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martedì 31 dicembre 2019

Considerazioni sul fallimento della Cop25

Cosa ci dice il fallimento della conferenza internazionale Cop25 sul clima? La grande mistificazione del cosiddetto protocollo di Kyoto e dell'accordo di Parigi, con la conferenza di Madrid sembra essere arrivata al capolinea. La maschera delle buone intenzioni green e' miseramente caduta mostrando il re nudo: i paesi ricchi e poveri hanno fatto, fanno e faranno quello che a loro conviene economicamente e politicamente e del riscaldamento globale se ne fregano e se ne fregheranno ampiamente, alla salute del pianeta, questo in sintesi il risultato della ennesima Cop. Alla conferenza – durata inutilmente una decina di giorni, a Madrid – hanno partecipato i rappresentanti di più di 190 paesi del mondo, che tra le altre cose si erano dati l’obiettivo di trovare una soluzione su uno dei punti più importanti e discussi dell’Accordo di Parigi sul clima: il meccanismo previsto dall’articolo 6, che dovrebbe permettere ai paesi che inquinano meno di “cedere” la loro quota rimanente di gas serra a paesi che inquinano di più, per permettere loro una transizione più facile senza compromettere il raggiungimento degli obiettivi generali. Oltre a non avere concordato nulla sull’articolo 6, la COP25 non ha prodotto niente di vincolante sull’obbligo per i singoli paesi di presentare piani per ridurre ulteriormente le proprie emissioni di gas serra, necessari per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi nel 2015. I motivi del fallimento sono sia contingenti che dovuti a cause di fondo. Quelli contingenti sono essenzialmente due: la contrarieta' di alcuni paesi come Usa, Australia, Brasile, i quali si sono opposti apertamente in quanto reputano le misure proposte troppo costose per le loro economie, e il disinteresse di molti altri paesi che non trovano conveniente intraprendere sacrifici in mancanza di certezze su risultati concreti. Infatti Cina, India e paesi asiatici hanno da sempre predicato bene (si dicono favorevoli agli obiettivi) ma di fatto razzolato male essendo tra i principali emettitori di carbonio al mondo per l'uso massiccio e continuamente in crescita di carbone. La Cina, ad esempio, pur essendo tra i maggiori produttori di tecnologie rinnovabili per la produzione di energia (eolico e solare), ritiene piu conveniente il ricorso al carbone, e sta costruendo ulteriori decine di centrali. In conclusione le emissioni di carbonio sono tornate a crescere (+ 1,6 %)nonostante tutte le dichiarate buone intenzioni, come certificato dall'IPCC (gli scienziati che per conto dell'Onu studiano i cambiamenti climatici e i livelli di carbonio). Le cause di fondo del fallimento sono invece da ricondurre, secondo me, a tre questioni che le Cop da Kyoto a Parigi per arrivare a Madrid non hanno mai affrontato, anzi hanno colpevolmente silenziato. Le riassumo brevemente:
1) La questione demografica
2) L'insufficienza delle rinnovabili a sostituire gli idrocarburi
3) Il tipo di crescita strutturale delle megalopoli
(i tre aspetti, come diro' in seguito, sono collegati tra loro).
E' chiaro che se non si affrontano questi problemi di fondo, nessuna riconversione energetica carbon free avrà' la possibilità' di avere successo e le varie conferenze sul clima saranno una inutile successione di fallimenti. Infatti come dimostrano i dati le emissioni continuano ad aumentare. Vi sono poi aspetti , ad esempio dell'accordo di Parigi, che hanno soltanto valenza ideologica e nessun impatto reale. Mi riferisco al famigerato articolo 6 dell'accordo di Parigi che non e' mai decollato ed e' un esempio di pura demagogia: prevede trasferimenti di denaro ai paesi poveri in cambio di maggiori emissioni dei paesi ricchi. Si tratta di semplici trasferimenti di denaro che danneggiano i paesi sviluppati togliendo risorse alla ricerca e alla tecnologia e non avvantaggiano lo sviluppo dei paesi arretrati essendo risorse non vincolate a progetti specifici.Questi trasferimenti di risorse inoltre non inducono a cambiamenti in grado di influire sulle emissioni: consentono ai paesi sviluppati di emettere carbonio più' di prima e ai paesi arretrati di non fare nulla sul fronte del controllo demografico. I trasferimenti di risorse dai paesi ricchi ai paesi svantaggiati possono essere utili, ma per contribuire realmente alla lotta al cambiamento climatico debbono essere legati alla lotta agli alti tassi di natalità' da parte dei governi e delle classi dirigenti locali. Gli stessi paesi in via di sviluppo considerano questo mercato del carbonio insufficiente in quanto hanno bisogno per le loro popolazioni in forte crescita di industrie ed energia e i costi di quella da rinnovabili sono per loro insostenibili.
Veniamo alle singole questioni di fondo.
LA QUESTIONE DEMOGRAFICA
Come fa notare il rapporto WEO (World Energy Outlook) del 2018 ogni anno, in seguito alla crescita demografica mondiale, si aggiungono 90 milioni di potenziali consumatori agli oltre 7 miliardi e mezzo di emettitori di gas serra. Inoltre, poiché' tra i principali obiettivi delle Cop vi sono (articolo 2 dell'accordo di Parigi)"gli sforzi tesi a sradicare la povertà' su una base di equita' e nel contesto dello sviluppo sostenibile", fino a prova contraria sradicare la povertà significa aumentare i consumi e con essi l’uso di energia. A meno che gli esperti dell'Onu abbiano qualche bacchetta magica come la fata Turchina che consenta di aumentare il benessere senza aumentare i consumi. Si legge, nel medesimo rapporto WEO un paragrafo dal titolo: “Il fabbisogno energetico mondiale continua a crescere, ma milioni di persone non hanno ancora accesso all’energia” (secondo alcune statistiche più' della meta' della popolazione africana -ad esempio- non ha accesso, o ha solo un accesso parziale, all'energia elettrica). In tale paragrafo si precisa che nel 2016 a 1,2 miliardi di persone non arrivava l’elettricità e che tale numero si auspica possa scendere a 500 milioni nel 2040 grazie a massicci interventi di aumento della produzione di energia. Si stima, nel rapporto, che le popolazioni africane in seguito allo sviluppo dell'agricoltura e dell'industria aumenteranno di molto le richieste e che solo per combattere il caldo necessiteranno di milioni di condizionatori. La crescita attesa della popolazione nelle regioni più calde dell’Africa implica che, "entro il 2040, quasi mezzo miliardo di persone in più potrebbe aver bisogno di sistemi di condizionamento dell’aria o di altri servizi per il raffreddamento degli ambienti.” Ma non solo l'Africa: " Al 2040 la domanda di elettricità per l’utilizzo di condizionatori in Cina superera' l’attuale consumo elettrico del Giappone”. In seguito alla continua inarrestabile crescita della popolazione (basti pensare anche all'India) ci sarà' bisogno di molta energia a basso prezzo. La diffusione mondiale dell'agricoltura intensiva necessitera' di forti approvvigionamenti di energia e l'uso estensivo della chimica.Le industrie nascenti in molti paesi africani o asiatici avranno bisogno di materiali, tecnologie ed energia facilmente disponibile e a prezzi bassi. Purtroppo l'energia più' economica, nonostante tutte le precedenti stime ottimistiche, continueranno ad essere i combustibili fossili: “Con gli Stati Uniti che rappresentano l’80% dell’aumento della produzione petrolifera mondiale da qui al 2025 e che mantengono una pressione al ribasso sui prezzi nel breve termine, il mondo non è ancora pronto per dire addio all’era del petrolio.” (rapporto WEO 2018). Gli USA con l’invenzione del fracking hanno trovato il modo di succhiare al pianeta anche le più recondite riserve di petrolio e di gas, in modo da protrarre il più a lungo possibile l’agonia della biosfera. Ma finche' ci saranno paesi in sviluppo con tassi di natalità' elevati ci sarà' sempre bisogno di energia a basso costo (le rinnovabili hanno tuttora una produzione di energia a costi insostenibili per i paesi emergenti con alta crescita demografica). L’Outlook del 2017 ci informa inoltre che “il parco automobili mondiale raddoppia da qui al 2040, raggiungendo i 2 miliardi di veicoli”, e le popolazioni dei paesi in sviluppo chiedono sempre più' auto per la propria mobilita'. Faccio presente che l'auto elettrica non e' una risposta al problema visto che, secondo statistiche ufficiali, l'80% dell'energia elettrica viene tuttora prodotta da centrali a carbone. Conclude il rapporto WEO: “i redditi crescenti e l’incremento della popolazione mondiale di 1,7 miliardi di persone, le quali si insedieranno principalmente nelle aree urbane delle economie in via di sviluppo, determinano un aumento della domanda energetica mondiale di oltre un quarto da qui al 2040.” Un epitaffio sulla lapide delle speranze degli ecologisti della decrescita felice, che credono che basti bloccare lo sviluppo industriale e la produzione in occidente per arrestare l'aumento della polluzione di carbonio e il global warming.
L'INSUFFICIENZA DELLE RINNOVABILI
Come dimostrano le scelte energetiche di Cina ed India basate su carbone, gas e petrolio -oltre al nucleare- le rinnovabili non riescono ancora a produrre energia nella quantità' necessaria e a costi convenienti. Il fatto che la Cina sia il massimo produttore mondiale di pannelli solari ed eolico, non ha indotto il gigante asiatico ad adottare su larga scala le rinnovabili (in gran parte destinate all'esportazione). Affidabilità', quantità' tuttora bassa della produzione energetica e costi elevati sono le cause delle scelte del governo cinese. Riguardo alla svolta green della Germania il rapporto del WEO e' molto chiaro: “L’eolico e il solare tedesco costano il triplo del nucleare francese e dureranno la metà del tempo". Anche qui l'impostazione ideologica pro-rinnovabili dei principali movimenti verdi non fa vedere la realtà'. La produzione di energia da fonti rinnovabili non e' sufficiente e a costi compatibili ad assicurare lo sviluppo e la sussistenza delle nuove economie dei paesi che stanno uscendo dall'arretratezza e dalla poverta', in presenza di una popolazione in continua crescita e con richieste di consumi e benessere crescenti. La transizione energetica da fonti fossili a fonti rinnovabili non potrà' che essere lenta e supportata da una vigorosa politica (e qui stiamo tutti a vedere quello che faranno i sapientoni dell'Onu...) di controllo delle nascite e di rientro demografico, senza il quale nessuna svolta carbon free sarà' possibile. Cruciale sarà', a mio modo di vedere, un supporto transitorio del nucleare sicuro, fino alla disponibilità' delle centrali a fusione, di cui pero' allo stato non e' possibile prevedere i tempi di realizzazione e la fattibilità'. Che le rinnovabili non servano attualmente a rimpiazzare l'energia necessaria ce lo indicano i prezzi del petrolio ancora sostenuti (110 dollari a barile) e stabili ed anzi in lenta crescita. La produzione infatti ha raggiunto da qualche anno un plateau nonostante il fracking, e i prezzi ne risentono. Le compagnie sono alla continua frenetica ricerca di nuovi giacimenti. La richiesta mondiale e' in continua e forte crescita e alcuni politologi parlano di future guerre per le risorse. L'attivismo militare della Turchia di questi giorni volto ad avere il controllo delle piattaforme del mediterraneo orientale e dei giacimenti libici, oppure i movimenti delle flotte iraniana, americana e russa nel golfo persico per assicurarsi il controllo delle rotte del petrolio sono un esempio e un preoccupante preludio di quello che ci aspetta. Il ruolo delle rinnovabili, e' evidente, non sembra incidere significativamente sulla richiesta e sui consumi sempre crescenti di petrolio e gas.
LE MEGALOPOLI
La crescita della popolazione si e' strutturata ormai da alcuni decenni sulle megalopoli. La crescita di queste enormi concentrazioni umane e' strutturale, basata su motivi economici e di ottimizzazione tecnologica, ed e' divenuta funzionalmente autonoma. La megalopoli e' un organismo che alimenta se stesso,con la continua espansione delle infrastrutture, del tessuto industriale, dei centri commerciali, dei servizi, delle funzionalita' volte ad assicurare e implementare la convivenza in spazi controllati di milioni di persone. Insieme ad una vita accettabile, regolamentata secondo ritmi stabiliti e facilitata da strutture tecnologiche di servizio per grandi masse concentrate, la megalopoli organizzata su modelli ormai uniformi su scala planetaria produce, anche in presenza di aspetti caotici e sregolati come le periferie degradate e le bidonville, i suoi modelli volti ad ottimizzare la produzione e il consumo di massa globalizzato. La pubblicità', le mode e le realtà' virtuali sono tutti aspetti finalizzati ad un forte aumento di consumi , di cui la produzione e lo scarto costituiscono fattori accessori. Non e' un caso che la produzione può essere indifferentemente spostata in luoghi diversi del pianeta rispetto al luogo di fruizione. E neppure è un caso che l'aspetto più evidente delle megalopoli moderne è l'enorme massa di rifiuti la cui collocazione e rimane un problema di difficile soluzione in molte realtà' megapolitane. Queste tecnostrutture umane finiscono così con il crescere circondate dalle proprie deiezioni. La megalopoli, per offerte economiche, di lavoro, e disponibilità' di servizi funziona come un attrattore sulla crescita umana, ed e' alla base delle migrazioni interne ed internazionali. Così masse di individui si spostano verso le opportunità offerte dalla grande città e l'organismo megapolitano cresce in maniera inarrestabile consumando territorio, cementificando, emanando tossici, inquinando con polluzioni chimiche aria, acque e suoli. Con il concetto di megalopoli si allude non solo alle grandi città', ma anche a quei concentrati urbani che vedono di fatto l'unione di città' medie disposte a distanze brevi, come avviene in Italia o in Germania. La stessa campagna con molte costruzioni e ad alta densità'antropica puo' rientrare in questo tessuto megapolitano. Il mostro cresce con propaggini tentacolari annientando paesaggi, verde , distruggendo boschi, fonti, ruscelli, tutto ricoprendo con la patina grigia del cemento. La megalopoli diviene un attrattore anche per motivi culturali: la vita nelle grandi città' moderne e' un modo di vivere, anzi "il modo di vivere", l'unico concepibile per miliardi di persone, con una straordinaria potenza uniformante sui costumi, sulla cultura, sui consumi, sulla occupazione del tempo, sull'immaginario collettivo. E' il modello che assicura la massimizzazione di produzione e consumi, il mercato e la produzione di massa, la globalizzazione dell'economia, delle imprese e dei poteri finanziari. C'e' un legame strutturale tra imprese multinazionali, la finanza internazionale e il mercato globale con le megalopoli del pianeta. Non c'e' globalizzazione senza megalopoli. Questi organismi di cui le persone divengono strumenti, sono intrinsecamente conformati per crescere e somigliano ad enormi buchi neri che assorbono energia e la richiedono in modo continuo e crescente. La concentrazione delle strutture edilizie, commerciali, produttive, di mobilita', assorbe energia con voracità'e con la propria espansione espande la richiesta. Accenno soltanto in questa sede al tema di quanto la civiltà' delle megalopoli e la conseguente produzione di massa influiscano sull'aspetto politico contemporaneo della crisi delle democrazie liberali e l'estendersi del modello dello Stato autoritario. Pensiamo ad esempio a quanto la brutale repressione di Hong Kong e' passata senza che l'Occidente abbia accennato ad una reazione ma nel silenzio quasi assoluto, tanto e' il timore che le imprese europee ed americane con i loro milioni di occupati perdano l'accesso al mercato cinese. La dimensione stessa delle economie ne fanno, al tempo delle megalopoli, armi geopolitiche, attribuendo allo Stato un ruolo interventista su settori strategici della produzione e a favore di uno sfacciato protezionismo. Si richiedono quindi governi forti che impongono protezionismi e mantengano il controllo delle tecnologie e delle loro trasformazioni e guidino i processi che influenzano i mercati. Non solo la Cina, ma persino gli Stati Uniti, con la vittoria di Trump (o il Brasile di Bolsonaro o, per certi aspetti l'India) sono esempi di questa deriva autoritaria. Sperare in un depotenziamento delle megalopoli nello strutturare la crescita umana, tornando a modelli pre-industriali o peggio tipici di società' a bassi consumi come quella contadina-agreste e a basse richieste energetiche (per cui siano sufficienti le produzioni da rinnovabili), e' una pia illusione cui solo cappuccetto-rosso Greta o i verdi delle fate turchine possono indursi a credere. Il mondo non e' naif come pensano Latouche e gli ecologisti della decrescita, tutt'altro, e forse un viaggio in Cina -dove vive un quinto della popolazione mondiale- o nella Russia di Putin alla continua ricerca di nuovi giacimenti , o anche nelle bidonville africane in piena crescita demografica, potrebbe chiarire loro le idee sul tipo di mondo che si avvia al cambiamento climatico nonostante le riunioni infruttuose e inutili delle Cop. Quando vedo personaggi di cultura come scienziati o politici di un certo livello ipotizzare soluzioni che richiamano al passato preindustriale o presuppongono un mondo arcadico che funzioni con i pannelli solari, e allo stesso tempo tacere sul problema demografico come fosse un tabù' impronunciabile, perdo ogni speranza che si possa fare ancora qualcosa per la salvezza di questo pianeta.
Le conferenze sul clima, gestite dall'Onu, e da ambientalisti che non hanno affrontato il tema centrale alla base del collasso ambientale, quello della eccessiva crescita della popolazione umana sulla terra, e interessati solo alla affermazione ideologica di un antioccidentalismo di moda, non hanno portato così' a soluzioni concrete e sono miseramente fallite. Senza una lotta a fondo contro la eccessiva natalità' della specie Homo non ci sarà' alcuna possibilità' di fermare il riscaldamento climatico e le polluzioni di carbonio, ne' sarà' possibile ridurre l'inquinamento ambientale.

