Translate

martedì 26 agosto 2014

De Marchi: La battaglia per il controllo delle nascite










A 4 anni dalla scomparsa del Professor Luigi De Marchi , uno spirito lucido che tra i primi in Italia ha capito che il problema della sovrappopolazione umana è il primo problema di questo pianeta, da cui discendono tutti gli altri, riporto  questo suo articolo sulla battaglia per la contraccezione e il controllo delle nascite in Italia e nel mondo. (Tratto dal sito Fb di Luigi De Marchi)
In alto la copertina di uno dei suoi ultimi libri








Sesso e Riproduzione (2001)
Trent’anni di pillola

Esattamente 30 anni fa, il 31 marzo 1971, la Corte Costituzionale, in una storica vertenza “tra il Presidente del Consiglio Emilio Colombo e il Signor Luigi De Marchi”, mi dava ragione e, considerando fondata l’eccezione d’incostituzionalità sollevata dai miei avvocati nell’ennesimo processo contro di me, abrogava i divieti penali all’informazione e all’assistenza anticoncezionale. Quella sentenza coronava una mia quasi ventennale, solitaria battaglia per la libertà sessuale e contraccettiva che era stata duramente osteggiata dal regime e che aveva trovato sostegno quasi soltanto in Marco Pannella e nei radicali. Oggi possiamo capire che, in quel contesto, la legalizzazione della contraccezione ha avuto un impatto profondo sulla modernizzazione del costume e sulla liberazione della donna che, per la prima volta nella sua storia e pre-istoria, poteva così decidere autonomamente se e quando procreare.
A trent’anni di distanza dalla storica sentenza, tuttavia, mentre è confortante notare quanto si siano evoluti la coscienza civile e il costume degli italiani nei confronti della procreazione, è viceversa doveroso e doloroso denunciare quanto si sia degradata la dignità della nostra stampa, della nostra classe politica e delle nostre istituzioni.
Per quanto riguarda la stampa, mentre allora tutti i grandi giornali nazionali seppero comprendere il valore sociale immenso di quella pronunzia pubblicando nelle loro prime pagine e con grande evidenza lunghi articoli e commenti dedicati alla nostra battaglia e alla nostra storica vittoria, oggi non solo nessuno rievoca quella svolta cruciale, ma su tutta la nostra informazione è calata una coltre pesante di censura e autocensura che di fatto ha comportato l’abbandono della lotta per la modernizzazione del costume e vietato di sottolineare l’urgenza d’interventi denatalisti a livello internazionale e perfino d’accennare al problema.

Per quanto riguarda la nostra magistratura, è certo che una sentenza come quella del 31 marzo 1971, che evidenziò l’indipendenza della Corte Costituzionale dalle forze politiche e religiose (cattoliche e comuniste o post-comuniste) allora come oggi egemoni nel Paese, attualmente non sarebbe più possibile.
Negli ultimi anni, infatti, le pronunzie della Consulta si sono squallidamente allineate agli ordini di scuderia della diarchia catto-comunista, calpestando allegramente, come i radicali hanno dovuta imparare a proprie spese, la volontà ripetutamente espressa da milioni di cittadini con le loro richieste referendarie.

Inoltre, mentre allora anche molti esponenti dell’area comunista e cattolica si mostravano disposti a riconsiderare la loro tenace condanna della regolazione delle nascite, oggi tutti i leaders cattolici sono precipitosamente rientrati nella caserma dell’ortodossia vaticana e perfino tutti o quasi tutti i politici che si dicono laici o addirittura di sinistra sono pronti ad applaudire servilmente qualunque scemenza papalina.
Ma, rispetto a quei giorni pieni di speranza del marzo ’71, il disastro più grave si è registrato a livello internazionale. Allora negli Stati Uniti il Presidente Nixon stava preparando, insieme agli organismi specializzati delle Nazioni Unite, un grande programma internazionale di regolazione delle nascite e, in Italia, perfino Amintore Fanfani riconosceva la grave minaccia che l’esplosione demografica comportava per la pace e il progresso dell’umanità.
Ma la speranza è durata poco e va ribadito che, per ucciderla, si è molto impegnato il mondo comunista, ove iniziavano allora le loro fulgide carriere gran parte dei leaders attuali della sinistra e dell’informazione italiana: da Bertinotti a D’Alema, da Mieli a Liguori, da Lerner a Deaglio . Non a caso, nel libro “Psicopolitica” (che fu pubblicato dall’Editrice Sugarco nel 1975 col sottotitolo significativo “Sfida al conformismo di sinistra”, che mi costò anche minacce di gambizzazione ed in cui gettavo le basi della psicologia politica liberale) scrivevo tra l’altro: “Oggi purtroppo possiamo dire che l’opposizione marxista-leninista al controllo delle nascite ha superato per virulenza e faziosità quella tradizionale di stampo clericale e nazi-fascista”.

Già nel 1974, comunque, l’intesa cordiale tra i dogmatismi politici e religiosi in tema di lotta alla regolazione delle nascite trionfava alla Conferenza di Bucarest sulla Popolazione, ove una coalizione di governi comunisti, fascisti e clericali (tra cui il nostro, naturalmente), riuscì a seppellire il piano delle Nazioni Unite per contrastare l’esplosione demografica ormai in pieno sviluppo.

