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sabato 21 marzo 2015

Effetto Risorse: La popolazione è il vero problema



Sul blog di Ugo Bardi una importante novità: per la prima volta si riconosce nella sovrappopolazione e nella abnorme spaventosa crescita numerica  della specie Homo nell'ultimo secolo, la causa principale della catastrofe ambientale e climatica cui è avviato il pianeta Terra. Si afferma finalmente in maniera diretta  che la crescita dei consumi e delle emissioni è funzione derivata ed esponenziale della crescita della popolazione  con una densità e tipologia di occupazione di suolo  di tipo "urbano" che ormai interessa tutto il pianeta. Il post di Bardi è una conferma di quanto andiamo dicendo da anni noi che vediamo la causa di tutta la degenerazione ambientale  nella eccessiva natalità e nella sovrappopolazione della specie umana.  Dopo la cecità che ha interessato tanti movimenti verdi e ambientalisti per anni, sono sempre più numerosi gli ambientalisti che riconoscono il tema della sovrappopolazione come il primo problema del pianeta. Sta cadendo il tabù per cui era finora impossibile anche solo "accennare " alla questione. Si torna così a valorizzare  la giusta analisi di  quanto affermavano i pionieri della causa per la salvaguardia e la salvezza del pianeta come Paul Ehrlich, Aurelio Peccei e il Club di Roma, Lester Brown e tutti gli altri grandi ambientalisti che denunciarono per primi il problema  della sovrappopolazione umana.

Si può leggere l'intervento sul blog di Ugo Bardi a questo link:

Effetto Risorse: La popolazione è il vero problema

venerdì 13 marzo 2015

Dan Brown: la sovrappopolazione è il problema

Ricordo che non molti anni fa a parlare di sovrappopolazione si veniva considerati dei pazzi, dei tipi stravaganti. Qualcuno riteneva che denunciare il problema dei troppi umani sul pianeta fosse una posizione anti-umanista, che si volessero sterminare le persone, fino a rasentare il disumano. Solo in pochi riuscivano a comprendere che invece la preoccupazione per la sovrappopolazione del pianeta è propria di chi tiene all'uomo, alla sua sopravvivenza, al significato della sua presenza sulla terra, alla lotta contro la massificazione e la perdita di senso di una umanità che per i suoi numeri spaventosi diviene una macchina di replicazione di prodotti e consumi, con il rischio che l'uomo stesso divenga prodotto da consumare.
La consapevolezza del problema, lentamente ma in maniera inarrestabile, si sta diffondendo. Sono sempre di più le persone che si rendono conto che nessun rientro nei limiti, sia nei consumi che nelle emissioni, sarà possibile senza un rientro nei limiti di quella che è la causa di fondo: l'eccessiva popolazione umana,la sua crescita spaventosa nell'ultimo secolo, i tassi di natalità ancora troppo alti. Non sarà possibile salvare le foreste, risparmiare i suoli verdi, mantenere uno sviluppo sostenibile, assicurare a tutti cibo e acqua, impedire il surriscaldamento dell'atmosfera, diminuire i tossici e i prodotti chimici che intossicano terreni e corsi d'acqua, laghi e mari, nulla di questo sarà possibile se non interverremo bloccando l'esplosione demografica della specie Homo.

Un segno della nuova consapevolezza sono i tanti libri che si pubblicano sul tema, sempre più numerosi. E' lontano il tempo delle pubblicazioni isolate di Paul Ehrlich, uno dei primi a denunciare il pericolo per il pianeta. Oggi anche scrittori di romanzi e divulgatori parlano del problema.
Uno di questi è Dan Brown che sul tema ha scritto il suo romanzo : L'Inferno. Riporto una sintesi della recensione che Massimo Gaggi ha fatto del libro in cui il tema della sovrappopolazione viene proposto al grande pubblico dei lettori.



