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giovedì 29 giugno 2017

La confessione del banchiere

In un'intervista del finanziere Matteo Raminghi, chief investment officer di Ubs, sul mensile finanziario Patrimoni (numero di maggio), il banchiere riferisce su quali asset puntare per un solido portafoglio che assicuri buoni rendimenti nei prossimi anni. L'intervista, sotto il titolo di " I mega trend da cavalcare" riporta in maniera chiara quale futuro i grandi gruppi finanziari si aspettano nell'arco dei prossimi anni e disegnano uno scenario particolarmente interessante per chi si occupa di ecologia. Si deduce infatti che le banche e la finanza si aspetta molti guadagni dalla crescita esplosiva della popolazione e dalle nuove opportunità' create da migrazioni e crescita delle megalopoli, dall'invecchiamento della popolazione e persino dalla crescita della criminalità . L'intervista dice molto sugli orientamenti economici e politici dei poteri nazionali e sovranazionali che ci governano e per noi che denunciamo la crisi planetaria dovuta alla crescita eccessiva della popolazione umana suona come una sirena di allarme. Dobbiamo opporci finche' siamo in tempo, prima che la barca del pianeta terra affondi nel mare della irresponsabilità che ci sta portando alla rovina.
Riporto parte dell'intervista, quella che contiene i punti salienti che ci interessano:
D: Nei portafogli dei vostri clienti si inseriscono ancora investimenti con ottiche di lungo periodo?
R:Nell'ambito di un portafoglio diversificato, tutta la componente azionaria andrebbe presa in considerazione con un orizzonte di medio-lungo termine. Inoltre, ha sicuramente senso destinare una porzione a investimenti di ampio respiro che puntino a trarre beneficio da quei cambiamenti strutturali di natura ambientale, demografica, tecnologica: i cosiddetti mega trend, che creano molteplici opportunità d'investimento a lungo termine.Alcune società e settori potranno beneficiare di questi cambiamenti strutturali raggiungendo una crescita dei ricavi ben superiore e stabile, rispetto alla crescita economica.
D: Quali sono i mega trend da seguire?
R: Ci sono tre mega trend destinati a modificare gli assetti ambientali, sociali ed economici nel corso dei prossimi anni e dei prossimi decenni. L'aumento della popolazione : secondo l'Onu si arriverà a 10 miliardi di persone entro il 2050, dai 7,3 miliardi odierni. Per rendere l'idea del tasso di crescita , la popolazione mondiale sarà più che triplicata rispetto al 1950. L'invecchiamento: la vita media si sta allungando in tutto il mondo e tra oggi e il 2050 la popolazione di oltre 65 anni sarà quasi triplicata, superando per numero i giovani sotto i 25 anni. L'urbanesimo: negli anni '90, la popolazione rurale superava quella urbana. Al momento sono equivalenti ma tra venti anni la popolazione urbana sarà il doppio di quella rurale , mentre quasi il 10 % degli abitanti del pianeta risiederà in appena 41 metropoli. Potremmo, inoltre, aggiungere anche la quarta rivoluzione industriale che, attraverso l'utilizzo di robotica e intelligenza artificiale, modifica radicalmente i processi produttivi.
D: Come si possono concretamente sfruttare questi mega trend?