Così l’esplosione demografica del Terzo Mondo ha potuto continuare indisturbata fino ai giorni nostri, raddoppiando ogni vent’anni quelle popolazioni e producendo il disastro planetario che sta sotto i nostri occhi nelle telecronache d’ogni giorno (fame, guerre, disoccupazione di massa, deforestazione e desertificazione dilagante, migrazioni disperate) e che però un’informazione ottusa, codarda e ancorata all’idiozia clericale e comunista si guarda bene dal mettere mai in rapporto con la sua causa prima, appunto la bomba demografica.
Purtroppo, al complotto catto-fascio-comunista contro la regolazione delle nascite si sono aggiunti negli ultimi decenni anche i cosiddetti maestri del liberismo duro e puro, che si sono allineati ai loro presunti arcinemici dello statalismo di destra e di sinistra per negare, con argomenti a dir poco sballati, l’utilità sociale della regolazione delle nascite.
Per esempio, uno di questi luminari del liberismo dal volto disumano, Rothbard, ha preteso di dimostrare l’inutilità di questa regolazione citando il caso del Giappone o di Singapore,
così prosperi nonostante la loro altissima densità demografica, ma dimenticando o fingendo di dimenticare che entrambi questi paesi applicano da decenni un forte controllo della natalità e che, anzi, tutti i paesi del Terzo Mondo che sono riusciti a vincere la povertà e il sottosviluppo (da Formosa alla Cina comunista, da Hong Kong alla Corea del Sud) si sono attenuti ad una rigorosa politica denatalista.

Per quanto concerne l’Italia, infine, in questo trentesimo anniversario va detto che, con buona pace dei nostri capi e papi infallibili, e nonostante l’ostruzionismo dei partiti e dei giornali a loro asserviti, il messaggio nostro è stato ottimamente recepito dagli italiani che hanno ridotto la loro prolificità ai minimi mondiali. Purtroppo, però, i soliti capi e papi infallibili, coll’appoggio dei soliti demografi ottusi e servili, hanno provveduto a vanificare i vantaggi del processo denatalista spalancando le porte all’alluvione immigratoria.
La recente esplosione della crisi dell’acqua e dei rifiuti è venuta a confermare quanto avevo sostenuto già 25 anni fa in un convegno tenuto insieme ad Aurelio Peccei : e cioè che, mentre i paesi del Terzo Mondo dovevano ridurre drasticamente il loro incremento demografico, perché esso è socialmente e politicamente rovinoso, l’Italia e gli altri paesi europei dovevano e devono ridurre drasticamente la loro densità demografica perché essa è ecologicamente rovinosa, dati i loro tassi proibitivi di consumo e d’inquinamento pro-capite: quanto rovinosa lo dimostra appunto la crisi dei rifiuti in provincia di Napoli ove, non a caso, la densità della popolazione è la più alta d’Italia ed una delle più alte del mondo (600 abitanti per kmq.)

mercoledì 20 agosto 2014

I due tipi di Ambientalismo


Sul finire degli anni '60 del secolo scorso nacque in Nord America il movimento ambientalista i cui aderenti si riconobbero nelle tesi di alcuni libri che fanno ormai parte della storia del movimento, come The Population Bomb (1968) di Paul Ehrlich, e "I limiti della crescita" (1972) di Meadows e Randers commissionato dal Club di Roma. In questi testi, frutto di studi condotti con rigore scientifico su dati statistici ufficiali e studi probabilistici che si avvalsero di metodologie all'avanguardia per i tempi,si poneva alla base del problema ambientale la sovrappopolazione e gli alti tassi di natalità della specie umana che stavano determinando un aumento della pressione antropica sulle risorse naturali. Tale pressione antropica, espressa dalla equazione di Ehrlic: I= P x A X T, vedeva come primo elemento del problema ambientale il numero della popolazione (P),e non avrebbe potuto essere sostenuta dall'ambiente nei tempi lunghi ( si tenga presente che allora la terra contava meno della metà della popolazione odierna). Sorprendentemente oggi, nonostante la popolazione del pianeta abbia raggiunto e superato i sette miliardi, gli ambientalisti hanno silenziato il problema sovrappopolazione e ne hanno fatto un tabù che comporta l'ostracismo e l'emarginazione dal movimento di chiunque osi accennarvi. Al contrario, gli ambientalisti odierni sono a favore di un mondo multiculturale, in cui il fenomeno migratorio è ben visto in quanto contribuisce alla redistribuzione delle risorse, e se parlano di decrescita si riferiscono non alla natalità umana ma all'economia. Cosa è accaduto in questi 40 anni di storia del movimento perché sia stato possibile un simile cambiamento ? Di fatto i temi realmente ambientalisti sono passati in secondo piano, e al primo posto gli ecologisti oggi pongono i diritti di Homo, la specie che domina il pianeta, e considerano l'ambiente come una sua proprietà ed esclusivamente al suo servizio. Il loro accenno su temi ambientali come la difesa di aree verdi e di alcune specie a rischio -in presenza del ruolo preminente riservato ai diritti di Homo-  si riducono a questioni di facciata, senza una reale influenza sulla deriva cui si sta avviando il pianeta. In questa maniera essi fanno l'errore di ricadere in quella visione antropocentrica che ha condotto negli ultimi secoli alla situazione attuale in cui è in gioco la sopravvivenza della biosfera con tutte le sue specie viventi, compreso Homo. E' molto probabile che questo errore di fondo sia stata la causa della attuale auto-emarginazione del movimento verde e della sua perdita di influenza politica sui processi decisionali, nonostante il fatto che i temi ambientali si siano diffusi nel dibattito culturale. Quali sono stati i motivi per cui l'ambientalismo, specialmente nelle sue declinazioni "politiche", ha perso la sua strada di difesa della natura e ha rimesso gli interessi di una sola specie al centro di tutto? Nell'articolo che segue pubblicato nel luglio 2014 su "Council of European Canadians", due studiosi americani esperti di ambientalismo, ricostruiscono la storia del movimento e cercano di dare una risposta. Si tratta di Tim Murray, geografo e ambientalista dell'Università del Texas, e di Ricardo Duchesne, sociologo canadese, professore presso l'Università di New Brunswick. Il loro articolo riguarda soprattutto l'ambientalismo nord-americano, ma ritengo che molti dei motivi analizzati dai due esperti si possano applicare anche ai verdi europei e agli ecologisti nostrani (Traduzione personale).