L’ultima fatica letteraria di Dan Brown – «Inferno» – potrà legittimamente piacere o meno; ma c’è una cosa che è fuori discussione: la problematica trattata è attualissima e dovrebbe essere affrontata. Non si parla più del Sacro Graal, degli illuminati o degli antichi segreti della massoneria, questa volta il professor Robert Langdon porta i lettori a conoscenza del grandeproblema della sovrappopolazione mondiale.
Nell’anno 1000 la popolazione mondiale era pari a 310 milioni; nel 1800 a 978, nel 1900 a 1,5 miliardi; nel 2000 a 6,07; nel 2010 a 6,97; e secondo la proiezione dell’Onu nel 2050 saremo 9 miliardi. Se il pianeta Terra fosse in grado si sopportare tale quantità allora non sussisterebbe nessun problema. Ma tutte le grandi emergenze ambientali sono strettamente collegate al problema della sovrappopolazione.
L’innalzamento delle temperature è dovuto al grande utilizzo dei combustibili fossili come petrolio, carbone e metano. Come ricorda Il Corriere della Sera, dal 1750 il carbonio presente nell’atmosfera è aumentato di 270 miliardi di tonnellate. Di sicuro non ha aiutato il fatto che dal 2005, anno di entrata in vigore del protocollo di Kyoto, a oggi, le principali 93 banche del mondo hanno investito in progetti su centrali a carbone più di 232 miliardi di euro, nonostante molte abbiano annunciato impegni sull’ambiente.
Secondo la Fao dal 1950 al 2050 l’ammontare di acqua potabile pro capite scenderà del 73 per cento. Già oggi sono quasi 4 miliardi le persone a rischio per insufficienza d’acqua e 5 milioni i morti per malattie legate alla sua scarsità o per mancanza di servizi igienico-sanitari di base. Sempre secondo la Fao l’aumento della popolazione mondiale porterà ad un aumento della domanda di acqua dolce di 64 miliardi di metri cubi all’anno e ad un aumento della domanda di cibo tra il 70% e il 100% per il 2050; una cifra enorme se si pensa che per produrre la quantità di cibo che una persona consuma in un giorno servono tra i 2 mila e i 5 mila litri d’acqua.
Nel 2011 un rapporto del Wwf affermava: «il mondo si prepara a perdere 55,5 milioni di ettari di foreste entro il 2020, anche se si adotteranno misure urgenti per ridurre la deforestazione». La Fao stima che ogni minuto vengono distrutti 10 ettari di foreste nel mondo, l’equivalente di oltre 20 campi di calcio.
Dan Brown
Copertina di «Inferno» ( sixprint.it )
Greenpeace ha recentemente affermato che la concentrazione dell’anidride carbonica in atmosfera ha superato le 400 parti per milione (ppm), un record storico perché non succedeva da almeno 3 milioni di anni. Dai 37 miliardi di tonnellate di co2 emessi del 1990, si è passati ai 45 del 2005, ai 49 del 2010, e la proiezione, nel caso prosegua il trend attuale, porterà a 52-57 miliardi nel 2020.
Uno studio dell’università di Reading pubblicato da Nature Climate Change ha affermato che nel 2050, se la crescita delle emissioni venisse interrotta nel 2016 e la loro quantità ridotta del 5%, ogni anno in quelli successivi tra 39 e 68 milioni di persone non avrebbero il problema della siccità, e tra 100 e 161 milioni avrebbero un rischio molto ridotto di inondazioni.
L’Oms ha affermato che i cambiamenti climatici – i quali sono imputabili all’uomo – ed i fenomeni ad essi collegati hanno fatto registrare 150 mila morti nel mondo nell’anno 2000. A distanza di dieci anni tale cifra risulterebbe essersi addirittura raddoppiata, con 300 mila vittime a causa dell’effetto clima.
Il dato più inquietante è però quello del Forum internazionale promosso da Barilla Center for Food and Nutrition (Bcfn) del novembre 2012: mantenere l’attuale stile di vita richiederà tre pianeti nel 2050 solo per soddisfare il fabbisogno alimentare.
Forse questa volta Dan Brown dovrebbe essere ringraziato per aver portato all’attenzione dell’opinione pubblica questo problema di cui si parla poco e che dovrebbe essere affrontato con estrema rapidità dalle autorità competenti. Altrimenti le conseguenze potrebbero essere catastrofiche. Non vi è dubbio che la Terra riuscirà a ritrovare un nuovo equilibrio, ma non è detto che esso comprenda la presenza dell’uomo.