R: Partiamo dall'aumento della popolazione, che apre scenari importanti per le società che si occupano, per esempio, di agricoltura, gestione delle risorse idriche, infrastrutture ecc. Per quanto riguarda le risorse idriche, basti pensare che l'aumento della popolazione mondiale, il miglioramento del tenore di vita e l'industrializzazione dei mercati emergenti ( con i conseguenti consumi di energia specialmente da fonti fossili) accrescono la domanda di acqua potabile, mentre l'assenza di infrastrutture e il cambiamento climatico ne limitano la disponibilità. Il trattamento e la gestione dell'acqua e le infrastrutture idriche potranno quindi crescere a un tasso medio del 6% annuo. Se prendiamo in considerazione l'invecchiamento della popolazione, esso creera domanda di numerosi servizi. Tra i bisogni più impellenti vi e sicuramente quello di nuovi medicinali, in particolare per la cura delle malattie oncologiche. Per le società farmaceutiche attive nello sviluppo di farmaci di nuova generazione si apriranno importanti opportunità di crescita, che vediamo anche per il settore finanziario. Con i figli del baby boom che si avviano alla fine della carriera lavorativa, il numero di pensionati e destinato a salire vertiginosamente in rapporto alle persone in attivita lavorativa. Se consideriamo che i governi delle principali economie avanzate sono concentrati sul contenimento della spesa pubblica, per le società finanziarie si aprono notevoli opportunità di offrire soluzioni integrative a sostegno dei sistemi pensionistici.
D: E per quanto riguarda l'urbanesimo?
R: Un simile sviluppo delle metropoli porta con se nuovi spazi, per esempio, per le infrastrutture (altro cemento ndr) legate ai trasporti. Ma l'aumento della densità e delle differenze sociali portera anche a una maggiore domanda di sicurezza (leggi: più crimini ndr). Si tratta di una esigenza che tocca tutti gli aspetti della nostra vita: dalla prevenzione del terrorismo alla cybersecurity, dalla protezione delle infrastrutture da parte degli stati alla tutela dei dati da parte delle aziende, fino alla necessita per i consumatori di poter fare affidamento sulla qualità di prodotti come gli alimenti per i neonati, i segnalatori di fumo e gli allarmi antincendio. Si tratta, a nostro avviso, di un tema prevalentemente difensivo, all'interno di un mercato la cui crescita nei prossimi anni dovrebbe aggirarsi tra il 5 e il 10 %.
Queste sono le aspettative e gli intendimenti del potere finanziario e della grande impresa. Sembra che per banche e grandi imprese il pianeta sia una risorsa infinita e che le risorse naturali siano senza fine. Persino la carenza o l'esaurimento delle risorse fondamentali come l'acqua sono considerate opportunità di speculazione finanziaria. In questa allucinante intervista il manager Ubs confessa sinceramente che la grande finanza punta sulla crescita della popolazione e dei consumi, e che addirittura si aspetta di sfruttare commercialmente anche gli spetti negativi come l'invecchiamento di grandi masse di persone e l'insicurezza sociale derivante dall'aumento della criminalità , il terrorismo e i fenomeni migratori. Il finanziere vede una grande opportunità di crescita del Pil e dei consumi nello sviluppo delle megalopoli e nel progresso tecnologico, in particolare la robotizzazione. Ovviamente anche la cementificazione, la costruzione di infrastrutture, la distruzione del verde e delle foreste, l'aumento dei consumi energetici e le emissioni di gas tossici sono per questi ecocriminali fonti di ulteriori guadagni. Non manca nulla a questo punto per capire una amara verità': chi cerca di salvare il pianeta dalle conseguenze catastrofiche della sovrappopolazione umana e dell'aumento esponenziale dei consumi (a quella collegato) si trova di fronte l'ostilità del potere finanziario e industriale insieme alla stupidita' di chi nega l'evidenza della sovrappopolazione per motivi ideologici e antropocentrici. Anche se la presa di coscienza si sta allargando, la lotta sarà ancora lunga.