 Oggi la popolazione degli Stati Uniti supera i 320 milioni di abitanti. Uno studio dell'US Census Bureau (2009) dimostra che senza il fenomeno immigratorio la popolazione USA sarebbe oggi di 127 milioni, con grande giovamento dell'ambiente naturale nord-americano, città più piccole, minore cementificazione del territorio, una vita meno frenetica e una natura incomparabilmente più bella. Assai inferiori sarebbero anche le emissioni di CO2 in atmosfera, l'inquinamento dell'ambiente, l'uso di veleni e di sostanze chimiche e la produzione di tossici e di rifiuti. Eppure gli ambientalisti continuano a non capire. Il Sierra Club (importante associazione ambientalista nord-americana) in Canada e USA organizza spesso manifestazioni contro i cambiamenti climatici e in favore dello sviluppo sostenibile.Ciò nonostante quando l'11 luglio 2014 si è celebrata in alcune città canadesi e americane la "giornata mondiale della popolazione" riguardo all'emergenza della sovrappopolazione mondiale: indovinate un po'? Nessuno degli aderenti al Sierra Club o ad altre importanti associazioni ecologiste si è fatto vedere né a Toronto né a Victoria né a Washington o negli altri luoghi delle manifestazioni.Come hanno potuto questi cosiddetti ecologisti ossessionati dai cambiamenti climatici tacere la vera causa che sta alla base di tutti i problemi ambientali: la sovrappopolazione della specie umana? Per il fondatore della "giornata della Terra", Gaylord Nelson, la sovrappopolazione è la causa fondamentale del degrado ambientale. Questo rapporto tra esplosione demografica e degrado della terra è stato accettato da altri colleghi di Nelson, tra cui il regista David Brower (del Sierra Club). Nel 1970 l'equazione I=PAT, sviluppata da Paul Ehrlich e John Holdren, era la formula fondamentale del movimento ambientalista. I (Impatto ambientale)= P (livello di popolazione) x A (Consumo pro capite) x T (Indice di cambiamento tecnologico). Alcuni credevano che le tecnologie di produzione del secondo dopoguerra fossero il motivo principale dell'accelerazione del degrado ambientale, ma Ehrlich e Holdren - i fondatori del moderno ecologismo- hanno insistito sul fatto che le dimensioni della popolazione fosse il più importante fattore IPAT. Cosa è successo dopo il 1970? Da qualche parte lungo la strada il movimento ambientalista ha perso la sua impostazione originaria e ha abbandonato l'intuizione chiave che era alla base dell'equazione I=PAT. Quali sono i motivi? Ce ne sono due principali. Il primo è l'ascesa del concetto di "Correttezza Politica" (Politically Correct) collegato alla nuova ideologia dei diritti assoluti della persona umana (o meglio del soggetto uomo inteso anche nella sua individualità), soggetto uomo visto come padrone e dominatore incondizionato dell'ambiente terrestre e di tutto ciò che esiste comprese le altre specie viventi e la natura nei suoi vari aspetti. L'altro motivo alla base del cambiamento del movimento ambientalista è costituito dagli interessi economici e politici delle grandi imprese (che in America finanziano gran parte della politica). La compresenza di questi due motivi può suscitare qualche perplessità: come hanno fatto due forze politiche apparentemente opposte, e cioè quelle che si rifanno al Politically Correct e quelle che hanno la sponsorizzazione delle grandi imprese, a svolgere un ruolo comune nel minimizzare fino ad annullare il dibattito sulla sovrappopolazione? Possiamo iniziare a rispondere a questa domanda con il ricordare che per molti ambientalisti fina dagli anni '90 stava diventando piuttosto ovvio che la crescita della popolazione negli Stati Uniti e in altre nazioni dell'Occidente come il Canada e l'Australia e in quelle del Continente Europeo, non veniva guidata dai tassi di fertilità negli stessi paesi ma dall'immigrazione regolare e irregolare. John Tanton, che ha iniziato come un attivista del Sierra Club negli anni 60, è stato una figura chiave nel promuovere l'attenzione verso l'immigrazione quale causa di aumento della popolazione con la conseguente espansione urbana e antropizzazione del territorio. L'espansione delle medie e grandi città, la costruzione di infrastrutture, la cementificazione del territorio, la produzione industriale per i grandi numeri della popolazione, l'industrializzazione e la meccanizzazione dell'agricoltura sono state cause determinanti del degrado ambientale nei nostri paesi. Tanton aveva fatto questa connessione logica tra popolazione e ambiente nel 1970. Ancora nel 1980 in alcuni dibattiti del Sierra Club si era convenuto che "era evidente che il numero di immigrati negli Stati Uniti influenza in maniera determinante la dimensione complessiva della popolazione residente", e che una importante domanda per gli ambientalisti è la seguente: "quanti immigrati gli Stati Uniti vogliono o potranno accettare e quanto tasso di territorio naturale è da destinare all'urbanizzazione e ai servizi necessari a sostenere le nuove popolazioni che si sono stanziate sul nostro territorio?". Si andava chiarendo così il concetto di "pressione antropica" in funzione della densità demografica in un determinato territorio. Un documento pubblicato dal Center for Immigration Studies (marzo 2001), spiega bene il motivo per cui l'immigrazione è diventata il fattore principale di crescita della popolazione degli SU, e perché sia i conservatori che i liberals vennero a concordare sul fatto che l'immigrazione era cosa buona per l'America (posizione a cui gli ambientalisti non hanno mai ribattuto). Nel 1960 l'immigrazione era una frazione insignificante della crescita americana. Nel corso del precedente mezzo secolo, l'immigrazione legale annua era in media meno di 200.000 ingressi. Le modifiche alla legge sulla immigrazione nel 1965 (tra cui la liberalizzazione delle ricongiunzioni familiari) iniziarono un effetto a valanga che si manifestò in pieno negli anni '70. Ogni aspetto della crescita della popolazione degli Stati Uniti è cambiato da allora secondo i voluminosi rapporti del National Center for Healt Statistics, il Census Bureau, e il Servizio Immigrazione-Naturalizzazione. Al tempo stesso i tassi di fertilità della popolazione americana sono scesi a un livello che avrebbe consentito la stabilizzazione della popolazione nel giro di pochi decenni; ma i livelli di immigrazione stavano aumentando rapidamente.Padre Theodore Hesburgh, allora presidente della Notre Dame University, è stato il presidente di una Commissione Federale che ha studiato le politiche e le questioni dell'immigrazione alla fine del 1970. Hesburgh ha avvertito nel suo rapporto che i numeri dell'immigrazione avrebbero continuato ad aumentare a causa di due potenti gruppi di interesse politico: 1) gli interessi commerciali conservatori che hanno spinto per una maggiore immigrazione per mantenere bassi i salari medi in America e in crescita il mercato dei consumatori; 2) le Lobby liberals e la sinistra americana che vede le nuove popolazioni e i gruppi etnici di riferimento come probabili voti e fonte di potere per la propria parte politica. Le conclusioni di Hesburgh si sono rivelate esatte. Dal 1980 l'immigrazione annuale era più che raddoppiata e aveva superato le 500.000 unità/ anno. Dal 1990, l'immigrazione legale media annuale aveva superato il milione di arrivi / anno. E i numeri ufficiali non includono dai 200.000 ai 500.000 clandestini l'anno. Durante gli anni 90 gli immigrati e i loro discendenti hanno contribuito al 70 % della crescita della popolazione statunitense. Molte pubblicazioni sono