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venerdì 31 agosto 2012

L’OSCENA PERIFERIA DELLE CITTA’ ITALIANE

Mi sono sempre chiesto le ragioni della bruttezza delle periferie moderne delle città italiane. Essa contrasta con la bellezza dei centri storici. Viene ovvia la domanda del perché di questa differenza: eppure nel medioevo o nei primi secoli dell’evo moderno non c’erano tecniche di costruzione raffinate né i materiali che abbiamo oggi. Verrebbe quasi da pensare che le classi colte e potenti di allora avessero una sensibilità estetica ed artistica superiore a quelle di noi moderni che abbiamo fatto tanti scempi. La devastazione delle città e del paesaggio italiano, continua anche ora, giorno per giorno e si calcola che più di cento ettari di territorio verde al giorno vengano cementificati dalla hybris costruttiva (o meglio distruttiva) degli italiani. E’ vero che tutto il territorio europeo è devastato e ormai ridotto ad un continuum di asfalto e cemento. Ma almeno in Europa del Nord si seguono dei criteri che, per quanto devastanti per l’ambiente e il paesaggio originario, danno luogo a edifici e strutture urbanistiche vivibili. Da noi la devastazione è completamente disorganizzata, esteticamente orrida, senza alcuna sensibilità civile e culturale. Le città italiane oggi crescono secondo due modelli. Il primo è la speculazione edilizia intorno ai cosidetti Centri Commerciali, veri centri nevralgici usati come paravento dietro cui si progetta una vorace cementificazione da parte dei grandi interessi finanziari e delle imprese costruttrici. Il secondo modello è l’abusivismo puro, frutto della mancanza di controllo di legalità, dalla corruzione, dall’assenza dello stato, dai condoni reiterati. Si tratta di abusivismo dietro cui fioriscono interessi illeciti e solo marginalmente è collegato a reali esigenze abitative di individui e famiglie prive di alloggio. Sul tema del disastro della città italiana e del consumo di suoli interviene il più noto studioso italiano di storia dell’Architettura: Leonardo Benevolo. Nel suo ultimo libro “Il tracollo dell’Urbanistica italiana” tenta di dare una spiegazione allo scempio del paesaggio urbano in Italia: tra le cause, forse al primo posto è “il groviglio legislativo con il quale si trovano ad operare progettisti e tecnici comunali, che appesantisce la formazione degli strumenti urbanistici con una quantità di adempimenti e approfondimenti…”. A ciò si aggiunge la stratificazione delle competenze tra circoscrizioni, comune, provincia, regioni e stato, complicata ulteriormente dai vari uffici, sovrintendenze, prefetture ecc. ecc. I piani regolatori, quando ci sono, sono strumenti di una complessità e prolissità che li vedono suddivisi in componenti strutturali (continuamente riaggiornate e modificate a seconda degli interessi in campo), e componenti operative che per definizione sono provvisorie, la cui durata coincide spesso con quella del mandato amministrativo (“piano del sindaco”). La mancanza, alla fine, di un concreto e certo potere politico in grado di decidere, prepara il campo alla illegalità, all’abusivismo, alla corruzione a tutti i livelli. “La nuova legislazione tutela sempre più la somma di denaro impiegata e sempre meno i manufatti reali” spesso costruiti a risparmio, senza criteri di estetica, di bilancio energetico, di impatto ambientale e di compatibilità culturale con il resto della città e del territorio. Così si è disintegrato alla radice l’universo culturale, storico, ambientale delle campagne e delle città italiane. Mentre in Germania esiste nelle varie città un responsabile generale delle costruzioni, l’Oberbaudirektor, che non è nominato dall’amministrazione ma direttamente eletto dai cittadini, in Italia non esiste un decisore responsabile dei progetti ma un continuo rimpallarsi tra le varie amministrazioni e anche la Regione, cui spetterebbe un ruolo decisivo, è paralizzata dai veti reciproci tra istituzioni e interessi contrapposti. Ormai, specie in alcune grandi città, come Roma ad esempio, si costruisce solo “in deroga” al P.R. La promozione delle costruzioni da parte dell’autorità comunale avviene così in base a intese fatte volta per volta con i privati (sempre gli stessi!) concedendo l’urbanizzazione di terreni sia edificabili che non edificabili secondo il P.R. Con varianti estemporanee fatte in base a scambi di favori, a finanziamenti poco chiari e probabilmente a corruzione, si superano le formalità della legge. Nascono così squallidi complessi di edifici grigi, tutti uguali, fatti a stampo, la cui unica ragione di sussistenza è di far parte di “nuove centralità” come vengono eufemisticamente definiti i Centri Commerciali. Per evitare le contestazioni e i ricorsi legali spesso si concedono licenze sempre più lontane nella periferia, aggravando il problema dei trasporti e finendo di distruggere il poco verde rimasto intorno alle città. Quanta differenza con la città storica, cresciuta intorno a cattedrali, a piazze ed edifici simbolo delle istituzioni, della cultura e della civiltà. Il risultato finale di tutto questo è lo spaventoso degrado del paesaggio urbano italiano, il consumo di territorio verde,le città invivibili e intasate dal traffico, la rete ormai ininterrotta di strutture cementizie e asfalto che degrada campagne, colline, laghi, fiumi e coste italiane, con danni irreparabili alla bellezza, alla cultura, ma anche al benessere, allo stile di vita, al turismo del nostro paese sempre più indietro nelle graduatorie dei paesi che attraggono visitatori. E’ lontano il tempo in cui i grandi uomini di cultura come Goethe, Stendhal, Byron, descrivevano ammirati lo straordinario paesaggio italiano. Oggi non crederebbero ai loro occhi per la stupidità dimostrata dagli italiani per come si sono comportati e si continuano a comportare verso il loro paese.

