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giovedì 24 febbraio 2022

Considerazioni geopolitiche

Non c'è bisogno di essere esperti in geopolitica per trarre alcune conclusioni sulla guerra russo-ucraina. Lo spettacolo recente dell'Afganistan, del cosidetto esercito più potente del mondo (quello americano) che fugge letteralmente con aerei stracarichi all'ultimo istante davanti ad un esercito (più banda che esercito...) di straccioni impreparati e disorganizzati, non poteva che portare al via libera: la Russia si sta riprendendo l'Ucraina, la Cina a breve si riprenderà Taiwan.
Lo spettacolo dell'Occidente (la terra del tramonto) di fronte ai nuovi scenari è devastante. A fronte dell'alleato americano suonato e sotto KO, incapace perfino di reagire con dignità, c'è la figura meschina dell'Europa incapace di fare un comunicato unico che esprima un'idea. Lasciamo stare l'aspetto militare: dal secondo dopoguerra gli europei, ed in parte gli stessi americani, hanno disimparato di come si fa e si conduce una guerra. Quello che sanno fare è solo "polizia internazionale" o peace kiping che dir si voglia. Quando il Nobel Obama si rifiutò di bombardare in Libia il palazzo che ospitava qualche centinaio di terroristi (ed i loro capi) perché c'era il pericolo della presenza di alcuni civili nei dintorni, permettendo così ai terroristi di lasciare indisturbati il loro quartier generale e fare poi nelle settimane successive migliaia di morti civili innocenti tra massacri, esecuzioni e attentati, fu chiara a tutti la parabola di una potenza che non era più niente di rilevante sulla scena mondiale.
Di fronte all'invasione russa, il nostro ministro degli esteri Di Maio ha minacciato come ritorsione di non incontrare per un po' i governanti russi. Putin e Medvedev pare siano stati colti da una crisi di panico. Poi però si sono ripresi e hanno commemtato: "ma come, se viene qui solo per magiare ai ricevimenti...".
La politica energetica europea è poi l'esempio più eclatante della fine di un'epoca. Mentre avanzano sulle scenario geopolitico le nuove "sovranità" internazionali: la Russia, la Cina, l'Asia sud orientale e il Giappone, e si affaccia persino qualche nazione africana, l'Europa segue il destino che si è scelta. Da anni ha rinunciato alla sovranità energetica e optato per la dipendenza dal gas russo. Prima ha scelto di dipendere per respirare dal boccaglio russo, ora fa la voce grossa con chi gli da l'ossigeno. E' chiaro che quella che esce è una voce in falsetto, siamo in piena comicità di una tragicommedia. Un mare di pannelli cosiddetti solari funzionano solo in virtù di generosi finanziamenti che fanno apparire essenziale quello che essenziale non è, e migliaia di torri eoliche stanno sorgendo ovunque, devastando ambienti e paesaggi, in attesa di un vento che non arriva, e se arriva è vento di guerra mosso dalle bombe. A ciò si aggiunge l'irrilevanza politica: la capacità europea di influire sulla geopolitica è legata solo ai regali economici, al comprarsi la benevolenza. Ovviamente ognuno ne approfitta secondo i propri interessi: basti vedere la rapina del gas che in teoria sarebbe nei confini europei. La Turchia si sta prendendo tutti i pozzi di gas e carburanti nel mediterraneo orientale, e le trivelle egiziane e algerine sono già all'opera nei nostri mari. Un fallimento più grande di così era difficile immaginarlo per i demagoghi europei, seguaci della nuova religione verde con un dio dal nome ridicolo e impronunciabile: Rinnovabile. Anzi una novella trinità se si aggiungono Sostenibile ed Equosolidale.
Di questi tizi il lupo russo fa un boccone solo, e giustamente. Le sanzioni, l'unica arma spuntata che la terra del tramonto è in grado di porre in campo, fanno ridere chi, da un momento all'altro, può decidere di bloccare la nostra economia, il riscaldamento in inverno, l'aria condizionata in estate (di cui non sappiamo più fare a meno), le fabbriche, le città di una terra che è ormai terra di tutti e di nessuno. Basta un grido di Putin per far scappare tutti gli europei, con la coda bassa, sotto il padrone Usa, che però ha perso ogni capacità di padroneggiare chicchessia.
E ora prepariamoci a Taiwan...