uscite negli anni 80-90 sui legami tra fenomeni immigratori e degrado ambientale in Nord America. Ma, nonostante tali studi, il politically correct stava prendendo il sopravvento nella cultura occidentale. Il fenomeno è stato particolarmente evidente nella sinistra, che si è trasformata da forza politica interessata alla difesa degli interessi della classe operaia e del sindacato a forza terzomondista e in favore di una società mlticulturale e multietnica. Anche la destra si veniva trasformando da forza legata agli interessi della classe media e alla difesa corporativa e degli interessi nazionali, a paladina del mercato mondiale e dei diritti umani assolutizzati a diritti del consumatore universale. I gruppi ambientalisti, ancora negli anni '90 avevano sottolineato la necessità di porre limiti ai fenomeni immigratori e nel 1997 alcune associazioni verdi - tra cui Earth First, Friends of the Sea Otter, California Coalition for Immigration Reform, Voice of Citizens Together- chiesero un tetto di 100.000 ingressi / anno. Altri ambientalisti e associazioni si associarono alla richiesta di restrizioni: Gaylord Nelson, Paul Ehrlich, e inoltre Paul Watson leader di Sea Shepherd Conservation Society, Randy Hayes leader di Rainforest Action, e Lester Brown del Worldwatch Institute, chiesero anch'essi una restrizione della immigrazione. E' da notare che Nelson era un senatore democratico del Winscousin, un progressista convinto, e oltre a cercare di limitare l'immigrazione assegnava un ruolo decisivo alla lotta per contrastare la sovrappopolazione nord-americana e mondiale al fine di salvaguardare l'integrità ambientale. Ma dopo gli anni 90 il politically correct ha cominciato a dividere gli ambientalisti e ad affermarsi in tutte le culture specialmente in campo politico.Nel 1998 il Direttore del Sierra Club, Carl Pope, ammoniva coloro che chiedevano limiti all'immigrazione da parte del Sierra Club, ad evitare l'argomento che " verrebbe percepito di appoggio a persone con motivazioni razziste". Queste preoccupazioni riguardo al razzismo hanno coinciso con il crescente supporto finanziario da parte di alcuni miliardari ai gruppi ambientalisti più importanti. Un esempio calzante è quello di David Gelbaum, un finanziatore generoso del Sierra Club negli anni 90. Gelbaum, che ha accumulato centinaia di milioni di dollari come investitore di Wall Street, chiarì subito al Sierra Club che lui avrebbe voluto finanziare in modo ingente il Sierra Club ma, come affermò in un articolo pubblicato sul Los Angeles Time: " Io ho detto a Carl Pope (Direttore esecutivo del Sierra Club) che se loro verranno fuori con questa storia dell'Immigrazione e vi si opporranno, non avranno manco un dollaro dal sottoscritto!". Il Sierra Club si è attenuto all'ordine impartito e, come dopo si è appreso, è risultato il beneficiario di oltre 100 milioni di dollari nel corso degli anni 2000 e 2001. Il risultato? Il Sierra Club da allora non accennò più al fenomeno immigrazione o alla sovrappopolazione e ha invertito i fattori dell'equazione di Ehrlich (I=PAT) puntando soprattutto sul contrasto alla T di innovazione tecnologica e ai consumi, ed evitando del tutto come la peste qualsiasi collegamento tra i temi del degrado ambientale e quelli della crescita della popolazione e immigrazione. Brenda Walker osserva: "lungo la strada per la sua nuova identità, il Sierra Club ha perso molti vecchi membri che erano disgustati dalla tragica devoluzione del Club di John Muir nell'ortodossia della sinistra più ciavattara". Tuttavia il gruppo ha -in cambio- acquisito nuovi piacevoli associati come MoveOn.Org, il SPLC, La Raza e...George Soros il multimiliardario. Quindi non vi è più alcuna carenza di soldi alle organizzazioni ambientaliste, anche se il potenziale bacino di appartenenza è notevolmente diminuito. Una illustrazione puntuale delle priorità odierne del Sierra Club si può trovare nelle dichiarazioni degli otto candidati al Consiglio di Amministrazione del Club nelle elezioni del 2011. Non c'è una sola menzione del problema della sovrappopolazione, né si accenna al fatto che proprio quell'anno il mondo avrebbe raggiunto i sette miliardi di umani. Il movimento ambientalista è stato infiltrato e dirottato nei suoi obiettivi da gente che aveva visto fallire le proprie idee e si era subitaneamente convertita all'ambientalismo come ancora di salvezza per poter ancora contare qualcosa: vedovi dell'ideologia marxista, ex hippies, femministe, apologeti dei diritti umani "over all", crociati del terzomondismo e accademici con l'erre moscia che amano passeggiare agiatamente nei parchi di alberghi costosi durante le loro abituali conferenze con altri colleghi dediti al jet set. Tutti questi falsi ambientalisti hanno avuto la faccia tosta di accusare chi difende l'ambiente dalla conseguenze della sovrappopolazione e della eccessiva pressione antropica sulle risorse del pianeta, di deviare dagli obiettivi solidali e democratici del movimento per associarli a movimenti dell'ultra destra a cui i veri ambientalisti sono stati sempre estranei.Spregevole è stato il loro uso del Southern Poverty Law Center per accusare molti seri ambientalisti preoccupati per la deriva di una Terra di sette miliardi di umani, di essere "razzisti", una tattica oggi spesso usata con grande effetto sui media compiacenti e su una opinione pubblica manovrata dai grandi gruppi. Una persona che è stata oggetto degli attacchi senza remore morali da parte del SPLC è John Tanton. Ascoltandolo, Tanton sembra una persona ragionevole, coerente, scientificamente preparato, moderato, e umanamente preoccupato per il benessere del popolo americano. Ma l'intento di SPLC non è quello di confrontarsi con Tanton e impegnarsi in un dibattito aperto e basato sui dati obiettivi: al contrario vogliono mettere a tacere le sue opinioni e criminalizzare qualsiasi diversità intellettuale riguardo ai temi della sovrappopolazione e delle immigrazioni incontrollate. Prima del cambio improvviso di strategia, il Sierra Club e altri importanti movimenti ambientalisti comprendevano tra i propri membri sia conservatori che progressisti. Con la cacciata dei "populationists" questi movimenti sono divenuti finte organizzazioni ambientaliste e hanno avuto campo libero per affermare la loro ideologia basata sui diritti assoluti di Homo. Con nessuna importante organizzazione che li appoggia, gli ambientalisti sinceri hanno dovuto rinunciare alla loro battaglia per una giusta interpretazione della formula I=PAT, mentre il Sierra Club si dedicava ad un'idea falsa e ingenua della sostenibilità. L'emarginazione di questi ambientalisti che la pensano diversamente dalla "maggioranza" è stata feroce e gli è stato persino impedito il finanziamento di nuovi studi e la pubblicazione di libri su argomenti tabù come la sovrappopolazione. Al contrario il Sierra Club e i suoi cloni sono pesantemente finanziati da capitalisti ben orientati sul politically correct. Certo, gli ambientalisti coscienti del vero pericolo costituito dall'esplosione demografica umana hanno fatto i loro errori. Ad esempio non hanno posto a brutto muso ai falsi ambientalisti le domande che forse andavano poste: "Cosa deve fare il Sierra Club e cosa deve dire -o non dire- per ottenere tutto questo denaro?". Oppure: "Che cosa si aspettano le grandi aziende da loro?" E, "Perché la leadership del Sierra Club e la Fondazione Suzuki e altri della loro specie tengono ben nascoste le fonti da cui ricevono le loro donazioni e perché non pubblicizzano i loro bilanci?".