giovedì 30 agosto 2012

Polo Nord: mai così poco ghiaccio

Polo Nord: mai così poco ghiaccio - Video - Corriere TV

Il Pianeta scricchiola. Il Polo Nord sta perdendo i ghiacci a vista d'occhio. Il Polo è il nostro refrigeratore, il sistema che ci assicura il clima temperato, contrastando l'espansione della bolla africana. Inoltre il Polo Nord regola le correnti del Golfo assicurando la stabilità del clima. Purtroppo nessuno fa nulla. L'immissione di anidride in atmosfera per la combustione di gas, petrolio e carbone continua come nulla fosse, anzi aumenta giorno per giorno. L'opera di autodistruzione dell'uomo continua tra l'indifferenza di molti e la stupidità di alcuni.

giovedì 23 agosto 2012

Jorgen Randers: la Terra a rischio collasso entro i prossimi 40 anni


Il Club di Roma (storico gruppo che riunisce scienziati, industriali, economisti e capi di stato che si interessano di ambiente e di revisione del modello di sviluppo in chiave sostenibile), ha recentemente presentato la pubblicazione di Jorgen Randers “2052: A Global Forecast for the Next Forty Years“.
Le sue conclusioni sono sufficientemente inquietanti e sorprendenti, tali da  avviare il dibattito sulla necessità di un cambiamento fondamentale. Purtroppo l'opinione pubblica mondiale, ma soprattutto i governi non stanno assumendo iniziative per un cambiamento dei modelli di sviluppo   e produzione. Nessuno dei governanti si preoccupa dei problemi relativi alla sostenibilità della popolazione del pianeta, avviata purtroppo verso i 9 miliardi entro qualche decennio. La democrazia e l'economia sono basate su visioni a breve termine, con una conseguente lenta risposta alle sfide della società rispetto all'ambiente, che necessitano di soluzioni a lungo termine e investimenti. Il processo di adattamento dell'umanità ai limiti del pianeta è troppo lento, ed il trend demografico -nonostante la stabilizzazione di alcuni paesi nel mondo sviluppato- tende a crescere in modo tale che nei prossimi quarant'anni è previsto il possibile collasso della biosfera. In particolare il rischio principale deriva dai cambiamenti climatici dovuti alla combustione degli idrocarburi per produrre l'energia necessaria a sostenere i nove miliardi di umani. Secondo il Club di Roma il PIL globale crescerà, ma molto più lentamente di quanto generalmente previsto a causa della lenta crescita della produttività nelle economie mature, e la mancanza di decollo dell'economia nei 186 paesi più poveri. 
Le emissioni di CO2 raggiungeranno il picco nel 2030, nonostante i tentativi di  riduzione delle emissioni di carbonio per fonti di energia e calore. La concentrazione di CO2 e altri gas serra crescerà, e la temperatura media globale passerà la soglia di pericolo di +2 C entro il 2050, e il picco a 2.8 C nel 2080, che potrebbe innescare un ciclo auto-rinforzante di riscaldamento "run-away", con un possibile collasso della biosfera nella seconda metà del 21 ° secolo.
Nei prossimi 18 mesi il Club di Roma lancerà un dibattito a livello mondiale  "Shaping Future" sul futuro del pianeta. Scopo dell'iniziativa e' chiedersi: cosa sarà il mondo nei prossimi 40 anni? Dove ci portano  le dinamiche attuali ? Quale sarà il tipo di mondo in cui vogliamo vivere? Come possiamo trasformarlo in realtà e con interventi concreti ed efficaci?
Il Club di Roma nella campagna affronterà le cause all'origine della crisi sistemica da una serie di   importanti punti di vista: la necessità di un diverso insieme di valori che sottendono la società e l'economia, la necessità di cambiare la teoria economica e pratica per salvaguardare le risorse. Soprattutto si tratta di riconsiderare l'uomo: non più il centro dell'Universo ma un componente della natura che va tutelata nel suo complesso.
Il Club di Roma intende aprire un sito web con lo scopo di raccogliere le opinioni e le proposte per un radicale cambiamento del rapporto tra uomo e natura nei vari aspetti sociali, economici, demografici, etici. Verrà lanciata una campagna   nel mese di aprile, 100 anni dopo l'affondamento del Titanic, un simbolo   dell' hybris dell'uomo e della miopia con cui abbiamo gestito il pianeta. Si tratta di un forum aperto per sviluppare idee sul perché abbiamo bisogno di cambiare rotta se vogliamo un futuro. 
(Il testo sopra riportato è una sintesi del post pubblicato nel sito del Club di Roma).