domenica 8 dicembre 2019

L'Europa: finanza e culle piene

Gli organismi internazionali Fmi, Commissione Ue, Ocse e i vari burocrati del potere finanziario europeo e internazionale esprimono i dubbi sul futuro del nostro paese. Questi dubbi, che condizionano negativamente i giudizi delle società' di rating e dei mercati , con le note conseguenze sullo spread, si basano su criteri elaborati dal Working Group on Ageing (Wga), di cui si avvale l'Unione Europea per formulare le raccomandazioni ai singoli paesi. Il Wga ha sul nostro paese una visione negativa di fondo: produttività', crescita e occupazione sono stimate al di sotto delle medie europee perche' subiamo tutti gli effetti negativi dell'invecchiamento e l'arresto delle curve di crescita demografica. Cio' fa capire in modo chiaro che cosa i burocrati europei auspicano per l'Italia e il continente europeo: una crescita continua basata principalmente sulla crescita demografica, cioè'l'aumento continuo dei consumatori e dei produttori che assicurino una crescita economica basata sulle curve in salita di produzione e vendite. Talmente gli organi di Bruxells vedono le soluzioni su sviluppo e mercato del lavoro legate alla demografia, che apertamente chiedono l'inversione delle politiche demografiche con incentivi alle nascite e proposte che portino all'aumento della densità' demografica su aree già' densamente popolate come quelle della nostra penisola o del continente europeo. Per chiarire meglio la loro visione pongono poi la solita domanda: con queste poche nascite in Italia la spesa pensionistica sarà' sostenibile in futuro?
Veniamo ai singoli punti del documento della Wga a margine del bilancio italiano. Sulla base delle previsioni dell'Istat, la Ue e gli organismi internazionali ci penalizzano nei giudizi per la riduzione della popolazione, che dagli attuali 60,5 milioni scenderà' nel 2045 a 59 milioni (sic) a causa del basso tasso di fecondità' (che pure aumenta da 1,34 a 1,53 figli per donna - soprattutto per i tassi di fecondità' dei figli degli immigrati). Ma, e qui si viene al succo della visione che gli euroburocrati hanno del futuro dell'Italia e del continente, dicono i documenti Wga, la causa principale del giudizio negativo e' la riduzione della immigrazione da 340 mila ingressi netti l'anno (2014) a 191 mila (2017) e anche molti meno negli anni successivi, fino alle poche decine di migliaia dell'anno scorso. Questa, dicono alla Ue, e' la vera disgrazia dell'Italia che si ritrova così' con una popolazione in decrescita (anche se lentissima) e in progressivo invecchiamento e manca la sostituzione della popolazione invecchiata da parte di nuove generazioni straniere. E si sa che i vecchi spendono meno, acquistano meno, viaggiano meno, insomma consumano meno di una popolazione più' giovane e con numerosi figli.I vecchi inoltre non lavorano e non fanno massa di lavoro, e quindi non contribuiscono a ridurre il costo della mano d'opera. Tutto questo, ricordo, viene pubblicato e affermato dai poteri finanziari e burocratici europei proprio mentre a Madrid si discute alla Cop 25 di come ridurre i consumi impattanti sulle emissioni di carbonio per fermare il riscaldamento climatico. Una contraddizione in termini, una assurda aporia che fa cadere la maschera verde dei cosiddetti ecologisti europei che sarebbe meglio rinominare ego-logisti. Ecco allora che le grandi menti green dell'Ue propongono adeguate politiche familiari e di conciliazione vita-lavoro allo scopo di favorire nei prossimi anni l'aumento della natalità' con riflessi positivi di cui potremo godere nel 2045-50 (se il pianeta ancora esisterà' o non sarà' invece ridotto, come Venere, ad una palla circondata da gas incandescente). Ma le proposte degli euroburocrati non si fermano qui: si potrebbe incentivare l'arrivo e la regolarizzazione di milioni di immigrati per riportare le curve demografiche e la produzione in crescita. Per la sola Italia si potrebbero, ad esempio, regolarizzare 500 mila immigrati che sono attualmente irregolari favorendo magari quelli che già' lavorano. Di colpo aumenteremmo il tasso di occupazione e la popolazione, diminuiremmo l'eta' media italiana e migliorerebbe il rapporto attivi-pensionati. Ma non basta, si auspicano bandi di apertura delle frontiere a migliaia di potenziali lavoratori stranieri ( quali lavoratori se in Italia già' non c'e' lavoro?) auspicando l'arrivo di specialisti: di fatto e' arcinoto a tutti che i barconi in arrivo abbondano di tecnici specializzati.
Quello che in conclusione si deve notare e' che manca in Europa una vera cultura ecologista, che guardi alla riduzione della pressione antropica sul territorio e sull'ambiente naturale come unica strada verso il contenimento del riscaldamento del clima e del disastro ambientale. Quello che e' una benedizione, la riduzione della crescita demografica, viene visto come un ostacolo allo sviluppo e al Pil, alla faccia della riduzione delle emissioni di carbonio e della salvezza planetaria. Proliferano invece gli ego-elogisti che puntano ai profitti della grande finanza e delle banche e alle vendite di massa delle imprese capaci di resistere ai mercati globalizzati. Magari dietro la retorica delle rinnovabili, delle Cop e delle Grete di turno.