sabato 16 agosto 2014

in difesa dell'Orsa Daniza

Un esemplare di Homo ( sette miliardi e mezzo di esemplari) va a raccogliere funghi nei boschi e viene aggredito con un paio di zampate da un'orsa (poche migliaia di esemplari) che lo lascia leggermente ferito. Mamma orsa aveva con se due piccoli. E' evidente che l'antropizzazione spinta del territorio fa sentire in pericolo questi animali che tendono -giustamente visto il rischio d'estinzione- a proteggere i piccoli da chi fino ad oggi li ha braccati e assassinati senza pietà.
TRENTO - Un'orsa ha aggredito un cercatore di funghi, stamattina, nei boschi di Pinzolo, in Trentino, ferendolo in maniera non grave. L'uomo è riuscito a chiamare i soccorsi ed è stato ricoverato in ospedale a Tione. Il cercatore di funghi, Gabriele Maturi, 38 anni, mentre camminava nel bosco si è imbattuto in una femmina di orsa che aveva dietro di sè due cuccioli. Secondo il suo racconto, avvistata la famigliola, lui si sarebbe nascosto dietro un albero per osservare la cucciolata. L'orsa, però, avvertendone la presenza e fiutando un pericolo che inizialmente non vedeva, si sarebbe avventata contro di lui, colpendolo prima con due zampate, una alla schiena e l'altra al ginocchio, e mordendolo infine a uno scarpone. L'esemplare, ha riferito il cercatore di funghi, era munito di radio-collare. Le guardie forestali l'hanno indentificata nell'esemplare registrato col nome di Daniza, femmina di circa 18 anni che era stata introdotta in Trentino nel 2000. La squadra specializzata dei forestali ha iniziato quasi subito le operazioni per localizzarla. Secondo il protocollo in vigore, l'aggressione impone che l'animale sia catturato: la Provincia autonoma di Trento sta per emettere un'apposita ordinanza e il presidente della Provincia, Ugo Rossi, ha informato il ministro all'Ambiente dell'accaduto. Se l'operazione risultasse problematica, è prevista anche l'ipotesi dell'abbattimento dell'animale. Sul posto è andato l'assessore all'Agricoltura, Michele Dallapiccola, per sincerarsi delle condizioni dell'uomo (all'ospedale era già presente il dirigente generale Romano Masè) e per seguire l'andamento delle operazioni. Il piano per la cattura è stato avviato dopo un vertice al quale hanno partecipato anche il sindaco di Pinzolo, agenti forestali, forze dell'ordine ed i rappresentanti del Parco Adamello Brenta. (Dal sito di Repubblica)
Tanto spreco di risorse di funzionari e di forze dell'ordine non per combattere delinquenti, mafiosi o speculatori edilizi ma per occuparsi del gran pericolo costituito dalla presenza di pochi esemplari di orso in un territorio che per qualche milioni di anni li ha ospitati e che ora li vede minacciati dall'antropizzazione totale della terra. In uno stato degno di questo nome e rispettoso dell'ambiente naturale si sarebbe dovuto sanzionare l'esemplare di Homo, non dico con il carcere (come sarebbe giusto, almeno per i bracconieri) ma almeno con una fortissima multa, per aver invaso un territorio che dovrebbe vedere protetta come un bene raro la presenza di qualche orso, e non le attività ludiche e inutili degli esemplari di Homo. Ma è incredibilmente idiota addirittura ipotizzare l'abbattimento dell'orsa (animale ormai raro e in via di estinzione)per proteggere la stupidità della scimmia arrogante che sta devastando il pianeta.