A commento del nuovo libro di Randers posso dire che, a differenza di tanti testi pubblicati dagli ecologisti politicamente corretti, mette al primo punto della sua denuncia il problema della sovrappopolazione, sottolineando come da essa dipende ogni altra questione ambientale, in primo luogo l'immissione in atmosfera della CO2 che sta portando al cambiamento climatico e al collasso ambientale. La riduzione graduale dei tassi di natalità consentirà di ridurre i consumi, modificare la produzione, investire più risorse in ricerca e tecnologie pulite. Insieme a quello demografico il problema dell'energia sarà quello fondamentale per tentare di salvare il pianeta. Forse siamo già ad un punto di non ritorno, ma il messaggio del libro è che vale la pena di tentare, e di tentare ORA. Dobbiamo discutere di tutto, compreso l'adeguatezza della democrazia e del sistema finanziario ed economico del libero mercato ad affrontare il problema. E non ci dobbiamo illudere, perché illuderci ora può essere fatale. Bisogna essere chiari sulle rinnovabili. Sperare che su di esse si possa fare affidamento ESCLUSIVO per sostituire gli idrocarburi è pura ingenuità, che può divenire idiozia in presenza della tragedia incombente. Randers denuncia che ogni anno l'attività umana immette il doppio della quantità di CO2 che possono assorbire la vagetazione e gli oceani, e questo trend non tende a modificarsi nonostante i protocolli ( tipo Kyoto) e le sovvenzioni alle rinnovabili.  Accelerare la ricerca sul nucleare di ultima generazione e lo sviluppo e costruzione di nuove centrali potrebbe consentire una graduale ma importante riduzione delle immissioni di anidride carbonica e dell'effetto serra. 

martedì 14 agosto 2012

Intervista al Prof. Francesco Celani dell’INFN di Frascati

Intervista al Prof. Francesco Celani dell’INFN di Frascati

In questa intervista, raccolta prima della dimostrazione del reattore LENR al INWeek, Il Professor Celani spiega nei dettagli lo stato degli studi sulle LENR e i possibili sviluppi della nuova energia.
(Dal sito italialivetube.it)

domenica 12 agosto 2012

QUELLO STRANO SILENZIO DEI VERDI SU LOVELOCK E GAIA



Nulla ci illumina su quello che sono diventati i verdi, quanto il modo in cui il movimento ha trattato James Lovelock, uno dei  più grandi ambientalisti. 
Quando Lovelock presentò l’ipotesi di Gaia nel 1979  fu da tutti giubilato come il nuovo teorico dell’ambientalismo. Ma il consenso intorno a Lovelock e alla sua idea della Terra come sistema olistico da parte dell’ambientalismo mainstream è durato poco. Oggi si evita di parlare delle teorie intorno a Gaia, e il nome di Lovelock non è pronunciabile in nessuna assemblea verde, non è politicamente corretto. Chi ne parla rischia l’isolamento politico.  Si tratta, banalmente, di epurazione. I verdi si stanno burocratizzando e strutturando come potere di lobbies.  Ricordano sempre di più il vecchio PCUS:  se qualcuno si azzarda a dire qualcosa che si discosta minimamente dalla linea politica ufficiale,  viene spedito metaforicamente in Siberia o, a volte, fatto sparire (sempre metaforicamente) senza tanti complimenti. La rimozione del “colpevole” è brutale e totale: come nei partiti ideologici del novecento ne viene persino cancellata l’immagine dalle foto ufficiali. Questo è capitato anche a Lovelock.   Cosa ha detto di tanto grave il  padre di Gaia per cadere in disgrazia politica presso i rappresentanti   dell’ambientalismo internazionale?
La carriera di Lovelock è stata quella di un grande dell’ecologia: non ha solo formulato la teoria della Terra come sistema complesso olistico, ha anche contribuito a individuare il problema del CFC e del buco dell’ozono portando allo studio e alla realizzazione di misure che hanno fatto regredire in gran parte il danno.  Ha inventato un analizzatore in grado di misurare minime quantità di inquinanti. Ha scoperto le complesse interazioni tra l’ambiente biologico marino, la produzione da parte delle alghe di alcuni derivati dello zolfo (dimetilsolfuri) e la loro influenza sui sistemi nuvolosi e il regime di precipitazioni.  Ha studiato i complessi equilibri dei gas dell’atmosfera terrestre comparandoli con quelli dei pianeti morti come Marte e Venere. Ha messo a punto una teoria del riscaldamento globale e ha denunciato i pericoli che corre la terra per l’effetto serra.
La teoria di Gaia, mal accettata all’inizio dall’ambiente scientifico soprattutto per il nome mitologico, esprime invece una verità scientifica lampante: tutti i sistemi biologici del pianeta sono interconnessi tra loro da una serie di feed-back e a loro volta interagiscono con l’ambiente geo-fisico circostante modificandolo continuamente. Le relazioni Darwiniane vanno quindi riviste: non sono solo le specie viventi ad evolversi ma tutto il complesso sistema che comprende l’atmosfera, il regime delle acque, la composizione dei suoli ecc.  I primi ad opporsi furono i neo-darwiniani, poi gli ambienti scientifici tradizionalisti. Infine, dopo una iniziale accettazione, anche i movimenti politici verdi che vedevano messi in discussione l’ideologia dei diritti assoluti dell’uomo su tutto il resto. Lovelock esprime le sue critiche ai verdi con parole chiare:

