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martedì 27 ottobre 2015

Gli eco-ottimisti

(Nella foto Hans Rosling)
Mentre i sistemi naturali si vanno esaurendo, le specie spariscono, il mondo si trasforma in una discarica e i gas serra surriscaldano il clima, prosperano ovunque gli eco-ottimisti. Il primo in assoluto è ovviamente il papa che nella sua enciclica "ecologista" ci ha fatto sapere che basta un po' di buona volontà nel rispettare piante e animali e tutto si sistema, e soprattutto che " l’eccesso di popolazione umana non contribuisce a rendere difficile la situazione della Terra" ma anzi è un segno del ruolo preminente assegnato all'uomo dal disegno divino. Una castroneria "apostolica" verrebbe da dire. Ma alla schiera degli eco-ottimisti appartengono anche molti laici dei movimenti ambientalisti. Cito l'esempio di sedicenti esperti come Fred Pearce e Danny Dorling che lanciano messaggi rassicuranti sostenendo che la crescita demografica si concluderà presto e che i temi da affrontare sono altri. La conseguenza è che molti governi di paesi in piena esplosione demografica non vengono sostenuti nelle politiche di pianificazione familiare e di miglioramento delle condizioni di vita e nella formazione culturale e professionale delle donne. Gran parte delle Ong che lavorano nei paesi del terzo mondo non affrontano il problema della sovrappopolazione ma si limitano a distribuire aiuti a pioggia senza neanche preoccuparsi di migliorare il know how sulle tecnologie necessarie ad aumentare la produttività della terra o avviare produzioni industriali. Il messaggio ottimista che lanciano porta al contrario molte famiglie a programmare più figli perché tanto ci saranno soluzioni ai problemi della fame e della sopravvivenza. Recentemente il professore di statistica Hans Rosling ha sostenuto in un programma sulla Bbc che i problemi di sovrappopolazione e di povertà si andranno rapidamente risolvendo grazie alla tecnologia e allo sviluppo economico. Rosling cita l'esempio del Bangladesh in cui - secondo lui- le famiglie composte da due figli sono ormai la norma. Il professore poi assicura che mai come oggi sono diminuite in percentuale le persone che vivono in estrema povertà e che, citando studi delle nazioni unite (che notoriamente non ne hanno mai azzeccata una), nel giro di pochi decenni l'estrema povertà sarà eradicata dal pianeta. Perché queste informazioni mistificanti? Probabilmente si tratta di banali interessi. Molte università sono sostenute da banche e da lobbies finanziarie. Le grandi imprese vedono in un mondo sovrappopolato occasioni di mercato e di aumento di consumi. Per molti stati la crescita demografica rappresenta una occasione per incrementare il loro peso strategico sulla scena geopolitica. Poi ci sono quelli che ritengono che i problemi creati dalla sovrappopolazione verranno risolti dallo sviluppo tecnologico. Portano ad esempio la vita nelle megalopoli dove un maggior uso di tecnologie permette a milioni di persone di vivere ammassate con densità di popolazione mai viste. La falsa sensazione che il problema dell'eccesso di natalità sia di facile soluzione ritarda l'avvio di provvedimenti efficaci per il controllo delle nascite. Da parte degli organi di informazione si cita spesso il calo demografico in Europa o negli Stati Uniti come dimostrazione che l'esplosione demografica non è un problema, senza specificare che i numeri dimostrano un forte aumento della popolazione in questi paesi nonostante l'asserito calo della natalità. In realtà i tassi di natalità variano molto da zona a zona sia all'interno dei singoli paesi sia tra paesi e continenti diversi.Questo azzera ogni vantaggio di controllo demografico limitato a certe zone soltanto. Aree di rientro demografico possono coesistere con altre vicine ( o rese vicine dai veloci mezzi di trasporto attuali) in pieno boom demografico che annullano i vantaggi attesi dal calo locale. Inoltre esiste una reale inerzia demografica per cui interventi che tendono a portare al