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sabato 25 dicembre 2021
La guerra cinese per il terzo millennio
Mentre in Occidente avanza il pensiero unico dell'ambientalismo naif e del politically correct multicultural-nogender, il mondo si frantuma dietro nuove linee rosse che delineano la nuova geopolitica del terzo millennio. Alcune linee di fondo sono chiare: il declino, ancora limitato della potenza americana; il crollo (una specie di Titanic) dell'Europa e della sua rilevanza politica; l'emergere della superpotenza cinese e, assai dietro, di quella indiana. La ridefinizione delle aree di influenza è rapida: l' Asia sta velocemente cadendo sotto l'egida del dragone, l'Africa è letteralmente comprata dal governo cinese, la Russia sta apertamente scegliendo l'autocrazia autoritaria elaborando consapevolmente una ripulsa, filosofica prima che politica, della democrazia liberale. Tutti questi fenomeni della geopolitica contemporanea sono descritti nell'ultimo interessante libro di Federico Rampini "Fermare Pechino" con sottotitolo: "Capire la Cina per Salvare l'Occidente". Finalmente Rampini introduce, nell'analisi politica, l'elemento che in passato veniva rigorosamente evitato per la solita ideologia dominante terzomondista : la demografia. Non si può infatti ignorare che dietro l'abbandono della politica del figlio unico la Cina abbia indicato la demografia come un'altra delle armi a disposizione per le sue ambizioni mondiali. Come in passato il contenimento della crescita della popolazione era conseguente alla politica di investimenti interni per la modernizzazione, nell'attuale fase di espansione planetaria la crescita demografica conviene al potere cinese esattamente come conviene il greenwashing, cioè la sua politica degli annunci sulla economia verde, nella realtà mai attuata nel territorio controllato da governo cinese, se non in modo superficiale e di facciata. L'ambientalismo infatti è buono per porre in crisi il concorrente americano ed europeo, si pensi alla frattura fra US e EU sulle politiche dei dazi e la tassazione delle emissioni. Ma per quello che riguarda la produzione nazionale, la Cina apre nuove centrali a carbone e sfrutta in maniera massiva l'energia da idrocarburi o quella idrica con annessa devastazione ambientale. Come esempio si guardi alle oltre cento dighe costruite dai cinesi e che hanno alterato i sistemi naturali dei fiumi Yarlung Tsangpo-Brahmaputra, generando tra l'altro un conflitto ancora sottarraneo (ma che potrebbe degenerare in conflitto aperto) con l'India per lo sfruttamento delle acque. Su quel confine asiatico si fronteggiano tre miliardi di umani e i loro interessi politico-economici. Mentre l'occidente si alambicca il cervello con la macchinosa burocrazia dei dazi sulla sostenibilità e con l'industria delle certificazioni del carbon border tax, il protezionismo ambientale non si concilia con gli interessi dei paesi emergenti, per i quali l'orizzonte delle zero emissioni non è realistico . La Cina, nella sua attuale espansione in Africa, ha un argomento forte: esporta un modello che ha funzionato a casa propria per fare il salto verso l'industrializzazione, che significa la vittoria contro la fame e la miseria. Gli occidentali pensano a un futuro sostenibile dell'Africa come una sorta di Arcadia bucolica, che eviti il passaggio sgradevole del boom manifatturiero, e non hanno un modello concreto, esistente, da opporre a quello di Pechino. La Cina ha studiato la storia dello sviluppo economico occidentale con più attenzione dei sacerdoti verdi. "I poveri erediteranno la terra" non fa parte del repertorio ideologico del suo presidente, che in questo ha abbandonato il vecchio maoismo in favore di un capitalismo regolato dallo stato. Xi Jinping vuole fare della Cina una potenza ricca come ai tempi dell'Impero Celeste. Il dominio del mondo esige sviluppo economico , risorse energetiche a basso costo ed efficienti, e una produzione industriale capace di rifornire gran parte del mondo con merci scarsamente studiate per ridurre gli impatti ambientali. Qualcosa che i fondamentalisti verdi preferiscono ignorare.
La Cina è campione mondiale del globalismo commerciale, ma allo stesso tempo è uno stato fortemente "sovranista", nazionalista, protezionista verso le proprie produzioni e insofferente verso le prediche dell'Occidente sui diritti umani. Riferisce Rampelli che sull'argomento ne sanno qualcosa H&M, Adidas, Nike, Zara e molte altre marche della moda e abbigliamento. Quando i top manager delle aziende hanno applicato il politically correct -fatto per piacere al pubblico occidentale- al problema cinese degli uiguri esprimendo condanna per gli abusi del governo verso la minoranza musulmana della regione dello Xinjiang, e hanno boicottato il cotone proveniente dalla regione perchè prodotto con l'opera di detenuti, si è avuta una reazione furibonda. H&M e le altre marche ha subito la chiusura in molti shopping mall cinesi, che hanno revocato i contratti. Sono state cancellate tutte le vendite on line producendo un danno commerciale enorme. L'aritmetica è banale: in un braccio di ferro l'azienda occidentale può subire un danno cinquanta volte superiore a quello, teorico, che la Cina subirebbe da un blocco delle sue esportazioni. Il "consumatore morale " in Estremo Oriente segue canoni molto diversi dai nostri. Mentre da noi si accusa di nazionalismo e razzismo per qualunque cosa chiunque non si attenga al politically correct, e si attaccano sempre i brutti e cattivi americani, in oriente non viene passata nessuna critica. L'associazione dei produttori della moda ha dovuto autocensurarsi e cancellare dal proprio sito ogni riferimento ai lavori forzato degli uiguri. Ora preferiscono riservare le loro critiche alle ingiustizie della società americana, dove sanno di non dover pagare prezzo, anzi incassano applausi. Allo stesso tempo, nel silenzio generale, Xi abolisce la legge costituzionale sul limite di mandato e sulla direzione collegiale, avviando la Cina verso una dittatura autocratica personale.
Il flusso continuo delle merci- e delle materie prime essenziali per produrle- è in balia di eventi che possono interromperlo: una pandemia, un conflitto, un embargo, una sanzione, un incidente, un cyberattacco. Altre volte interi settori strategici si scoprono davvero troppo vulnerabili, alla mercé di fornitori lontanissimi, talvolta ostili. Per questo la Cina espande le sue infrastrutture strategiche, acquista porti in tutto il mondo, costruisce e gestisce ferrovie in Africa, espande le sue flotte militari, pensa all'annessione prossima di Taiwan (ricca di terre rare e imprese per la produzione di microcip), esprime la politica più sovranista e ipernazionalista che si possa immaginare. Allo stesso tempo si traveste da agnello alle Conferenze sul clima, è il principale e , ormai quasi unico, produttore mondiale di pannelli solari e altre rinnovabili che però usa poco in patria ma esporta per la quasi totalità. Condanna le emissioni di carbonio, ma espande la produzione di energia con il carbone e altri idrocarburi. Firma contratti del valore di decine di miliardi di dollari con i principali produttori di petrolio e gas, e riceve poi gli applausi alla Cop 6 dalla dabbenaggine degli ambientalisti alla cappuccetto rosso. Questa politica mantiene basso il costo medio dell'energia in Cina mentre le politiche succubi dell'ambientalismo naif stanno portando a triplicare il prezzo dell'energia in Occidente (salvo in parte per chi produce con il nucleare). Con mossa furbesca il Governo Cinese, nell'ultima conferenza climatica di Glasgow, ha prima firmato la dichiarazione di rientro dalle emissioni di carbonio, partecipando alla pantomima delle fotografie di gruppo con sorrisi e abbracci, e in seguito ha comunicato di rimandarne l'applicazione -per quanto riguarda la Cina- al 2060, imitati in questo dagli Indiani che la fissano al 2070, cioè un'altra era. Si tratta con ogni evidenza di una solenne presa per i fondelli degli ambientalisti alla cappuccetto rosso. I risultati sono sotto gli occhi: il 2021 è segnato un record tragico. E' il secondo anno più dannoso della storia per la quantità di CO2 rilasciata in atmosfera. La causa è prevalentemente la crescita asiatica, in particolare cinese. Le emissioni carboniche a fine anno potrebbero raggiungere i 33 miliardi di tonnellate, l'aumento più considerevole dal 2010, secondo le stime Aie.
Il governo cinese sta espandendo le sue ambizioni sfruttando le anime belle occidentali ben oltre le rinnovabili, ed oggi si rivolge alla rivoluzione elettrica. Ha cominciato boicottando la Tesla di Musk che produce auto elettriche il cui mercato principale era la Cina. L'offensiva ai danni di Musk nasconde un obiettivo protezionista.Le autorizzazioni a Tesla per costruire auto in Cina erano subordinate all'intento di acquisire la tecnologia. Xi ha messo l'auto elettrica nell'elenco delle tecnologie strategiche su cui vuole che la Cina conquisti il primato mondiale. Dopo anni di incentivi a imprese locali le vendite di auto elettriche made in China sul mercato cinese sono equivalenti a quelle dell'intera Europa (1,4 milioni). Per favorire le case cinesi, uno strumento a disposizione di Pechino è il protezionismo sui componenti e i minerali rari per le batterie. Nel futuro dell'auto elettrica la questione della componentistica è decisivo. Si fabbricano in Cina dal 70 all'80 per cento di tutte le parti necessarie ad assemblare le batterie per auto elettriche, nonché dei magneti usati nei motori. In quanto alle terre rare, minerali usati nell'industria elettronica e nelle batterie, la Cina è un fornitore dominante. La retorica ambientalista dei governi americano e cinese, che è diventata una liturgia, nasconde una realtà: Cina e Stati Uniti si sono convinti che la prossima guerra per il primato delle tecnologie strategiche riguarderà questo ambito, e in particolare l'auto elettrica e i microcip. Le questioni strategiche interessano anche la finanza: Exxon è stata espulsa dall'indice di borsa Dow Jones. A questo punto rimane una sola compagnia petrolifera nell'indice DJ, la Chevron. L'intero settore energetico che un decennio fa valeva 12 per cento del mercato azionario americano, oggi ha un peso inferiore al 2,5 per cento. Shell ha subito una sconfitta di fronte ad un tribunale olandese che la costringe a tagliare il 45 per cento di emissioni entro il 2030. Sorprendentemente ai primi posti negli investimenti per la ricerca su motori elettrici energie rinnovabili e nucleare sono le multinazionali degli idrocarburi. Questo, più di ogni altro elemento, dimostra che la strategia è già fissata e le banche lo sanno. Le multinazionali degli idrocarburi, più o meno volentieri, si adeguano investendo nei nuovi settori.
Per guidare la transizione energetica la Cina sta facendo forti investimenti in Africa con l'obiettivo di accaparrarsi tutte le miniere di terre rare, ma anche in Sud America. Il settore più strategico investito dall'invasione cinese sono le miniere di litio dell'Argentina, allo scopo di accaparrarsi un elemento essssenziale delle batterie. E così Biden si ritrova il problema di come fermare Pechino in quello che un tempo l'america considerava il cortile di casa propria. Il libero mercato non sembra essere in grado di guidare i processi con la necessaria previdenza e rapidità, mentre il capitalismo di stato cinese è stato sollecito.