“Io non sono mai stato completamente dalla parte dell’ambientalismo, perché credo che l’interesse di quel movimento sia quasi sempre concentrato sugli esseri umani e non sulla Terra. Mi sembra che gli ambientalisti non capiscano questo, e cioè che se non ci prenderemo cura del nostro pianeta, l’Uomo e la sua civiltà saranno i primi a soffrirne.”
……….
“Il rapporto fra Gaia e l’ambientalismo non è mai stato facile. Mi sembra di considerare la politica ambientalista proprio come Gorge Orwell guardava al socialismo dei suoi tempi.  Il mio cuore è con gli ambientalisti, ma vedo le loro buone intenzioni vanificate dall’incapacità di comprendere che la difesa dei diritti dell’uomo da sola non basta.  Se, distratti dalla preoccupazione per gli esseri umani, trascureremo di prenderci cura di tutte le altre forme di vita presenti sulla Terra, la nostra civiltà finirà per soffrirne, e noi patiremo con essa. Mi chiedo se nel XXI secolo, quando i sinistri effetti del riscaldamento globale diverranno evidenti, non rimpiangeremo la nostra eccessiva attenzione per l’uomo, che ci ha spinto a continuare a bruciare combustibili fossili e a saccheggiare il mondo naturale per ricavarne cibo.  La nostra sfiducia nell’energia nucleare e nel cibo geneticamente modificato è ragionevole? Condivido il disincanto di Patrick Moore nei confronti dell’ambientalismo.  Moore fu uno dei fondatori di Greenpeace, ma come me ha una visione orwelliana delle lobbies ambientaliste odierne”.
(James Lovelock: Omaggio a Gaia.  Boringhieri 2002,  pag.11 e 26).

E’ in base a posizioni come queste  che si delineano le  accuse di deviazionismo, filo-nuclearismo, che il Movimento Verde rivolge a James Lovelock. Ecco un breve riepilogo dei fatti che i burocrati verdi addebitano a Lovelock:

1)       AVERE INTRODOTTO IN ECOLOGIA LA TESI DI GAIA, RITENUTA IRRAZIONALE, ANTI-SCIENTIFICA E CONTRARIA AI DIRITTI UMANI E AL POTERE ASSOLUTO DELL'UOMO.

2)       AVER RIVALUTATO IL NUCLEARE PROPRIO COME VIA DI USCITA AL DISASTRO INCOMBENTE DEL RISCALDAMENTO DEL PIANETA PER L’EFFETTO SERRA E L'AVER DICHIARATO LE SCORIE NUCLEARI UN PROBLEMA RISOLVIBILE, MENO GRAVE  DELLE EMISSIONI DI GAS SERRA E ALTRI INQUINANTI DELL'ATTIVITA' UMANA.

3)       ESSERE DIVENTATO NEL 2008 UN COMPONENTE DI OPTIMUM POPULATION TRUST E DI AVER DENUNCIATO LA SOVRAPPOPOLAZIONE UMANA COME IL PRIMO PROBLEMA DELLA TERRA.  DI AVER ADERITO ALLA CAMPAGNA PER LA GRADUALE RIDUZIONE DEI TASSI DI NATALITA’ E PER LA RIDUZIONE  DELLA POPOLAZIONE UMANA AD UN LIVELLO SOSTENIBILE PER IL PIANETA.


 Per i verdi le colpe sopra riportate sono sufficienti per la condanna del colpevole, la sua epurazione  e la damnatio memoriae. La condanna si estende ovviamente, secondo la buona scuola staliniana,  a tutti i suoi scritti e ai suoi seguaci. Alle idee espresse dal malcapitato viene messa la sordina ed è vietato solo nominarle in pubblicazioni e congressi.

Finisco raccontando un piccolo aneddoto. Lovelock vive   in una piccolo cottage isolato nella campagna inglese. Tiene sulla sua scrivania una riproduzione di torre eolica per la produzione elettrica dal vento. La usa durante le visite degli ospiti, per fare sarcasmo con grosse risate parlando delle illusioni dei verdi  sulle rinnovabili e, indicando il mulino a vento elettrico sul suo tavolo, sogghigna: “vogliono salvare il mondo con queste cazzate…”

