A 4 anni dalla scomparsa del Professor Luigi De Marchi , uno spirito lucido che tra i primi in Italia ha capito che il problema della sovrappopolazione umana è il primo problema di questo pianeta, da cui discendono tutti gli altri, riporto questo suo articolo sulla battaglia per la contraccezione e il controllo delle nascite in Italia e nel mondo. (Tratto dal sito Fb di Luigi De Marchi)
In alto la copertina di uno dei suoi ultimi libri
Sesso e Riproduzione (2001)
Trent’anni di pillola
Esattamente 30 anni fa, il 31 marzo 1971, la Corte Costituzionale, in una storica vertenza “tra il Presidente del Consiglio Emilio Colombo e il Signor Luigi De Marchi”, mi dava ragione e, considerando fondata l’eccezione d’incostituzionalità sollevata dai miei avvocati nell’ennesimo processo contro di me, abrogava i divieti penali all’informazione e all’assistenza anticoncezionale. Quella sentenza coronava una mia quasi ventennale, solitaria battaglia per la libertà sessuale e contraccettiva che era stata duramente osteggiata dal regime e che aveva trovato sostegno quasi soltanto in Marco Pannella e nei radicali. Oggi possiamo capire che, in quel contesto, la legalizzazione della contraccezione ha avuto un impatto profondo sulla modernizzazione del costume e sulla liberazione della donna che, per la prima volta nella sua storia e pre-istoria, poteva così decidere autonomamente se e quando procreare.
A trent’anni di distanza dalla storica sentenza, tuttavia, mentre è confortante notare quanto si siano evoluti la coscienza civile e il costume degli italiani nei confronti della procreazione, è viceversa doveroso e doloroso denunciare quanto si sia degradata la dignità della nostra stampa, della nostra classe politica e delle nostre istituzioni.
Per quanto riguarda la stampa, mentre allora tutti i grandi giornali nazionali seppero comprendere il valore sociale immenso di quella pronunzia pubblicando nelle loro prime pagine e con grande evidenza lunghi articoli e commenti dedicati alla nostra battaglia e alla nostra storica vittoria, oggi non solo nessuno rievoca quella svolta cruciale, ma su tutta la nostra informazione è calata una coltre pesante di censura e autocensura che di fatto ha comportato l’abbandono della lotta per la modernizzazione del costume e vietato di sottolineare l’urgenza d’interventi denatalisti a livello internazionale e perfino d’accennare al problema.
Per quanto riguarda la nostra magistratura, è certo che una sentenza come quella del 31 marzo 1971, che evidenziò l’indipendenza della Corte Costituzionale dalle forze politiche e religiose (cattoliche e comuniste o post-comuniste) allora come oggi egemoni nel Paese, attualmente non sarebbe più possibile.
Negli ultimi anni, infatti, le pronunzie della Consulta si sono squallidamente allineate agli ordini di scuderia della diarchia catto-comunista, calpestando allegramente, come i radicali hanno dovuta imparare a proprie spese, la volontà ripetutamente espressa da milioni di cittadini con le loro richieste referendarie.
Inoltre, mentre allora anche molti esponenti dell’area comunista e cattolica si mostravano disposti a riconsiderare la loro tenace condanna della regolazione delle nascite, oggi tutti i leaders cattolici sono precipitosamente rientrati nella caserma dell’ortodossia vaticana e perfino tutti o quasi tutti i politici che si dicono laici o addirittura di sinistra sono pronti ad applaudire servilmente qualunque scemenza papalina.
Ma, rispetto a quei giorni pieni di speranza del marzo ’71, il disastro più grave si è registrato a livello internazionale. Allora negli Stati Uniti il Presidente Nixon stava preparando, insieme agli organismi specializzati delle Nazioni Unite, un grande programma internazionale di regolazione delle nascite e, in Italia, perfino Amintore Fanfani riconosceva la grave minaccia che l’esplosione demografica comportava per la pace e il progresso dell’umanità.