Seguendo le linee della geopolitica si può capire la virata del partito comunista cinese sul numero di figli. La politica di contenimento demografico seguita dalla Cina a questo punto era in contrasto con gli interessi geopolitici del paese. Il rallentamento della crescita della popolazione stava preoccupando i dirigenti del partito comunista. In prospettiva la diminuzione della forza lavoro e quella dei consumi minacciava la crescita economica.Inoltre la nuova politica di espansione della presenza militare in punti anche lontani del globo, e dell'emigrazione che assicura rimesse e presenza mondiale di punti vendita, richiedeva tassi di natalità più alti. Un invecchiamento della popolazione determina più spese sociali e sanitarie e a ciò si aggiunge che la popolazione anziana consuma di meno e tutta l'economia ristagna. Un vero esempio di decrescita. Un altro aspetto ha determinato il cambio di strategia: la lenta ma costante ripresa del tasso di natalità degli Stati Uniti, e quindi una aumento potenziale della concorrenza economica e militare. I cinesi sono preoccupati proprio dai superiori tassi di natalità degli Stati Uniti e guardano alle proiezioni dei demografi: in Cina gli ultrasessantenni, che oggi sono 264 milioni, saranno già a quota 300 milioni nel 2025, poi cresceranno a 400 milioni nel 2033 e varcheranno la soglia del mezzo miliardo nel 2050.Questo non potrà non ripercuotersi sulla produttività, oltre che sui consumi interni e la politica di potenza del paese che vede la Cina in piena espansione commerciale e imprenditoriale (oltre che militare) in Africa e in Asia. I falchi americani cercano di mantenere anche essi gli alti tassi di natalità, contrastando le politiche anticoncezionali e l'aborto, a cui si aggiunge la politica dei democratici favorevoli all'immigrazione che assicura nuovi consumatori e mano d'opera a bassi prezzi. A Washington c'è perfino chi si spinge a vedere (e a sperare) il sorpasso demografico: estrapolando i trend attuali, si può anticipare che nel 2100 sarà l'America ad avere più abitanti della Cina. Gordon Chang editorialista e avvocato americano di origine cinese, nel suo libro "The coming Collapse of China" prevede l'inverno demografico cinese e pregusta una ripresa dell'Occidente con gli Usa in prima linea di fronte ad una Cina in crisi. Sebbene alcuni economisti e sociologi cinesi vedano positivamente un calo demografico, ritenendo che la tecnologia e la intelligenza artificiale possano sopperire all'invecchiamento della manodopera, il governo comunista spinge sull'acceleratore della politica pro-natalista in maniera da mantenere alta l'espansione dell'economia e del potere geopolitico cinese. Così la moderna guerra (per ora fredda) tra le superpotenze non si fa più solo con la competizione sulle armi nucleari e la tecnologia come avveniva ai tempi dello scontro Usa-Urss, ma anche sui tassi di natalità e la demografia, con ripercussioni sull'ambiente che possiamo a mala pena immaginare. Le vittime in tutto questo sono la biosfera e il pianeta. Le politiche cosidette verdi dei burocrati europei contano, nel nuovo scenario con cui si apre il terzo millennio, meno di zero. Se non si cambia realisticamente l'approccio al problema ambientale, senza farsi inutili illusioni, lo scenario non verrà influenzato dalle deboli democrazie in particolare dell'Europa. Piuttosto che divisioni e conflitti interni, è necessario ad esempio una nuova idea di Stato che porti l'Europa a contare qualcosa e a dettare le sue condizioni. Ma di tutto questo non c'è traccia nella politica odierna.
Così conclude Rampini il suo libro:"La tragica vicenda di Hong Kong potrebbe insegnarci qualcosa. E' un segnale d'allarme in molte direzioni. Xi ha distrutto quella piccola oasi di uno Stato di diritto, e non sta pagando alcun prezzo. A garantirgli impunità non ci sono solo i nostri Trenta Tiranni, cioè le nostre multinazionali e grandi banche per le quali pecunia non olet. Anche nella società civile, nei mezzi di informazione,tra gli intellettuali e tra i giovani, tanti pensano che "i valori dell'Occidente" siano una espressione ipocrita, un mito da sfatare, un'impostura da smascherare. Ragione di più perché Xi sia certo che nessuno ci riuscirà, a fermare Pechino".
martedì 26 ottobre 2021
Il partito verde diventa blu
(Centrale fotovoltaica di Montalto di Castro - Viterbo)
Siamo alla vigilia del piu grande attacco al suolo verde italiano dal dopoguerra, persino superiore alla grande cementificazione dell'ultimo cinquantennio. La cosa incredibile è che il principale sponsor di questa distruzione di natura e di paesaggio e' il movimento dei verdi, un partito che da oggi puo cambiare nome e chiamarsi partito blu, il colore dei pannelli fotovoltaici. Miliardi di finanziamento, provenienti in gran parte dall'Europa, stanno per affluire alle casse del governo cinese, il principale produttore mondiali di pannelli, per l'acquisto delle enormi quantità necessarie al nostro paese . Nei prossimi dieci anni dovrebbero essere destinati al solare fotovoltaico, solo in Italia, 500 mila ettari di suolo verde agricolo o di pascolo, per assicurare una produzione dei 114 Gigawatt previsti dal Pniec (Piano nazionale italiano energetico) entro il 2030, necessari ad avviare la transizione dai combustibili fossili alle rinnovabili, transizione che dovrebbe essere completata nel 2050 con ulteriore pannellizzazione del restante territorio verde italiano. Nessun territorio, nessun paesaggio, nessun ambiente naturale verrà risparmiato. Dalla pianura padana, alla verde umbria, dall'abruzzo alla puglia, alle pianure e colline laziali, persino il paesaggio toscano saranno asfaltati dai pannelli. Lo storico paesaggio della maremma e' sotto attacco: è già in fase avanzata il progetto di una centrale che dovrebbe ricoprire 300 ettari di maremma, ed ulteriori distese di pannelli sono previste sia in maremma sia nella Val d'Orcia, patrimonio mondiale dell'umanità. Una enorme distesa blu, un blu metallico, sta sostituendo vaste aree finora verdi e ricoperte da piante e vegetazione o da campi coltivati. Un'altra grande centrale e' in via di progettazione in Sicilia: 560 ettari di terreno agricolo tra Catania, Lentini e Motta Sant'Anastasia, verranno ricoperti di pannelli blu per produrre 256 megawatt, una enorme distesa artificiale che andrà a sostituire il verde, le colture, i pascoli. Altri progetti per migliaia di ettari sono previsti in Sicilia, con forti guadagni per gli speculatori. Secondo il piano, finanziato in parte con i soldi europei, e fortemente appoggiato dai verdi, sono previsti gia nei prossimi anni in Italia 4000 chilometri quadrati, un'area come il Molise, da destinare al fotovoltaico, per combattere - dicono- i cambiamenti climatici.
Il paradosso chiude il suo cerchio: il partito degli ambientalisti si rivela il piu grande distruttore di verde della storia della penisola italiana: con la loro benedizione centinaia di migliaia di ettari verranno trasformati in una infinita distesa blu di pannelli di silice e acciaio, costruiti quasi tutti dal principale produttore mondiale, cioè in Cina, in fabbriche per lo più alimentate dall'energia prodotta nelle sue numerose centrali a carbone. Per ogni ettaro sottratto si toglie preziosa produzione agricola, la quale, ricordo, e' anch'essa trasformazione dell'energia solare in cibo, ossia energia riservata al mondo biologico ma non solo. Un'altra considerazione va fatta: per ogni ettaro sottratto all'agricoltura (e al paesaggio) e' necessario sostituire la produzione agricola distrutta nel nostro paese con l'importazione da paesi del terzo mondo di prodotti agricoli (in particolare carne e soia). Questo avviene attraverso la deforestazione delle foreste pluviali e nelle aree tropicali, aree che fissano carbonio attraverso la fotosintesi clorofilliana, e che vengono abbattute dai governi locali per dare luogo a nuovo terreno da destinare all'agricoltura e all'allevamento e ai prodotti di esportazione. Si tratta quindi di una colossale partita di giro, sulla base di interessi economici, che restituisce i danni all'ambiente e al clima ed in cui il risparmio di emissioni è solo apparente: di fatto si sposta l'emissione o il mancato assorbimento di carbonio in aree lontane, ma preziose per l'equilibrio ambientale planetario.
La speculazione è il meccanismo che spinge i proprietari ad impiantare fotovoltaico. Terreni che richiederebbero investimenti per la loro destinazione all'agricoltura e per assicurare la produzione agricola e zootecnica, sono assai piu facilmente, ed in modo economicamente conveniente, ricoperti da pannelli solari che richiedono meno cure e assicurano rendimenti superiori con poche spese. I proprietari dei terreni usufruiscono della nuova opportunità economica senza preoccuparsi delle ricadute sulla natura dei luoghi e sul paesaggio. Non è un caso che la mafia abbia investito molte risorse nel settore, e ci siano segnali di accaparramento dei terreni ex agricoli per usufruire delle nuove opportunità di investimento nelle rinnovabili.
Non ci sono limiti alla rivoluzione verde-blu. L'altra grande opportunità è quella dell'eolico. Anche qui la distruzione di natura e di paesaggio è senza limiti, e sempre nel nome della lotta al cambiamento climatico e dell'ambientalismo. Centinaia di torri eoliche sono in via di costruzione e molte altre migliaia sono in progettazione per essere impiantate sul suolo verde italiano, ciascuna alta piu di cento metri con le sue gigantesche eliche volteggianti, lungo i crinali appenninici, lungo le valli fluviali, lungo le coste delle nostre regioni del sud e delle isole, lungo l'adriatico, per realizzare un paesaggio che nemmeno Blade Runner aveva avuto la fantasia di immaginare. Solo per le base di queste mostruose torri, sono necessari enormi sbancamenti di terreno ed estese cementificazioni, strade di collegamento, elettrodotti e centraline per la gioia della flora e della fauna dell'ex Bel Paese. Si sono fatte battaglie su battaglie da parte degli ecologisti per impedire trivellazioni su minuscole piattaforme in mare, ma un silenzio assordante verde-blu accompagna i progetti di numerose batterie di torri da impiantare sui mari d'Italia in tutta prossimità delle coste, con quel ronzio insopportabile dei rotori che si diffonde per chilometri intorno, perenne inno alla stupidità e irresponsabilità umana.
giovedì 30 settembre 2021
Il discorso di Greta
Giovanna d'Arco ha parlato nel suo discorso milanese della pre-Cop 26. Il riscaldamento globale è colpa del colonialismo e delle disuguaglianze. E del bla bla bla dei governi (ovviamente solo occidentali) che poi non fanno nulla. I soldi bisogna smettere di investirli nelle nostre imprese, ma vanno dati ai paesi vulnerabili e arretrati. Basta con le industrie basate sul fossile, tutto deve essere elettrico. E tutto l'elettrico deve essere basato sulle rinnovabili. Quasi ispirata da Di Maio ha auspicato la fine della povertà, quale condizione inscindibile dalla lotta al global warming.
La domanda è: come si può abolire la povertà se si taglia l'energia da idrocarburi per affidarsi alle inefficienti e costose rinnovabili? E' appena immaginabile la crisi economica mondiale innescata dalla fine del petrolio e del gas. E poi: che senso ha accusare di bla bla solo gli occidentali e in particolare l'Europa che è responsabile solo del 6 % delle emissioni di carbonio? Il grosso viene dall'Asia e dalla Cina che utilizza ancora il carbone quale principale fonte. Avvieranno la transizione solo quando e se gli converrà, e non sarà certo Greta a convincerli.
Nel nostro paese, e parliamo solo dell'Italia, per avviare l'elettrico verso la sostituzione degli idrocarburi, servono almeno 114 Gigawatt entro il 2030, il che equivale a una superficie di pannelli solari (di ultima generazione) di 500 mila ettari oltre i pannelli attualmente in funzione. Se togliamo le montagne, i laghi, i fiumi, aeroporti e autostrade, ciò significa ricoprire con i pannelli gran parte delle pianure e gli edifici cittadini. Sulle zone montagnose e agricole si dovrebbero installare decine di migliaia di impianti eolici con le famose torri alte 100 metri. Il danno all'ambiente, al paesaggio, all'agricoltura e alla zootecnia sarebbe devastante. La fornitura elettrica sarebbe inoltre esposta alla meteorologia e al ciclo giorno-notte. La tensione di rete varierebbe nelle varie ore della giornata. Lo stoccaggio di energia è ancora un problema e sono richieste opere devastanti (bacini idrici e turbine, stock di batterie) per immagazzinare energia per le ore senza sole. Non parliamo dello smaltimento di pannelli e pale eoliche che hanno comunque limiti di durata. Lo sfruttamento del moto delle onde marine è ancora...in alto mare. La spesa per l'energia, già alta nel nostro paese, salirebbe alle stelle con ricadute su economia, prezzi e occupazione.
Come è ovvio da tante premesse, i neo-verdi e i Fridays for Future si guardano bene dal toccare il tema del controllo della natalità per permettere di ridurre o anche solo stabilizzare nei prossimi anni la popolazione planetaria. Sia Greta che i vertici dei movimenti ambientalisti su questo tema tacciono come pesci, senza alcun "blablabla". L'argomento non è politicamente corretto e non è consentito parlarne o semplicemente accennarvi. Se qualcuno vi accennasse, sono pronti gli insulti, le accuse e la censura più o meno violenta dei verdi-pacifisti.