rientro demografico si rivelano in realtà di difficile attuazione. La parziale efficacia di questi interventi conduce comunque ad una crescita, per l'interferenza di altri fattori come l'allungamento della vita media o le diverse dinamiche demografiche tra città e campagna. La Cina iniziò una politica "del figlio unico" già all'inizio degli anni sessanta quando la popolazione cinese era di 600 milioni. Nonostante la legislazione sia durata (e resa più efficace negli anni 70 con divieti severi da Deng Xiao-Ping) fino ad oggi, attualmente la popolazione cinese è di 1,36 miliardi, più che raddoppiata. Figurarsi quale sarebbe l'attuale popolazione cinese senza questa legislazione restrittiva. Questo sottolinea tra l'altro l'importanza di una politica di sostegno economico e di formazione culturale verso la pianificazione, più che del mero divieto per legge. Il Global Footprint Network e la Zoological Society di Londra, ci dicono che l'umanità sta già consumando risorse ecologiche rinnovabili ad un tasso superiore al 50% della quantità che può essere prodotta in modo sostenibile, mentre le risorse ecologiche non rinnovabili sono in costante esaurimento. Le conseguenze, che sono già con noi, sono un aumento dei prezzi delle risorse e il degrado ambientale. Di tutto questo è responsabile l'antropizzazione massiccia del pianeta. Inoltre il mantenimento di una alta natalità impedisce l'industrializzazione e lo sviluppo dei paesi arretrati. Nonostante questo, gli eco-ottimisti negano che il problema esista, e al massimo se la prendono con l'eccesso di consumi, ritardando così l'iniziativa di molti governi e di molti stati verso una politica di controllo demografico in grado di ridurre la crescita. Con questo modo di fare informazione spesso si ottiene l'effetto opposto, come avvenuto in Zimbawe dove rappresentanti del governo hanno pubblicamente incoraggiato la popolazione ad aumentare il numero di figli e condannato l'uso di mezzi contraccettivi, in quanto la crescita demografica è l'unico mezzo, dicono, per migliorare le condizioni economiche del paese (maggiori aiuti internazionali, più emigrazione, più rimesse dagli emigrati, più peso strategico). Gli eco-ottimisti dettano legge anche tra gli esperti dell'Onu i quali inviano continuamente messaggi rassicuranti seguiti regolarmente da rettifiche. Ora il picco demografico è stato spostato dall'Onu a fine secolo con una previsione di undici miliardi di abitanti. E' facile prevedere che tutto verrà clamorosamente smentito da una crescita superiore alle previsioni. Nel frattempo si dilazionano i tempi per iniziare a porsi seriamente il problema di cosa fare.

mercoledì 14 ottobre 2015

La buffonata degli ecologisti sul clima

Leggo sul sito del principale movimento ecologista italiano, Legambiente, il seguente articolo evidenziato in primo piano:
"Il 2015 è un anno importante per il futuro del Pianeta: a dicembre, nel prossimo vertice delle Nazioni Unite che avrà luogo a Parigi (30 novembre/11 dicembre), si dovrà definire il nuovo accordo internazionale sul clima. Una partita non scontata. I governi dovranno assumere impegni significativi per ridurre le emissioni di gas serra, attivare aiuti per le comunità e i territori maggiormente colpiti dall'effetto devastante dei mutamenti climatici, e, non ultimo, definire strategie e investimenti per uno sviluppo senza fonti fossili. Ci stiamo avventurando verso un surriscaldamento del Pianeta di 4°C con scenari apocalittici se non interverremo rapidamente. Milioni di persone nel mondo stanno pagando le conseguenze di un sistema economico, di produzione, di consumi insostenilbile e ingiusto che va radicalmente cambiato, per salvare il clima del Pianeta, per restituire dignità e speranza alle persone.
Legambiente con la campagna "In marcia per il clima" vuole contribuire a mettere in moto il cambiamento stimolando cittadini, amministrazioni, piccole e medie imprese verso un modello di sviluppo differente, sostenibile, nel rispetto dei territori e delle comunità."