Ma la speranza è durata poco e va ribadito che, per ucciderla, si è molto impegnato il mondo comunista, ove iniziavano allora le loro fulgide carriere gran parte dei leaders attuali della sinistra e dell’informazione italiana: da Bertinotti a D’Alema, da Mieli a Liguori, da Lerner a Deaglio . Non a caso, nel libro “Psicopolitica” (che fu pubblicato dall’Editrice Sugarco nel 1975 col sottotitolo significativo “Sfida al conformismo di sinistra”, che mi costò anche minacce di gambizzazione ed in cui gettavo le basi della psicologia politica liberale) scrivevo tra l’altro: “Oggi purtroppo possiamo dire che l’opposizione marxista-leninista al controllo delle nascite ha superato per virulenza e faziosità quella tradizionale di stampo clericale e nazi-fascista”.
Già nel 1974, comunque, l’intesa cordiale tra i dogmatismi politici e religiosi in tema di lotta alla regolazione delle nascite trionfava alla Conferenza di Bucarest sulla Popolazione, ove una coalizione di governi comunisti, fascisti e clericali (tra cui il nostro, naturalmente), riuscì a seppellire il piano delle Nazioni Unite per contrastare l’esplosione demografica ormai in pieno sviluppo.
Così l’esplosione demografica del Terzo Mondo ha potuto continuare indisturbata fino ai giorni nostri, raddoppiando ogni vent’anni quelle popolazioni e producendo il disastro planetario che sta sotto i nostri occhi nelle telecronache d’ogni giorno (fame, guerre, disoccupazione di massa, deforestazione e desertificazione dilagante, migrazioni disperate) e che però un’informazione ottusa, codarda e ancorata all’idiozia clericale e comunista si guarda bene dal mettere mai in rapporto con la sua causa prima, appunto la bomba demografica.
Purtroppo, al complotto catto-fascio-comunista contro la regolazione delle nascite si sono aggiunti negli ultimi decenni anche i cosiddetti maestri del liberismo duro e puro, che si sono allineati ai loro presunti arcinemici dello statalismo di destra e di sinistra per negare, con argomenti a dir poco sballati, l’utilità sociale della regolazione delle nascite.
Per esempio, uno di questi luminari del liberismo dal volto disumano, Rothbard, ha preteso di dimostrare l’inutilità di questa regolazione citando il caso del Giappone o di Singapore,
così prosperi nonostante la loro altissima densità demografica, ma dimenticando o fingendo di dimenticare che entrambi questi paesi applicano da decenni un forte controllo della natalità e che, anzi, tutti i paesi del Terzo Mondo che sono riusciti a vincere la povertà e il sottosviluppo (da Formosa alla Cina comunista, da Hong Kong alla Corea del Sud) si sono attenuti ad una rigorosa politica denatalista.
Per quanto concerne l’Italia, infine, in questo trentesimo anniversario va detto che, con buona pace dei nostri capi e papi infallibili, e nonostante l’ostruzionismo dei partiti e dei giornali a loro asserviti, il messaggio nostro è stato ottimamente recepito dagli italiani che hanno ridotto la loro prolificità ai minimi mondiali. Purtroppo, però, i soliti capi e papi infallibili, coll’appoggio dei soliti demografi ottusi e servili, hanno provveduto a vanificare i vantaggi del processo denatalista spalancando le porte all’alluvione immigratoria.
La recente esplosione della crisi dell’acqua e dei rifiuti è venuta a confermare quanto avevo sostenuto già 25 anni fa in un convegno tenuto insieme ad Aurelio Peccei : e cioè che, mentre i paesi del Terzo Mondo dovevano ridurre drasticamente il loro incremento demografico, perché esso è socialmente e politicamente rovinoso, l’Italia e gli altri paesi europei dovevano e devono ridurre drasticamente la loro densità demografica perché essa è ecologicamente rovinosa, dati i loro tassi proibitivi di consumo e d’inquinamento pro-capite: quanto rovinosa lo dimostra appunto la crisi dei rifiuti in provincia di Napoli ove, non a caso, la densità della popolazione è la più alta d’Italia ed una delle più alte del mondo (600 abitanti per kmq.)