Rimane il problema di come mandare aventi un pianeta con otto miliardi di umani, ponendo fine alle emissioni dell'economia basata sugli idrocarburi. Una soluzione ci sarebbe, ma va contro l'ideologia dominante, il conformismo delle idee tipico di chi spesso si ritiene rivoluzionario (ma lo è solo a parole). Se il pianeta è realmente a rischio per il riscaldamento globale, a breve termine non ci sono che le nuove tecnologie basate sul nucleare di ultima generazione, le uniche in grado di permettere la transizione senza innescare crisi planetarie che aumenterebbero di molto (altro che ridurla) la povertà di gran parte degli otto miliardi di homo. La nuova tecnologia a fissione prevede centrali più piccole e avanzate, con sistemi di controllo sicuri e con produzione molto limitata di scorie. I nuovi sistemi di controllo del nucleo in fissione controllata sono in grado di evitare la ripetizione di Chernobyl o di Fukushima. E' una tecnologia che numerosi paesi nel mondo stanno implementando (tra gli altri Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Svezia e Russia) e che comunque verrà utilizzata, che lo vogliano o meno le grandi menti dei FfF e i capoccioni old green. Queste centrali non hanno più nulla a che vedere con quelle di vecchio tipo. Perfino il nostro ministro della Transizione ecologica Cingolani, sull'onda di pareri espressi da commissioni europee di esperti, se ne è accorto e ha finalmente introdotto il tema nel dibattito politico nostrano, sollevando subito i cori di lai delle prefiche pseudoambientaliste. Eppure se il pianeta fosse veramente sull'orlo del baratro -come predicano- dovrebbero precipitarsi a proporre le nuove tecnologie nucleari a zero emissioni di carbonio. Ma credo che ai neo-verdi del riscaldamento globale non freghi nulla e probabilmente non ci credono, ma lo usano come una clava.
La fissione inoltre si utilizzerebbe per un periodo limitato: qualche decennio. E' dei primi di questo settembre 2021 la notizia che il MIT di Boston insieme alla nostra Eni hanno felicemente testato il progetto Cfs riguardante il supermegnete che permetterà il confinamento del plasma di ioni idrogeno per la produzione dell'energia da fusione. La riuscita del test ha abbassato di molto la previsione dell'inizio degli esperimenti di fusione: La Cfs prevede di costruire il primo reattore sperimentale nel 2025. La messa a regime della fusione sarà la fine della tecnologia a fissione e anche la fine della produzione delle supertemute scorie. La fusione infatti non utilizza uranio ma isotopi dell'idrogeno, non produce scorie nucleari e ovviamente, così come per la fissione, non vi è alcuna immissione di carbonio in atmosfera. Ci sarebbe lo stop al riscaldamento climatico da carbonio. Il mondo potrà a quel punto funzionare tutto ad elettricità senza più alcuna polluzione di carbonio, senza particolati da combustione, senza inquinamento da idrocarburi (si pensi solo ai mari). Il petrolio, il carbone ed il gas saranno ricordi di secoli bui.
Con una disponibilità pressoché infinita di energia pulita, il rientro demografico potrà avvenire con risparmio di molte risorse e investendo su innovazione tecnologica, riciclo, ritorno alla terra e alla produzione agricola con tecnologie avanzate, controllo dell'ambiente senza uso di prodotti chimici (lotta biologica, fertilizzanti naturali), salvaguardia delle acque senza sversamenti, senza opere di sfruttamento idroelettrico, e senza cementificazione dei letti di scorrimento. I viaggi aerei potrebbero essere ad eliche alimentate elettricamente senza emissioni.
Questi argomenti per Greta e compagni sono bla bla bla... chiacchiere inutili. Per Greta e company si deve stoppare tutta l'energia da idrocarburi entro i prossimi 9 anni (2030). Come faranno, poveri figli, senza aria condizionata e senza cellulari? Senza viaggi aerei e utilizzando navi a vela che richiedono mesi di navigazione? Rischierebbero di rovinarsi le vacanze.
Tra qualche decennio il pianeta sarà un altro: questo è sicuro. Nonostante l'opposizione di Greta, la fissione avrà il suo ritorno e la fusione, cui si stanno dedicando Stati Uniti, Cina, India, Russia, Europa e le altre principali nazioni, sarà l'unica prospettiva per salvare il pianeta e abbassare il livello di carbonio libero. Rimarrà il sogno dei verdi e dei giovani gretini di un mondo popolato da venti o trenta miliardi di umani, colorati come l'arcobaleno, poveri e disoccupati ma in un mondo senza frontiere e senza differenze, circondati da sconfinate distese di pannelli solari, sovrastati da migliaia di torri eoliche, e alimentati da prodotti provenienti da...marte. Greta, guidaci tu...
venerdì 24 settembre 2021
Scenari di sovrappopolazione: Karachi (seconda parte)
C'e una forte violenza tra gruppi etnici, muhnajir contro pathani, pathani contro beluchi, autoctoni contro immigrati, specie afghani, bengalesi e indiani. A livello religioso musulmani contro indu . Gli stessi musulmani sono divisi tra loro: la parte hanafita contro la minoranza hanbalita, questa a sua volta divisa nelle correnti definite wahhabita o degli Ahle Hadith. I Cristiani sono perseguitati. Persino il locale cimitero cristiano è divenuto una discarica perché vi vengono riversati i rifiuti, inoltre hanno cominciato a divellere le tombe e fabbricarci sopra abitazioni e moschee. Nel 2013 più di 100 persone sono stati uccise in un attentato suicida in una chiesa di Peshawar, nel nord-ovest del Pakistan. Lo scorso novembre un gruppo di persone ha bruciato viva una coppia di cristiani in un forno per mattoni dopo averli erroneamente accusati di aver bruciato una copia del Corano. Ad aprile a Lahore, la seconda città per grandezza del Pakistan, alcuni attentatori suicidi hanno ucciso 15 persone durante delle messe cristiane.La violenza e l'intimidazione ha spinto molti cristiani verso l'emigrazione in altri paesi.
L'aria della città e'una delle piu inquinate al mondo. Il PM 2,5 supera i 117 microgrammi a metrocubo. I fumi, il particolato ed i gas rendono il centro della città in una atmosfera irrespirabile, con incidenze elevate di patologia.
Nella bidonville piu di metà della popolazione ha meno di 15 anni : maggiore è la poverta' piu alto il numero di figli. Nonostante questi grandi e mostruosi agglomerati urbani, la popolazione del pakistan rimane prevalentemente rurale, solo il 35% vive nelle citta, sebbene le migrazioni interne stiano lentamente cambiando il quadro demografico. La vicina valle centrale dell'Indo e' una delle zone piu popolose del pianeta ed anche delle più inquinate e deforestata. Essa è ormai una appendice della grande città e ne costituisce l'aspetto rurale e fortemente antropizzato. Tutti aspirano alla grande città per trovare un qualsiasi lavoro (anche se solo un quarto degli abitanti di Karachi risulta occupato)
Considerazioni sulla megalopoli di Karachi e sulle megalopoli in generale
Si potrebbe introdurre un neologismo per indicare questo grande organismo antropico: homobionte (o tecnobionte). Con questo termine si intende una trasformazione artificiale di intere zone del pianeta dove lo sviluppo di strutture legate alla presenza umana vanno a sostituire gli elementi naturali della flora, della fauna e dell'ambiente. L'ecosfera, nell'homobionte , diviene antroposfera: tutti gli elementi naturali , territorio, acque, aria, vengono piegate al servizio di una sola specie. Nell'homobionte gli elementi che costituiscono il sistema antropico sono binari: da una parte c'è la megalopoli come struttura artificiale (grattacieli, strade, infrastrutture, periferie, fabbriche ecc.) e i suoi abitanti. La seconda componente sono i territori di affluenza. Nel caso di Karachi l'Homobionte ha il suo sistema binario: la megalopoli da una parte, e la sua area di affluenza diretta nella valle dell'Indo, dall'altra. I due termini costituiscono un simbionte: c'è uno scambio di persone, di merci e di risorse tra le due aree ed il risultato è la crescita dell'organismo antropico. La megalopoli dipende dai territori e questi dalla megalopoli. A volte i territori di affluenza sono distanti (come il nord dell'India nel caso di Karachi) ma il concetto binario rimane valido. Come un parassita la megalopoli attrae persone e risorse dai territori, questi vivono in gran parte con i prodotti reflui della megalopoli o le rimesse degli emigrati. La città funziona come attrattore e determina la natalità dei territori di afflusso che si mantiene alta. La megalopoli assicura sussistenza economica, risorse sociali, assistenza sanitaria, servizi. Il territorio affluente la demografia necessaria. La perdita del rapporto tra uomo e territorio nel sistema simbiontico si manifesta come fenomeno migratorio: l'area di forte antropizzazione concentra la produzione e il consumo e funziona come attrattore per le popolazioni dei territori di affluenza, che migrano richiamati dalla sussistenza offerta dall'area megapolitana. In questo modo l'antropizzazione del pianeta cambia aspetto: non funziona più come il vecchio insediamento umano in cui il tasso di natalità si doveva confrontare con le risorse disponibili in quel dato territorio. I sistemi di controllo della crescita demografica in passato erano la fame, le carestie, le epidemie, la mancanza di lavoro e di prospettive, i conflitti che sfociavano spesso nella guerra. Oggi la megalopoli assicura cibo di massa, sanità pubblica (anche se di basso livello), un lavoro o una prospettiva di lavoro, coesistenza di etnie e culture diverse con un grado di conflittualità più basso della guerra. Questo consente ai territori di affluenza di mantenere tassi di natalità molto alti, nonostante le risorse locali limitate. La devastazione del territorio è così duplice: alla cementificazione cittadina corrisponde l'urbanizzazione diffusa delle campagne e la deforestazione conseguente. Il rapporto diretto tra città e territorio di affluenza sta evolvendo: oggi i grandi homobionti come Lagos, Kinshasa, San Paulo, Pechino, Città del Messico o la diffusa area urbana europea attraggono popolazione anche da terre molto lontane, addirittura da continenti diversi. Gli homobionti si globalizzano. Tra Europa e Africa c'è un rapporto simbiontico che sta modificando i due continenti nel senso di una reciproca antropizzazione in cui la parte economicamente sviluppata funziona da attrattore e fornitore di consumi, la parte africana fornisce la demografia e il bacino di espansione (estrazione di risorse, esportazione di merci, investimenti in infrastrutture, ecc.). Sull'area africana si proiettano anche gli interessi degli homobionti cinesi con cui, come accade in tutti gli organismi antropici, quello europeo è entrato in conflitto. La fine delle savane, delle foreste e delle specie animali africane accelera così inesorabilmente.
Il risultato finale del nuovo tipo di crescita antropica è sempre lo stesso: una violenta sostituzione di una monobiosi di homo alla pluralità della vita naturale, di una sola specie e dei suoi prodotti artificiali al posto delle molteplici specie di natura.
Si tratta di una crescita parassitaria: il territorio è soggetto a depredazione, deforestazione, sfruttamento di risorse, utilizzo di fonti idriche, estrazione di materiali, sovvertimento ambientale, cementificazione, inquinamento e trasformazione in discariche. L'inurbamento di popolazioni dai territori rurali e arretrati né e la caratteristica principale. Più che il consumismo globalizzato, la caratteristica dell'antropizzazione attuale è l'inurbamento massiccio e senza precedenti (più del 50 % della popolazione mondiale). Il miglioramento della qualità di vita è più apparente che reale, i meccanismi di crescita sono infatti limitati al solo aspetto numerico con più persone, strutture degradate , bassa tecnologia, economia senza innovazione e investimenti insufficienti. Le risorse sono in gran parte deviate sulle necessità vitali, e la massa degli occupati cresce complessivamente meno dei nuovi nati e dei nuovi arrivati. Il risultato è la gigantesca crescita delle bidonville che precedono l'espansione megapolitana più strutturata. Tutto il sistema è fortemente energivoro: la competizione sulle risorse energetiche vanifica ogni tentativo di porre sotto controllo le emissioni di carbonio. Crescendo continuamente la popolazione, la richiesta è sempre su alti livelli e scoraggia o rende impossibili politiche di controllo del consumo di idrocarburi.
Karachi non e' una citta' lontana, ma il futuro che ci attende. La città pakistana rappresenta il modello delle megalopoli di tutto il pianeta al tempo della sovrappopolazione: elevata cementificazione, milioni di metri cubi sviluppati sia in altezza che in estensione, gigantesche periferie di bidonville, criminalita e disoccupazione, consumo di territorio, discariche estesissime e fumi in atmosfera con ambiente degradato e aria irrespirabile, acque intossicate da liquami chimici, biologici e industriali. Un anonimato diffuso che annienta ogni appartenenza storica e ogni tradizione culturale legata alla città, per trasformarsi in un estraneamento ad ogni valore che non sia il puro consumo e in una competizione senza regole. Alla identificazione con il luogo-città si sostituisce uno spezzettamento delle appartenenze, legate a visioni tribali.I collanti tradizionali: tradizioni, religione, cultura sono fonte di conflitti che coesistono come confronto latente (ma spesso, specie nelle realtà più degradate, il conflitto è manifesto). Il vecchio sistema statale, con i confini e le giurisdizioni nazionali, perde gradualmente significato. La finanza sovranazionale acquista di converso sempre più potere.