mercoledì 4 marzo 2015

Grattacieli si e no: quell’antimodernismo che blocca l’Italia



Ho sempre sostenuto su questo blog che la risposta alla crisi ecologica epocale che sta investendo il pianeta non può essere data con una ricetta anti-modernista. La tigre va cavalcata. La tecnologia e la scienza sono un destino dell’uomo e indietro non si torna, perché indietro non si può tornare. Sostengo, al contrario di chi crede nella decrescita tout court e nel ritorno all’economia agricolo-pastorale, che proprio dalla tecnologia e dalla scienza verranno le svolte in grado di mutare la corsa al collasso ambientale della biosfera. Tutti coloro che seguono il blog sanno che credo nella nuova energia della fusione nucleare, credo nella automazione e nei sistemi tecnologici in grado di assicurare una coesistenza tra uomo e ambiente terrestre. La lotta per l’ambiente si fa utilizzando la modernità, non contrastandola. Il mondo si avvia ai nove miliardi di abitanti e nonostante i nostri sforzi per invertire la crescita demografica, tutto lascia credere che li raggiungeremo entro i prossimi 10-20 anni. In questa situazione il processo di inurbamento della popolazione continuerà a ritmi sostenuti in tutto il globo, Italia compresa. Per questo mi sono dichiarato sempre favorevole alla edificazione di grattacieli nelle moderne periferie delle grandi città, comprese quelle italiane. Il processo di antropizzazione che sta rapidamente cambiando la Terra avviene con un consumo di territorio sempre più veloce. L’espansione della presenza umana sulla Terra non è tuttavia bidimensionale, ma tridimensionale, avviene cioè per volumetrie. Nelle periferie urbane e nei progetti di urbanizzazione si parla di “volumetria urbana” per indicare, in metri cubi, la trasformazione del territorio. Al fine di ridurre il consumo di suolo e l’impatto ambientale di una edificazione diffusa e deregolamentata, propongo quindi di utilizzare quello che già avviene in tutte le megalopoli del pianeta: la volumetria in altezza, l’edificazione di megastrutture (grattacieli) sviluppate in altezza che abbiano sistemi di recupero e conservazione energetica tecnologicamente avanzati. Illudersi che l’impatto della ulteriore crescita demografica non ci sarà è appunto una illusione. L’impatto già esiste e l’arrivo di centinaia di migliaia di immigrati alle nostre coste ne è solo un sintomo parziale. L’espansione della cementificazione sul residuo territorio verde  del nostro paese e in quello di tutta l’Europa ne sarà il certo corollario nei prossimi anni. Per questo è necessario prevedere l’espansione inevitabile della presenza umana e  creare il nuovo ambiente antropizzato utilizzando le migliori tecniche edilizie al fine di minimizzare la necessaria  trasformazione ambientale. E’ soprattutto fondamentale  risparmiare il territorio verde, per conservarlo come territorio agricolo o forestale e mantenere per quanto possibile il paesaggio naturale. A tal fine le città che dovranno accogliere nei prossimi anni milioni di cittadini non possono che crescere in altezza con edifici ad alta compatibilità ambientale come i grattacieli di ultima generazione. Tale edilizia ha anche una importante ricaduta economica e occupazionale.
Il Qatar ha comprato nei giorni scorsi con la cifra di 2 miliardi di dollari il gruppo di grattacieli di Milano, appena costruito in occasione della inaugurazione dell’Expo. La cifra, enorme in una economia stagnante come quella attuale italiana, rende l’idea dell’importanza che possono rivestire le giuste scelte urbanistiche ai fini di uno sviluppo del paese che sia al tempo stesso eco-compatibile ed economicamente vantaggioso. L’alternativa è la crescita caotica, dispersiva, ecologicamente disastrosa, di forte impatto e degrado ambientale che ha caratterizzato l’urbanizzazione italiana dal dopoguerra ad oggi, con edifici sciatti, mal costruiti, senza risparmio energetico, mal coibentati, termodisperdenti e fortemente inquinanti. Le periferie delle grandi città italiane testimoniano visivamente il fallimento del criterio spontaneistico e caotico che ha dominato l’urbanistica italiana negli ultimi decenni.
Le città italiane sono cresciute finora e crescono ancora oggi per apposizioni spontanee, con una edilizia d’accatto fatta da famiglie o da piccoli costruttori, spesso in maniera abusiva e comunque al di fuori di un serio piano regolatore. La politica ha le sue colpe in questo disastro urbanistico, architettonico e culturale italiano. Nessuno ha un disegno, nessuno ha un criterio estetico (qualunque esso sia), non vi sono progetti basati su un’idea di futuro. Nulla di nulla. Qualsiasi progetto suscita ripulsa dai soliti nichilisti che odiano le imprese che utilizzano l’alta tecnologia, viene osteggiato chiunque abbia un’idea di sviluppo delle città, un disegno intelligente sul futuro. Tutto il processo di espansione edilizia, al contrario,  secondo costoro – tra cui spiccano i famigerati movimenti sedicenti ecologisti-  deve essere lasciato allo spontaneismo popolare, l’unico concetto tollerato.  Il risultato sono la terzomondizzazione delle cittò italiane, il degrado estremo della struttura urbana, la perdita della qualità della vita, il contrasto tra le città vecchie dei centri storici ricche di arte e di bellezza, e le periferie degradate.
Riporto qui di seguito un articolo tratto dal Corriere sul grattacielo milanese Torre Solaria in cui si specifica alcune caratteristiche della nuova costruzione insieme ad una breve intervista all’architetto che ha guidato il progetto.