Nel caso i lettori non avessero ben capito quale è o dovrebbe essere il modello di "sviluppo sostenibile" (termine quanto mai vago, un vero "Idola Theatri" secondo la definizione di Bacone delle parole vuote di senso) secondo le menti ecologiste di Legambiente ecco una immagine chiarificatrice sempre reperibile sul sito della associazione ambientalista:
Tra l'altro nell'articolo si parla di 100% dell'energia fornita da rinnovabili. La domanda che viene alla mente spontanea è: ...e chi o che cosa fornirà l'energia necessaria a sostenere vita e consumi di dieci-undici miliardi di umani che abiteranno la Terra, come prevede l'Onu, per fine secolo?" Prosegue l'articolo di Legambiente:
"Ecco, in sintesi, gli impegni che le 50 associazioni che hanno dato vita oggi alla coalizione "Parigi 2015: mobilitiamoci per il clima", hanno deciso di affrontare in vista dell’appuntamento di Parigi. “I cambiamenti climatici rappresentano oggi un'emergenza globale e locale, che mette a rischio la vita di persone, specie ed ecosistemi – si legge nel documento approvato dalla Coalizione - In pericolo c’è la sicurezza di intere popolazioni in ogni area del pianeta, costi economici, difficoltà crescenti nell’accesso all’acqua, riduzione della produzione agricola, aggravamento delle condizioni di povertà e nuove cause di conflitto e di fuga: oggi si pongono esplicitamente questioni di giustizia climatica nel mondo. Se le cause antropiche sono ormai condivise a livello scientifico mondiale e si è tutti concordi sul fatto che in gran parte dipendono dall'esplosione negli ultimi secoli dell'utilizzo delle fonti energetiche di origine fossile e della deforestazione, oggi esistono le conoscenze e le soluzioni tecnologiche per sviluppare un'economia fossil free, che apre prospettive di nuovi settori produttivi con importanti ricadute occupazionali e che sviluppa una nuova democrazia energetica”. La COP21, che si terrà a Parigi il prossimo dicembre, rappresenta allora una tappa molto importante nella battaglia contro i cambiamenti climatici, ma molte sono le resistenze, guidate soprattutto dalle lobby delle vecchie fonti energetiche, e molte sono le timidezze che i governi stanno dimostrando. Per questo non si può dare per scontato che l'esito della COP21 sia positivo, e sia cioè varato un accordo efficace, equo e incisivo, che permetta davvero di raggiungere l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C. “Per noi oggi è necessario e urgente agire perché, grazie alla pressione dell'opinione pubblica e delle organizzazioni della società civile, si riesca a strappare un accordo legalmente vincolante e in linea con le indicazioni della comunità scientifica – dichiarano le associazioni della coalizione -. Per questo è nata la Coalizione italiana "Parigi 2015: mobilitiamoci per il clima", perché Parigi apra un percorso concreto e condiviso da tutti i Paesi, nel quadro di una responsabilità comune e differenziata in rapporto al contributo storicamente dato alle emissioni di CO2. Vogliamo arrivare con una grande partecipazione alle mobilitazioni internazionali del 28 novembre prima e di dicembre a Parigi poi”.