Il nuovo sistema di crescita antropica è una violenta intromissione di homo che porta distruzione di vita e di specie. Non esistono meccanismi intrinseci che possano limitare la crescita. I limiti fisici si presentano come un progressivo aumento della viscosità nel flusso di risorse che dall’ecosfera vengono convogliate nell’antroposfera e come progressiva (ed evidente) saturazione degli ecosistemi terrestri e marini con i rifiuti delle nostre attività economiche e sociali.In questo sistema artificiale creato da Homo la pressione numerica umana continua a minare l'integrità e la capacità di generazione degli ecosistemi terrestri, marini e di acqua dolce. La monobiosi umana si sostituisce alla varietà naturale delle specie. Come un cancro le megalopoli si moltiplicano e si espandono sulla superficie del pianeta.
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mercoledì 8 settembre 2021
Scenari di sovrappopolazione: Karachi. (prima parte)
Nel mentre ci balocchiamo a livello del pensiero verde mainstream,con il sogno di risolvere il riscaldamento atmosferico - sembra che tutto il complesso tema dell'eccesso antropico si risolva in questo unico tema - , e immaginiamo un futuro mondo verde fatto di pascoli, verdi vallate, di colline alberate e azzurri laghetti circondati da campi di pannelli fotovoltaici e torri eoliche, con stradine sterrate percorse da miloni di biciclette e auto elettriche, il mondo sta subendo ormai da qualche decennio una mostruosa trasformazione che rende inutile ogni tentativo di bloccare il riscaldamento e irreversibile la crescita esponenziale dei consumi. Con "mostruosa trasformazione" intendo il fenomeno che negli ultrimi decenni ha portato alla nascita di megalopoli con milioni di umani concentrati in spazi ristretti e un ambiente degradato da tossici, rifiuti, plastiche e altri inquinanti. Aree del pianeta sempre più sottratte al loro aspetto naturale per essere stravolte da strutture in cemento, asfalto, manufatti artificiali, con un'aria irrespirabile per particolati e fumi industriali, con prodotti inquinanti dovuti alle attività antropiche, con le acque avvelenate da liquami, chimica e plastiche, i suoli divenuti depositi chimici di fertilizzanti e veleni, spesso privati di ogni vegetazione anche spontanea per tossicità. Questi abnormi concentrati di homo non hanno più nulla di naturale o di semplicemente umano. Il rumore e' a livelli altissimi (per Karachi sono stati rilevate punte di più di 140 decibel) esteso a tutto larco delle 24 ore , per le continue attivita' umane che richiede una tanto alta concentrazione di abitanti; livelli che non consentono un riposo ed una tranquillita'anche temporanea alla maggioranza delle persone.Fu il grande fisiologo Selye che, studiando i reperti autoptici di animali vissuti in alta densita demografica in spazi ristretti, segnalo'per la prima volta gli effetti dello stress sul corpo degli animali. Tali effetti, che implicano una attivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surreni e del sistema simpatico per continui stimoli esterni, e si concentrano in particolare su organi bersaglio quale cuore, vasi,polmoni, cervello e ghiandole surrenali, sono caratteristici degli abitanti delle megalopoli contemporanee in cui l'attività umana è continua e gli individui stressati dal sovraffollamento. Il cittadino megapolitano è esposto a malattie respiratorie, degenerative, del cuore, cancro, alterazioni psichiche e altri effetti dello stress. I farmaci necessari a curare gli effetti dell'ambiente malato e della concentrazione demografica si aggiungono agli altri tossici per moltiplicare gli effetti chimici sull'ambiente, in un circolo vizioso di autopotenziamento. Le specie animali restanti sono soggette a genocidio ed estinzioni, a squilibri degli ecosistemi, insieme alla scomparsa della flora preesistente. Per comprendere di cosa si parla con la trasformazione di cui siamo muti testimoni non servono discorsi generici, ma concreti esempi da studiare a fondo, perché lì è scritto il futuro della specie Homo e un destino catastrofico da cui è sempre più difficile salvarsi. Qui di seguito riporto alcune impressioni, tratte da viaggiatori occidentali, riguardo ad una delle più grandi megalopoli mondiali: Karachi. Ma il modello Karachi è purtroppo simile a quello di tante altre megalopoli in ogni continente come San Paulo (Brasile), Mumbay in India, Pechino o Citta'del Messico che, giorno per giorno, stanno crescendo impetuosamente sulla spinta di una crescita demografica di Homo rapida ed inarrestabile, checché ne dicano i tanti demografi che parlano di picco demografico e altre amenità simili dalle loro aule universitarie o dai dorati e ben pagati scranni degli uffici dell'Onu. Karachi Uno dei problemi che impressionano il viaggiatore che capita nella grande megalopoli del Pakistan è una perenne presenza di nugoli di mosche che circondano merci, in particolare cibi, animali e persone, ovunque e a qualunque ora del giorno. E' un tormento biblico, una specie di punizione divina per un patto rotto tra l'uomo e la natura. Quell'infinito numero di mosche ci ammonisce che qui è avvenuto qualcosa, un fatale oltrepassamento di un limite, uno stravolgimento di ogni legge naturale. "Karachi è stata la capitale del Pakistan fino a che negli anni Sessanta, con il preciso scopo di sostituirla, fu costruita Islamabad. Nonostante ciò, rimane oggi il più importante centro finanziario e culturale del paese, nonché la città più grande e popolosa: ha circa 24 milioni di abitanti, ed è in costante crescita. Un recente articolo del New York Times ha però parlato di Karachi per i suoi molti problemi, a partire dall’ultimo in ordine di tempo: un’invasione di mosche. Il problema delle mosche è solo l’ultimo di una lunga serie: nei mesi scorsi le piogge della stagione dei monsoni hanno causato gravi inondazioni, con morti e feriti; poi ci sono stati alcuni blackout alla fine di luglio, che in certi casi sono durati più di due giorni; infine, a causa della costante crescita della popolazione, Karachi non riesce a smaltire Le mosche, scrive il New York Times, sono dappertutto e in una quantità tale da ricoprire quasi ogni superficie disponibile. Non danno tregua neanche alle persone, quando sono così tante, e si posano sulla merce dei mercati all’aperto, sulle case e sui marciapiedi. Oltre a dare notevole fastidio, poi, una quantità così grande di mosche può diffondere malattie come la febbre tifoide e il colera, e trasmettere infezioni agli occhi e alla pelle contaminando il cibo. Secondo gli esperti, questa proliferazione straordinaria è causata dall’acqua stagnante delle piogge monsoniche e dai rifiuti non smaltiti, soprattutto i resti di animali macellati durante la recente festa islamica Id al-Adha; il problema, poi, non sono tanto le piogge, normali per questo periodo dell’anno, ma le infrastrutture molto carenti di Karachi che non ha un buon sistema fognario e di drenaggio delle acque, oltre ad avere problemi a smaltire i rifiuti solidi. «Il Pakistan produce più di 20 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno e in città come Karachi, due quinti non vengono raccolti», ha affermato Ashraf Mall, rappresentante di Tearfund per il Pakistan. «Questa spazzatura o viene bruciata per la strada o è gettata nei fiumi, spesso finendo nell’oceano, o si accumula, causando inondazioni e problemi di salute. I generosi finanziamenti del governo britannico ci permetteranno di migliorare la vita quotidiana delle persone che vivono a Karachi e Hyderabad». Il comune ha provato con la disinfestazione tramite fumigazione e insetticidi vaporizzati, ma a quanto pare non sta funzionando: le mosche rimangono. Alcuni commercianti, soprattutto quelli che hanno il bancone all’aperto, hanno provato a trovare rimedio con mezzi propri, accendendo fuochi e usando insetticidi spray, ma sempre senza successo. Peraltro, la presenza delle mosche sta danneggiando pesantemente i loro affari: un venditore di dolci tipici, intervistato dal New York Times, ha detto che le mosche non sono un problema nuovo, ma che stavolta non sembra esserci soluzione: «Non c’è niente che possiamo fare, siamo impotenti. Gli affari vanno malissimo». Il suo rimedio per proteggere i dolci dalle mosche è coprirli con un foglio di plastica. Per risolvere il problema delle mosche andrebbe prima risolto quello dei rifiuti, che però è altrettanto complesso: Karachi è una città enorme e produce circa 12mila tonnellate al giorno di rifiuti, secondo un documento della Banca mondiale. Non è una quantità incredibile per una città di 24 milioni di abitanti – Roma ne produce quasi cinquemila tonnellate, a fronte di meno di 3 milioni di abitanti – tuttavia la gran parte di questi rifiuti non vengono smaltiti, rimangono lungo le strade oppure abbandonati in discariche improvvisate. Questa gestione fallimentare è dovuta in parte al fatto che il territorio di Karachi è frammentato dal punto di vista amministrativo: i servizi al cittadino vengono gestiti da diverse agenzie, per cui risulta difficile coordinare tutto il sistema e trovare una soluzione unitaria. Il problema esiste da anni e rappresenta un rischio per la salute degli abitanti, non solo per le mosche ma anche perché i rifiuti finiscono in mare e nella rete idrica contaminando l’acqua, oppure perché vengono bruciati per accelerarne lo smaltimento, sprigionando gas tossici." (Dal New York Times) Ma non si tratta solo di mosche. Anche una banale osservazione dal satellite ci mostra una nuvola giallastra che, come una cappa, ricopre una enorme distesa grigia, questa non più aerea ma terrena, una specie di cancro o di muffa che mangia suolo verde e intossica ogni cosa. Non è più paesaggio ma artificio, una sussistenza aliena che indica una estraneità distruttiva di qualche specie infestante: è duro ammetterlo ma quella specie è Homo. A nord ovest del delta dell'indo si estende su una ampia pianura circondata da modeste alture, una delle manifestazioni piu chiare di cio che aspetta il mondo in preda alla sovrappopolazione: la devastazione ambientale, naturale e sociale di Karachi, una delle megalopoli piu popolose del mondo. Nel 1947 la città aveva 400 mila abitanti, oggi ne ha 24 milioni con il suo interland, in rapida crescita (ogni anno si aggiungono circa un milione e mezzo di nuovi abitanti). Se conideriamo che nel 1921 la città aveva 240 mila abitanti, la città ha moltiplicato per 100 volte la sua popolazione in un secolo. La cosiddetta citta' e' un ammasso informe di edifici costruiti a risparmio e nella maggioranza dei casi spontaneamente al di fuori di qualunque programmazione, con cemento, legname e poco ferro, con cunicoli e viuzze senza alcun piano regolatore, sull'onda di una richiesta demografica in crescita esponenziale e rapidissima sia per nascite (sette figli per donna in media) che per l'immigrazione dalle aree rurali. Alla crescita ha contribuito la forte immigrazione islamica dall'India per le guerre di religione che hanno interessato il continente. Ma la crescita esponenziale degli abitanti delle città-megalopoli è un fenomeno globale del pianeta, alimentato dall'eccesso di nascite e dalla riduzione della mortilità dovuta al fenomeno tecnico-scientifico. Di fatto la popolazione di Karachi cresce ancora oggi del 5% l'anno. Il nucleo originario si trova tra il porto di Lalazar dove è anche il principale scalo ferroviario e la città "vecchia" posta tra gli sbocchi a mare dei fiumi Lyari e Indo. Lungo la Jnnah Road si affacciano alcuni dei più noti palazzi cittadini come il municipio, la torre Merewether, una reliquia del periodo coloniale in stile gotico e il mercato Bolton.il quartiere di Saddar è costituito dal vecchio centro coloniale di Karachi, con il Club Road — il prolungamento della precedente edificazione verso est. Il nome si riferisce al tratto dell'arteria che attraversa il quartiere coloniale di Saddar. Nelle sue vicinanze stanno gli alberghi Sheraton, Marriot e l'ambasciata USA. Tra "Jinnah Road" e "Moulvi Tamizuddin Khan", Chundrigar Road è una delle strade più famose del centro di Karachi, nota nel periodo coloniale come "McLeod". Vi si affacciano alti grattacieli (in genere costruiti da ditte cinesi), sedi di istituti finanziari e di importanti quotidiani. Vi si trova di tutto, dagli accattoni ai negozi di computer. Quando gli uffici chiudono per la pausa del pranzo, lunghe code si formano fuori dei ristoranti. Dopo le 8 di sera si svuota divenendo una strada fantasma. "Defence Housing Colony", la zona benestante di Karachi, costruita dall'esercito per i dipendenti.Saddar Town è il centro di Karachi sin dal tempo del dominio britannico, come attestano i suoi numerosi edifici in stile coloniale. Il distretto comprende i vecchi quartieri di Kharadar e Mithadar. È un'area