sabato 9 agosto 2014

Rapporto del WWF sulla cementificazione in Italia



Il Rapporto del Wwf sulla cementificazione delle coste italiane (2014).

UNA delle più grandi ricchezze dell'Italia è il mare. Oltre 8mila chilometri di coste che andrebbero tutelati, valorizzati e preservati dall'invadente intervento dell'uomo. E invece dal 1988 ad oggi ben 312 "macro attività umane" hanno sottratto suolo naturale lungo le nostre coste: villaggi, residence, centri commerciali, porti, autostrade, dighe e barriere hanno alterato il profilo e il paesaggio del nostro paese facendo perdere biodiversità e patrimonio naturale. 

E' questo quanto emerge dall'ultimo dossier del Wwf “Cemento coast-to coast: 25 anni di natura cancellata dalle più pregiate coste italiane”, uno studio che analizza l’evoluzione della situazione delle regioni costiere, mettendo a confronto i dati di oggi con quelli di 25 anni fa, con il supporto di immagini tratte da Google Earth. Il quadro d’insieme è una vera e propria "trasformazione metropolitana" delle coste italiane che, pur conservando angoli suggestivi e incontaminati, hanno subito in questi anni una urbanizzazione molto intensa cancellando angoli di natura del Belpaese. 
I dati parlano chiaro: ben il 10 % delle coste italiane sono artificiali e alterate dalla presenza di infrastrutture pesanti come porti, strutture edilizie, commerciali ed industriali che rispecchiano l’intensa urbanizzazione di questi territori in continuo aumento e dove si concentra il 30% della popolazione. Le più colpite Sicilia e Sardegna, con 95 e 91 casi rispettivamente di nuove aree costiere invase da cemento, ma a segnare un record negativo è la costa adriatica dove meno del 30% del waterfront è libero da urbanizzazioni. Il tutto documentato da una serie di foto che illustrano i casi più eclatanti regione per regione. 
L'intricata giungla normativa non aiuta a preservare le nostre coste: la gestione è "condivisa" a diversi livelli (Stato, Regioni, Enti locali), un disordine normativo che rende impossibile capire chi davvero abbia il compito di intervenire a tutela dell'ambiente costiero. 
La 'ricetta' del Wwf è semplice: innanzitutto "garantire il rispetto delle normative e adottare politiche fiscali incentivanti sui comuni per la conservazione di ciò che resta ancora ‘libero’ da cemento lungo le coste" e poi una moratoria che blocchi nuove costruzioni e che l'associazione ambientalista chiede con forza a Governo, Regioni e Comuni. Infine il Wwf ritiene necessario estendere i vincoli paesaggistici di tutela dai 300 metri ai 1000 metri di battigia.

“Si pensa che lo scempio delle coste sia legato al passato, agli anni del boom delle seconde case e della grande speculazione edilizia o del raddoppio delle concessioni demaniali del 2000: purtroppo  non è così perché l’invasione del cemento non si è mai fermata", ha affermato Gaetano Benedetto, direttore politiche ambientali del Wwf Italia.

"Solo una visione miope e scellerata può consentire questo scempio" afferma Donatella Bianchi, presidente del Wwf Italia, che aggiunge: "Gestione integrata, uso sostenibile e attento, rinaturalizzazione dovranno essere le parole chiave del futuro, magari investendo in un lavoro di recupero e riqualificazione"
(Dal sito di Repubblica)