domenica 27 ottobre 2019

Alle origini del pensiero ambientalista: Hans Jonas

Il nuovo pensiero ecologista ebbe le sue premesse in Europa nella prima metà del 900. Fu poi ripreso in America dai primi ambientalisti i quali avevano denunciato l'enorme crescita della popolazione umana e il pericolo che l'esplosione demografica dell'uomo costituiva per l'ambiente e le altre specie viventi. Poi era avvenuto un profondo rivolgimento dell'ambientalismo, caduto in mano ad ideologhi interessati più al discorso politico anti-occidentale che ad individuare le vere cause del collasso ambientale. Da anti-antropocentrico l'ambientalismo divenne cosi, prima in Europa e poi in America, centrato sull'uomo tornato ad essere ancora padrone assoluto del mondo attraverso soprattutto la metafisica dei diritti (di cui i cosiddetti ecologisti attuali ritengono depositari solo gli appartenenti alla specie Homo sapiens sapiens). Contro la degenerazione del pensiero verde attuale, ridotto a terzomondismo e anti-occidentalismo, ritengo necessario tornare alle origini, alle basi del pensiero ecologista messe in Europa dai grandi pensatori che avevano individuato per primi la deriva nichilista cui era destinato l'uomo abbandonato allo strapotere della tecnica. Questi intellettuali, non solo filosofi ma anche scienziati tra cui fisici e biologi (come il grande etologo Lorenz), crearono le premesse teoriche per un pensiero anti-antropocentrico e in favore di una nuova responsabilità dell'uomo verso la natura e le altre specie. A queste premesse seguirono nel Nord America le denunce sull'eccessiva crescita umana di P. Ehrlich, Lester Brown, R. Carson e tanti altri. Fondamentale per la comprensione del problema furono testi come "The population bomb" dello stesso Ehrlich o "I limiti dello sviluppo" di D.H. Meadows, D.L. Meadows ed altri, che mostravano l'insostenibilità del modello corrente di crescita della popolazione mondiale e della conseguente crescita economica. Solo tornando alle origini è possibile togliere tutte le falsificazioni e le deviazioni verso bassi scopi politici o ideologici che hanno corroso il pensiero ambientalista come un cancro, fino a rendere il movimento dei verdi uno dei più antropocentrici e menefreghisti verso le altre specie viventi e la natura del panorama ideologico contemporaneo.
I diritti umani, elevati a valore assoluto contro la natura e le altre specie, sono divenuti il nuovo idolo dei verdi, e l'uomo e i suoi interessi è tornato così ad essere al centro dell'azione politica dei cosiddetti ambientalisti mainstream. Quello che stanno facendo i verdi sul suolo europeo è quanto di più esplicitamente anti-natura che si possa vedere. In nome di una priorità assoluta verso i diritti dell'uomo, vengono ogni giorno appoggiate dai verdi politiche pro-nataliste o a favore di una immigrazione incontrollata, contribuendo quindi a quanto è connesso a tali impostazioni politiche che incrementano l'antropizzazione del territorio: cementificazione, espansione delle megalopoli, espansione della produzione e scambio di merci, consumo di suolo per infrastrutture, edifici, centri commerciali, produzioni, trasporti, espansione dei consumi compresi quelli energetici (mobilità, riscaldamento, refrigerazioni ecc.). Le ultime aree verdi del territorio europeo vengono così rapidamente consumate, giorno dopo giorno, oppure intossicate con residui chimici, derivati tossici, pesticidi, inquinanti dell'aria, del suolo e delle acque. Per assicurare la produzione di cibo necessaria a tanta popolazione vengono usate ogni giorno migliaia di tonnellate di fertilizzanti, pesticidi, prodotti chimici di sintesi altamente inquinanti. A maggior beffa, le tanto sbandierate rinnovabili stanno contribuendo ad osceni stravolgimenti dei territori naturali, con sconfinate distese di pannelli solari che ricoprono superfici altrimenti utili per l'agricoltura o il verde naturale, con imponenti e fitte torri eoliche fonti di inquinamento acustico e alterazione ambientale con distruzione di specie avicole e disturbo per piante e d animali.Senza contare l'irreparabile perdita di paesaggio naturale che simili strutture comportano, con produzioni di energia che per quantità ed alti costi sono in proporzioni non paragonabili al danno che comportano. Così dietro nomi altisonanti come economia sostenibile ed energie rinnovabili si nascondono deturpazioni spesso irreversibili del paesaggio e del territorio naturale in vaste aree del continente europeo. Per non parlare delle discariche, dell'inquinamento da rifiuti plastici, e tutti i vari prodotti delle attività umane di una popolazione europea in continua inarrestabile crescita. Le modifiche dei consumi, delle produzioni, e una diversa utilizzazione dell'energia è certamente necessaria, ma se non è combinata ad una riduzione sostanziale della crescita demografica di Homo si riduce tutto a slogan poco incisivi sulla salvezza del pianeta.
Per questi motivi bisogna tornare all' origine.
Tra i primi filosofi a denunciare il problema ambientale e l'azione devastante dell'uomo, spicca la figura ed il pensiero di Hans Jonas. Il pensatore tedesco (essendo ebreo fu costretto dal nazismo ad emigrare negli Stati Uniti) fu tra i primi a denunciare l'uso distorto della tecnologia, la quale ampliava in maniera quasi illimitata il potere dell'uomo, senza che a questo aumento di potere seguisse una altrettanto radicale modifica della visione antropocentrica e dell'egoismo di specie. Egli pose per primo il problema che l'enorme crescita della nostra specie avvenuta negli ultimi decenni, sull'onda delle scoperte scientifiche e sull'industrializzazione di fine ottocento e primi del novecento, imponeva a tutti gli uomini un nuovo paradigma etico, da lui chiamato: principio responsabilità. Per definirlo poneva a modello l'archetipo di ogni responsabilità nella specie umana: quella dei genitori verso il figlio appena nato. L'esortazione morale ai genitori proviene dal respiro steso del neonato, dice Jonas, che richiama alla vita e all'ambiente adatto a sostenerla. L'atto di porre al mondo un figlio, nell'epoca della tecnica, non è un fatto da prendere con leggerezza o pensando solo al bene individuale e di famiglia. E' un atto che riguarda anche il mondo intorno a noi, le altre specie viventi, tutta la natura che ci circonda e ci sostiene nella vita, rendendola degna di essere vissuta. La responsabilità quindi si configura non come diritto del soggetto (siano esso i genitori o il neonato), ma come un dovere verso l'oggetto. La volontà potenzialmente infinita del soggetto è quanto di disastroso ha generato la nostra civiltà contemporanea dei diritti assoluti di Homo. Per oggetto si intende qui, in senso ontologico, tutto ciò che è esterno all'io cosciente e volente: la natura e la realtà che si manifesta davanti alla nostra coscienza individuale. Oggetto da difendere è la vita naturale del neonato, la possibilità per lui di svilupparsi in un ambiente che lo accoglie e lo sostenta secondo le sue proprie potenzialità, assicurandogli una esistenza in simbiosi con tutte le altre specie e l'ambiente che lo accoglie. Ambiente che chiede rispetto e non deve essere stravolto o considerato un magazzino o peggio uno spazio a disposizione delle volontà illimitate del nuovo soggetto consumatore. E' nostro compito avere cura dell'ambiente per conservarlo inalterato ai nostri discendenti, e conservare la natura è un bene non solo per essa ma anche per la nostra stessa esistenza. Una vera rivoluzione che pone al centro ambiente e natura e che vede al primo posto il contenimento demografico di Homo. Rispetta la natura, se vuoi vivere! E' il nuovo imperativo categorico che deve riguardare tutti noi, unico modo per restare umani.
Riporto il seguente brano del libro di Jonas, che espone brevemente il tema del successo biologico della nostra specie, ossia l'esplosione demografica di Homo.
"Il successo economico, a lungo considerato isolatamente, significava incremento per quantità e genere della produzione pro capite, diminuzione dell'impiego di lavoro umano e crescente aumento del benessere di molti, anzi persino aumento involontario del consumo globale del sistema e quindi enorme aumento del ricambio del corpo sociale complessivo con l'ambiente naturale. Già questo da solo implicava i rischi di esaurimento (supersfruttamento) delle risorse naturali limitate (si prescinde qui dai pericoli di corruzione interna). Ma tali rischi vengono potenziati ed accelerati dal successo biologico, in un primo tempo scarsamente visibile: l'aumento numerico di questo corpo collettivo soggetto del ricambio, ossia l'incremento demografico esponenziale, nella sfera d'influenza della civiltà tecnica ormai estesa all'intero pianeta; e non soltanto nel senso che questa crescita accelera, per così dire dall'esterno, il tasso dello sviluppo primario moltiplicandone gli effetti, , ma nel senso che essa gli sottrae anche la possibilità di arginare se stesso.
Una popolazione statica potrebbe dire ad un certo punto: "Basta!"; ma una popolazione in aumento è costretta a dire: "Ancora di più!".
Oggi comincia a diventare terribilmente chiaro che il successo biologico non soltanto mette in discussione quello economico, facendo ripiombare dalla breve festa della ricchezza nella quotidianità cronica della povertà, ma minaccia anche di provocare una catastrofe umana e naturale di proporzioni gigantesche. L'esplosione demografica, intesa come problema planetario del ricambio, ridimensiona l'aspirazione al benessere, costringendo l'umanità in via di impauperimento a fare, per sopravvivere, ciò che un tempo era libero oggetto di scelta in vista della felicità: saccheggiare cioè in modo sempre più indiscriminato il pianeta, finché quest'ultimo avrà l'ultima parola e si negherà alla insostenibile domanda . Quale mortalità di massa o quali omicidi di massa accompagneranno una simile situazione da "si salvi chi può!" sfida ogni immaginazione. Le leggi ecologiche dell'equilibrio, che nelle condizioni naturali impediscono la reciproca prevaricazione delle singole specie, rivendicheranno ora, venuti meno i meccanismi artificiali di controllo, i loro diritti tanto più temibili in quanto troppo a lungo sarà stata sfidata la loro tolleranza. Come in seguito un residuo di umanità potrà ricominciare da capo su una terra devastata , non riesce possibile neppure ipotizzare"
(Hans Jonas: "Il Principio Responsabilità, un'etica per la civiltà tecnologica". 1979- trad. italiana 1990, Einaudi Paperbacks Filosofia pag.180)

sabato 12 ottobre 2019

Lo scambio

Non trovo le parole per esprimere il senso di schifo, di repulsa e disgusto che la sola espressione "unione europea" mi suscitano in queste ore. Un forte senso di nausea mi genera la visione dei cosiddetti "incontri" al vertice europei, con la faccette di Macron, della Merkel e tutti gli altri squallidi personaggi, alcuni palesemente alcolizzati o altro , che popolano questi vertici.Accenno soltanto, per evitare ulteriore ribrezzo, agli ammennicoli che circondano la corte UE come il cosiddetto Tribunale di giustizia europeo composto da membri che, ben assisi sui loro scranni vellutati e odorosi di alte prebende, pontificano per evitare l'ergastolo ai mafiosi pluriassassini. Senza nessuna vergogna asseriscono con sicumera una nuova teoria democratica: la mafia si combatte con gli sconti di pena. Ma torniamo all'unione europea, alla sua ridicola commissione e all'altisonante inutile Parlamento Europeo. Specializzati nel controllo delle distanze del culo delle galline e del diametro medio delle vongole, si sono recentemente cimentati con la questione Curda. Il popolo curdo, con eroico coraggio e con pochi mezzi, ha combattuto al posto nostro l'Isis in territorio Siriano, dopo che il Presidente Obama aveva intrigato per abbattere il tiranno Assad senza avere alcuna idea su quello che bisognasse fare dopo. Tra i gruppi di guerriglieri armati e sostenuti dal presidente premio Nobel della pace c'erano numerosi combattenti facenti parte dell'Isis (come quelli di Al Nusra). Quando le truppe assassine di Al Bagdadi distavano appena quindici chilometri da Damasco e' dovuto intervenire Putin a riportare la situazione ad un minimo di vivibilità' per le popolazioni, dopo che la guerra del Nobel della pace (ben appoggiato dall'UE) aveva fatto settecentomila morti e distrutto quasi tutto il paese. Fu grazie ai curdi che si poterono riconquistare le città in mano ai tagliagole. Fecero il duro lavoro di combattere casa per casa per stanare i terroristi. Dopo la sconfitta dell'Isis e' arrivato il ringraziamento di Bruxelles: il popolo curdo e' stato consegnato al predone turco. Questo tiranno, che per molte forze politiche europee avrebbe dovuto entrare a far parte dell'UE, ha invaso il nord della Siria con l'intento di riaffermare il dominio turco e di assassinare i capi curdi e i componenti del loro esercito e migliaia di civili che hanno la colpa di aspirare ad una loro indipendenza. L'Unione Europea ha lasciato fare. Perché?
Perché sotto ricatto del Pirata turco: se tu, unione europea dei miei stivali, ti opponi alla mia guerra contro i tuoi ex alleati, io ti spedisco in Europa 3 milioni e seicentomila profughi siriani, nonostante tu mi abbia pagato sei miliardi di euro per tenermeli (segregati in campi di concentramento).Qui l'Unione ha finalmente mostrato una reazione. Ma non e' stata un ruggito da leone, ma quello che e' più' confacente alla non proprio eroica Unione: un belato da pecora. Ha detto che loro sono contrari e ha raccomandato moderazione al Pirata. Senza minacciare alcuna seria sanzione. Il capo della Nato ha mostrato un poco più' di attributi, essendo a capo di una organizzazione militare, ed ha detto: " Fate, ma fate piano". Il belato da pecora si e' così' trasformato in squittio di topo.
Al fondo di tutta la storia c'e', inqualificabile se consideriamo la cosa dal punto di vista etico, lo scambio profughi-miliardi di euro. La politica e l'essenza della cosiddetta Unione Europea si sostanzia in questo scambio infame. Uno scambio che secondo i burocrati europei non aveva alternative, se non quella improponibile di mettere le mani (e i propri soldati) sul campo. Quella di riaffermare una presenza in grado di portare i valori dell'occidente anche al prezzo di sacrifici. Ma ormai i popoli e i governanti europei sono incapaci di ogni sacrificio: non sono disposti a sporcarsi le mani anche a costo di cedere la sovranità' sulla propria terra. Su questa base nessuna Unione Europea e' possibile. Al massimo si puo' fare una unione di banche. I burocrati di Bruxelles neanche sono stati in grado di emanare sanzioni economiche e blocchi commerciali, timorosi delle ritorsioni del tiranno turco. Meglio uno scambio infame. Sei miliardi e il via libera al massacro del popolo curdo pur di continuare a tenere il culo nell'ovatta, questa e' la più' alta espressione della "politica di potenza" dell'Unione Europea. Una vergogna che rimarrà' scritta a perenne ricordo di un fallimento irrecuperabile di quello che nel dopoguerra era stato il sogno degli Stati Uniti d'Europa.