sabato 24 giugno 2017

Il ritorno delle tribù

E' dal gennaio del 2017 che al Viminale si vedono strani personaggi di carnagione olivastra o francamente scura con abiti variopinti. Sembrano arrivare dal deserto, ed in effetti è così. Si incontrano con funzionari del ministero o a volte con lo stesso ministro Minniti. Si tratta di capi clan del deserto del Fezzan nel sud della Libia. Cosa vengono a discutere gli sheik libici con il ministero degli interni italiano? Di varie cose, ma essenzialmente di terrorismo jihadista, di traffici illeciti di esseri umani e di investimenti per lo sviluppo delle aree più remote del Fezzan. Il governo italiano confida sugli sheik per arrestare il flusso interminabile di popolazioni subsahariane che cercano di raggiungere l'Italia via mare. Anche se di poco, finalmente qualcosa si muove, dopo anni di immobilismo (gli anni di Alfano per intenderci). Cosa indicano questi strani incontri? Che per risolvere crisi epocali ormai le grandi potenze contano poco, e che bisogna tornare a trattare con i capi tribù.
Non è solo un fenomeno che ha a che fare con l'Italia. Anche Petreus, l'ex capo delle operazioni militari americane in Medio Oriente, per risolvere almeno in parte la guerriglia in Iraq dovette discutere e arrivare a compromessi con gli sheik delle tribù irachene. Del resto, come spiega Maurizio Molinari nel suo ultimo libro: il ritorno delle Tribù, nel mondo arabo-musulmano Stati come Libia, Siria, Yemen, Iraq e Somalia si sono polverizzati in realtà locali, claniche, tribali e militari in conflitto tra loro e altre nazioni come l'Egitto, il Libano e l'Algeria temono di subire analoga sorte non riuscendo a esercitare la piena sovranità su parte dei propri territori. Il ritorno delle tribù non è solo un fenomeno mediorientale. Anche in Occidente si assiste alla fine dello Stato nazione, senza che si intraveda una soluzione alternativa. Da noi il processo che ha portato alla fine delle stato-nazione viene da lontano, con i grandi conflitti europei del 900.Dopo l'esito catastrofico di quei conflitti, si è cercato di costruire una sovrastruttura Statale come la UE che potesse creare nuove aspettative al posto degli interessi nazionali, ma anche l'Unione Europea sembra cedere sotto la tendenza alla frammentazione tra singole entità loco-regionali e, addirittura, ad una regressione a disuguaglianze e plurime etnie che minano alla base ogni ideale di unità. Si tratta di un effetto di due fattori tra loro collegati: la grande crisi economica che dall'inizio del terzo millennio ha accompagnato la globalizzazione dell'economia, e l'esplodere degli effetti della sovrappopolazione planetaria con il collasso ambientale e gli epocali spostamenti di popolazioni in cerca di risorse e benessere. Le società dei paesi occidentali hanno subito così anche esse una sorta di tribalizzazione: l'impoverimento ha portato a maggiori conflitti interni, a posizioni di estremismo, a populismi ma anche a imposizioni del politicamente corretto da parte delle classi dominanti che perseguono i loro interessi. Lo Stato si è trasformato così da campo di conciliazione tra interessi diversi, in campo di conflitto aperto tra gruppi contrapposti. Il popolo ha perso la sua unità frammentandosi su posizioni poco conciliabili tra loro. Il sentimento di appartenere ad una nazione e ad una patria si è annullato. E' emblematico, nel marasma generale dei valori in Occidente, un piccolo episodio avvenuto durante i colloqui al Viminale. Mentre da noi si discute di togliere ogni valore di appartenenza con lo ius soli, i capi tribù libici - come racconta Molinari nel suo libro- così hanno risposto a Minniti che chiedeva quali valori e quali punti di vista volessero portare avanti gli sheik: "noi ci riconosciamo nel valore del sangue e dell'onore". Minniti, rappresentante di uno stato che non ha ormai più nessuna appartenenza e considera ogni richiamo alla propria etnia come razzismo, se l'è cavata rispondendo che da calabrese poteva capirli bene.
Il fenomeno dei migranti crea un collegamento diretto tra l'indebolimento degli stati da cui provengono, in Africa e Asia, e il malessere sociale di quelli dove arrivano, in Occidente. Il processo di frammentazione delle democrazie industriali è in pieno svolgimento su entrambe le sponde dell'Atlantico e investe anche l'Italia. Il prevalere su scala globale degli interessi delle potenze russa e cinese, poco attente ai valori democratici, riflette il crearsi di nuovi autoritarismi anche su scala globale oltre a quella locale. Le tribù si espandono, lo stato di diritto arretra.
La crisi dello stato nazione si vede chiaramente nelle periferie delle grandi città europee: si assiste infatti alla creazione di nuove enclave "tribali" dove a zone abitate in prevalenza dalle classi medie impoverite autoctone (dire italiane ormai suona strano), si alternano zone abitate quasi esclusivamente da popolazioni immigrate che portano con sé le proprie abitudini e la propria religione. E' facile che tra queste comunità parcellizzate, in presenza di uno stato che non ha più autorità e valori da far rispettare, si generino conflitti e contrasti anche violenti, come già avvenuto in molte città del nord europa. Ed anche la percezione della sicurezza collettiva vien meno, generando paure ed estremismi più o meno populistici. Quello che colpisce è la sensazione di fallimento della democrazia nella capacità di guidare e controllare gli impetuosi processi di cambiamento delle nostre società e della geopolitica mondiale. La democrazia perde il significato che aveva prima : di partecipazione di un popolo alle decisioni politiche principali attraverso istituzioni rappresentative, per trasformarsi in società conflittuali dove si contrappongono i diritti di gruppi opposti costituiti o da gruppi economici (classi impoverite, lavoratori, disoccupati ecc.) o da gruppi etnico-culturali (islamici, orientali, africani ecc.). Le vecchie istituzioni, fatte per lo stato nazione, non reggono alla crisi e si aprono prospettive che possono evolvere o in nuovi equilibri o in esplosioni di violenza. In presenza di regole non condivise, il declino economico diviene stabile e porta alla insicurezza sociale diffusa. Alla trasformazione cui stiamo assistendo sotto i nostri occhi contribuisce in maniera decisiva l'esplosione demografica incontrollata che aggrava sia la crisi economica e la fine dello stato nazione, che il collasso ambientale. Ma di questo purtroppo nessuno parla, e neanche nel libro , pur interessante e condivisibile di Molinari, si trova alcun cenno al problema.