Trent’anni di pillola
Esattamente 30 anni fa, il 31 marzo 1971, la Corte Costituzionale, in una storica vertenza “tra il Presidente del Consiglio Emilio Colombo e il Signor Luigi De Marchi”, mi dava ragione e, considerando fondata l’eccezione d’incostituzionalità sollevata dai miei avvocati nell’ennesimo processo contro di me, abrogava i divieti penali all’informazione e all’assistenza anticoncezionale. Quella sentenza coronava una mia quasi ventennale, solitaria battaglia per la libertà sessuale e contraccettiva che era stata duramente osteggiata dal regime e che aveva trovato sostegno quasi soltanto in Marco Pannella e nei radicali. Oggi possiamo capire che, in quel contesto, la legalizzazione della contraccezione ha avuto un impatto profondo sulla modernizzazione del costume e sulla liberazione della donna che, per la prima volta nella sua storia e pre-istoria, poteva così decidere autonomamente se e quando procreare.
A trent’anni di distanza dalla storica sentenza, tuttavia, mentre è confortante notare quanto si siano evoluti la coscienza civile e il costume degli italiani nei confronti della procreazione, è viceversa doveroso e doloroso denunciare quanto si sia degradata la dignità della nostra stampa, della nostra classe politica e delle nostre istituzioni.
Per quanto riguarda la stampa, mentre allora tutti i grandi giornali nazionali seppero comprendere il valore sociale immenso di quella pronunzia pubblicando nelle loro prime pagine e con grande evidenza lunghi articoli e commenti dedicati alla nostra battaglia e alla nostra storica vittoria, oggi non solo nessuno rievoca quella svolta cruciale, ma su tutta la nostra informazione è calata una coltre pesante di censura e autocensura che di fatto ha comportato l’abbandono della lotta per la modernizzazione del costume e vietato di sottolineare l’urgenza d’interventi denatalisti a livello internazionale e perfino d’accennare al problema.
Per quanto riguarda la nostra magistratura, è certo che una sentenza come quella del 31 marzo 1971, che evidenziò l’indipendenza della Corte Costituzionale dalle forze politiche e religiose (cattoliche e comuniste o post-comuniste) allora come oggi egemoni nel Paese, attualmente non sarebbe più possibile.
Negli ultimi anni, infatti, le pronunzie della Consulta si sono squallidamente allineate agli ordini di scuderia della diarchia catto-comunista, calpestando allegramente, come i radicali hanno dovuta imparare a proprie spese, la volontà ripetutamente espressa da milioni di cittadini con le loro richieste referendarie.
Inoltre, mentre allora anche molti esponenti dell’area comunista e cattolica si mostravano disposti a riconsiderare la loro tenace condanna della regolazione delle nascite, oggi tutti i leaders cattolici sono precipitosamente rientrati nella caserma dell’ortodossia vaticana e perfino tutti o quasi tutti i politici che si dicono laici o addirittura di sinistra sono pronti ad applaudire servilmente qualunque scemenza papalina.
Ma, rispetto a quei giorni pieni di speranza del marzo ’71, il disastro più grave si è registrato a livello internazionale. Allora negli Stati Uniti il Presidente Nixon stava preparando, insieme agli organismi specializzati delle Nazioni Unite, un grande programma internazionale di regolazione delle nascite e, in Italia, perfino Amintore Fanfani riconosceva la grave minaccia che l’esplosione demografica comportava per la pace e il progresso dell’umanità.