martedì 1 ottobre 2019

Gli inutili 100 miliardi della Germania

Quando ho letto i titoli dei giornali in cui si riferisce dei 100 miliardi investiti dal governo della Merkel per salvare il pianeta ho quasi esultato: "vuoi vedere che finalmente la Germania finanzia il controllo demografico investendo nel terzo mondo con strutture dedicate all'igiene familiare, alla salute riproduttiva e alla programmazione dei figli, con iniziative che prevedono la distribuzione generale e gratuita alla popolazione di contraccettivi? Merkel da aiuti concreti ai paesi poveri (imprese, coltivazioni, scuole agrarie, istruzione, acquedotti, case, strade, ospedali ecc.)per indirizzare risorse allo sviluppo di una economia autosufficiente invece che sprecarle per nutrire e mantenere un numero eccessivo di figli ? Era ora. Lo sviluppo è pre-condizione per la riduzione dei tassi di natalità, come dimostra la storia in occidente o, più recentemente negli ex paesi poveri dell'Asia. Finalmente -ho sperato- la Germania è passata a finanziare il figlio unico, invece che incentivare le famiglie numerose come si e' fatto finora. Solo una riduzione della popolazione residente può determinare la conservazione dell'ambiente naturale che riduca il cemento e l'emissione di anidride e particolati. Anche l' Europa, oltre l'Africa e l'Asia, necessita dell'abbassamento della densità' demografica, tuttora altissima (l'europa è una delle zone del pianeta più densamente popolate). La riduzione della natalità e , nei prossimi anni, dei flussi migratori potrebbe contribuire alla salvaguardia ambientale sia in occidente che nei luoghi di partenza, più di tutte le altre misure messe insieme.
Una minore popolazione significa minori consumi, minori richieste di risorse, minore cementificazione, minore mobilita', meno deforestazione, minor uso di riscaldamento o refrigerazione, minor utilizzo di idrocarburi a scopo energetico. Con una dinamica demografica di rientro vi sarebbe una minor richiesta di alimenti che, come la carne, necessitano di grandi quantità di carbonio e di territori da deforestare. Allo stesso tempo minori risorse sarebbero dedicate alla sussistenza, la nutrizione, la cura e la formazione di bambini, dei giovani, e degli adulti in età di lavoro, cioè la fascia di popolazione che genera un aumento maggiore dei consumi e della produzione. Soprattutto i paesi poveri potrebbero giovarsi di maggiori risorse per sviluppare istruzione, ricerca, e una tipologia di produzione compatibile con l'ambiente. Un minor numero di figli lascia alle donne più tempo da dedicare alla propria istruzione e al lavoro. In prospettiva vi sarebbero più risorse dal risparmio in assistenzialismo e welfare. Nessuna riduzione delle emissioni di carbonio è possibile senza una riduzione della crescita demografica. Forse, ho pensato, la Germania investe sul controllo della natalità' come i grandi ecologisti degli anni settanta e ottanta avevano auspicato (ad esempio Paul Ehrlich, Lester Brown, James Lovelock).
Ma presto, leggendo le misure finanziate, la speranza si e' trasformata in amara disillusione.
Si rischia di gettare al vento i cento miliardi. Anche perché' sembra che il grosso delle misure vada in maggiori tasse sui consumi, in divieti e imposizioni (si sa che i burocrati credono in modo religioso nelle virtù taumaturgiche delle tasse e dei regolamenti fatti a tavolino). E' prevista, con molto ottimismo, la chiusura delle centrali a carbone entro il 2038 , ma la germania e' tuttora uno dei maggiori paesi al mondo che utilizzano carbone per le proprie necessita' energetiche. Si finanziano le auto elettriche, ed un piano di sviluppo del trasporto ferroviario. Si danno aiuti ai pendolari per spostamenti "ecologici" e altre misure borotalco. Ma se non si interviene sulle dinamiche demografiche mondiali, vietare i diesel di un paese solo e piantare qualche migliaio di costosissime -ed ecologicamente devastanti- pale eoliche serve a poco. Anzi a niente.La quantità di pannelli solari e torri eoliche necessarie a sostituire gran parte dell'energia da gas e petrolio e tutta quella da carbone, porterebbe ad una devastazione paesaggistica, naturale e territoriale senza precedenti, con gravi danni alla flora e alla fauna. Molto suolo oggi destinato all'agricoltura e all'allevamento verrebbe convertito a pannelli solari e a torri eoliche con danni ambientali irreparabili. Dei cento miliardi nessuna risorsa va alla ricerca per le innovazioni tecnologiche realmente in grado di ridurre la CO2. Ricerche come quelle sul trattamento ed inattivazione delle scorie nucleari, come proposto da Rubbia, o sull'estrazione del carbonio dal metano e altri gas, utilizzando la parte pulita (idrogeno) rimangono senza finanziamenti. Fermare le centrali a carbone in Germania e' sano e bello (e tutto da dimostrare), ma che senso ha se complessivamente nel pianeta le emissioni da carbone sono in aumento vertiginoso e la sola Cina costruisce, con un piano già in fase di attuazione, ben 115 nuove centrali a carbone? Le giustificazioni dei cinesi sono chiare: troppa popolazione da sostenere per potersi permettere solo le energie rinnovabili. l'India, un altro dei maggiori produttori e consumatori di carbone, si giustifica -ottenendo credito all'Onu e nelle altre istituzioni di controllo-con la sua struttura industriale arretrata e con il fatto che deve fronteggiare una crescita demografica tra le più' alte al mondo, nonostante tutti i tentativi falliti del passato per tenerla sotto controllo. Nei prossimi anni le prospettive non migliorano: aumenteranno le richieste di energia da carbonio (quella tuttora più conveniente per i bassi costi) dell'Africa, che raddoppia la popolazione ogni 30 anni.
Deforestazione e carbone saranno le parole d'ordine di un'Africa con ha ancora una media di 5,5 figli a donna. Come si fa a sostenere questa enorme crescita della popolazione con l'utilizzo solo delle rinnovabili? Siamo fuori da ogni logica e bastano semplici calcoli matematici per togliere tutte le illusioni sull'energia "sostenibile". E allora le parole della Cancelliera: " il nostro stile di vita non e' sostenibile" sembrano più' uno slogan politico che una reale inversione di tendenza e una lotta seria al riscaldamento globale. Le città' tedesche potranno essere, con il piano da 100 miliardi, anche più' verdi ed elettriche, ma rischiano di essere pura testimonianza in un mondo che sta distruggendo l'Amazzonia e le foreste africane, e in cui gli ultimi animali selvaggi cercano invano rifugio nelle poche riserve rimaste, ormai assediate dalla crescita umana.
Persino i Verdi tedeschi hanno respinto il piano del governo Merkel. Ma per motivi opposti: si punta ancora poco sulle rinnovabili e si allungano i tempi. Chiedono di chiudere subito carbone e nucleare. Puri slogan senza una visione strategica: un rifiuto della tecnologia e uno sguardo idilliaco ad una Germania agreste che- in un mondo che corre verso gli 11 miliardi di abitanti- è solo una favola per ingenui o per chi è in malafede. I verdi tedeschi scelgono così un cupio dissolvi basato sull'ideologia del "povero è bello". Se poi è pure sovrappopolato e multiculturale, è ancora più bello.

venerdì 20 settembre 2019

La sovrappopolazione raddoppia il traffico aereo

Viene segnalato sul Corriere che il traffico aereo è divenuto uno dei principali emettitori di carbonio in atmosfera, quindi un elemento essenziale nel cambiamento climatico in atto.
"Gli aerei stanno inquinando di più e più velocemente (del 70%) di quanto previsto dalle Nazioni Unite. Uno studio dell’organizzazione indipendente International Council on Clean Transportation — la stessa che ha svelato il «dieselgate» della Volkswagen — in quattordici pagine lancia durissime accuse sull’aviazione commerciale mettendo in dubbio l’impegno delle organizzazioni internazionali di categoria. Dal 2013 al 2018, calcolano i tre autori, l’anidride carbonica rilasciata in aria dai velivoli di ogni tipo (regional, a corridoio singolo o doppio, per passeggeri o cargo) è cresciuta del 32%, fino a triplicare entro il 2050.  L’anno passato i 39 milioni di voli analizzati (dei quali 38 milioni operati per trasportare le persone) hanno emesso nel complesso 918 milioni di tonnellate di diossido di carbonio, «pari al 2,4% del totale della CO2 prodotta nel mondo, un dato del 70% più alto delle attuali proiezioni di Icao(l’agenzia Onu per l’aviazione civile,ndr)», sostengono gli esperti"
Secondo quanto riferisce il numero uno della Iata Alexandre de Juniac, nonostante le industrie che producono aerei si siano impegnate nello sviluppo di aerei sempre più leggeri ed efficienti e con emissioni di carbonio più basse, il traffico aereo è destinato a crescere seguendo l'aumento della popolazione che nelle varie parti del mondo utilizza gli aerei sia per i viaggi che per il traffico delle merci. Molti fondi sono stati destinati alla ricerca sui bio-carburanti, ma le richieste di traffico aereo sono in costante aumento. Il tutto deve fare i conti, infatti, con le previsioni di crescita che, secondo l’ultimo dossier di Airbus, vede gli aerei in circolazione più che raddoppiare entro il 2038 toccando quota 47.680. Se si tiene conto che i 918 milioni di tonnellate di diossido di carbonio dell'anno scorso vedranno nel prossimo decennio il raddoppio delle emissioni e si raggiungeranno i due miliardi di tonnellate, per triplicarsi poi entro il 2050, si può capire l'allarme suscitato negli stessi ambienti che avevano stimato cifre inferiori per il passato. Quando gli esperti ufficiali calcolano le curve di aumento del traffico e delle emissioni, infatti, sottostimano regolarmente l'impatto dell'aumento costante della popolazione mondiale. Regolarmente quindi le emissioni calcolate sono inferiori ai dati reali, come è avvenuto con il traffico aereo. Se teniamo presente che in seguito alla dinamica demografica, ogni anno si aggiungono 100 milioni di persone in più alla popolazione mondiale, si può capire come i vari tentativi delle industrie e dei governi per abbassare le emissioni siano destinati al fallimento. Inoltre è da tenere presente che i motori aerei non si prestano, almeno allo stato della ricerca tecnologica, alla propulsione elettrica. E questo dato, insieme al fallimento delle rinnovabili per quanto riguarda la soddisfazione delle richieste di energia (tra l'altro essendo l'energia da rinnovabili ancora incomparabilmente più costosa rispetto a quella degli idrocarburi), apre prospettive tragiche riguardo al controllo del riscaldamento atmosferico dovuto al carbonio emesso.
L'aumento inevitabile del traffico aereo sommato all'effetto dell'aumento della popolazione mondiale, non può che portare a nuovi rapidi incrementi delle emissioni mondiali di anidride. Nonostante tutti i fallimenti delle varie conferenze sul clima e sulle disposizioni internazionali per combattere le emissioni di carbonio, ancora non si sente parlare - nel campo dei movimenti ecologisti- di un controllo delle nascite per porre un freno al riscaldamento globale. L'argomento rimane tabù, al di là di ogni logica, e continua a prevalere l'ideologia del politicamente corretto. La cecità di Trump, che continua a negare l'esistenza del riscaldamento atmosferico fa così il paio con la cecità degli ecologisti mainstream, che continuano a negare l'effetto demografico e l'importanza del controllo della popolazione mondiale per cercare di fermare il riscaldamento del clima e salvare il pianeta.