Primi promotori
ACLI, AIAB, AIIG, ARCI, ARCI CACCIA, ARCI SERVIZIO CIVILE, ASUD, AUSER, CEVI - CENTRO DI VOLONTARIATO INTERNAZIONALE DI UDINE, CGIL, CIA, COLDIRETTI, CTS, FEDERCONSUMATORI, FIAB, FIOM, FOCSIV, FONDAZIONE CULTURALE RESPONSABILITA' ETICA, FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L'ACQUA, GREENPEACE, ISDE-MEDICI PER L'AMBIENTE, ISTITUTO NAZIONALE URBANISTICA – INU, ITALIAN CLIMATE NETWORK, KYOTO CLUB, LA NUOVA ECOLOGIA.IT, LEGA PESCA, LEGAMBIENTE, LINK, LIPU, LUNARIA, MAREVIVO, MOVIMENTO CONSUMATORI, MOVIMENTO DIFESA CITTADINO, OXFAM, PRO NATURA, RETE DEGLI STUDENTI MEDI, RETE DELLA CONOSCENZA, RETE PER LA PACE, RINNOVABILI.IT, RSU ALMAVIVA, SALVIAMO IL PAESAGGIO, SBILANCIAMOCI, SI' RINNOVABILI NO NUCLEARE, SLOW FOOD ITALIA, SPI – CGIL, TOURING CLUB ITALIANO, UIL, UISP, UNIONE DEGLI STUDENTI, UNIONE DEGLI UNIVERSITARI, WWF ITALIA"
Direi che ci sono tutti gli eco-demagoghi italiani. Confesso che quando ho letto che"...si è tutti concordi sul fatto che in gran parte dipendono (i cambiamenti climatici ) dall'esplosione negli ultimi secoli..." mi sono detto: ecco finalmente qualcuno ha capito, finalmente si riconosce nella esplosione demografica la causa di fondo. Ma mi ero illuso. Infatti l'articolo prosegue:" dall'esplosione negli ultimi secoli dell'utilizzo delle fonti energetiche di origine fossile e della deforestazione". Quindi il riscaldamento climatico dipende soltanto -secondo costoro- dall'utilizzo di idrocarburi e deforestazione. Bene. Ma chi è che utilizza gli idrocarburi e chi è che realizza la deforestazione? Pare che la Terra sia abitata da marziani che facciano tutte queste cose e che gli uomini si trovino lì per caso. In realtà il pianeta è sovrappopolato di ben sette miliardi e trecento milioni di persone (dati di ieri) che aumentano ogni giorno di 225.000 individui. I quali, credo, saranno propensi a consumare idrocarburi e a deforestare il pianeta per le proprie esigenze di vita e di alimentazione , oltre che di spazio. Ma, dicono gli eco-demagoghi, "oggi esistono le conoscenze e le soluzioni tecnologiche per sviluppare un'economia fossil free, che apre nuove prospettive occupazionali (sic!) e che sviluppa una nuova democrazia energetica (sic! al quadrato)". Insomma continua negli ambientalisti a persistere e ad ingrandirsi il famoso "Scotòma della sovrappopolazione" nella magnifica definizione coniata da Luca Pardi. Cioè la loro visione delle cose e il loro intelletto presenta una zona cieca, un'area di pensiero rimossa (in senso freudiano), come se si trattasse di qualcosa di impronunciabile, di scandaloso, di impuro anzi di immondo e osceno. Si tratta, con tutta evidenza, di uno scotòma fatale perché la cecità riguarda il fenomeno all'origine di tutti i mali del pianeta, compreso il riscaldamento climatico: la spaventosa incredibile esplosione demografica della specie Homo avvenuta a spese dell'ambiente e di tutte le altre specie viventi del pianeta negli ultimi secoli (in particolare negli ultimi cento anni). Altro che modello carbon free. Con questi tassi di natalità e questa crescita demografica sfrenata nessuna economia sarà in grado di sostenere la crescita dei bisogni alimentari e di consumo e le richieste di qualità della vita ( le epocali migrazioni in atto lo dimostrano) degli altri miliardi che si aggiungeranno nei prossimi anni. Altro che prospettive occupazionali nelle fabbriche di mulini a vento e di pannelli solari. E dove si coltiverà la terra necessaria a sfamare gli altri miliardi che si aggiungeranno, se quella esistente si inaridisce e il clima si surriscalda? Abbattere tutte le foreste rimaste non basterà. Spazzare via gli ultimi animali selvaggi non basterà. Depredare tutta la bio-massa dei mari non basterà. I nuovi venuti chiedono di alimentarsi con la carne e vogliono viaggiare in automobile o in aereo. E non vedo nessuno Stalin o Hitler o Mao Tze Tung all'orizzonte in grado di obbligarli a cibarsi di cavallette e girare a piedi o in bicicletta.(Se mai la cosa fosse possibile mi immagino dove andrebbero a finire le famose prospettive occupazionali oltre che la pace nel mondo...). La declamata "democrazia energetica" è una perfetta sparata demagogica, un flatus vocis vuoto di senso in un mondo in cui tutte le potenze corrono a scavare nuovi pozzi petroliferi (anche col famigerato Fracking) e a costruire gasdotti. Anzi si fanno persino guerre per assicurarsi il transito del gas e del petrolio. La malattia mortale dell'ecologismo in chiave europea, cioè una ridicola visione naif del mondo, in cui lo scotòma della demografia continua ad accecarli, li condanna ad un ruolo inefficace e marginale, ad essere dei giardinieri in un pianeta asfaltato e cementificato dalla sovrappopolazione antropica che sta distruggendo la biosfera trasformandola in una tecnosfera invivibile e irrespirabile. Una tecnosfera che sta travolgendo la natura e i paesaggi, ed in cui le persone sono ridotte ad esemplari di allevamento intensivo all'interno di mostruose megalopoli.