commerciale; entro i suoi limiti sono situati lo storico Empress Market, la stazione ferroviaria e quella degli autobus extraurbani. Una delle strade più note è l'affollata "Zaib-un-nissa" intitolata a un famoso giornalista pakistano. In epoca coloniale era nota come Elphinstone Street e di quel periodo conserva ancora molti edifici, oggi sede di consolati o trasformati in alberghi di categoria inferiore. Clifton — Il quartiere di Clifton si estende sul lungomare a sud di Saddar Town. È il luogo tradizionale della passeggiata domenicale degli abitanti di Karachi. Qui si trova la casa di Zulfikar Ali Bhutto, presidente del Pakistan dal 1971 al 1973 e padre di Benazir. Davanti alla casa dei Bhutto a Clifton fu assassinato nel 1990, Murtaza, il fratello di Benazir. La nuova Karachi si estende parecchi km a sud-est dal convulso centro cittadino, su terre sottratte al mare. Vi sono sorti nuovi alberghi tra i quali il Carlton e sta per essere completato (2008) un porticciolo turistico, il "Marina Creek". "Crescent Bay" è un progetto portato avanti dalla società Emaar di Dubai. Il piano urbanistico prevede la realizzazione di un quartiere residenziale con grattacieli sul lungomare che accoglieranno alberghi e condomini di lusso.Come al solito ci sono interessi cinesi e, in minor misura, iraniani. La Cina è il principale partner che assicura mezzi e imprese per la costruzione di grattacieli, edifici, strutture portuali e areoportuali nella zona. Separato dal centro dal corso del fiume Lyari,Gulberg Town è abitato soprattutto da Muhajir, termine con cui si indicano i discendenti di quegli indiani di credo musulmano fuggiti dall'India dopo il 1947, anno che sancì la spartizione della colonia britannica in due stati indipendenti. Situato a nord del centro, oltre il fiume Lyari, Gulshan Town è quartiere degli spazi fieristici del "Karachi Expo Centre" e degli edifici dell'Università statale di Karachi, la più grande del paese. Verso est sud est si trovano i vasti concentrati umani come Hazara Colony e Hill Town o Green Belt , vere baraccopoli dove si sono concentrati le immigrazioni di gruppi etnici sia dell'interno che di nazioni vicine negli ultimi decenni. Il territorio vasto più del lazio è fortemente antropizzato ed ha subito una deforestazione totale con una superficie fangosa in cui scorrono fiumi che sono fogne a cielo aperto e le sponde del tutto prive di vegetazione per l'alta concentrazione di tossici e veleni. Per enormi distese di chilometri quadrati intorno al nucleo centrale si estende una città sparsa fatta di agglomerati senza alcun piano regolatore e cresciuti solo in funzione della crescita demografica di tutta l'area. La composizione e multietnica: munhajir (musulmani di lingua urdu),Pathani,beluchi, immigrati bengalesi, arabi, afghani (due milioni), africani. La grande maggioranza vive in una sconfinata bidoville alla periferia della citta, periferia popolosissima senza fognature, senza servizi, spesso con discariche sparse tra le baracche, e atraversata da fiumi come il Malir e il Lyari ridotti a discariche, neri di inquinanti e schiumosi per sostanze organiche e prodotti chimici, ma soprattutto carichi di plastiche, bottiglie, contenitori, sacchi, barattoli, residui chimici e organici ed altri inquinanti che vanno rapidamente a scaricare in mare dove formano strati galleggianti che si estendono per miglia verso il mare aperto e lungo la costa. Le foto satellitari mostrano grandi macchie giallastre in corrispondenza della foce dei fiumi che si espandono a distanza nell'oceano.Il fiume è il principale immissario di sostanze reflue nel mar Arabico, con un importo stimato di 909.000.000 di litri al giorno.[8][9] L'unica entrata non-salina è il locale di deflusso delle precipitazioni. Un gran numero di settori economici, tra cui il farmaceutico, il petrolchimico, il chimico, il tessile, le raffinerie e le industrie cartarie, opere di ingegneria e centrali termoelettriche che si trovano lungo il fiume, scaricano regolarmente i loro rifiuti industriali non trattati nel fiume.[10] Con la crescente quantità di sostanze organiche fertilizzanti nell'acqua del fiume, l'ecologia marina lungo la scarpata costiera è stata colpita in modo definitivo.[11] Le sostanze inquinanti insieme ad altre perturbazioni ambientali hanno anche dimostrato di essere dannosi per la biodiversità di specie marine lungo il porto peschereccio di Karachi[12], tra cui le tartarughe verdi, gli uccelli e i mammiferi marini.[13] Karachi e la capitale economica e sociale (quella amministrativa è Islamabad) del Pakistan, il sesto paese piu popoloso al mondo, con un tasso di natalità che lo porterà a divenire entro il 2050 il terzo paese piu popoloso al mondo. La città è stata definita "la metropoli più pericolosa del mondo" secondo un rapporto pubblicato sulla rivista americana Foreign Policy. Questo triste primato è dovuto al tasso di omicidi che è del 25% più alto rispetto a quello della media del paese. Tra i motivi di questa criminalità record c'è la sovrappopolazione, secondo il rapporto di Foreign Policy. Tra il 2000 e il 2010 gli abitanti di Karachi sono aumentati dell'80%, "l'equivalente della popolazione di New York" nota lo studio. Decine di migliaia di pachistani provenienti dalle aree pashtun del nord ovest sono confluiti nella metropoli a causa del conflitto con i militanti islamici estremisti. Da tempo inoltre la città è controllata da bande criminali che si spartiscono il traffico di droga e di armi, sequestri di persona e altre attività illegali nei diversi quartieri. Come fece notare Lorenz nei suoi studi sul comportamento animale, dove la concentrazione demografica di qualunque specie raggiunge livelli estremi e insostenibili, si scatenano aggressività e conflitti, mascherati da lotte (e persino guerre) per le risorse o da odi religiosi. Odi reali, non virtuali, che spesso sfociano in aggressioni, uccisioni e stragi. (Continua nella seconda parte)
giovedì 19 agosto 2021
La caduta di Kabul
Una breve nota a commento della caduta, prevista da tempo, della capitale dell'Afghanistan. Solo per constatare ancora una volta come il mondo reale è molto diverso da quello rappresentato nelle conferenze sul Clima o nei libro dei sogni dei movimenti verdi e arcobaleno. Mentre il mondo è sempre piu esposto alla crisi climatica e agli effetti del surriscaldamento atmosferico si viene a conoscere, ai margini della caduta del governo fantoccio filo americano, che nel paese sono in costruzione vari gasdotti e oleodotti con l'intento di portare milioni di tonnellate di idrocarburi l'anno dal Turkmenistan e dall'Iran alla Cina, al Pakistan e all'India dove sono evidentemente previsti giganteschi nuovi consumi di gas e petrolio che si vanno ad aggiungere alle enormi quantità bruciate attualmente, con pesanti immissioni di carbonio in atmosfera. E' evidente che dietro la lotta per il potere nel paese, i profitti e le tangenti del transito dei dotti costituiscono uno dei principali bottini che andranno a premiare il vincitore (l'altro è la coltivazione e la produzione del papavero con la relativa produzione di oppio ed eroina). India, Pakistan e Cina, si apprestano a raddoppiare i consumi di petrolio e gas a beneficio delle proprie economie in crescita e avviate a incrementare popolazione e consumi.Sono evidentemente lontane e relegate nel mondo dorato dei sogni e delle belle intenzioni da dare in pasto elle addormentate opinioni pubbliche occidentali, le belle sale affollate di inutili delegati che passano intere giornate a disquisire sul grado di riscaldamento in più o in meno, e sulla sostituzione dell'economia da idrocarburi in quella dei pannelli solari e dei mulini a vento. Memorabili (ma presto dimenticati) i bei slogan buoni per i palati dei cittadini europei e americani che debbono sganciare i soldi per mantenere l'apparato puramente propagandistico. Nel frattempo i barbuti talebani si apprestano a intascare i crescenti introiti in dollari per la gestione di questi condotti. Credere che i nuovi signori di Kabul siano isolati è un'altra delle illusioni occidentali. Tutta l'area geopolitica che circonda il paese, compresa la Russia di Putin, è in ebollizione per mantenere ottimi rapporti con gli scolari di Allah
Dalla Stampa internazionale:
"Il “sogno – geopolitico – americano” in Afghanistan si chiama TAPI, ovvero il gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India.
Un progetto da 8 miliardi di dollari, lungo 1700 chilometri, che dovrebbe trasportare il gas naturale turkmeno attraverso l'Afghanistan, in quello che viene descritto dagli stessi Usa come un “corridoio di transito cruciale”, dal bacino del Mar Caspio al Mar Arabico.
Sostenuto dall'Asian Development Bank (ADB), il TAPI ha il potenziale per trasportare 3,2 miliardi di metri cubi di gas al giorno dai giacimenti del Turkmenistan, passando vicino alle città di Herat e Kandahar, attraversando il Pakistan vicino a Quetta e collegandosi con i metanodotti di Multan, nella regione del Punjab pakistano.
Gli Stati Uniti avevano propagandato il progetto come “collante magico” che avrebbe legato le diverse aree (spesso in attrito), in un quadro di cooperazione interdipendente: “Oltre a isolare ulteriormente l'Iran – si legge in un documento del 2011 dell'Institute of Asian Studies – l'interdipendenza risultante e i benefici della cooperazione potrebbero fungere da catalizzatore per la pace tra India e Pakistan”."
Pechino in questo senso si sta segnalando per il suo attivismo nell’Asia centrale e recentemente ha incontrato autorità di diversi paesi della regione. Per rafforzare il suo prestigio, inoltre, lavora sul fronte economico attraverso lo strumento della Belt and Road. “Noi possiamo espandere il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) all’ Afghanistan e migliorare il livello della cooperazione commerciale e dell’interconnessione tra l’ Afghanistan e gli altri paesi nella regione”, ha spiegato Wang Yi. Il CPEC è stato lanciato nel 2013 nell’ambito di Belt and Road e prevede una rete di strade, porti, gasdotti, oleodotti e reti in fibra ottica in Pakistan per collegare i due versanti dell’Eurasia. E’ considerato un progetto altamente strategico da Pechino per la sua stabilità energetica e per la sua geopolitica regionale. E' in costruzione inoltre il nuovo gasdotto e oleodotto dall'Iran che attraverso l'Afhanistan porterà gas e petrolio verso il gigante consumatore cinese..."
lunedì 12 luglio 2021
Nasce Europa verde con tabù incorporato
Ho seguito ,con molta noia, su radioradicale il congresso di fondazione del nuovo partito dei verdi "Europa verde", tenutosi recentemente a Chianciano terme. Come automi arrugginiti gli esponenti dei verdi continuano a ripetere vecchi slogan e vecchie litanie, quelli risalenti a venti o trenta anni fa, in un mondo che appare sempre più estraneo, artificiale, cementificato e caldo e su cui non sono riusciti ad intervenire, sia a livello politico che pratico, in modo efficace. Proclamano la fine dell'economia a idrocarburi, vox clamans in deserto, quando interi continenti si volgono al carbone e al petrolio in cerca di dollari e sviluppo per una popolazione sempre più numerosa ed in cerca di consumi (vedi i dati sul consumo annuale di petrolio, gas e carbone di Cina, India, Russia, Brasile e Stati Uniti per esempio...). Al congresso di Chianciano sono pochi e depressi, non tentano nemmeno di alzare i toni, gli applausi sparuti, ed hanno il fallimento dipinto sulle facce segnate dal tempo inutilmente trascorso. Mi sono poi letto il nuovo statuto approvato, ricercando - come sempre faccio nei documenti prodotti dal movimento verde- un qualsiasi se pur vago accenno al problema che sta alla base del disastro ambientale in corso: la sovrappopolozione della specie Homo sul pianeta terra. Niente, assolutamente rimosso ogni accenno al tema: un vero tabù su cui si deve assolutamente tacere in ogni consesso dei cosiddetti verdi. La loro visione resta antropocentrica, tutto gira sui diritti di Homo e sul soddisfacimento dei suoi bisogni. Ma questo non e' il solo elemento che colpisce. C'e' dell'altro. Nello statuto si pongono i temi costitutivi del nuovo partito dei verdi: si all'accoglienza indiscriminata di tutti i migranti, si all'incremento delle rinnovabili finanziate dalle tasse dei cittadini a scapito del paesaggio, del suolo e degli animali. No ai fertilizzanti chimici e ai pesticidi, no all'uso della tecnologia ogm. No al nucleare in ogni sua forma (vietato ogni accenno alla ricerca su nuovo nucleare e sull fusione). No agli idrocarburi e ai motori a combustione, si all'elettrico. Niente sul consumo di suolo verde. No al capitalismo e all'aumento della produzione industriale: probabilmente più che agli Usa o all'Europa si guarda alla Cina e alla sua industria di stato.