lunedì 26 agosto 2019

L'alienazione dell'uomo nella società di massa

Diego Fusaro: La Notte del Mondo, Marx, Heidegger e il tecnocapitalismo. Utet
Riporto una breve sintesi del libro di Diego Fusaro sull'alienazione dell'uomo contemporaneo come descritta prima da Marx e poi rielaborata e approfondita da Heidegger. Messe a confronto le cause dell'alienazione, che il primo riporta allo sfruttamento capitalistico, e il secondo all'effetto reificante della Tecnica, Diego Fusaro approfondisce la relazione delle due interpretazioni e mette in evidenza la comune denuncia del tecnocapitalismo globalizzato oggi imperante. Aggiungo un mio commento personale all'interpretazione del problema, riportandolo ad una visione non antropocentrica o, comunque, rispettosa delle altre specie viventi.Per coloro che non si interessano di filosofia, chiedo un piccolo sforzo perché' comunque, il problema che si dibatte ha a che vedere con una visione dell'uomo e della realtà' che rientra nella "cosa del pensiero". L'argomento ha poco di astratto ed è al contrario molto concreto e gli effetti si parano davanti a noi, allibiti testimoni di una trasformazione che non ha precedenti, e di fronte a cui non è più possibile chiudere gli occhi . Grazie all'interessante libro di Fusaro, concetti fondamentali della filosofia contemporanea come quelli di alienazione, massificazione, tecnica planetaria, vengono esplicitati e chiariti, portando ad una corretta interpretazione del fenomeno drammatico della sovrappopolazione umana e del pericolo mortale che essa costituisce per la vita sulla terra.
Parafrasando Heidegger il giovane filosofo Diego Fusaro ci manda con questo suo libro il seguente messaggio: solo uno Stato ci può salvare. La situazione dell’uomo contemporaneo è stata ben sintetizzata dal primo Marx con la parola “alienazione”. In cosa consista questo sentimento di estraneazione dell’uomo nella società contemporanea puo’ essere descritto con un’altra parola introdotta da Marx: la reificazione dell’uomo, cioè la sua riduzione a cosa tra le cose da parte dell’apparato produttivo di massa che domina attraverso il capitalismo globalizzato. Di questa reificazione è responsabile, secondo Marx, il processo di produzione che padroneggia gli uomini trasformandoli in valore di mercato come le merci prodotte. I grandi numeri della produzione di massa, nel capitalismo globalizzato, uniformizzano il processo produttivo accentuando l'alienazione dell'uomo ridotto a numero nella grande macchina del mercato globale. Fusaro pone a confronto quello che dice Marx con l'altro grande interprete filosofico della contemporaneità: Hedegger.
"Sia che lo si chiami "kapitalistische Produktionsweise", secondo la definizione di Marx metabolizzata dai suoi eterodossi allievi del Novecento, sia che lo si etichetti come "Technik", in accordo con il lessico di Heidegger e dei suoi epigoni, il sistema della produzione materializzata (di massa ndr), nella sua anonima autoreferenzialità di un minaccioso dispositivo che signoreggia gli uomini, presenta una dinamica di sviluppo illimitata e illimitabile: marxianamente, il capitale persegue il "telos" del proprio incremento smisurato, proprio come, heideggerianamente, la tecnica rincorre lo scopo del proprio irrelato e insensato autopotenziamento, in una cornice di mero nichilismo antiumanistico, il cui il mercato, la produzione e il consumo diventa il solo valore direttivo".
Ma di questo continuo potenziamento della produzione delle cose, un effetto collaterale non secondario ma sostanziale -anzi essenziale all'intero meccanismo della produzione e del mercato di massa- e quindi della alienazione umana, è l'incremento "produttivo" dell'uomo reificato a cosa tra le cose, funzionale al Gestell (come definito da Heidegger) cioè all'impianto tecnico-industriale-informatico-finanziario ed economico che signoreggia il mondo. L'uomo è si produttore, ma egli stesso è divenuto prodotto: cosa tra le cose, con l'unico senso della moltiplicazione numerica di se stesso in qualità di consumatore-produttore. Funzionale alla "macchinazione" è il continuo esplosivo incremento numerico della popolazione umana, quell'incremento inarrestabile che nell'ultimo secolo ha portato la popolazione umana del pianeta da uno a otto miliardi, senza più mediazioni e autolimitazioni - come era stato nelle epoche precedenti-. Moltiplicazione umana senza limiti e produzione-mercato di massa hanno poi avuto effetto sulla trasformazione del mondo in quell'apparato tecnocapitalistico che ha determinato il collasso ambientale dei nostri anni.Mentre cresceva il sistema della finanza mondiale e della produzione e scambio globale, abbiamo assistito alla scomparsa dello stato, accelerata in Europa dalle due guerre mondiali. Lo stato ha perso le frontiere e gradualmente le funzioni direttive, per divenire amministrazione, esecuzione di ordini e regolamenti sovranazionali, deresponsabilizzati, uniformatizzati. La democrazia è formalmente conservata, di fatto gli ambiti di libertà ristretti da regolamenti e giurisdizioni extra-statali come la Bce o il Wto. Ma l'effetto più appariscente è quello sulle strutture umane materiali. La crescita delle megalopoli , l'espandersi dei traffici e dei consumi, delle infrastrutture, degli areoporti, dei porti, dei centri commerciali, dei sistemi produttivi. Tutto questo è sotto i nostri occhi allibiti e forse ancora increduli: l'attuale emergenza climatica e ambientale, dall'effetto serra ai rifiuti, all'inquinamento da plastiche e da tossici, è solo l'aspetto più eclatante di uno sradicamento dell'uomo ridotto a pollo di allevamento intensivo nelle sue megalopoli in continua rapida espansione. L'effetto estraniante o deiettivo e inautentico (se vogliamo usare il termine heideggeriano) di questo sradicamento è l'uniformizzazione planetaria. Se qualcuno ritiene che questi siano vani discorsi da intellettuali o pure astrazioni, non ha da farsi che un bel viaggio in posti disparati del pianeta, dai più vicini a quelli più lontani e, un tempo si sarebbe detto, appartenenti ad "altre culture". Quello che appare evidente agli occhi del viaggiatore è l'oscena identità ripetitiva di quello che una volta sarebbe apparso come la varietà delle culture, dei costumi, delle città e dei paesaggi del mondo. Un unico grande proliferare di caseggiati e di infrastrutture, tutte assolutamente simili, un crescere di grattacieli assolutamente indistinguibili e simili nei vari luoghi e megalopoli, strade, aeroporti, apparati di illuminazione, centri commerciali, tunnel, ferrovie, ponti, tralicci. Un identico movimento e attività di milioni di umani che brulicano affannosamente in un fare che non conclude nulla ma è perennemente fine a se stesso, sradicati e lontani dalle vecchie appartenenze, senza più una cultura se non quella del valore della moneta e della merce. Tutti si adoperano per un interesse che gira intorno al proprio presente, al proprio utile, al proprio sussistere. La vita diviene ovunque uguale, uniforme nei tempi e nei modi di fruizione. Tutti hanno un uguale stile di vita, persino in luoghi opposti del globo, che da un lato assicura una vita più comoda e circondata dai prodotti della produzione, dall'altra lascia le persone spaesate (nel senso letterale di senza paese), inglobate in un grande meccanismo che non lascia scampo alla ricerca di una propria verità, ma impone un'unica verità: quella del mercato. Questo dramma, anziché denunciato viene quasi osannato dai media controllati dall'apparato produttivo e finanziario: con la definizione di multiculturalismo si cerca di far passare la scomparsa di ogni cultura, definendola paradossalmente come integrazione tra culture diverse.
Dice Fusaro: "La "morte di Dio" annunciata da Nietzsche coincide con l'insensatezza di un mondo storico in cui, dopo il crepuscolo dei valori in grado di opporsi alla dinamica della reificazione planetaria, a sopravvivere è unicamente il nichilismo della forma merce e della tecnica autoreferenziale come unico valore direttivo, a cui tutto diventa relativo. "
Accade così sotto i nostri occhi che alla proliferazioni delle merci, e dell'uomo ridotto a merce, si contrappone la distruzione della vita (intesa come natura) nella forma delle varie specie viventi che popolano ancora la terra e che sembrano sempre più delle "sopravvivenze" relegate ad aree museo, a riserve naturali sempre più ristrette ed assediate dalla grande macchina in continua espansione. I boschi bruciano perché debbono divenire aree di produzione e di allevamento per produrre merci e cibo per una popolazione in continua espansione. La colpa viene data ora a questo ora a quel politico, ma nessuno vede la tragica realtà metafisica che ci condanna alla distruzione.
Come accade che la tecnica snatura l'essenza dell'uomo e lo sradica dalla sua appartenenza alla terra? Non e' solo la trasformazione artificiale del pianeta come la cementificazione, l'espandersi delle infrastrutture delle megalopoli e l'affermarsi globale della civilta' industriale. C'e' qualcosa di più' sostanziale in questa perdita di appartenenza naturale: la riduzione di uomo a numero e dell'umanità' a massa umana omogenea senza più cultura e senza radici(massificazione). Questo avviene con la trasformazione della persona da soggetto a oggetto e quindi il suo divenire strumento funzionale al meccanismo, il suo entrare nel grande ciclo della produzione-consumo dove l'unica cultura che resta è quella dei bisogni indotti, della pubblicità e della realtà virtuale. L'esplosione demografica di homo cui assistiamo da più' di un secolo ne e' l'aspetto più' appariscente. La tecnica e il pensiero calcolante, la tecno-scienza funzionale al capitalismo globalizzato, determinano la crescita sproporzionata rispetto al resto delle specie viventi e al mondo naturale, trasformando così la specie homo in vera e propria malattia planetaria, in una specie di cancro che soffoca il pianeta. Questa e' l'alienazione più' sostanziale, la deiezione che rende l'uomo la specie infestante con il suo prepotente antropocentrismo e il mondo quel fondo "a disposizione" destinato solo all'utile immediato, che ne sta determinando la fine. Tutto viene ridotto e schiacciato a presente, considerato l'unica realtà, mentre il passato e il futuro sono cancellati.
Marx aveva alimentato la grande illusione che l'alienazione umana sarebbe finita quando la classe operaia liberata avrebbe gestito la tecnica in modo umano rispetto al capitalismo speculatore. Si sperava che allora il valore d'uso avrebbe sostituito il valore di mercato e l'uomo sarebbe uscito dal suo destino di reificazione e di sfruttamento.
Già Heidegger aveva criticato questa illusione, parlando della Tecnick come di compimento della metafisica, come destino della società' contemporanea. Nella sua Lettera sull'Umanismo (1946) conclude che da questo destino non si puo' uscire con nessuna rivoluzione economica e sociale. Ma vede una via di uscita solo in un cambiamento che riporti l'uomo alle sue radici : da homo faber che vede il mondo come fondo utilizzabile, l'uomo contemporaneo deve divenire il pastore dell'essere, il custode della natura fuoriuscendo dal ciclo produzione-consumo. Solo un ritrarsi (vedi il saggio sull'Abbandono) dal fare tecnico di trasformazione del mondo e dal pensiero calcolante puo' restituirci un destino conforme alla natura.
Alcune considerazioni personali a margine del testo di Fusaro. Salvo qualche raro accenno, i movimenti dei verdi non sono pressoché mai citati dal giovane filosofo, sebbene la devastazione ambientale sia uno dei principali effetti del tecnocapitalismo globale. Il movimento ecologista non e' riuscito a proporre una reale svolta alla crisi contemporanea, per il motivo che si e' mosso finora all'interno del pensiero antropocentrico (l'uomo prima di tutto). Anzi -coerentemente al pensiero politico della sinistra post-marxista, più che l'uomo fisico al movimento dei verdi interessano i cosiddetti diritti umani, cioè un coacervo di affermazioni del politicamente corretto formulati in modo da non consentire alcuna discussione pena l'esclusione dal mondo civile e la condanna senza appello. All'opposto, solo un pensiero che riconosca i diritti degli altri, delle altre specie viventi e della natura nel suo complesso, riducendo in modo determinante i diritti umani assolutizzati, può dare risposte adeguate. Per cercare una via alternativa e' necessario un nuovo patto tra uomo e natura. O meglio, visto che non e' possibile un patto tra specie diverse, un patto tra uomo e se stesso (con la parte animale che ci appartiene in tutto e per tutto come ci ha insegnato Lorenz). Solo riconoscendo la nostra appartenenza al mondo naturale è possibile riconoscere la reale salvaguardia di chi non appartiene alla nostra specie ma è parte integrante della natura terrestre. Come dimostra quello che sta avvenendo, solo riducendo i nostri diritti a favore di quelli animali e vegetali è possibile salvare l'uomo. Al primo posto di questo patto deve essere la marcia indietro rispetto alla proliferazione della specie Homo, alla sua riduzione a numero in espansione senza limiti e senza senso. Il rientro demografico e' condizione di fondo per poter poi modificare tutto il resto, ridurre il ciclo della produzione e consumo, secondo criteri compatibili con il pianeta per ridare spazio alla natura finora soffocata. Se la tecnica ha causato l'esplosione demografica, sarà' ancora la tecnica, gestita con un criterio diverso da quello antropocentrico, ad assicurare la possibilità' di un rientro nei limiti.Dalla tecnica è venuto il motore a scoppio e la bomba nucleare, ma anche il computer e i mezzi contraccettivi. Concretamente, tuttavia, come si può raggiungere lo scopo? Non bastano la volontà dei singoli o le conferenze sul clima. Chi oggi può essere in grado di gestire la potenza della tecnica in modo meno antropico e più favorevole alla natura? Non certo bastano i poteri della grande finanza e della produzione globalizzata, coloro che guidano le politiche mondiali come oggi. Fondamentale a questo scopo e'dunque tornare ad una figura che, nella hybris della globalizzazione uniformante, si era quasi autodistrutta: lo Stato. Tornando a Hegel, bisogna reinterpretare lo stato moderno nel senso di un gestore del rapporto tra uomo e natura. E questo stato non puo' essere un utopico stato mondializzato di la da venire. Il globalismo è funzionale al mercato. Cultura e natura debbono ritrovare le proprie radici in un nuovo concetto di stato, che, come Hegel non ha mai smesso di insegnarci, abbia autorità, forza e giurisdizione sui luoghi e sugli uomini - e le altre specie- che li abitano.

