Istanbul e ciò contribuisce a renderne piacevole la visione. Inoltre la trama è inframezzata dai continui riferimenti alla Commedia di Dante e alla illustrazione dell'Inferno dantesco da parte di Botticelli. Il finale è veramente mediocre con i cattivi sconfitti, il virus neutralizzato in una sacca e l'umanità salvata. Il tema della sovrappopolazione, ben descritto all'inizio, non viene più ripreso e il fatto che i cattivi vogliano "eliminare" gran parte della popolazione è mistificante, in quanto non distingue con nettezza il comportamento criminale dei cattivi del film dal tema generale della sovrappopolazione, argomento reale e fondamentale per la salvezza del pianeta. Nel film non vengono menzionati tutti coloro che interessandosi seriamente alla sovrappopolazione, intendono preservare la presenza dell'umanità sulla terra senza ricorrere a virus o ad altri mezzi violenti ma ad una innocua e sana pianificazione delle nascite e ad una progressiva e salvifica riduzione dei tassi di natalità, che possano contribuire ad una maggiore quantità di risorse disponibili, a stili di vita migliori, al benessere, alla riduzione dei consumi, ad una buona alimentazione e ad un miglioramento della salute delle persone oltre che al salvataggio dell'ambiente naturale. Dan Brown e Howard hanno dovuto pagare pedaggio per creare un prodotto da smerciare al grande pubblico, impreparato nella sua grande maggioranza ad affrontare in maniera matura il tema, e legato ad una certa visione distorta che non accenna ancora nella misura dovuta alla responsabilità di porre un freno all'egoismo antropocentrico basato sulla crescita continua. Nonostante questi limiti, il film va visto come documento di una lenta presa di coscienza da parte dei media e in questo caso del mondo della letteratura e del cinema, del problema più grande e drammatico che affligge la Terra: la sovrappopolazione della specie umana e il conseguente rischio del collasso ambientale del pianeta e della scomparsa delle altre specie viventi.