Poiché la possibilita di nutrire sette miliardi di umani e' connessa strettamente all'uso dei fertilizzanti chimici e dei pesticidi in agricoltura, va subito all'occhio la contraddizione tra l'assenza di ogni accenno alla pianificazione familiare e la conseguenza dei divieti a fertilizzanti e pesticidi: la popolazione cresce e la produzione agricola si riduce. Ma sembra che il sillogismo sia troppo semplice per la mente complessa degli euroverdi. La lotta al cambiamento climatico secondo il nuovo partito verde dovrebbe avvenire basandosi sull'uso estensivo delle rinnovabili, non rendendosi conto che l'energia non basterebbe all'incremento dei consumi elettrici conseguente allo stop degli idrocarburi e del nucleare (mobilita', riscaldamento, condizionamento estivo, industria ecc.) e porterebbe un aumento generalizzato dei prezzi con ripercussioni sociali(diseguaglianze, nuova poverta'). Come dimostra la storia recente dei vari tentativi delle conferenze sul clima di ridurre le emissioni, il ricorso agli idrocarburi (basti pensare al carbone cinese, al petrolio americano e al gas russo) non verrebbe ridotta ma incrementata per il minor costo della produzione energetica dal carbonio, in presenza di alta richiesta di energia per la popolazione in crescita. Quanto alla politica migratoria dell'accoglienza indiscriminata, si avrebbe come conseguenza il continuo aumento del consumo di suolo nel nostro paese e in europa, l'aumento della antropizzazione e l'espansione ulteriore delle periferie urbane e delle megalopoli con l'incremento del modello di crescita megapolitano: piu' cemento, piu consumi, piu prodotti industriali, piu plastiche, piu emissioni di carbonio, piu mobilita', piu tecnologie inquinanti, piu chimica, piu richieste alimentari ,più rifiuti, più particolato, più fumi, più inquinamento delle acque.Il totem dell'economia del riciclo permane, nonostante che in presenza di crescita demografica e dei consumi, rimanga un miraggio lontano finora rivelatosi impossibile se non in settori ristretti e marginali. Ridurre gli allevamenti intensivi e' una bella idea, ma difficile da applicare in un mondo in crescita demografica con sempre maggiori richieste di proteine animali per l'alimentazione, e i popoli che oggi ricorrono agli insetti non sognano che di mangiare una succosa bistecca.
Si tratta dunque del consueto e ormai storico libro dei sogni del movimento verde, un movimento che non contribuisce minimamente alla lotta all'inquinamento e alla catastrofe ambientale, ma anzi se possibile lavora per incrementare i problemi ecologici planetari. Il movimento e il nuovo partitino sono dunque destinati ad un ruolo insignificante nel panorama politico e continueranno a perdere credibilita', man mano che risulteranno evidenti i danni su paesaggio, flora e fauna, dovuti all'uso estensivo delle rinnovabili su un territorio prezioso dal punto di vista paesaggistico e ambientale come quello italiano. Cominciano inoltre a farsi sentire i problemi di smaltimento di vecchi pannelli, pale eoliche, ecc. e i danni sull'uso dei ruscelli di montagna a scopo energetico. L'ira dei cittadini per le bollette gonfiate dalle rinnovabili si riverserà sul nuovo movimento (già vecchio in verità) e farà fare la fine che merita a chi nega l'evidenza: l'eccessiva pressione antropica su un territorio che vede perdere ogni giorno natura e varietà di specie viventi. Finche' continueranno a considerare tabu' il tema dell'eccesso di nascite della specie Homo, i verdi non usciranno dal ghetto in cui si sono autocondannati.
sabato 22 maggio 2021
La distruzione infinita: incentivi alle nascite e ai consumi
Il governo italiano incoraggia le nascite con il bonus-regali bebè e il bonus-regali sui figli fino ai 26 anni. Numerosi paesi europei incentivano le nascite con vari bonus (regali) a carico della tassazione generale dei cittadini. Ora arriva anche la proposta Letta di tassare le successioni per dare in regalo ai diciottenni (novelli elettori) dai 15 ai 18 mila euro. Tutti questi incentivi alle nascite e alla gioventù, se non accompagnati da doveri verso l'ambiente e la formazione, si risolvono in una distorsione del meccanismo naturale che assicura una certa omeostasi demografica: tendono ad incrementare la popolazione e ad eliminare i limiti economici ad una crescita eccessiva in quel determinato ambiente. Sono in una ottica antropocentrica e non rispondono ad una etica ambientale. Ho usato la definizione di regalo con buona ragione, non si tratta infatti di incentivi atti a favorire studi o per introdurre al lavoro ma di somministrazioni di denaro senza contropartita. Si premia un puro aumento di popolazione indotto, o di un puro incentivo al consumo indotto. Come sappiamo dalla storia e dalla psicologia, non esiste nulla di peggio dei regali a fondo perduto in cambio di niente. E' un sistema di pensiero antropocentrico che rientra in certa filosofia sinistro-global-mondialista: diritti alla specie Homo senza doveri verso le altre specie e verso la natura. Tutta questa retorica sulle nascite e sui giovani viene declinata senza considerare il contesto della situazione ambientale e della sopravvivevza di numerose specie sempre più a rischio: avviene in un mondo sovrappopolato dagli Homo ed in cui le altre specie (la biodiversità) stanno precipitosamente scomparendo, nell'ordine di decine ogni giorno, ed in cui l'ambiente terrestre si sta rapidamente trasformando in territorio di servizio alle megalopoli e in continue gittate di asfalto e cemento.
Questi incentivi ad una maggiore presenza umana vanno ad impattare su un ambiente già avvelenato dalla presenza di una pressione antropica sproporzionata e dalle conseguenze dei consumi di una popolazione in eccesso: dal surriscaldamento dovuto al carbonio, all'inquinamento dei suoli e dei mari, alla distruzione di suolo verde e delle foreste. Per chi ha qualche dubbio in proposito, basta si veda i progetti con cui i paesi della comunità europea, proprio nel nome di una politica che loro definiscono ambientalista, stanno portando alla distruzione le campagne, le montagne e le coste: quelle risparmiate dal cemento verranno progressivamente sottratte all'agricoltura e ai pascoli, per essere convertite a supefici da destinare a pannelli solari e a filiere di torri eoliche, con una devastazione senza precedenti del paesaggio e dell'ambiente di vita di svariate specie animali e vegetali. Il tutto per consentire lo sviluppo e la crescita delle megalopoli sovrappopolate e per fornire energia ad una popolazione umana che loro sperano possa tornare a crescere in maniera esplosiva in modo da pagare le pensioni, oltre che aumentare i consumi e gli incassi delle multinazionali. Le quali pensioni verrebbero così pagate da parte degli stessi soggetti che ricevono tutti i famigerati bonus e regali di cui si è detto, gli stessi neonati e giovani che , cresciuti, dovrebbero dedicarsi nel resto della loro vita al lavoro e alla produzione (e ai conseguenti consumi) per racimolare il gruzzolo destinato ai pensionati. Un giro di borsa molto teorico e poco realistico, in quanto un assistito fin dalla nascita credo sviluppi una qualità principale, forse la sola: quella di assistito a vita. Una politica dunque che si rivela sempre più cieca e incapace di comprendere la distruzione del pianeta dovuta all'eccesso demografico, di vedere quello che è sotto i nostri occhi: il collasso di un sistema per mancanza di limiti e che addirittura incentiva tutto questo spacciandola in politica eticamente ispirata alla protezione e valorizzazione dei "giovani". Si tratta al contrario di una politica specista che si pone al servizio del dio della crescita infinita della specie e dei consumi umani e che vede nelle altre specie solo carne da macello.
domenica 21 marzo 2021
Suolo verde sotto attacco
Con una sentenza del TAR del Lazio del 17 marzo, viene respinto il ricorso del comune di Castel Gandolfo e altri 13 privati contro il vincolo paesaggistico disposto dal Ministero dei beni culturali e ambientali per l'area di circa 1500 ettari di campagna romana verde con, fra l'altro , importanti resti archeologici, che va dalla via Nettunense e l'Agro Romano fino ai colli albani. L'area era divenuta un target appetitoso per imprenditori edili e amministratori i quali avevano elaborato immani progetti edilizi e piani di lottizzazione, fra i qual il complesso edilizio "Marino 2" e i nuovi quartieri intensivi di Pavona. Si tratta in pratica di una gigantesca cementificazione di tutta la zona che va da Castelgandolfo fin quasi alle spiagge di Anzio, quelle superfici verdi ovviamente rimaste ancora indenni dalla devastazione edilizia delle aree circostanti. Nel ribadire la piena legittimità del vincolo paesaggistico emesso dal Ministero dei Beni culturali la corte ha affermato dei principi giuridici innovativi sula tutela ambientale: infatti i giudici amministratiti scrivono che le esigenze di tutela ambientale " sono dotate di un valore primario e assoluto, che le rende prevalenti su ogni altro profilo di pianificazione urbanistica. Lo Stato può dunque vincolare beni , quand'anche in sede di pianificazione paesaggistica essi siano sfuggiti a previsioni conservative." E aggiungono i giudici che quanto sopra è conforme a quanto affermato dalla corte costituzionale: " E' infatti la pianificazione urbanistica a doversi conformare al valore paesaggistico, e non il contrario" (Corte costituzionale sentenza n. 172 del 2018).
Si conferma dunque una tendenza che vede la possibilità da parte del MiBACT di vincolare aree di alto valore paesaggistico anche al di fuori delle aree protette riconosciute (Parchi nazionali, regionali, ecc.). L'importanza della procedura sta nel contrasto alla forte spinta verso la cementificazione di queste aree e di zone simili da parte di interessi privati e dalla inevitabile tendenza alla antropizzazione del territorio verde residuo dovuta alla forte pressione demografica che, nonostante quel che si dice in contrario (vedi la polemica sulle culle vuote) non smette mai di crescere. I mostro cementizio è ancora ben attivo e agguerrito in quanto la richiesta di sempre nuove aree verdi da fagocitare è tuttora alta, sostenuta dall'insediamento territoriale sia di nuove popolazioni, sia dalla richiesta di seconde case o case di villeggiatura, o insediamenti industriali e commerciali richiesti dalle popolazioni di centri abitati in continua espansione che circondano le aree verdi residue. Nel caso in questione l'area che era oggetto degli appetiti devastatori è circondata e minacciata da centri abitati sovrappopolati rispetto alle risorse ambientali come lo stesso Castel Gandolfo, i centri di Albano, Pavona, i capannoni e le strutture industriali di Santa Palomba, il centro commerciale e abitativo di Castel Romano, e l'area ad alta cementificazione di Pomezia. Per non parlare della costa ormai ridotta ad una interminabile striscia di cemento lungo un mare grigio di inquinanti. Molti di questi insediamenti non sono di popolazioni autoctone ma, spesso, si tratta di gente che si è spostata da altre aree del paese o , sempre più spesso, provenienti dalle migrazioni recenti dall'est europa o dal nord africa.
Vista dal satellite l'aria interessata dal vincolo appena istituito (e speriamo che duri...) appare come un lago verde circondato una patina grigia di cemento. La cementificazione di questo territorio, fino a pochi decenni fa ancora paesaggisticamente conservato e di bellezza unica, è avvenuta in maniera massiccia dal dopoguerra a oggi con una edilizia generata dall'abusivismo e dalla speculazione, nell'assenza pressoché completa della legge e delle istituzioni. Edilizia scadente, senza alcun criterio estetico, senza un disegno, un progetto che rispondesse ad un ordine logico. Tra sopravvivenza e speculazione, tra "tengo famiglia" e corruzione, si è malamente antropizzato un enorme territorio verde senza freni inibitori. L'esplosione demografica del dopoguerra trova qui una delle sue massime espressioni, mostra nella maniera più brutale e diretta ciò che avviene quando la sovrappopolazione agisce sul territorio senza mediazioni e senza regole che frenino la violenza del suo impatto devastante. Manufatti, rustici, tuguri già vecchi appena costruiti, già pericolanti prima di finire il pianoterra, spesso già inutili prima di qualsiasi utilizzo. Spesso i capannoni sono abbandonati dopo pochi mesi, ruderi prima di essere concepiti nella mente dello speculatore. Oppure orrendi caseggiati di tanti piani, spaventosamente uguali l'uno all'altro, cubi o parallelepipedi grigi senza niente di vivace, di gradevole almeno all'apparenza, in una monotonia che sa di cimitero. Nulla di bello, nulla di sopportabile alla vista, ma ancora meno: nulla di umano sebbene tutto sia nato per il troppo umano.