giovedì 1 agosto 2019

L'Europa tra i verdi e Putin

In Europa stanno rapidamente avvenendo cambiamenti politici, come mostrato anche dalle ultime elezioni europee. I partiti classici del novecento, come socialisti e popolari sono ovunque in regresso (anche se tengono in alcuni contesti). Aumentano invece ovunque le nuove formazioni verdi da una parte, e cosiddetti sovranisti dall'altra. I verdi migliorano le loro posizioni su una idea di fondo: combattere il cambiamento climatico. I sovranisti hanno anch'essi una strategia che li porta a vincere: porre un freno alla immigrazione di massa afro-asiatica. La politica dei verdi è riassunta in un manifesto dei "Green europei" elaborato nel 2014 ma che è tuttora alla base delle loro proposte politiche
(per la lettura vai al link: https://europeangreens.eu/manifesto/italy).
La lettura di questo manifesto è impressionante: vi è descritto un programma politico di decrescita senza alternative che avrebbe - se mai attuato- conseguenze epocali per il continente.In questo senso si può propriamente parlare, credo con soddisfazione di chi lo ha redatto, di documento rivoluzionario. Il manifesto ha come punti di forza la lotta alle disuguaglianze (di reddito, di sesso, di nascita, di identità ecc.) e una apertura che veda la scomparsa dei confini in favore di una comunità europea aperta, democratica, partecipativa, ridistribuiva, non più basata sugli stati, ma sulla comunità dei cittadini titolari dei diritti. Auspicano, a tal fine, il rafforzamento del parlamento europeo e dei tribunali internazionali per la difesa dei diritti umani. Allo stesso tempo i verdi dichiarano di vedere positivamente una diversità e un multiculturalismo considerato un valore assoluto di libertà e un arricchimento della società europea. Il liberalismo però si limita qui, in campo economico i verdi europei sono fortemente contrari ad una " deregulation neoliberista che ha dato origine a mercati finanziari guidati unicamente da un’avida ricerca del profitto a breve termine".
Nel documento le imprese private possono essere ancora tollerate ma nei limiti di quelle " medie e piccole" controllate dallo stato e dal fisco, anche con tassazioni rivolte al consumo energetico (carbon Tax).Le grandi imprese vanno assolutamente scoraggiate con forti tassazioni e con una carbon tax particolarmente centrata sulla grande produzione. L'agricoltura va incentivata ma esclusivamente se basata sul divieto di pesticidi e fertilizzanti chimici, e sulla condanna senza appello degli ogm. Deve essere completamente eliminata l'agricoltura industriale intensiva, dice il documento dei Green . I trasporti, nella visione dei verdi, possono essere solo su ferrovia (di cui vanno rivisti gli snodi principali (?)), su bicicletta o su auto elettriche. Le ultime auto a combustibile tollerate dovranno utilizzare biocarburanti prodotti però non da coltivazioni(nefasto), ma da scarti (non meglio specificati).
Sul fronte energetico i verdi propongono: "Una politica energetica coerente – basata sul risparmio energetico, sull’efficienza e sulle rinnovabili – è l’unica maniera per arrivare a un’economia a impatto zero (basata esclusivamente sulle rinnovabili), o quasi entro, il 2050. Ulteriori obiettivi nazionali vincolanti in materia di efficienza energetica e rinnovabili sono dunque essenziali: il consumo energetico deve essere ridotto del 40% nei prossimi 15 anni e allo stesso modo, entro il 2030, il 45% del nostro consumo energetico dovrà provenire da fonti rinnovabili, esclusi i biocarburanti. Questo è necessario non solo per tenere al di sotto dei 2° l’innalzamento della temperatura globale rispetto ai livelli pre-industriali, ma anche per motivi economici, in quanto stimolerebbe l’attività economica, creerebbe nuovi posti di lavoro e ridurrebbe la dipendenza dell’Europa dall’importazione di combustibili fossili sempre più cari."
A questo punto manca solo Alice.
La negazione sul nucleare è totale: il nucleare va al più presto eliminato dal territorio europeo, chiudendo tutte le centrali a cominciare da quelle più obsolete. Ma il manifesto non si ferma qui: va assolutamente negato ogni ulteriore finanziamento al progetto ITER per la fusione nucleare, il cui progetto in attuazione a Cadarache va equiparato tout court ad una centrale nucleare classica.
Chiarissima la posizione dei verdi europei sul problema degli stati nazionali e dei confini: "Migliaia di persone muoiono lungo i confini esterni dell’Europa ogni anno, a causa di controlli sempre più severi e della difficoltà di entrare legalmente nell’UE. L’UE ha il dovere di assicurare che questa gente riceva un’adeguata protezione. Dobbiamo fare di più per creare un sistema di asilo che sia degno di questo nome. Questo ruolo non può essere lasciato all’Agenzia europea di sorveglianza delle frontiere, FRONTEX. Gli stessi Stati membri violano i diritti umani nel controllo delle proprie frontiere." A questo scopo, onde non offrire una sponda ai sovranisti è necessario " che la “guerra al terrore” debba essere dichiarata formalmente conclusa" (sembrerebbe di capire in maniera unilaterale).
Dalla lettura del documento emerge una Europa senza precedenti e forse anche senza futuro. La nuova Europa verde sarebbe una appendice afro-asiatica, sovrappopolata, cementificata (la casa nel documento è considerata un diritto assoluto di ogni cittadino regolare o irregolare che sia), aperta all'ingresso di titolati di diritti (umani) provenienti da ogni parte del pianeta, senza distinzioni tra diritti dei nuovi e dei vecchi cittadini, tra immigrati e residenti, tra regolari e irregolari.Una terra di tutti e di nessuno. Un coacervo di civiltà e di etnie, di culture e religioni. Tutte queste centinaia di milioni di detentori di diritti dovrebbero essere sfamati da una agricoltura non intensiva (quella intensiva è considerata vera e propria bestemmia), basata sul divieto di fertilizzanti e pesticidi. E' appena il caso di ricordare che la mancanza di pesticidi e fertilizzanti era, fino all'inizio degli anni 80 del secolo scorso alla base delle carestie che in Asia e Africa portarono alla morte milioni di persone. Ma sembra invece, nell'idea dei verdi, che la stessa ricetta applicata all'Europa porti al migliore dei mondi possibile e alla rinascita delle api. I cinquecento milioni di europei (in rapida crescita per i continui arrivi dell'auspicata immigrazione libera) dovrebbero inoltre vivere e lavorare grazie all'energia assicurata dalle fonti rinnovabili, che diverranno le uniche fonti ammesse nel 2050. Alla stessa data l'Africa avrà più di due miliardi di abitanti, la Cina quasi tre miliardi, l'India idem, e i flussi di migranti saranno intensissimi verso la terra delle rinnovabili. La quale, nell'auspicio dei verdi, dovrà assicurare cibo ed energia per tutti, oltre al lavoro, alla sanità e, ultimo ma non ultimo: la sicurezza.
Sulla base di queste proposte, e sulla spinta del terrore diffuso dai media sui cambiamenti climatici, le idee espresse in questo manifesto hanno dato ai verdi europei un successo insperato fino a poco tempo fa: il 21% in Germania e il 12 % in Francia. C'è da osservare infine che nell'intero documento non si trova traccia di alcun accenno al problema demografico. Sembra anzi che sia dato per scontato che le politiche proposte dai verdi debbano avverarsi in un mondo dove l'esplosione demografica umana, cioè la vera causa di tutti i problemi ambientali planetari compreso il cambiamento climatico, non solo non debba essere posta sotto controllo, ma non debba addirittura essere nominata, colpita da un vero e proprio tabù. Chi lo fa si espone ad una condanna senza appello e ad una scomunica da parte del mondo Green.
Sul fronte opposto la paura per l'immigrazione incontrollata e il timore per la propria sicurezza ha prodotto un successo uguale e contrario: la Lega ha vinto in Italia, Le Pen primo partito in Francia e Orban incontrastato in Ungheria. Ciononostante le istituzioni europee rimangono in mano alle forze tradizionali, grazie anche alla tenuta dei popolari in Germania e ad en marche in Francia. La Banca Centrale europea e le istituzioni finanziarie possono per ora rimanere tranquille. Se non che ad est lo zar russo si appresta ad estendere la sua influenza nel ventre molle europeo, anche grazie alle tendenze isolazioniste dell'America di Trump. Putin tuttavia è tormentato dai dubbi. Da una parte trova politicamente affini i sovranisti, a cui ha sempre guardato con simpatia, ma di cui si fida fino ad un certo punto. Troppo sovranismo in Europa potrebbe ritorcerglisi contro. Dall'altro è tentato di favorire l'ascesa dei verdi a posti di responsabilità. Trovarsi di fronte la verde Europa del movimento Green potrebbe essere per l'Orso Russo una manna. Un campo fertile e indifeso, succulento boccone per una Russia tornata grande potenza dopo la crisi del 1989.