Purtroppo al WWF continuano a girare intorno al problema senza affrontare la questione di fondo. Nel rapporto si parla di 25 anni in cui la cementificazione delle coste in Italia è proseguita peggio di prima, nonostante tutti i piani di tutela e tutte le leggi a protezione dell'ambiente. Ma nessuno al Wwf dice la cosa che andrebbe detta, e cioè che in questi 25 anni la popolazione di questo disgraziato paese è passata da 50 milioni a 62 milioni di abitanti. Questa cosa, come sempre quando a parlare sono le associazioni verdi e ambientaliste, NON DEVE essere detta. Eppure è così: nonostante i bassi tassi di natalità, la popolazione italiana è spaventosamente aumentata in 25 anni. Una popolazione che era già sopra rappresentata 25 anni fa rispetto al territorio nazionale. C'era stato il boom demografico del dopoguerra, e che oggi paghiamo in termini di un'alto numero di anziani. E' ovvio che lo spaventoso aumento in atto è in parte collegato alla natalità (che in alcune regioni, specie al sud, si è mantenuta alta) in relazione a tassi di mortalità fortunatamente bassi. Ma il vertiginoso aumento demografico è soprattutto dovuto ai fenomeni immigratori che proprio in questi 25 anni sono esplosi per gli spostamenti di massa di intere popolazioni, basti pensare agli albanesi degli anni 80-90, alla trasmigrazione di una buona parte della popolazione rumena,       ai fenomeni di migrazioni epocali dall'Asia e dall'Africa ( e che aumenteranno secondo tutte le previsioni fino a riguardare decine di milioni di persone nel prossimo futuro). E' evidente che di fronte ad un macrofenomeno di questo tipo, parlare, a proposito delle cause della cementificazione, di legislazione inadeguata, di conflitti di poteri tra regioni comuni e stato, di mancata tutela del paesaggio da parte degli organi di controllo, è chiaramente riduttivo ed inadeguato. Nessun disincentivo fiscale -nonostante quel che dicono al Wwf- potrà contrastare l'ulteriore cementificazione in presenza di una richiesta antropica di nuove case, di nuovi servizi e infrastrutture determinata dall'aumento della densità demografica. In presenza di massicci nuovi fenomeni immigratori come quelli che sono in atto, tutte queste questioni cui accenna il Wwf non risolvono minimamente  ciò che sta alla radice del problema. Quello che è avvenuto, ad esempio, in Germania o in Francia può essere di ammaestramento. Lì la legislazione e il rispetto della legge ha funzionato molto meglio che da noi, ed infatti qualche area verde di particolare valore paesaggistico si è riuscita a salvare. Ma nel complesso la cementificazione delle aree verdi è molto aumentata anche in questi paesi, in cui ormai le aree verdi presentano tutte l'effetto "parco-giochi", sembrano aree riservate per lo svago di turisti e hanno un aspetto maledettamente  artificiale.  In Italia la situazione è sicuramente peggiore perché il fenomeno immigratorio è completamente libero e incontrastato, e le leggi a tutela dei paesaggi non vengono fatte rispettare. Da noi si preferisce tutelare i diritti antropici, i diritti umani a fare tutto quello che si desidera a spese dell'ambiente  di quello che alcuni decenni fa era uno dei paesi naturalisticamente  più belli del mondo. Ciò che sta avvenendo nelle periferie delle città italiane, nelle aree verdi che circondano i centri abitati, nella urbanizzazione spinta delle campagne, delle rive di fiumi e laghi, delle coste marine,  nella costruzione di strade e infrastrutture che riguarda ogni residua area verde del territorio italiano  è sotto gli occhi di tutti noi. Il nuovo rapporto del Wwf finirà, come tutti gli altri, nella pattumiera delle cose inutili perché per l'ennesima volta si preferisce tacere sul fenomeno che è alla radice della cementificazione dell'Italia. 

venerdì 1 agosto 2014

Sovrappopolazione ed Ebola




Oms: "In Africa ebola avanza velocemente, mezzi inadeguati. Rischio catastrofe"

Da “La Repubblica di oggi 01-98-2014. CONAKRY - L'Ebola un pericolo reale, potenzialmente catastrofico. E la comunità internazionale è chiamata a uno sforzo collettivo per arginare il virus. Questo il senso dell'allarme lanciato da Margaret Chan, direttrice dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Perché l'epidemia, ha spiegato, avanza in Africa occidentale più velocemente della mobilitazione attualmente in corso per frenarla. "Gli effettivi del soccorso nazionale e internazionale sono tristemente inadeguati" ha dichiarato Chan nel corso di un summit regionale sulla situazione a Conakry, capitale della Guinea. "Le conseguenze - ha aggiunto - possono essere catastrofiche" ed è alto il rischio di propagazione del virus in altri Paesi. Considerando l'altissima mobilità delle popolazioni africane, regolare o clandestina, nessuno può sentirsi al sicuro.

Perché non esiste ancora un vaccino in grado di proteggere dal flagello. Il National Institute of Health americano, riporta Cnn, a settembre inizierà i primi test sull'uomo di un vaccino su cui sta lavorando da anni in diverse versioni del vaccino. Ma l'emergenza è adesso.
Nel vertice di Conakry, l'Oms e i presidenti dei paesi africani colpiti dall'epidemia di Ebola, Guinea, Sierra Leone e Liberia, annunciano un piano urgente da 100 milioni di dollari, con cui organizzare il dispiegamento di "diverse centinaia" di operatori sanitari al fianco del personale medico già impegnato da mesi contro l'epidemia costata la vita finora a quasi 730 persone, 57 negli ultimi quattro giorni, con oltre 1300 casi accertati dall'inizio dell'anno. Il piano prevede anche un rafforzamento delle misure di prevenzione e di diagnosi e una maggiore cooperazione nei controlli alla frontiera.

Il racconto di quanto sta accadendo è da brividi. La presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, ne ha parlato alla Cnn, descrivendo un Paese nel panico. "Ci sono cadaveri. I liberiani ora sanno che è una cosa seria. Sanno che è una questione di vita o di morte. E ora iniziano a reagire". Ma la situazione è "estremamente grave - sottolinea la presidente liberiana - siamo vicini alla catastrofe". Anche la signora Ellen Johnson Sirleaf sottolinea che la dimensione del problema "non è solo della Liberia, della Sierra Leone o della Guinea. E' un problema internazionale", esprimendo alla Cnn la sua riconoscenza nei riguardi dei medici e degli infermieri che stanno lottando sul campo contro la diffusione della malattia. "Ma serve un ulteriore sostegno", ha concluso.

Assieme al presidente della Sierra Leone, Ernest Bai Koroma, Ellen Johnson Sirleaf ha già fatto sapere che non prenderà parte allo storico primo summit Usa-Africa in programma la prossima settimana a Washington, dove convergeranno una cinquantina di capi di Stato o di governo delle nazioni africane. La Casa Bianca attende la conferma dell'assenza del capo di Stato della Guinea, Alpha Condé. La ragione della defezione è ovviamente l'ebola. Lo rende noto la Casa Bianca, spiegando che la crisi sanitaria non influenzerà il vertice di tre giorni. "Noi certamente comprendiamo la decisione dei leader africani di non partecipare vista la situazione di emergenza nei loro Paesi".

Gli Stati Uniti hanno esortato gli americani a non recarsi in Liberia, Sierra Leone e Guinea, se non "strettamente necessario". Lo stesso avviso è stato emesso dalla Farnesina: dato l'aggravarsi della situazione sanitaria legata all'epidemia di Ebola "si sconsigliano i viaggi non necessari in Liberia e in Sierra Leone". Il Ministero degli Esteri segnala inoltre che in Liberia e in Sierra Leone "non è presente una Rappresentanza diplomatico-consolare italiana e, pertanto, l'Ambasciata d'Italia ad Abidjan (competente per la Sierra Leone) non potrà garantire ai connazionali una piena assistenza consolare".