L'antropizzazione delle poche zone verdi rimaste del nostro paese ormai esprime un fenomeno che è sempre meno locale (come era all'origine, nel dopoguerra) e sempre più globale. Nell'epoca delle migrazioni di massa serve a poco constatare che le nascite nel nostro paese sono poche e che la curva demografica è piatta. I territori verdi continuano a sparire ed essere antropizzati da una antropizzazione sostenuta da aree distanti, anche di altri continenti, dove la natalità è alta e le possibilità di spostamento consentono di trovare un facile insediamento in altri luoghi del pianeta. Nel nostro paese il fenomeno è favorito da leggi inesistenti o inapplicate, e da una concezione del territorio che lo vede solo come terreno da edificare e sfruttare o commercializzare. A questa tendenza di fondo si aggiunge la speculazione edilizia di palazzinari e cementicatori senza scrupoli che a scopo di lucro e grazie a volte a corruzione fanno edilizia scadente e aggiungono caseggiati mal costruiti ad un territorio degradato che ha ben poco da offrire. Nascono così i dormitori-alveare, squallidi palazzoni collegati da strade surreali ad aree dove sorgono centri commerciali che sembrano calati dall'alto, oggetti marziani che non c'entrano nulla in un territorio che è come violentato e offeso. Non c'è area verde tra una cementificazione e l'altra, che non sia discarica o area degradata senza verde, ridotto a qualche sterpaglia. Non c'è nulla che conforti dalla sensazione dolorosa di una perdita irreparabile. Tanto più pregiato era il paesaggio originario, tanto più compromessa e senza futuro appare la situazione attuale. Non ci resta che sperare in questi rari sussulti di legalità che cercano di salvare quel poco rimasto. E attendere una presa di coscienza mondiale sul problema dell'eccesso di nascite della specie Homo.
domenica 14 marzo 2021
Chimica e demografia
"L'uomo ha perduto la capacità di prevenire e prevedere. Andrà a finire che distruggerà la Terra" (Albert Schweitzer)
Nel 1962 uscì in America un libro scritto da una biologa della Psnnsylvenia, Rachel Carson. Nel libro (Silent Spring) c'era la descrizione di un fenomeno mai visto prima: la primavera della campagna americana non era più rallegrata dal canto e dalla presenza degli uccelli, una primavera silenziosa appunto. Qual'era l'origine dello strano fenomeno? Da prima della guerra si usava in tutto il mondo il DDT un antiparassitario usato contro l'anofele che trasmetteva il plasmodio della malaria poi contro pidocchi e poi di vastissimo uso in agricoltura per consentire l'aumento delle produzioni richiesto dall'esplosione demografica umana del dopoguerra. Ma il DDT entrando nella catena biologica andava ad inquinare le piante, gli alberi, gli insetti di cui si cibavano gli uccelli, i quali infine venivano uccisi dal prodotto chimico e sparivano dal loro ambiente naturale. Da questo fatto e dall'impressionante presenza di tossici chimici nell'ambiente antropizzato la biologa americana prendeva occasione per lanciare per la prima volta l'allarme generale sul degrado ambientale dovuto all'inquinamento chimico prodotto dall'uomo. Il libro costituì la base per un nuovo modo di vedere il mondo e i suoi problemi ed è uno dei testi fondamentali dell'ambientalismo. Da allora, siamo alla fine degli anni 50, la popolazione umana è triplicata con una crescita spaventosa senza precedenti e la situazione del pianeta dal punto di vista dei tossici ambientali è divenuta catastrofica.
La produzione di composti chimici artificiali è cresciuta in modo speculare alla crescita della popolazione umana, come si può vedere dal seguente grafico:
E' aumentato vertiginosamente l'uso di erbicidi, fungicidi, insetticidi, preparati organofosforici (che si accumulano nei tessuti del corpo umano), fertilizzanti, antibiotici usati in modo massiccio negli allevamenti. La produzione di materiali plastici è cresciuta in modo impressionante: dai 15 milioni di tonnellate del 1964, siamo passati ai circa 400 milioni di tonnellate del 2016. Gli oceani sono invasi da gigantesche isole galleggianti di plastica grandi come continenti. Le microparticelle di inquinanti plastici sono entrate in tutti gli organismi marini e fanno parte della catena alimentare. L'aria delle zone continentali del pianeta specie in prossimità delle grandi città è resa irrespirabile dalla presenza di particolato di microparticelle di composti chimici vari: solfati, nitrati, ione di ammonio, cloruro di sodio, particelle carboniose, polvere minerale, idrocarburi tra cui benzopirene fortemente irritanti e cancerogeni. Le acque di fiumi e laghi sono ridotte a discariche chimiche dove abbondano il lindano, l’esacloruro di benzene, i nitrofenoli, il paradiclorobenzene,coloranti, composti solforati tra cui l'acido solforico, il clordano e tutti i tipi di solventi. I corsi d'acqua vicino le grandi città e le zone industriali sono veri gironi infernali maleodoranti e mortiferi. I fertilizzanti, destinati a mantenere ed aumentare le produzioni in seguito alla grande richiesta per l'alta densità demografica, inquinano ormai sia le acque di fiumi e laghi che quelle marine.
Un controllo dell'OMS sul lago africano Vittoria ha misurato l'inquinamento chimico delle acque: risulta essere tra i laghi più inquinati del mondo da sostanze chimiche tossiche. Poiché sulle acque del lago sono stati impiantati migliaia di allevamenti di pesci (con l'uso di antibiotici e sostanze favorenti la crescita), e la pesca viene condotta, tra l'altro, con l'uso di veleni che uccidono i pesci a migliaia e li fanno emergere morti pronti per la raccolta, il lago Vittoria è divenuto un concentrato di tossici. Del resto la pressione demografica sulle sue sponde non fa che aumentare a dismisura la richiesta di cibo.
In ogni parte del mondo aumentano gli allevamenti di animali, dietro una richiesta crescente di carne. L'uso di sostanze chimiche , tra cui ormoni, e di mangimi elaborati chimicamente è sempre maggiore in questi allevamenti intensivi, in cui lo spazio tra animali è ridotto al minimo, così come la libertà di movimento, e il contatto con la natura e i suoi prodotti assente. Migliaia di tonnellate di antibiotici vengono ogni anno impiegati in questi allevamenti per evitare perdite di prodotto e assicurare la produzione di carne. Tra questi è notevole l'uso della penicillina negli allevamenti di pollame e del trimetophin e sulfadiazina tra quelli di pesce. Per gli allevamenti di suini e bovini è consuetudine il ricorso ad antibiotici anche di ultima generazione tra cui le cefalosporine. Una popolazione umana sempre crescente richiede sempre più carne e quindi un uso crescente e massiccio di antibiotici e chemioterapici. Il danno non è tanto che queste sostanze finiscano nella nostra dieta portandoci alterazioni della flora intestinale e intossicazioni croniche. Un danno maggiore è dovuto alla selezione di germi sempre più resistenti per il ricorso aa dosi massicce di antibiotici negli allevamenti intensivi. La penicillina ha così smesso di agire su tanti batteri patogeni dell'uomo, e il trimetophin-solfadiazina non può più essere usato per la cura della menigite meningococcica, verso cui costituiva anni fa un'arma efficacissima. Come in un circuito vizioso tutto ciò rende inevitabile la ricerca e la sintesi di nuove sostanze antibiotiche, più aggressive ed inquinanti delle precedenti.
Solo negli ultimi 50 anni l’uomo ha immesso nell’ambiente circa 80 mila nuove sostanze chimiche, di alcune delle quali si sono scoperti gli effetti devastanti per la salute umana e animale solo dopo l’uso. Il DDT si è rivelato essere cancerogeno e ne è stato vietato l'uso quando già aveva inquinato in modo massiccio l'ambiente. Certe sostanze chimiche come i solventi usati per le vernici o certi pesticidi sono molto solubili nei grassi e così si concentrano nei tessuti adiposi degli animali. I pesci che assorbono le sostanze dall’acqua o dal cibo e gli uccelli che si nutrono di pesci introducono nella catena alimentare le sostanze inquinanti. L’inquinamento del suolo ha portato ad una modifica della sua composizione: rifiuti, acque di scarico, fertilizzanti, idrocarburi e metalli «pesanti»fanno parte del suolo delle città e delle immediate periferie. I metalli più tossici per l’ambiente sono il mercurio, il piombo e il cadmio. Sul suolo si depositano anche gli inquinanti presenti in aria. Molte delle sostanze inquinanti presenti sul suolo o nel sottosuolo raggiungono le falde acquifere tramite le acque delle piogge che filtrano nel terreno. Le grandi discariche megapolitane, nonostante i tentativi di limitare la dispersione degli inquinanti chimici, percolano e filtrano liquami altamente tossici che si disperdono nell'ambiente circostante. Le microparticelle di plastica sono parte quotidiana della nostra dieta (oltre che degli animali) e di esse sono piene persino le acque nelle profondità marine. L'uso della diossina nei diserbanti e nelle plastiche la fa poi permanere nei suoli e la diffonde attraverso i prodotti.
La manipolazione chimica da parte di Homo non si è fermata alla chimica dei materiali, ma ha riguardato in modo intensivo anche la chimica della vita, fino a modificare il codice genetico in modo sempre più intrusivo e violento. Quel che avviene nel mercato delle sementi e dei pesticidi per l'agricoltura ha superato ogni film di fantascienza horror. La manipolazione genetica ha raggiunto livelli incredibili e sta introducendo nel campo dell'agricoltura un grado di artificialità che è preludio ad una manipolazione anche delle specie animali ed infine di Homo stesso. L'aumento in pochi anni della massa umana da tre a otto miliardi è stata la spinta che ha modificato la tecnica, l'economia ed infine la geopolitica globale.
La sola genetica brevettata da Monsanto ha finito per rappresentare il 92% della soia, 80% del mais e l’86% del cotone coltivati in USA già nel 2008. A quei tempi, le acquisizioni e fusioni del decennio precedente avevano consentito a sei giganti di dominare il mercato internazionale delle sementi e dei pesticidi. Come se non bastasse, le Big 6 (Monsanto, Dupont, Syngenta, Dow Chemical Company, Bayer, BASF) iniziavano a stringere nuove alleanze, a ulteriore discapito della concorrenza.
Al 2018, le Big 6 sono consolidate in Big 4. Bayer (che ha acquisito Monsanto) e Corteva, (nata dalla fusione Dow-DuPont), ChemChina (la quale ha acquistato Syngenta) e BASF. Queste quattro Corporation controllano oltre il 60% delle vendite di semi proprietari nel mondo. I valori delle transazioni esprimono la dimensione degli affari in gioco:
– la fusione Dow-DuPont, valore 130 miliardi di US$, ha portato i due gruppi chimici a costituire una terza società, Corteva,
– l’acquisizione di Monsanto da parte di Bayer, US$ 63 mld, ha fatto scomparire il marchio della prima ma non i guai giudiziari legati al glifosato,
– l’acquisto di Syngenta, per US$ 43 mld, ha permesso a ChemChina di scalare posizione nella Top 10 delle vendite globali di semi (ove già figura il gruppo cinese Longping High-Tech).
Nell’ultimo decennio si sono registrate altre 56 acquisizioni e joint venture internazionali che hanno coinvolto altri giganti come la Vilmorin-Mikado di Limagrain (Francia), DLF (Danimarca) e Longping High-Tech, che ha acquisito la divisione di mais Dow in Brasile e partecipazioni di controllo su sette industrie sementiere cinesi. ChemChina a sua volta ha pianificato nuove acquisizioni sul mercato domestico.
Le autorità statali hanno mostrato acquiescenza e tolleranza verso i grandi inquinatori della industria chimica e perfino l'Europa, sempre pronta a sanzionare rapidamente e pesantemente i coltivatori, gli allevatori, i pescatori, interviene con molto ritardo e sempre in modo soft e a loro favore sulle grandi multinazionali della chimica.
Ormai il seme che per tanti anni con gesto ritmato l'agricoltore gettava nei solchi arati per la semina, non ha più nulla a che vedere con la natura: è un prodotto manipolato con ingengneria genetica imbevuto in un bagno chimico di veleni antiparassitari (spesso la modificazione genetica serve a far tollerare al germoglio l'ambiente tossico in cui si sviluppa). La presenza sulla tavola di prodotti intrisi di veleno è la conseguenza logica di questo modo di intendere la produzione agricola. Ma il mercato richiede queste mostruosità. Lo sviluppo di malattie e tumori nei consumatori è un aspetto che ai grandi produttori non dispiace: la compartecipazione azionaria e proprietaria delle grandi multinazionali farmaceutiche e dei prodotti tecno-medicali è l'aspetto di mercato (globale) che più o meno piacevolmente ne risente con fatturati in crescita.