martedì 6 ottobre 2015

Stupidità e sviluppo sostenibile

Il 25-27 settembre scorso si è svolto a New York il vertice Onu per adottare la nuova Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile con la partecipazione di oltre 150 capi di Stato e di governo. Compito della nuova agenda è di indicare gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 per assicurare uno sviluppo sostenibile al pianeta. La commissione europea è stata rappresentata dal vicepresidente Frans Timmermans , dall’alto rappresentante per gli affari esteri Federica Mogherini e dal Commissario per la Cooperazione e lo sviluppo Neven Mimica. Sono stati individuati 17 obiettivi: no alla povertà, zero fame, buona salute, educazione, eguaglianza di genere, acqua pulita, energia, crescita economica, infrastrutture, riduzione delle disuguaglianze, città sostenibili, consumi responsabili, azione climatica, vita dei mari, biodiversità, pace e giustizia, partnerships per lo sviluppo. Quello che colpisce immediatamente nel prefigurare questi obiettivi da parte dei cervelloni dell’Onu e dei politici che li supportano è la totale mancanza del tema della sovrappopolazione. Secondo i cervelloni il fatto che il pianeta terra nell’ultimo secolo abbia assistito ad una spaventosa esplosione demografica della specie Homo che ha portato da uno a sette miliardi e mezzo gli abitanti non conta nulla. Eppure i loro stessi esperti in demografia hanno recentemente allertato tutte le nazioni che la crescita demografica mondiale accelera: sono previsti non più 9, ma ben 11 miliardi per la fine del secolo. Pare, secondo i redattori dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile, che il tema sovrappopolazione non abbia alcuna attinenza con i consumi, con la devastazione ambientale, con la desertificazione delle terre, con la fame delle popolazioni povere, con l’inquinamento delle acque e dei mari, con il riscaldamento climatico. La sovrappopolazione e ciò che ne è alla base, cioè gli alti tassi di natalità che –guarda caso riguardano in particolare i paesi più poveri- non viene mai menzionata tra i diciassette obiettivi principali e i 169 obiettivi associati nell’Agenda elaborata dagli esperti Onu. Mai menzionata, neanche in secondo ordine o tra parentesi. Semplicemente l’esplosione demografica umana non è mai esistita, non esiste. Il pianeta consuma di più perché ci sono le disuguaglianze –dicono i rappresentanti Onu-, il clima si surriscalda per eccessivo ricorso ad energie sbagliate in un pianeta che vivrebbe benissimo con dieci miliardi di umani in mezzo a torri eoliche e pannelli solari (la nuova versione del paradiso terrestre). Le città crescono e si circondano di sterminate bidonville? E’ perché mancano le infrastrutture e diritti del lavoro, rispondono gli esperti naif. Le foreste spariscono e la biodiversità va a farsi fottere? Basta rendere responsabili i consumi (che cosa significa? Verrebbe da chiedere…) e improvvisamente 10 o 11 miliardi di umani vivranno in mezzo a foreste lussureggianti e tantissime varietà di animali. Eppure esistono studi documentati che le masse umane in crescita spaventosa nei paesi del terzo mondo non chiedono sequoie e farfalle, chiedono invece di vivere in città, girare in auto, volare in aereo, mangiare carne. La quale dieta carnea è alla base della trasformazione delle biomasse del pianeta in cui l’uomo e poche specie di animali da allevamento stanno facendo sparire le varietà di specie selvaggie originarie della terra ormai in via di estinzione, insieme a tente