Ma la speranza è durata poco e va ribadito che, per ucciderla, si è molto impegnato il mondo comunista, ove iniziavano allora le loro fulgide carriere gran parte dei leaders attuali della sinistra e dell’informazione italiana: da Bertinotti a D’Alema, da Mieli a Liguori, da Lerner a Deaglio . Non a caso, nel libro “Psicopolitica” (che fu pubblicato dall’Editrice Sugarco nel 1975 col sottotitolo significativo “Sfida al conformismo di sinistra”, che mi costò anche minacce di gambizzazione ed in cui gettavo le basi della psicologia politica liberale) scrivevo tra l’altro: “Oggi purtroppo possiamo dire che l’opposizione marxista-leninista al controllo delle nascite ha superato per virulenza e faziosità quella tradizionale di stampo clericale e nazi-fascista”.
Già nel 1974, comunque, l’intesa cordiale tra i dogmatismi politici e religiosi in tema di lotta alla regolazione delle nascite trionfava alla Conferenza di Bucarest sulla Popolazione, ove una coalizione di governi comunisti, fascisti e clericali (tra cui il nostro, naturalmente), riuscì a seppellire il piano delle Nazioni Unite per contrastare l’esplosione demografica ormai in pieno sviluppo.
Così l’esplosione demografica del Terzo Mondo ha potuto continuare indisturbata fino ai giorni nostri, raddoppiando ogni vent’anni quelle popolazioni e producendo il disastro planetario che sta sotto i nostri occhi nelle telecronache d’ogni giorno (fame, guerre, disoccupazione di massa, deforestazione e desertificazione dilagante, migrazioni disperate) e che però un’informazione ottusa, codarda e ancorata all’idiozia clericale e comunista si guarda bene dal mettere mai in rapporto con la sua causa prima, appunto la bomba demografica.
Purtroppo, al complotto catto-fascio-comunista contro la regolazione delle nascite si sono aggiunti negli ultimi decenni anche i cosiddetti maestri del liberismo duro e puro, che si sono allineati ai loro presunti arcinemici dello statalismo di destra e di sinistra per negare, con argomenti a dir poco sballati, l’utilità sociale della regolazione delle nascite.
Per esempio, uno di questi luminari del liberismo dal volto disumano, Rothbard, ha preteso di dimostrare l’inutilità di questa regolazione citando il caso del Giappone o di Singapore,
così prosperi nonostante la loro altissima densità demografica, ma dimenticando o fingendo di dimenticare che entrambi questi paesi applicano da decenni un forte controllo della natalità e che, anzi, tutti i paesi del Terzo Mondo che sono riusciti a vincere la povertà e il sottosviluppo (da Formosa alla Cina comunista, da Hong Kong alla Corea del Sud) si sono attenuti ad una rigorosa politica denatalista.
Per quanto concerne l’Italia, infine, in questo trentesimo anniversario va detto che, con buona pace dei nostri capi e papi infallibili, e nonostante l’ostruzionismo dei partiti e dei giornali a loro asserviti, il messaggio nostro è stato ottimamente recepito dagli italiani che hanno ridotto la loro prolificità ai minimi mondiali. Purtroppo, però, i soliti capi e papi infallibili, coll’appoggio dei soliti demografi ottusi e servili, hanno provveduto a vanificare i vantaggi del processo denatalista spalancando le porte all’alluvione immigratoria.
La recente esplosione della crisi dell’acqua e dei rifiuti è venuta a confermare quanto avevo sostenuto già 25 anni fa in un convegno tenuto insieme ad Aurelio Peccei : e cioè che, mentre i paesi del Terzo Mondo dovevano ridurre drasticamente il loro incremento demografico, perché esso è socialmente e politicamente rovinoso, l’Italia e gli altri paesi europei dovevano e devono ridurre drasticamente la loro densità demografica perché essa è ecologicamente rovinosa, dati i loro tassi proibitivi di consumo e d’inquinamento pro-capite: quanto rovinosa lo dimostra appunto la crisi dei rifiuti in provincia di Napoli ove, non a caso, la densità della popolazione è la più alta d’Italia ed una delle più alte del mondo (600 abitanti per kmq.)