C'è inoltre il vasto capitolo dell'inquinamento da prodotti farmaceutici usati sia nella terapia che nella diagnostica, che costituisce un settore sempre più rilevante dell'inquinamento chimico. Anni fa fu condotto uno studio sulla presenza di prodotti chimici nei liquidi delle fognature delle grandi città. La sorpresa fu enorme: queste abbondavano non solo di metalli tossici come cromo, ferro, alluminio, nichel, piombo, rame e zinco, bario ma anche di sostanze tossiche come cocaina o farmaci come antibiotici, chemioterapici, preparati radioattivi usati nella diagnostica o addirittura nella terapia come iodio radioattivo, cobalto, tecnezio ecc. I preparati chimici farmaceutici derivanti dalle fogne delle grandi città e dagli scarichi degli allevamenti intensivi (dove l'uso di ormoni, antibiotici e chemioterapici è intensivo) vanno poi a finire nei fiumi e nei mari entrando tra l'altro nella catena alimentare dei pesci e degli altri organismi marini.
Da tutto questo non credo vi sia via di uscita, se non si passa ad un criterio di controllo immediato delle nascite della specie Homo e di decrescita demografica. Ogni altro discorso perde di significato di fronte alla catastrofe chimica cui siamo di fronte. Non abbiamo più tempo, ed è già troppo tardi per bloccare la crescita della specie umana, una vera inesorabile infestazione del pianeta Terra.
domenica 21 febbraio 2021
La distruzione ecologica dell'ambiente
La pubblicità di torri eoliche su un sito di ecologisti
Riporto il seguente post pubblicato nel sito del "Comitato contro il fotovoltaico ed eolico nelle aree verdi":
#MURONI sottosegretaria al MIN. della TRANSIZIONE ENERGETICA (e forse anche un cicinin di ambiente) ??
Era il 30 agosto 2019 con la formazione del II Governo Conte e l'ipotesi della Muroni Ministro Ambiente.
Oggi ripropongo quel post attualizzato alle ultime notizie, con la variante a sottosegretaria e con l'aggravante della definizione "transizione ecologica" del Ministero, interpretata ormai tristemente SOLO come transizione energetica, schiacciando TUTTO il resto! Anche nel suo discorso alla fiducia al Governo la Muroni non fa mistero : semplificare gli iter autorizzativi, ovvero la dittatura di pale e pannelli contro il territorio !
E allora , la Muroni sottosegretaria a questo Ministero?
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Ma anche NO. NO e ancora NO !
Quando la politica è MISERABILE e parla insistentemente di Ambiente come in queste ore, unicamente declinandolo alla parola "rinnovabili" e spianando la strada alla più grande speculazione territoriale dopo quella edilizia degli anni 60 .
Paradossalmente sono TERRORIZZATO: non è casuale l’ipotesi della MURONI (deputata LeU, già Legambiente) nella pancia del ex Ministero dell’Ambiente !
La lebbra speculativa delle lobby energetiche rinnovabili su vasta scala territoriale non si riesce ad arginare ma la MURONI vuole ulteriormente favorirle in perfetto stile "chissenefrega del territorio".
Una sua Proposta di Legge: Agevolare (ancora!!!) la realizzazione di impianti fino a 1 MW assoggettandoli a semplici Procedure edilizie agevolate comunali, invece della Autorizzazione Unica regionale. Ecco... come una semplice Dichiarazione di Inizio Attività per una veranda sul balcone!
Questi impianti sono il cancro territoriale. In molte regioni come la Puglia e la Basilicata sono stati già sottratti scandalosamente alle procedure di VIA e, nel caso dell’eolico, deregolamentati appunto a queste pseudo autorizzazioni grazie alla CIALTRONERIA POLITICA. Ciò, malgrado si tratti di grossi impianti : es. 100m di altezza (eolico) o 2 ettari di superficie (fotovoltaico).
Risultato: collassi urbanistici e ambientali.
L’ETICA POLITICA (che parolaccia!) dovrebbe, invece, imporre di sfruttare le INFINITE superfici già urbanizzate e correre ai ripari, E PRESTO, contro l’aggressione di fotovoltaico ed eolico sui terreni agrari e pastorali.
NON SOLO !
Ricordate le vertenze (ancora in corso) contro i mega impianti eolici prospicienti le coste del Gargano? Ricordate il provvidenziale parere negativo del Ministero dei Beni culturali per tutelare la visuale paesaggistica, a differenza della VIA positiva rilasciata dall'allora pseudo Ministero Ambiente?
Ecco, secondo la Muroni il parere paesaggistico del Ministero a Beni Culturali non serve, le soprintendenze paesaggistiche vanno cancellate da tali procedimenti, basta che la centrale eolica sia oltre un miglio dalla costa. Cioè… soli 1600 metri dalla costa !!!!!
Se dobbiamo agevolare i BARBARI che vogliono seppellirci di pale e pannelli con il grimaldello dell'ambientalismo non abbiamo bisogno della Muroni, meglio un Ministro nemico che falso amico.
#NOMURONISOTTOSEGRETARIA
Come ulteriore esempio di danni da rinnovabili riporto il seguente comunicato LIPU:
LIPU Capitanata
19 febbraio alle ore 16:06 ·
Comunicato stampa Lipu Puglia (aiutateci a diffonderlo per compensare l'omertà dei media!)
EOLICO E FOTOVOLTAICO: ANCORA BARBARIE URBANISTICA !!
LIPU Puglia: Anche la nuova Giunta rimane a guardare il collasso ?
E’ una inondazione senza precedenti di progetti mostruosi, mastodontici. Tra competenze ministeriali e regionali (delegate alle province), il martoriato territorio di Puglia è irresponsabilmente condannato a morte dai suoi stessi amministratori che continuano a non intervenire, umiliando e saturando le aree rurali residue, quindi di grande importanza.
Non bastava la mortificazione accumulata in 20 anni di disinteresse e complicità politica, ancora continuano espropri e vertenze legali. I residui contesti rurali della Puglia subiscono un oltraggio di nuovi progetti che si accumulano uno sull’altro senza lasciare scampo ai territori.
Procedimenti che si incrociano al Ministero e alle Province e ogni Ente fa valutazioni senza tener conto dell’altro, e nemmeno di progetti già autorizzati in passato. E, ancora, la enorme quantità di impianti fino a 1 MW, ancor più deregolamentati con procedure in capo ai comuni.
La Regione, ormai, è in gran parte spogliata di prerogative autorizzative, chiamata ad esprimere pareri di rito ma …. in procedimenti gestiti da altri Enti. SIAMO ALL’ASSURDO !
Il 25 gennaio scorso la Commissione Consiliare Regionale Ambiente ha discusso del fenomeno esprimendo unanime preoccupazione e per “fermare un oltraggio al paesaggio e un grave impatto sul settore agricolo” ipotizzando un aggiornamento del Piano Paesaggistico pugliese.
NO ! Non è questa l’azione più adeguata all’urgenza !
“In una articolata nota (*) – spiega Enzo Cripezzi della LIPU pugliese - abbiamo trasmesso alla Commissione Ambiente, ai Consiglieri regionali e soprattutto alla Giunta, il quadro disastroso e le nostre istanze, evidenziando come l’aggiornamento del PPTR sia doveroso MA prevede un iter troppo lungo e intanto giorno dopo giorno si approvano ipoteche insanabili !
Nel frattempo, per arginare e scremare immediatamente questa violenta invasione, occorre approvare IMPROROGABILMENTE misure restrittive di carattere territoriale da integrare nel preposto RR 24/2010 agilmente con una o più DELIBERE di GIUNTA."
Non solo. SI DEVE adottare una politica di ricorsi contro disastrose autorizzazioni rilasciate dal settore VIA del Ministero Ambiente che stanno uccidendo la Puglia. Non basta che la Regione faccia annunci roboanti di pareri negativi nell’ambito di procedimenti VIA ministeriali, salvo fare poi spallucce quando questi stessi pareri siano del tutto ignorati.
Ma ci sono anche da contestare autorizzazioni che alcune Province hanno rilasciato e continuano impunemente a rilasciare. Quella di Foggia su tutte : solo negli ultimi giorni il via libera all’ennesimo, sconcertante progetto eolico. Ma ormai tutte le Province non sanno come arginare la valanga. Intanto le sentenze TAR si sostituiscono gravemente ai ritardi degli Enti.
La decennale mancanza di risposte concrete della Regione è intollerabile – rimarca la LIPU pugliese -, mai come in questo caso la tempestività è anche sostanza nella azione politica. Emanare provvedimenti a tutela di aree dopo che sono state ipotecate dalle autorizzazioni sarebbe ridicolo !
E quindi l’appello della LIPU. L’Assessora Maraschio dia segno di discontinuità e di sensibilità concreta: porti in Giunta con ogni urgenza una serie di misure ad integrazione del Regolamento in materia, protegga le aree scampate iniziando da quelle interessate da procedimenti autorizzativi prossimi a conclusione.
Un esempio sono l’ampliamento della vincolistica su aree sguarnite di tutele che stanno per essere compromesse : es. ampliamento di coni visuali esistenti e definizione di nuovi, identificazione di “aree sature”, identificazione di ulteriori “Aree non idonee” per valori faunistici e identità paesaggistiche, fasce di rispetto specifiche da ogni area protetta o vincolata.
E poi, l’Assessora Maraschio, impegni la Giunta ad adire con urgenza in sede legale contro le autorizzazioni espresse da Ministero e Province.
La Puglia muore…. FATE PRESTO !
17.02.2021 - LIPU onlus - coord della Puglia
(*) nota su lipucapitanata.it
L'idea naif che un mondo di otto milardi di homo possa sostituire l'energia da idrocarburi con il semplice ricorso alle cosiddette "rinnovabili" sta mostrando già l'aspetto tragico delle sue conseguenze sul territorio verde. Non c'è solo la distruzione del paesaggio, spesso di alto valore naturalistico e storico. L'impatto sulla fauna da parte delle strutture eoliche ha ormai vastissima letteratura, insieme all'inquinamento acustico. La situazione non è diversa per i pannelli solari: il danno dei pannelli ai terreni agricoli è incommensurabile, sottraendo energia solare, acqua, ossigeno ed elementi al suolo dove naturalmente svolgono il fondamentale ruolo di produrre flora, abitat a numerose specie viventi e cibo per l'uomo stesso. Dietro le nuove parle d'ordine che nascondono un furore ideologico da vecchie illusioni politiche, si viene perpretando così una imponente installazione di strutture cementizie, di sbancamenti di terreni a volte di struggente bellezza, di costruzioni stradali, di edifici di servizio, di imponenti torri che riempiono vallate di rumori fastidiosi soprattutto per volatili e gli altri animali, ma anche per le popolazioni limitrofe. Molti studi dimostrano gli effetti di questi impianti sulla salute umana, tanto che le recenti normative portano la distanza minima dai centri abitati da 200 a 300 metri, ma spesso le norme non sono rispettate. E' nota la riduzione di produzione di latte, uova e prodotti animali negli allevamenti in prossimità degli impianti eolici e fotovoltaici. La copertura cancerosa con migliaia di ettari, di pannelli di acciaio e plastica e cellule fotovoltaiche inaridisce i terreni, spesso fertilissimi, che per secoli hanno dato prodotti pregiati della terra. La sottrazione della luce solare uccide la microflora e la microfauna, senza contare i danni diretti da guasti, incendi, e quelli derivanti dallo smaltimento di prodotti mom degradabili altamente inquinanti. I pannelli sono composti , oltre che da vetro, ceramiche e silicio, anche da elementi pericolosi. Vengono infatti aggiunti nella produzione Boro, oppure Gallio, Cadmio, Fosforo , Arsenico, ecc. Si tratta certamente di elementi chimici anche molto tossici per l’uomo il cui smaltimento va ad inquinare terreni e falde acquifere. L'impianto dei pannelli prevede inoltre l'utilizzo di prodotti diserbanti che eliminino la vegetazione naturale da rinnovare periodicamente, con grave inquinamento dei terreni e danno a numerose specie viventi. Tutto questo a fronte di una resa di energia non adeguata ai danni perpretati, con costi economici altissimi, e danni ambientali difficilmente reversibili. Sulle linee di sviluppo dell'eolico-fotovoltaico si invoca una "transizione energetica" da parte dei verdi mainstream e gran parte delle forze politiche, tanto che sono entrate persino nel programma ufficiale del governo con decine di miliardi di euro di investimenti. Una transizione di questo tipo, al di là dell'aspetto propagandistico e politically correct, comporta l'accelerazione generale della distruzione di suolo verde in Italia, con l'effetto di aumentare i costi e diminuire i rendimenti rispetto alla attuale situazione energetica. Finiti i fondi europei, ci ritroveremmo un paese trasformato, con i paesaggi montani e marini ridotti a file interminabili di rumorose torri eoliche, a valli e pianure ricoperte di pannelli, e con una produzione agricola ridotta: un paese che ha rinunciato al suo patrimonio naturale in favore di cemento, distruzione di suolo e discariche. Il futuro dell'Italia nei programmi dei transizionisti può essere così sintetizzato: torri, pannelli solari, strade, reti di distribuzione elettrica, enormi discariche di smaltimento e megalopoli.
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