"Li incontri già negli ascensori, in ciabatte o diretti verso i parcheggi sotterranei. Sono i nuovi abitanti della torre Solaria, il grattacielo residenziale più alto d'Italia (143 metri di altezza), che svetta nel nuovo quartiere di Porta Nuova-Varesine sviluppato da Hines Italia Sgr. Solamente in una decina hanno già preso possesso delle loro abitazioni, ma i rogiti vanno avanti velocemente e l'85% delle unità sono già state vendute. Presto la torre verrà quasi interamente popolata dai suoi inquilini. «Sul mercato il progetto ha avuto subito un grande successo», afferma l'architetto Bernardo Fort-Brescia che insieme a Laurinda Spear dello studio Arquitectonica di Miami ha disegnato le torri Solaria e Aria (rispettivamente 34 e 17 piani). L'architetto ci ha accompagnato in un tour esclusivo a visitare gli interni del grattacielo.
Alcuni nuovi residenti appena insediati è possibile già incontrarli in ascensore. Alcuni indossano vestiti comodi o addirittura solamente una tuta. Non è di certo perché non si possano permettere abiti più eleganti, visto che per acquistare una casa da sogno nel grattacielo in questione hanno speso in media 9.600 euro al metro quadro. La verità è che probabilmente sono diretti al piano A, quello delle Amenities (scritto in inglese, nonostante la maggior parte degli acquirenti siano italiani) dove si trovano la piscina indoor, la palestra e le aree comuni. Il piano A è appena sotto il primo piano, che in realtà a sua volta è un settimo piano rispetto al livello del suolo: la torre, infatti, posa su un basamento rialzato sotto il quale sono previsti negozi e un'area predisposta per grandi eventi e manifestazioni. Per andare ai parcheggi i residenti devono per forza passare dalla reception, aperta nella hall principale 24 ore su 24: i parcheggi non sono collegati direttamente con le abitazioni per motivi di sicurezza. «Le residenze nelle torri – ci spiega Fort-Brescia – sono state progettate pensando a inquilini che le abitassero tutti i giorni. Non c'è un target specifico, ma abbiamo pensato solamente ad intercettare i bisogni dei futuri residenti della città di Milano. Abbiamo progettato per gli abitanti del posto».
Per questo motivo il team dello studio Architectonica di Miami, guidato da Fort-Brescia (che per l'occasione ha risvegliato le sue origini, per metà italiane da parte di madre ligure), prima di cimentarsi nel design di Solaria e Aria ha condotto diversi studi sul modo di abitare a Milano. «Tutti innanzitutto mi chiedevano la ventilazione naturale in ogni stanza – elenca l'architetto che ha chiesto ai milanesi cosa volevano nelle loro case del futuro – compresa in cucina e in bagno. Poi la luce da più di un lato della casa, se possibile con tripla e perché no addirittura quadrupla esposizione. Grandi finestre per non dover accendere la luce durante il giorno, la circolazione dell'aria in tutte le stanze per non dipendere dall'aria condizionata. Insomma tutti aspetti che rendono la casa davvero sostenibile». A tutte queste richieste ha cercato di rispondere il team di Arquitectonica.
L'architetto, mentre visita per la prima la sua torre volta rifinita e pronta ad essere abitata, sottolinea come a New York un edificio del genere avrebbe potuto essere un semplice parallelepipedo, con appartamenti esposti solamente da un lato, e incontrare lo stesso il successo sul mercato. «In realtà queste richieste – aggiunge l'architetto – hanno rappresentato per noi una sfida. Se devi avere una grande finestra in ogni stanza devi calcolare un perimetro che lo consenta, moltiplicando i punti di vista. Nel progetto della Solaria non c'è ripetizione o modularità. Ho cercato di fare qualcosa che fosse molto più organico, meno industriale, e molto più vicino al modo di pensare di vivere oggi in modo sostenibile nelle nostre case».
L'ultimo rischio da scongiurare è che queste torri restino delle cattedrali nel deserto, abitate per lo più da stranieri. «Per questo sono state inserite in un progetto che prevede diverse destinazioni d'uso, non solo uffici», precisa Fort-Brescia. Secondo gli ultimi dati diffusi da Hines, gli acquisti dei "non italiani" sono in crescita. «Oggi definire un acquirente di una casa straniero è davvero difficile – precisa l'architetto – Anche a New York, Miami o Parigi gli stranieri diventano persone del posto, fanno business nella città, per motivi di lavoro ci vivono, spendono il loro tempo qui. E quindi comprano un appartamento e non vivono in hotel»."