sabato 18 maggio 2019

I media e la sovrappopolazione

(La fine degli orangutang per la distruzione del loro ambiente naturale)
Riporto questo magistrale intervento di Maria Luisa Cohen al Convegno di Rientrodolce tenutosi a Chianciano nel 2008. Sono passati più' di 10 anni ma la sua attualità' e' invariata. Riguarda il rapporto tra i media e il tema sovrappopolazione, allora ancor più silenziato di oggi. Un tema tabù e considerato scandaloso dalla Chiesa cattolica e dal pensiero unico di destra di centro e di sinistra. Sommamente tabù' per i verdi, coloro che dovrebbero lottare per la salvaguardia dell'ambiente e che invece parlano solo di diritti di Homo. Eppure era ed è l'argomento chiave per capire ciò che ci sta succedendo a noi abitanti di questo pianeta avviato alla devastazione ambientale e al disastro naturale. Un tema che fu introdotto con un grido di dolore già al tempo di Population Bomb di Paul Ehrlich nel 1968. L'uomo, diceva Ehrlich, e' passato dai due miliardi di inizio 900 ai quattro miliardi del 1968 in pochi decenni (oggi siamo ad otto miliardi!) con una dinamica della popolazione esplosiva mai vista nella storia naturale della terra per nessuna altra specie animale. Questa dinamica porterà' al collasso il pianeta, denunciava Ehrlich. Poi le ideologie pro-umaniste (in primis l'ideologia dei diritti umani assoluti prevalente nella cultura europea) , la visione antropocentrica religiosa e infine i grandi interessi finanziari del capitalismo globalizzato silenziarono il tema, criminalizzando politicamente e ideologicamente tutti coloro che osavano accennarvi. In questa opera di criminalizzazione si sono sempre distinti i cosiddetti esperti dell'Onu, gruppi di prezzolati in cui malafede, loschi interessi e corruzione vanno di pari passo. L'accusa più leggera a chi poneva il problema della sovrappopolazione era ed è di razzismo (e si poteva arrivare anche ad essere definiti nazisti). Denunciare la devastante e letale crescita spropositata della popolazione umana a scapito di tutte le altre specie viventi era ed è esattamente l'opposto di ideologie che propongono la sopraffazione di una sola razza umana o di una nazione particolare. Si tratta infatti di ribaltare la visione: di non vedere più la specie umana come padrona del globo terrestre, ma di comprendere la grande varietà (e aggiungerei...bellezza) della vita sul pianeta terra e di come essa sia un unico grande sistema vivente o semplicemente naturale, in cui tutte le componenti hanno la stessa dignità e necessità perché ciascuna da il suo contributo alla biosfera. I veri nazisti sono coloro che, nel nome dei soli interessi di Homo, condannano le piante, gli animali e l'ambiente della biosfera terrestre alla camera a gas delle polluzioni di otto miliardi di umani in continua crescita.
Nel nome dei diritti di Homo si distrugge la Terra e la sua biodiversita', e biodiversità non è altro che l'unicità del contributo, insostituibile, di ciascuna specie alla vita del tutto. Se si distrugge la biodiversità' si distruggono le radici che permettono anche a noi uomini di sopravvivere: che queste non siano parole ma crudi fatti lo dimostrano la fine cui stiamo assistendo di centinaia di specie animali in Africa o nelle foreste dell'est asiatico in rapida scomparsa per la crescita e l'espansione antropica senza limiti. Se si ribalta così la visione delle cose, si comprende che l'umanità non consiste più nella difesa del numero e degli interessi egoistici solo della nostra specie, ma che umanità significa rispetto verso tutta la natura, in quanto da lì passa tutto il significato della nostra presenza sulla terra.
Questa consapevolezza ha sempre più la forza di una convinzione profonda, quasi di una fede. Paradossalmente è la forza di una nuova fede nell'uomo, non più l'animale egoista e distruttore del passato ma l'animale che si prende cura dell'ambiente in cui vive. Ambiente non più' inteso come un magazzino di cui servirsi per le proprie egoistiche necessità. E' una radicale riaffermazione della nostra animalità, termine che deve perdere ogni valenza negativa del pensiero antropocentrico, e divenire sinonimo di rispetto per le altre specie.
Quando si parla di sovrappopolazione, ancora si sente qualcuno con basso quoziente intellettivo dire che la crescita demografica umana non è un problema, in quanto gli spazi sulla terra ci sono e basta redistribuire gli abitanti nelle zone meno abitate e tutto si risolve. Questi ragionamenti mostrano una totale incomprensione del tema, frutto di un mentecattismo mentale non emendabile. La dinamica della sovrappopolazione non e' quella del contenitore e del contenuto, di superfici su cui distribuire il prodotto. In questa totale mistificazione di ciò che sta realmente avvenendo intorno a noi, i media hanno avuto un ruolo determinante, e la denuncia di Maria Luisa Cohen getta una luce sul perche' il problema ambientale non e' compreso da molti come effetto della eccessiva crescita della popolazione umana . I media ancora oggi tacciono sul problema demografico e guardano solo ai diritti umani, i diritti del padrone.
Perchè i media ignorano l´impatto dell’´incremento della popolazione.  
Di Maria Luisa Cohen 
Convegno Rientrodolce 
Chianciano, 2-4 maggio 2008
Comunicazione e informazione sono i mezzi più efficienti di conquista per il consenso nella società, come confermato anche da un recente libretto dell’autore americano Gore Vidal intitolato “Se controlli i media è fatta”. La maniera come sono formulate le notizie offre al pubblico il segnale d’interpretazione delle stesse. Mi riferisco al trattamento dei media e delle agenzie politiche sul tema della popolazione.  Qualche giorno fa il banchiere al quale mio marito si rivolse per questioni d’investimenti dichiaro´ che nessuno- né banche, né economisti, né politici, né altri addetti al potere, dicono la verità o per ignoranza o per calcolo. Si può tracciare un parallelo tra le informazioni che il pubblico riceve riguardo alle crisi ambientali, soggetto oggigiorno di analisi da parte di politici, scienziati e media,. e la corrispondente disinformazione o misinformazione. E’ fondamentale capire che l´evidenza della connessione tra il fattore popolazione e le crisi ambientali viene in qualche modo oscurata dai canali d’informazione mainstream diretti al gran pubblico.  Esistono individui, organizzazioni, libri e articoli che contribuiscono alla comprensione di questa connessione, ma sono stati ignorati per decenni. Le voci che ci avvertono del pericolo a venire, sono tacitate da schiere d’ottimisti, che hanno il vantaggio di dire ciò che la gente preferisce credere: Documenti antichi, avvertimenti e reazioni al pericolo dell’aumento della popolazione, sono profeti del peggio a venire. Più´ recentemente tutto cio´ che era facilmente prevedibile è stato già previsto, da Mark Twain ad Aldous Huxley, il quale ha trovato anche il colpevole nella figura degli scienziati, che ad un certo punto dimenticarono d’essere uomini e divennero specialisti. Lo specialista è generalmente colui che si disinteressa dei risultati a lungo termine di ciò´ che eventualmente scopre. Huxley aveva delle idee chiare sulle conseguenze dell’intervento della tecnologia, proterva alleata degli aiuti umanitari: "Satana sapeva che nutrire significa procreare. ... Nei vecchi tempi quando la gente faceva l´amore, si limitata ad accrescere l´indice di mortalità infantile e a deludere l´attesa di una vita nuova. Ma dopo l´arrivo delle navi, cariche di viveri tutto cambio´. La copulazione si risolveva in popolazione....Si Satana aveva previsto tutto: il passaggio dalla fame ai viveri importati, dai viveri importati all´incremento demografico, dall´incremento demografico di nuovo alla fame ...”. ...( da: La scimmia e l´essenza)  
Egli intuiva che più la tecnologia si adopera ad aumentare la capacità di carico degli ecosistemi per nutrire un numero eccedente d’affamati, più l’eterogeneità dei fini detta un ulteriore accrescimento degli stessi, che richiederà sempre nuovi input tecnologici, ignorando l’ovvia soluzione: diminuire il numero delle bocche da sfamare. E’ questa la vera ragione perché la Povertà è sempre con noi: perché noi rincorriamo continuamente la sempre crescente moltitudine dei poveri. Recentemente degli scienziati hanno avvertito che l´attuale crescita della popolazione è insostenibile. La Royal Society of London e i rappresentanti di 58 accademie dell’US National Academy of Sciences, s’incontrarono a New Delhi il 24-27 Ottobre 1993, nel ''Science Summit' on World Population”. I firmatari del manifesto concludevano che il continuo incremento della popolazione mettesse a rischio l´umanità e proposero zero population growth per tutto il periodo di vita dei loro figli. Lo stesso anno, 99 premi Nobel hanno emesso un avvertimento all’umanità per stabilizzare la popolazione, causa della distruzione ambientale. (Detjen, 1992) Queste sono eccezioni.  Nel mondo delle grandi istituzioni internazionali, abbiamo la FAO, che finora è riuscita a nutrire anche troppo bene tutti i suoi funzionari ed impiegati ma non i poveri del mondo; la WHO, che ripete la parabola di Sisifo; l´UNICEF fortemente politicizzata; la Banca Mondiale , che fa in modo che le somme erogate facciano ritorno ai paesi eroganti. Esse non evidenziano l’aspetto demografico come un rischio, ma come un’opportunità per pubblicizzare la loro raison d’étre. L’unico a segnalare il dramma futuro fu U.Thant, segretario dell´ONU che nel 1969 ebbe il coraggio di affermare : "...dalle informazioni che dispongo, si trae una sola conclusione: abbiamo a disposizione appena dieci anni per impegnarci in un programma globale...di controllo dell’´esplosione demografica...." Son passati quarant´anni e il problema è stato dimenticato. Riferendosi alla recente crisi alimentare, dalle agenzie internazionali si apprende solo che : "Senza aiuti sarà una catastrofe" ( IFAD Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo ) che parla del triplo flagello : povertà, prezzi troppo alti, cambiamento climatico. Ma non di popolazione.  La Chiesa continua ad appellarsi alla solidarietà, colpevolizzando gli occidentali per uno dei pochi errori o crimini che non hanno commesso: l’aumento dei poveri nel Terzo Mondo, dovuto all’eccessivo e troppo rapido aumento di quelle popolazioni. Sperando, nella ricerca della verità, di trovare fonti d’informazione di massa, vediamo che questo problema non raggiunge il pubblico , perché i media che hanno un’ influenza significativa sull’opinione pubblica, lo ignora. A sostegno di questa tesi, mi rifaccio ad un esauriente studio How and Why journalists avoid the Population-Environmant Connection, di T.M. Maher, 1997. Report che in “Tradeoffs: Imperatives of Choice in a High-Tech World” Wenk (1986) si stima che: " Qualsiasi conoscenza in materia di scienza e tecnologia il pubblico generale impara, proviene non dall’educazione ma dai mass media”. I quali suggeriscono al pubblico cosa pensare di un determinato problema.  Per esempio, la causa dell’urban sprawl, l’imperversare dell’edilizia, la costruzione di nuovi sobborghi e la distruzione delle aree verdi, è l’aumento della popolazione, come riconosciuto dagli imprenditori stessi che lo portano come giustificazione per usurpare gli habitat di altre specie e demolire le amenità esistenti. Oltre a sostenere il supporto di centri commerciali, stazioni di servizio, scuole, uffici e altri servizi.. questo sviluppo inarrestabile è accettato come un beneficio per la comunità, ma esso rappresenta una perdita di biodiversità e una perdita netta dell’ambiente naturale planetario. Come i media raccontano questi avvenimenti ? Lo raccontano generalmente separando gli elementi critici . negando la loro connessione. Per esempio, la storia delle specie in pericolo per l’ invasione edilizia,diventa cosi una lacrimosa recriminazione . Ha comunque una soluzione tecnologica: incessanti studi scientifici, protezione di circoscritti habitat, riproduzione e allevamento artificiale, regolazione dei pesticidi, nuove autostrade, usare energie alternative per le macchine, nuovi modelli “ecologici” per le abitazioni, ,limitazione delle licenze edilizie. Queste vengono puntualmente aggirate da un abbraccio tra aziende edilizie, sindacati e comuni interessati e poi denunciate con indignazione dai soliti giornalisti d’assalto e da pochi inermi obiettori che vengono definiti “elitisti” e anti-sviluppo.  