mercoledì 8 agosto 2012

AUSTIN (USA): LA FUSIONE FREDDA-LENR DI CELANI FUNZIONA




National Instruments, una grande azienda americana che produce strumenti per ingegneri e scienziati, ha sponsorizzato una dimostrazione di un reattore  nickel-idrogeno (gas),che utilizza un filo di nickel, rame e manganese e una particolare lavorazione micronizzata dell'interfaccia,   lunedi 6 agosto alla   sua annuale fiera NI Week presso il Convention Center di Austin nel Texas. 
 James Truchard, co-fondatore, presidente e chief executive officer di National Instruments,ha dichiarato di  essere  molto interessato alla ricerca LENR.
Francesco Celani, fisico    dell'  Istituto Nazionale di Fisica Nucleare a Frascati, Italia, ha portato un dispositivo LENR da lui  sviluppato che utilizza gas idrogeno e un filo di nickel trattato in modo speciale. Il concetto è stato lanciato da un altro italiano, Francesco Piantelli, nel 1990. Celani ha portato il proprio dispositivo alla mostra, già precaricato con gas di idrogeno in quanto per ragioni di sicurezza non era possibile introdurre nello stand bombole di idrogeno. Il fisico italiano ha poi avviato il dispositivo dopo aver sistemato dei rilevatori di corrente elettrica in entrata  e di energia termica prodotta, con un sistema di rilevamento e misurazione  elaborato dai tecnici di N.I.
L’utilizzo dell’idrogeno gassoso invece del deuterio risale a Piantelli che era stato
ispirato, in parte, dall'annuncio 1989 da Stanley Pons e Martin Fleischmann della loro scoperta sulla "cold fusion". Ma il concetto Piantelli era radicalmente diverso da quello di Pons-Fleischmann   perché Piantelli usa idrogeno non deuterio, e opera in una fase di gas, piuttosto che in una configurazione elettrolitica.

Celani ha ripreso l’utilizzazione dell’idrogeno gassoso probabilmente in seguito allo sviluppo dell’apparecchio di Rossi e Focardi (collaboratore di Piantelli).

Letts un esperto indipendente presente alla dimostrazione di Austin, ha detto che l'esperimento utilizza un filo sottile di nichel ed altri metalli (Cu-Mn) con una particolare struttura micronizzata e che è racchiuso in una camera. Tale camera è riempita con gas idrogeno.  In genere, l'idrogeno si trova a pressione nella camera per circa tre giorni e viene assorbito  nel filo Cu-Ni-Mn. Il calore in eccesso comincia ad apparire dopo questo periodo di carico.
Per questa dimostrazione, Celani e collaboratori hanno caricato il filo di nickel per tre giorni a Roma prima di portarlo in Texas.  Poi hanno preso il filo che era stato pre-caricato a Roma e lo hanno sottoposto a nuovo carico con idrogeno nel laboratorio di Letts' nella notte di Domenica.
(Nella foto sopra: Francesco Celani con il Professor Hagelstein del Mit, ieri ad Austin.)

Riferisce Letts: "Non appena abbiamo applicato l'energia elettrica a basso voltaggio al sistema nichelcromo-wire-idrogeno si è prodotto un riscaldamento (48 Watt DC) e abbiamo iniziato a vedere subito  il calore in eccesso. Non c'era periodo di incubazione. Celani ha posizionato  otto termocoppie nel reattore, e misurò tra 58 e 68 watt di calore in  uscita. Così,  il mini- reattore  ha prodotto una media di 10 watt di calore in eccesso in maniera  continuativa da quando  abbiamo iniziato, alle 01:00, fino a quando siamo partiti, alle 7 di sera -. Per sei ore ".  Successivamente il dispositivo a continuato a funzionare (ieri notte era a 55 ore continuative) e con picchi di produzione di energia anche di 22 watt in eccesso (dichiarazione di Celani).
Celani ha messo nella cella un altro filo inerte attraverso cui fa passare la stessa quantità di corrente, che ha la funzione di rappresentare la linea base su cui misurare la produzione termica sul filo attivo.
Letts rivela   che National Instruments ha fornito tre ingegneri (tra cui Brian Glass)  per aiutare con la configurazione e per la misurazione dell’energia prodotta.
"Gli ingegneri di National Instruments hanno fatto un lavoro fantastico nel mettere tutto insieme e fare il cablaggio e ottenere tutte le parti di cui avevamo bisogno", ha detto.
Celani ha così dimostrato che le LENR sono potenzialmente una nuova fonte di energia con bassissimi costi e senza produzione di materiali radioattivi o inquinanti.
N.I. crede nelle possibilità delle LENR ed infatti ah invitato a partecipare alla NI Week anche altri esperti e studiosi del settore. Tra qualche giorno (forse oggi stesso) dovrebbe parlare Robert Godes della Brillouin che esporrà –probabilmente con dimostrazione diretta- il funzionamento e l’efficienza del suo reattore per il quale ha chiesto il brevetto in US, dichiarando tra l’altro che il sistema è già in fase avanzata con un controllo della produzione di calore stabile e continua nel tempo.
E’ prevista anche la partecipazione di Takahashi. Professore emerito all’Università di  Osaka, che esporrà i risultati della ricerca sulle LENR  e lo studio di un reattore presso la Kobe-Technova.
Concludo riferendo che la dimostrazione del reattore di Celani è avvenuta di fronte a 5000 partecipanti e davanti a molti ingegneri ed esperti del settore.  Probabilmente è un passo importante per il futuro sviluppo della tecnologia LENR, anche se molti elementi sono ancora da chiarire (in primo luogo se sono effettivamente in gioco reazioni nucleari, o interazioni di altro genere) e molti studi sono ancora necessari dal punto di vista pratico e soprattutto teorico. I fautori delle LENR però hanno sicuramente segnato un punto a proprio favore.