varietà di piante sostituite dalle coltivazioni. Negli ultimi 15 anni la popolazione mondiale è aumentata di 1,2 miliardi di persone. Durante tale periodo la popolazione dei paesi meno sviluppati è cresciuta ad un ritmo dieci volte superiore rispetto a quella dei paesi sviluppati, contribuendo a mantenere le economie locali arretrate e povere. La popolazione dei paesi arretrati presto supererà quella dei paesi più sviluppati (si prevede proprio nel 2030) e nel 2070 si calcola che i paesi arretrati avranno il doppio della popolazione dei paesi più avanzati. Questo sarà all’origine di sradicamenti e migrazioni più epocali di quelle odierne ma non solo. I nuovi miliardi di abitanti chiederanno più cibo, più acqua, più consumi, più carne per alimentarsi. Lo squilibrio della biomassa si accentuerà, fino alla scomparsa di quasi tutti gli animali selvaggi a favore dell’allevamento intensivo. O crediamo che i dieci miliardi di umani si accontenteranno di mangiare gli insetti e girare in bicicletta, come sembrano credere gli eco-ingenui del paradiso terrestre previsto dall’Onu? Eppure più lenti tassi di crescita demografica darebbero a quei paesi arretrati più tempo per adattarsi ai cambiamenti della popolazione. Ci sarebbero più possibilità per indirizzare le risorse a politiche di sviluppo, di espandere le economie, migliorare le condizioni di vita, educare i giovani, sviluppare infrastrutture e proteggere gli ambienti naturali. Migliorerebbero non solo problemi come la povertà, la fame, la casa, l’istruzione, l’occupazione, la salute, l’uguaglianza di genere, l’ambiente. Ridurre gli elevati tassi di crescita demografica nei paesi meno sviluppati (ed anche in quelli sviluppati) migliorerebbe le prospettive economiche e occupazionali, contribuirebbe a mantenere gli ambienti naturali, ridurrebbe la pressione migratoria verso altri paesi e garantirebbe un livello di vita dignitoso. Non solo, ma minori tassi di natalità consentirebbe, con il tempo di ridurre i conflitti politici e per le risorse, e ridurrebbe la tendenza alle guerre e alle aggressioni . L’UE con i suoi rappresentanti inadeguati (è il meno che si possa dire) non fa nulla per cambiare questa cecità delle Nazioni Unite che rasenta la follia (oltre che il ridicolo). Nessun rappresentante europeo ha posto il tema dei tassi di natalità e quindi delle reali possibilità di sviluppo sostenibile, nonostante che l’Europa sia la vittima (o meglio una delle vittime) di questa situazione sperimentando letteralmente una invasione di popolazioni povere che non trovano possibilità di cibo e lavoro nei luoghi di origine dove i tassi di natalità sono superiori a 6-7 figli per donna in media. L’Unione europea ha destinato ben 58 miliardi di euro nel 2014 in aiuti ai paesi in via di sviluppo. Tale massa di soldi avrebbe potuto essere una grande opportunità per influenzare le politiche locali nel senso di un maggior controllo della natalità con politiche e organizzazioni che operassero in favore della procreazione responsabile, dell’igiene della gravidanza, della formazione culturale femminile. Ma i rappresentanti dell’UE hanno preferito tapparsi occhi, orecchie e bocca e ignorare completamente il problema demografico, si sono adeguati ai burocrati dell’Onu e alla grande maggioranza dei governanti che vedono nella crescita demografica opportunità di potere politico e un interesse strategico. Così l’Europa continuerà a pagarne le conseguenze e il pianeta continuerà a correre verso il disastro ambientale nell’era dell’antropocene.