Nel frattempo, due volontari americani infettati dal virus, il dottor Kent Brantly e la missionaria Nancy Writebol, saranno evacuati dalla Liberia con un volo charter appena partito da Cartersville, in Georgia, riferisce Cnn citando una fonte anonima. Il Daily Mirror dà grande evidenza al gesto eroico di Brantley: il medico americano, 33 anni, padre di due bambini ha rifiutato l'unica dose di un farmaco sperimentale contro la malattia in favore di Nancy Writebol, 60 anni, nonostante le sue condizioni fossero gravi.

Tra gli operatori sanitari impegnati nella lotta all'ebola anche cinque membri di Medici con l'Africa Cuamm, in servizio all'ospedale di Pujehun, Sierra Leone, distretto circondato da zone dove ci sono casi confermati di Ebola (Bone, Bo, Kenema, Liberia) e nuovi casi positivi si sono avuti a Tonkolili, Makene, Porto Loko, Kono e Freetown. Medici con l'Africa Cuamm sta cercando di reperire risorse finanziarie supplementari per mettere in atto gli interventi aggiuntivi richiesti: acquisto di kit per la protezione individuale (occhiali, camici, guanti, stivali, maschere), disinfettanti, schede telefoniche e gasolio per assicurare attività di formazione degli operatori locali, sensibilizzazione per le comunità, supervisioni e monitoraggio della situazione all'interno del distretto, nei confini nazionali e quelli con Liberia e Guinea.

Ma la diffusione del virus ha tante altre ricadute. Un portavoce militare della missione dell'Unione Africana in Somalia ha annunciato la cancellazione dell'arrivo delle truppe dalla Sierra Leone nel Corno d'Africa. La Sierra Leone è una delle cinque nazioni africane che provvedono militarmente alla difesa del governo somalo dalla guerriglia dei militanti di al-Shabab.  (Da La Repubblica).

Stupisce  come al solito che i Soloni dell’OMS gridino sempre alla catastrofe, invochino più mezzi, fanno affluire più personale, il quale poi si infetta in alta percentuale visto che si tratta di uno dei virus più diffusivi e aggressivi che si conoscano; fanno tutto questo i Soloni ma non dicono quello che dovrebbero dire. La prima cosa che dovrebbero dire è infatti che la diffusione di nuove epidemie di Ebola non dipende -se non in minima parte-  dalla mancanza di regole igieniche (l’Ebola se ne ride…) né da inadeguati isolamenti (non esistono scafandri sufficienti per milioni di persone) né da altre misure democratiche e politicamente corrette come i bagni nelle scuole (L’ Ebola diffonde sicuramente per contatto con liquidi biologici,  ma probabilmente anche con le goccioline di flugge presenti in ogni respiro, negli ambienti chiusi e poco areati, per contatto diretto in ogni luogo anche in quelli all'aperto  e i bagni c'entrano relativamente). Quello che l’OMS non dice è che l’epidemia di Ebola è molto legata alla concentrazione di umani, alla densità demografica eccessiva, al conseguente contatto stretto tra umani e specie silvestri e delle savane. Nonché alla coabitazione di molti soggetti in spazi ristretti, ai frequenti contatti con viaggiatori e migranti, allo scambio reciproco di merci e cibo e altri oggetti contaminati, come avviene nelle periferie sovraffollate e sovrappopolate e nelle   bidonville di tante città africane in piena esplosione demografica. Prima le aree silvestri e le savane  –con densità demografiche umane minori- erano separate dalle aree   abitate da zone pressoché desertiche che fungevano da cuscinetto tra gli umani e specie animali selvagge, i contagi tra specie diverse erano più rari con minori effetti perché le epidemie si risolvevano su piccole tribù e gruppi umani meno numerosi. E’ la sovrappopolazione della specie umana in aree che fino ad alcuni decenni fa  avevano una densità demografica assai minore che deriva l’esplosiva diffusione dell’epidemia di Ebola in atto. In presenza di una densità di popolazione inferiore e con popolazioni che vivevano raggruppate in piccoli gruppi sparsi, saltuarie epidemie derivanti per contagio da animali  (specialmente scimmie e  pipistrelli, ma anche altri animali della savana) venivano limitate dall’alta aggressività del virus che rapidamente uccideva i soggetti infetti eliminando al tempo stesso i possibili soggetti diffusori. Per diffondersi su larga scala un virus ha bisogno infatti di un periodo di incubazione sufficientemente lungo e di mantenere in vita alcuni soggetti che diventano portatori sani, anche se temporaneamente (come l’Aids, anch'esso un prodotto dell'eccesso demografico umano). La stessa aggressività del virus Ebola lo circoscrive invece ad aree limitate dove in genere uccide rapidamente tutti i malati compresi i possibili portatori. Ma con l’aumento della densità demografica questo meccanismo di auto-isolamento viene meno: il virus trova un ampio bacino di contagio, città sovrappopolate, sobborghi, gente in rapido spostamento, viaggi in auto, nave, aereo, diffusione di prodotti, stretta coabitazione di popolazioni vaste, e quindi cadono tutti i limiti che valevano in precedenza. Ora sembra che per l’OMS l’unica soluzione siano gli scafandri  e l’isolamento dei malati. Ma fino a quando potrà andare avanti una tale strategia in un mondo che vede milioni di persone trasmigrare in pochi giorni e altre decine di milioni vivere a stretto contatto in suburbi di megalopoli? Tacendo sulla necessità del controllo demografico, dello stop alla deforestazione e cementificazione delle riserve africane,  e del mantenimento di grandi distese di territorio prive di antropizzazione che possano tenere le specie animali nel loro ambiente naturale, le conseguenze non potranno che essere devastanti.  Prepariamoci ad altre ben peggiori epidemie.