(Fonte: New Energy Times, blog 22 passi di Daniele Passerini).

sabato 4 agosto 2012

NOVITA' DA BOEING E NASA SULLA FUSIONE FREDDA




LA BOEING E LA NASA INSERISCONO LE LENR-FUSIONE FREDDA IN UN PROGETTO PER UN NUOVO AEREO A BASSE EMISSIONI
L'interesse che il progetto dimostra da parte della  Boeing e della Nasa  è un indicatore del reale e crescente riconoscimento della ricerca sulle LENR (cosiddetta Fusione Fredda), tecnologia  che può contribuire in maniera determinante ad abbattere le emissioni di carbonio libero e i rischi sempre più evidenti di disastro climatico. Tutti sanno che un contributo determinante all'effetto serra è dovuto all'enorme immissione nell'alta atmosfera dei gas combusti di carbonio e particolati  derivati dall'uso di idrocarburi nei motori degli aerei, in particolare negli ultimi decenni che hanno visto un aumento esplosivo del traffico aereo. L'interesse della Boeing e della Nasa non può essere casuale ma evidentemente deriva da una conoscenza diretta dei risultati sempre più eclatanti dei vari gruppi di ricerca sulle LENR in particolare di quelli ottenuti dal gruppo di ricercatori che studiano le reazioni nucleari a bassa energia al MIT di Boston.

Il documento, intitolato  "Subsonic Ultra Green Aircraft Research Phase-II: N+4 Advanced Concept Development," è stato scritto da Marty K. Bradley e Christopher K. Droney di Boeing Research and Technology e preparato per la NASA dal Langley Research Center.

Il documento è il risultato di un lavoro di squadra da parte di Boeing Research and Technology, Boeing Commercial Airplanes, General Electric e il Georgia Institute of Technology per la progettazione aerospaziale (Laboratorio Sistemi) che hanno lo scopo di identificare e analizzare i concetti e le tecnologie avanzate per gli aerei che potranno volare nel periodo 2030-2035.
Il documento può essere letto integralmente qui

 Tra i partecipanti ai workshop  tenuti per elaborare il testo vi erano rappresentanti della Federal Aviation Authority e Virginia Tech.

Il gruppo di studio composto da tecnici qualificati  ha riconosciuto le caratteristiche ormai accertate in molti studi delle eccedenze di energia ottenibili dalle  LENR: alta densità di potenza, emissioni ridotte e basso impatto ambientale. La relazione  ipotizza che il rapporto calore-potenza del reattore rispetto al peso del dispositivo basato sulla tecnologia delle LENR è in grado di offrire un notevole risparmio sui costi - il 33 per cento meno- rispetto ad   un velivolo convenzionale alimentato con le fonti tradizionali.

Il rapporto afferma: "Il gruppo ha identificato che il sistema LENR potrebbe avere enormi benefici, ma i rischi tecnici sono estremamente elevati" e che "un importante passo avanti nella tecnologia nucleare avrebbe un impatto significativo su tutta la struttura energetica in tutto il mondo."

 Allego un  capitolo del rapporto in cui si tratta delle LENR:


3.0 LENR Requirements Analysis 
The idea of using a Low Energy Nuclear Reactor (LENR) was discussed at the N+4 Workshop, 
both as a ground-based source of energy to create electricity or hydrogen, and an aircraft- 
carried power source for primary propulsion. Given the potential of clean zero-emissions 
energy, further work was identified for both applications. Nuclear energy is a potential source 
of clean low cost energy that should be considered in a detailed energy study (see Section 4.0). 
In this section we will discuss the potential and requirements for a flying LENR application for 
aviation. 
Since a LENR is essentially a source of heat, a heat engine of some kind is needed to produce 
useful work that can create an integrated propulsion system for an aircraft. It was decided to do 
a relatively simple study to determine the range of LENR and heat engine performance that 
would produce an aircraft competitive to a conventional fueled aircraft. 
Some potential heat engine cycles with representative engine power to weight ratios are shown 
in Figure 3.1. Heat engine power to weight is a strong function of delta temperature from the 
LENR. Achievable LENR delta temperature is not known at this time and is beyond the scope of 
this current investigation. Nevertheless, we decided to parametrically vary the LENR and heat 
engine power per weight and apply a top level operating cost model. Even though we do not 
know the specific cost of the LENR itself, we assumed a cost of jet fuel at $4/gallon and weight 
based aircraft cost. We were able to calculate cost per mile for the LENR equipped aircraft 
compared to a conventional aircraft (Figure 3.2). Looking at the plots, one could select a point 
where the projected cost per mile is 33% less than a conventionally powered aircraft (Heat 
engine > 1 HP/lb & LENR > 3.5 HP/lb). Since the power requirements are significantly different 
at cruise compared to takeoff and climb, we also investigated a hybrid case where batteries and 
an electric motor are used to supplement the heat engine + LENR at takeoff. This yielded 
significantly improved results (Figure 3.3) which required lower LENR and heat engine 
performance levels (Heat engine > 0.4 HP/lb, LENR > 1 HP/lb, & Batteries > 225 Wh/kg). 
These numbers are illustrative only, as other combinations could yield useful propulsion and 
power systems, and the results are dependent on cost and performance assumptions. 
However, the numbers should be useful in establishing initial system goals for LENR concepts. 
NASA Contract NNL08AA16B – NNL11AA00T – Subsonic Ultra Green Aircraft Research – Phase II 
N+4 Advanced Concept Development 