domenica 11 giugno 2017

La liberazione del figlio di Gheddafi

Uno dei più grandi disastri della storia recente lo dobbiamo al premio Nobel (preventivo) Obama. In combutta con il Presidente francese Sarkozy ( e la partecipazione un po forzata del premier italiano di allora Berlusconi) fu deciso di rimuovere il dittatore Gheddafi per favorire la primavera araba. Come con gli altri disastri di Obama (vedi Siria) al posto della primavera venne l'inverno, anzi l'Inferno. Scannamenti, fucilazioni e una guerra crudele come poche altre mai seguirono al progetto di reintrodurre la democrazia di Montesquieu e Tocqueville in mezzo alle tribù di predoni della Cirenaica. Ovviamente i quattro bombardieri americani e i due francesi, vista la mala parata, dopo aver fatto la bella missione si dileguarono alle rispettive basi senza più far ritorno sul posto e fregandosene completamente del post-intervento. Cavoli per l'Italia, affari suoi. Isis e bande di tagliagole si spartirono il territorio libico senza che il presidente premio Nobel e il dandy francese facessero più nulla. Evitarono perfino di parlarne. Dal disastro è emersa un'unica grande industria della nuova primavera obamiana: quella degli scafisti che a suon di dollari hanno cominciato a traghettare centinaia di migliaia di migranti alle nostre navi militari e a quelle delle Ong. Queste, nel più completo disinteresse delle autorità di governo italiane, lucrano sulla mafia libica e sulla coglioneria nazionale onde realizzare i loro scopi ideologici e commerciali. Corollario delle imprese obamiane è la nuova politica della UE e delle principali nazioni del nord europa: chiusura delle frontiere con l'Italia con la sospensione dell'accordo di Shenghen. La Merkel ha anche provveduto da par suo a risolvere il problema dei profughi che tansitavano dai balcani: sei miliardi di euro all'anno alla Turchia hanno chiuso il passaggio. Col cerino in mano è rimasta l'Italia, ma non è una novità. La dabbenaggine dei governanti di questo disgraziato paese si è vista quando alle malefatte si è unita la beffa: l'ex presidente americano è stato invitato in Italia con grandi festeggiamenti per tenere conferenze lautamente retribuite , quasi a ringraziarlo per averci regalato trecentomila immigrati all'anno (ma alla Siria è andata peggio: seicentomila morti e tre milioni di profughi). Oggi si viene a sapere che il figlio di Gheddafi è stato liberato dalla sua prigione a Tripoli. Sperare che dietro ci siano i servizi italiani è pura follia. Noi i criminali li liberiamo si, ma in Italia e dalle carceri italiane. Dietro questa liberazione ci sta la Cia (e la nuova amministrazione Usa) o ancor più probabilmente i russi e i servizi egiziani che cercano di porre rimedio agli ultimi anni di disastri. Il generale Haftar ha tutto l'interesse ad appoggiarsi alla tribù di Gheddafi per vincere la partita con il fantoccio dell'Onu, tal Serraj, scelto come uomo da supportare dall'Italia non si sa per ordine di chi e che ha difficoltà a governare anche il palazzo in cui risiede. L'unica nostra speranza è che la liberazione del figlio dell'ex capo tribù e dittatore locale rafforzi le prospettive di un governo forte almeno nel nord della Libia. Un accordo con un eventuale futuro dittatore sul modello di quello della Merkel con Erdogan potrebbe essere efficace. Solo così si riuscirà a limitare l'afflusso nei prossimi anni di milioni di africani nel nostro già super-antropizzato territorio. Nessun governo italiano, sia esso rappresentato da Grillo, Salvini o Renzi potrebbe fare nulla, a parte le chiacchiere di cui sono tutti capaci. Quanto all'Unione Europea continuerà a fregarsene e a lasciarci affogare nel mediterraneo. Ecco a cosa ci ha ridotti una Europa inconsistente e inesistente e una Italia politica da barzelletta: a sperare in un nuovo dittatore libico.