I media tendono ad accusare cause visibili, come la rapacità dell’industria di costruzioni, senza questionare le forze economiche e sociali che spingono gli stessi a distruggere la natura ; e se devono attribuire le ragioni per l’esaurimento di certe risorse come l’acqua, il petrolio o i cereali , si rivolgono a qualche catastrofe naturale o agli speculatori. Ma stabilizzare la popolazione sembra un’opzione politica troppo bizzarra per essere suggerita dai media. Invece i reportages omettono ogni referenza che possa offendere coloro che hanno interesse a sostenere l’aumento della popolazione.  Come spesso è necessario per capire certi fenomeni sociali, dobbiamo seguire il denaro. Il grande capitale, nel tempo della globalizzazione, contribuisce in maniera sostanziale a silenziare il tema sovrappopolazione e terrorizza le popolazioni con il fantasma della scarsità delle nascite, gettando la maschera e mostrando il vero volto degli interessi economici della grande industria multinazionale: numero di consumatori in costante crescita e lavoro a basso presso. Molotch e Lester nel 1974 avevano già individuato quello che è ancor oggi evidente: il contenuto del media riflette gli interessi di coloro che li sostengono, attraverso commissioni pubblicitarie, vedi costruttori e interessi bancari ( v. la faccenda dei subprime in America). Elisabeth Noelle-Neumann (1984) ha suggerito, con la sua teoria “La spirale del silenzio”, che “ I media provvedono a fornire il pubblico di parole e frasi che possono usare per difendere un certo punto di vista.” Indiscutibilmente le persone interpellate dai media sulle questioni ambientali ed economiche, non sembrano affatto consapevoli che la loro situazione sia esacerbata dall’espansione della popolazione: I reporter e gli intervistati sono vittime e complici della stessa miopia causale.  Sottolineiamo quindi le ragioni per questo silenzio:  1) ignoranza del soggetto. Sembra che la maggior parte dei giornalisti sia al di sotto dello standard richiesto dal loro lavoro. Essi tendono a costruire una storia che rifletta un dramma comprensibile al pubblico. Per esempio, molti di essi evidentemente non hanno idea del concetto di carrying capacity, che potrebbe aiutarli a comprendere il problema dello stress imposto sugli ecosistemi.  
2) essi esprimono le opinioni di alcuni gruppi di interessi, attraverso i quali i loro padroni illustrano e pubblicizzano la loro agenda economica e politica. I loro reporting non sono quindi neutrali;  
3) Il problema della correttezza politica, che rosicchia la coscienza collettiva e si esprime nel silenzio - magari per timore di offendere qualche minoranza. Queste ragioni sono state riportate da piu’ di un interessato, che temeva ripercussioni sulla sua reputazione dovute ad accuse di razzismo, xenofobia, o dalla lobby ecclesiastica, pro-life.  Qualsiasi metro si adoperi, si ha sempre torto. La stampa di destra non riconosce che l´economia è sussidiaria all´ambiente, le risorse del pianeta sono finite e non le importa se nel corso dello sviluppo economico a tutti i costi si perdono qualche milione di specie. La stampa di sinistra abbraccia lo slogan cretino: " non è la popolazione, ma il consumo” come se le due non fossero in relazione l´una coll´altra. In effetti, dicono la stessa cosa: che la torta basta per tutti, se viene distribuita in porzioni eguali. L’imperativo è focalizzare l’ attenzione sull’ultimo trend internazionale. Al momento esso è il Global Warming (GW), due anni orsono era di moda la Povertà, temi affrontati con concerti , gadgets e una panoplia di celebrità. In una ridicola intervista , John Lennon, che tutti gli ammiratori del defunto cantante dovrebbero considerare come testimonianza della sua insensatezza, dice che la popolazine, phew, no problem, it will balance itself out. Il Video conferma che i cantanti dovrebbero aprire la bocca solo per cantare o mangiare. Nel caso del nostro, il problema era anche fumare.  La CNN presenta un’ abitante di una delle nazioni piu´ povere del pianeta che si lagnava di non poter nutrire i suoi 6 figli (forse sarebbe stato il caso di regalargli un preservativo – n.d.r.). L’intervistatore mai batte ciglio o commenta queste notizie. Esse sono assolutamente normali, ovvie nella loro neutralità. Nell’ aprile 30 dall´Herald Tribune, si apprende che mancano i fertilizzanti artificiali, derivati dal petrolio , e vera manna dell´aumento della produzione agricola . Essi sono infatti piu’ efficaci di quelli naturali: mezzo chilo di fertilizzante chimico contiene piu´ nutrienti di 50 chili di quello naturale. Jeffrey Sachs, quello della riduzione della povertà, dice che questa è la differenza tra la vita o la morte, essa è una delle cause per cui il mondo ha poche alternative a questa dipendenza dal petrolio, poiché la popolazione aumenta e cosi anche i noveau riches richiedono il loro share di benessere, insieme ai nuovi poveri. Intanto le associazioni ambientaliste dirigono l´attenzione del pubblico attraverso le loro direttive mediatiche sul fattore consumo. E’ il loro mantra, ma Jeffrey McKee dell´Università di Columbus ci avverte che: "Anche se vivessimo come santi vegetariani, avremmo lo stesso impatto negativo sulla biodiversità”. Jane Goodall la protettrice dei primati in Africa è della stessa opinione. ("Heads not footprints stamp out species" da un rapporto del 25 luglio 2003.) Eppure il Corriere della Sera del 28 settembre 2003 riportava ( a fine pagina) che durante una Conferenza in Etiopia, 200 scienziati da 35 differenti paesi dichiararono che 45000 specie di flora Africana stanno sparendo per lo disboscamento dovuto a nuove coltivazioni. Similarmente, un recente articolo del Times di Londra annuncia che i leoni sono minacciati da estinzione perché cacciati per salvare specie domestiche utili all’alimentazione. Eccetera, ho una lunga lista, tutte rigorosamente riportate sui media, distruzioni, carestia, esaurimento di risorse, tutte le catastrofi umanitarie che potete immaginare nella vostra fantasia piu´ sadica, ma senza accusare che esista una relazione causale con il numero di persone che subiscono tali effetti devastanti.  Naturalmente, la domanda che potrebbe essere alla base di un quiz di uno show televisivo popolare sarebbe: "Quale è l´elemento comune a questa notizie?" Semmai troviamo una sclerotica referenza all´aumento della popolazione, è come un´afterthought, messo li distrattamente per giustificare l´ingiustificabile, suscitare compassione in cuori oramai assuefatti al peggio, con la notizia che esiste una fatalità incombente e travolgente come una valanga, una legge inevitabile a cui non possiamo sfuggire ma soltanto accettare perché scritta nel libro del Fato. E’ certo che questa rassegnazione dipenda anche dal riconoscimento che l´istinto a procreare è un imperativo biologico , altrimenti la specie si sarebbe già estinta. Per consolazione, arriva sempre la soluzione tecnologica. La sola cosa importante è di nutrire gli affamati ma senza dare loro una vita vera. Quelli d’altra parte non si accontentano della coltivazione a chilometro zero, ma la vita vera –secondo i canoni dei mass media manipolati dagli interessi economici mondiali- se la vanno a cercare ed emigrano in numero sempre crescente. Di fronte all´inevitabile, i media e I politici vedono negli OGM la salvezza che ci condurrà ad un altro circolo vizioso, già previsto da Aldous Huxley. Ma spunta nell´inconscio collettivo un altro colpevole: l´ingiustizia umana: Non c´è acqua ? essa è distribuita in modo ineguale dalla piu´ grande originatrice di ingiustizia che esista, la natura . Se tanta gente muore laddove non c´è acqua è perchè vivono in luoghi senza acqua. Si dovrebbe calcolare la "human density for unit of productive area.” Che ci direbbe che la terra dove questa gente abita non ha la capacità produttiva di sostenere neanche dieci di loro per metro quadrato, a ogni livello di vita decente. Una schiera di buoni intenzionati ci assicurano che, se eliminassimo tutte le guerre, distribuiamo le risorse equamente, incoraggiamo l´economia di mercato, diritti umani, democrazia, saggezze tradizionali, offriamo solidarietà, globalizziamo, deglobalizziamo, curiamo l´Aids o la malaria, ma non contraccettivi ... allora ? Allora secondo costoro il mondo ridiverrebbe verde e le megalopoli finirebbero di inquinare. Invece , ultimamente l´attenzione dei media si rivolge a un altro problema scottante: la mancanza di nascite nell´Occidente, Europa e Giappone. Singapore incoraggia coppie con iniziative decisamente osè per gli standard puritani dei paesi asiatici: suggerimenti come avere sesso nei sedili posteriori della macchina, inclusi mappe per i luoghi piu’ appartati e altri mating rituals organizzati dal governo.  Già l’Ansa nel 10 luglio 2006 intitolava drammaticamente una notizia: Famiglia: dagli anni '70 il crollo della natalità: “ Sono emersi dunque dati definiti "allarmanti", e cioé che in Italia si è passati in meno di un quarto di secolo da più di 2,7 a meno di 1,2 figli per donna: la capacità di fare bambini della società italiana, in soli 25 anni, si è ridotta di quasi tre volte.” Dunque, il problema è un altro: siamo troppo pochi. Non importa che la densità della popolazione in italia sia del 197,5 al km2, che ci pone i già menzionati problemi di occupazione del suolo. (la ricca Australia ha una densità di 2,6…) Per l’ Europa, in generale, il declino delle nascite è la metafora del declino della nostra civilizzazione. Dappertutto, culle vuote e incentivi finanziari per procreare. Ma quale fu il numero di cittadini di Atene al tempo di Pericle ?  E se contiamo sul numero di Conferenze sulla Popolazione che si sono susseguite nel passato, e già menzionate , dobbiamo riconoscere che il soggetto doveva essere riconosciuto come importante. Importante ma tabu’. Il soggetto è potenzialmente esplosivo, per le sue ramificazioni ideologiche e perché per sua stessa natura induce una specie di “scale paralysis” che prende qualsiasi dirigente che debba affrontare decisioni impopolari dal punto di vista politico, sociale e morale. L´United Nation World Summit on Sustainable Development , focalizzato sullo sviluppo dell´Agenda 21, era una buona occasione per sollevare la questione. E cosi il Millennium Development Goals: gli otto obiettivi non comprendono la sovrapoppolazione, ma l´eliminazione della povertà. Si continua a non vedere la connessione e la vera origine del problema. In caso che aveste perduto il tema, tutte queste Conferenze Internazionali parlano di povertà e della sua eliminazione e , come quella del Cairo, dei Diritti della Donna ma sempre vista come madre pronta a prolificare.  Intanto, sono andata a vedermi il Bollettino dell´Earth Negotiation (ENB) pubblicato dall´International Institute for Sustainable Development (IISD), ma non ho trovato il problema popolazione. Quando ho telefonato per sapere il perché di questa omissione, mi fu risposto che il problema apparteneva a un´altra Istituzione dell´ONU, la Population Division. La maggior parte delle discussioni post Johannesburg e Millennium Goals assumono la posizione dello struzzo. Leggendo le risoluzioni passate e presenti ( e presumo future), sono tutte un labirinto di non-eventi, concernenti formalità e formule per accedere ad altri eventi, specificazioni di azioni spiegate in maniera da perdere il loro significato originale e disegnate allo scopo di confondere e occultare il vero problema. Gli incontri prendono tempo per organizzare altri incontri inconcludenti, dove verranno formate nuove Commissioni e Gruppi, tutti espressi in acronimi, nel caso consueto che non si possano pronunciare i loro titoli. A un certo punto, con l´arrivo degli esperti che devono presentare rapporti sulla desertificazione, per esempio, l´accumulazione delle conoscenze senza relazione ad altre conoscenze è cosi vasta che ogni persona sana di mente rinuncia a pensare che si possa arrivare a una soluzione ai problemi espressi in un farragginoso burocratese (infarcito di politically correct) che non è comprensibile da nessuno.  In conclusione, sono convinta che la comunicazione sia una priorità, che non ci si puo’ chiudere dentro se stessi ma rivolgersi al vasto pubblico. E’ essenziale l’aiuto delle comunicazioni di massa che possono anche convincere la politica dell’importanza del fattore Popolazione. Gli stessi politici devono sapere che è loro dovere diffondere le “cattive notizie”, perché la situazione è grave, e piu´ la si ignora piu´ diviene intrattabile. Spero di avere aiutato a dimostrare l’urgenza della ignorata connessione tra i problemi del pianeta e la sovrappopolazione, cosi come la necessità della cooperazione dei media nonché di tutte le forze responsabili che ne sono a conoscenza, per influenzare e diffondere questa consapevolezza. Queste influenze si rinforzano mutualmente e sinergicamente per un incentivo alla auto regolazione delle nascite e l’appoggio di strumenti adeguati per favorire la sua attuazione. I politici che cercano di convincerci che la sostituzione di efficienti lampadine e il ciclo virtuoso dei rifiuti possano salvare il pianeta, dovranno rivolgere la loro attenzione verso un cambiamento di priorità dei loro cittadini.  La rivoluzione dei costumi puo’, anzi deve, cominciare da una rigorosa ed onesta informazione . Ma…..