 http://newenergytimes.com/v2/news/2012/20120500NASA-CR-2012-217556-HeatEnginePerPound.jpg







giovedì 2 agosto 2012

LA DISASTROSA CONFERENZA DI RIO 2012



Confesso di averci provato. Sotto una calura asfissiante oggi 2 agosto, ho provato a leggere il comunicato finale della conferenza di Rio 2012.  Si tratta di un papier di 53 pagine e 283 capitoli. Un’impresa sovrumana perché il documento è noiosissimo, infarcito di politically correct (i vocaboli più ricorrenti sono equality, equal rights and opportunities, cooperation,  poverty eradication, sustainable development). L’intento era di capire se nel documento si citasse il problema sovrappopolazione. Ho cercato per ore. Nulla di nulla. Dopo ore di lettura ho scoperto che per la conferenza di Rio  il problema del boom demografico non esiste. I fenomeni migratori sono semplicemente una sfida che dobbiamo affrontare: “Through forward- looking planning, we can seize the opportunities and address the challenges associated with demographic change, including migration. “ Cavolo, non ci voleva una conferenza internazionale per sapere che dobbiamo affrontare e accettare l’immigrazione!
Nel lunghissimo tedioso testo appena si accenna al fatto che si sta correndo verso i 9 miliardi di umani: . We acknowledge that with  the world’s population projected to exceed 9 billion by 2050 with an estimated two thirds living in cities, we need to increase our efforts to achieve sustainable development and, in particular, the eradication of poverty, hunger and preventable  diseases”. Fare qualcosa per rallentare la crescita demografica? Nulla di nulla. Non è un problema. Anzi non viene mai nominato il problema demografico. E’ un tabù. Così la causa e il fondamento del problema ambientale, quello da cui scaturisce tutto il resto, l’immane crescita demografica della specie homo che pone a rischio tutto l’ecosistema,  compresa la sopravvivenza delle altre specie viventi, per i grandi cervelloni riuniti a Rio  semplicemente non esiste.  Sul fatto che il pianeta si sta surriscaldando sempre più velocemente, che i ghiacciai e i poli si stiano sciogliendo e che ci stiamo avviando verso un disastro planetario immane, si fa un breve accenno richiamando soltanto il protocollo di Kyoto: “We urge parties to the United Nations Framework Convention on Climate Change and parties to the Kyoto Protocol to fully implement their commitments, as well as decisions adopted under those agreements”. Come se rifarsi ad una conferenza completamente fallita serva a qualcosa. Si chiede di applicare quello che è già stato disapplicato. Si accenna poi alla necessità che a tutti i paesi in via di sviluppo siano assicurati libero accesso alle fonti energetiche e che: “We recognize that improving energy efficiency, increasing the share of
renewable energy and cleaner and energy-efficient technologies are important for  sustainable development, including in addressing climate change”. Se qualcuno mi spiega cosa significano in termini operativi queste frasi generiche, gli sarò grato. Credo non significhino nulla.  Forse i signorini riuniti a Rio non hanno capito che qui ci sta bruciando la terra sotto il culo, che i cambiamenti climatici sono già esplosi e che se continuano a parlare come damerini dell’ovvio qui ci fottiamo il pianeta in men che non si dica. Confesso che dopo aver letto più della metà del mattone, non ce l’ho fatta più. Le ovvietà e le ripetizioni dell’ovvio erano troppe. La cosa grave è che sulla sovrappopolazione si è taciuto non solo ai tavoli ufficiali della conferenza, ma pure fuori, nelle varie sparpagliate libere assembee dei movimenti verdi che la accompagnavano.  Tutti, come i dannati descritti da Dante,  con la testa volta all’indietro – fissi sulle vecchie teorie politiche ottocentesche- a correre verso il baratro del pianeta Terra. Spero che non si facciano più queste conferenze e che si risparmino i soldi che servono a   pagare a queste cariatidi le vacanze “ambientaliste”. 

Riporto il seguente commento del Manifesto: Alla sua conclusione, il vertice di Rio + 20 sullo sviluppo sostenibile, porta a casa una grave sconfitta per le donne di tutto il mondo. Su 190 paesi presenti, il veritce è riuscito a “epurare”  il paragrafo 244 dal testo della Conferenza di Rio +20, sui diritti riproduttivi delle donne e sulla pianificazione familiare, grazie all’alleanza di Vaticano, e al sostegno di alcuni paesi islamici, come Siria ed Egitto, di alcuni stati centroamericani, come il Cile, e la Polonia. Un’azione che nega alle donne l’accesso a mezzi sicuri e poco costosi per la pianificazione familiare, e disimpegna il vertice mondiale su aborto e contraccezione

mercoledì 1 agosto 2012

L'UOMO E LA NATURA AL TEMPO DI OMERO



Il tempo raccontato da Omero risale a 3000 anni fa, il mondo è quasi un paradiso terrestre, la natura è lussureggiante, le acque di fiumi e laghi limpidissime, le cime dei monti innevate e splendenti come diamanti: gli uomini le credono abitate dalle divinità. Il cielo è terso, trasparente, di un azzurro non ancora contaminato dalle polveri sottili e dagli scarichi industriali. La terra intera era popolata solo da 25 milioni di umani (stime del centro studi demografici dell'Onu). Il valore della persona umana era immensamente superiore: quando arrivava un immigrato era una festa di tutto il popolo, come ci ricorda Omero nell'Odissea descrivendo l'arrivo di Ulisse tra i Feaci. Oggi che gli umani sono 7 miliardi, all'arrivo di una barca di immigrati manca poco che si prenda a cannonate lo scafo nella speranza che affondi. L'uomo è divenuto merce, e la merce umana è troppa e non ha più alcun valore. Il mondo ha perso la sua sacralità, il mare, le isole,   le foreste sono solo mezzi che servono per qualcosa e non hanno più alcun valore in sé. Il mare serve  per navigare o per scaricarci i rifiuti, come risorsa di cibo da svuotare fino al limite estremo, le isole  per fare turismo o commercio, le foreste per abbattere e farne legname e terra da sfruttare.
Riporto uno dei brani più belli e intensi dell'Odissea, nella traduzione straordinaria di Quasimodo che rende il  senso vero alle parole antiche e ci riporta al sentimento degli uomini di 3000 anni fa:

Zeus manda Ermes da Calipso


Così disse, e subito ubbidiva il messaggero veloce;
e si legò ai piedi i bei calzari d'oro, divini,
che lo portavano sull'acque e per la terra infinita
come il soffiare del vento; e presa la verga
con la quale incanta, se vuole, gli occhi dei mortali,
o li desta dal sonno, il forte uccisore di Argo
cominciò il suo volo. E giunto sulla Pieria,
dall'alto cielo scese fulmineo sul mare
e si lanciò sull'onde. E come  gabbiano
che per gli abissi cupi del mare ondeggiante
dà la caccia ai pesci e bagna le fitte ali nell'acqua,
così Ermes sfiorò innumerevoli flutti.
E quando giunse all'isola lontana,
uscì dal mare colore di viola e andò lungo la riva
fino alla spelonca della ninfa di belle chiome.
E là era Calipso. Ardevano sul focolare,
con alta fiamma, il cedro e il tenero larice,
e l'odore si spargeva lontano per l'isola.
Nella grotta cantava la ninfa con voce soave,
e tesseva percorrendo il telaio con la spola d'oro.
Intorno alla grotta s'alzava verdissima una selva,
e il pioppo e l'ontano e il cipresso odoroso.
E là uccelli dalle lunghe ali avevano il nido,
e gazze e sparvieri e cornacchie marine
avide di pesci. E lungo la grotta girava
una vite domestica carica di grappoli;
e da quattro fontane in fila, l'una vicina all'altra,
limpide acque scorrevano per ogni lato.
E fiorivano intorno teneri prati d'ànace e viole.
E se là giunge anche un nume, guarda con meraviglia,
e il suo cuore si colma di gioia. E ora qui, fermo, 
il messaggero splendente guardava stupito.
Entrò poi nella grotta profonda; e appena lo vide 
lo riconobbe Calipso, divina fra le dee,
perché l'uno dei celesti non è ignoto all'altro,
anche se vivono lontani. Ma Odisseo non era là:
piangeva come sempre in riva al mare, e desolato
con lacrime e lamenti consumava il suo cuore.

(Libro V, versi 43-83. Traduzione di Salvatore Quasimodo)

Leggendo gli antichi versi si percepisce una diversa comprensione del mondo, un diverso modo di vedere le cose, una sensibilità verso la natura e gli uomini che noi abbiamo perso. Sorge allora la domanda di noi moderni: è possibile tornare ad un rapporto verso la natura che sia di rispetto e di riconoscimento di un valore simile al sacro dei tempi antichi, conservando quello che di buono ci offre la tecnica e la scienza moderna? Non si tratta di tornare ad essere ingenui, né di una regressione ad un mondo favoloso e irreale. Ma di ritrovare un rapporto perduto anche nella nostra qualità di uomini del tempo della tecnica moderna. Ritrovare un sentimento verso la natura che dia un senso anche all'uomo che la abita, all'uomo che è anche lui componente della natura, inscindibile da essa. E come sia di fondo questo legame si vede oggi che una frattura è intercorsa tra gli uomini e il pianeta, una rottura che sta mettendo a rischio la sopravvivenza dell'uomo e della sua civiltà. Le parole di Omero sono un richiamo al nostro pensiero di moderni, un invito a ripensare il nostro modo di essere e di considerare il mondo. A cominciare dalla devastante eccessiva crescita della popolazione umana.