Translate

domenica 21 marzo 2021

Suolo verde sotto attacco

Con una sentenza del TAR del Lazio del 17 marzo, viene respinto il ricorso del comune di Castel Gandolfo e altri 13 privati contro il vincolo paesaggistico disposto dal Ministero dei beni culturali e ambientali per l'area di circa 1500 ettari di campagna romana verde con, fra l'altro , importanti resti archeologici, che va dalla via Nettunense e l'Agro Romano fino ai colli albani. L'area era divenuta un target appetitoso per imprenditori edili e amministratori i quali avevano elaborato immani progetti edilizi e piani di lottizzazione, fra i qual il complesso edilizio "Marino 2" e i nuovi quartieri intensivi di Pavona. Si tratta in pratica di una gigantesca cementificazione di tutta la zona che va da Castelgandolfo fin quasi alle spiagge di Anzio, quelle superfici verdi ovviamente rimaste ancora indenni dalla devastazione edilizia delle aree circostanti. Nel ribadire la piena legittimità del vincolo paesaggistico emesso dal Ministero dei Beni culturali la corte ha affermato dei principi giuridici innovativi sula tutela ambientale: infatti i giudici amministratiti scrivono che le esigenze di tutela ambientale " sono dotate di un valore primario e assoluto, che le rende prevalenti su ogni altro profilo di pianificazione urbanistica. Lo Stato può dunque vincolare beni , quand'anche in sede di pianificazione paesaggistica essi siano sfuggiti a previsioni conservative." E aggiungono i giudici che quanto sopra è conforme a quanto affermato dalla corte costituzionale: " E' infatti la pianificazione urbanistica a doversi conformare al valore paesaggistico, e non il contrario" (Corte costituzionale sentenza n. 172 del 2018).
Si conferma dunque una tendenza che vede la possibilità da parte del MiBACT di vincolare aree di alto valore paesaggistico anche al di fuori delle aree protette riconosciute (Parchi nazionali, regionali, ecc.). L'importanza della procedura sta nel contrasto alla forte spinta verso la cementificazione di queste aree e di zone simili da parte di interessi privati e dalla inevitabile tendenza alla antropizzazione del territorio verde residuo dovuta alla forte pressione demografica che, nonostante quel che si dice in contrario (vedi la polemica sulle culle vuote) non smette mai di crescere. I mostro cementizio è ancora ben attivo e agguerrito in quanto la richiesta di sempre nuove aree verdi da fagocitare è tuttora alta, sostenuta dall'insediamento territoriale sia di nuove popolazioni, sia dalla richiesta di seconde case o case di villeggiatura, o insediamenti industriali e commerciali richiesti dalle popolazioni di centri abitati in continua espansione che circondano le aree verdi residue. Nel caso in questione l'area che era oggetto degli appetiti devastatori è circondata e minacciata da centri abitati sovrappopolati rispetto alle risorse ambientali come lo stesso Castel Gandolfo, i centri di Albano, Pavona, i capannoni e le strutture industriali di Santa Palomba, il centro commerciale e abitativo di Castel Romano, e l'area ad alta cementificazione di Pomezia. Per non parlare della costa ormai ridotta ad una interminabile striscia di cemento lungo un mare grigio di inquinanti. Molti di questi insediamenti non sono di popolazioni autoctone ma, spesso, si tratta di gente che si è spostata da altre aree del paese o , sempre più spesso, provenienti dalle migrazioni recenti dall'est europa o dal nord africa.
Vista dal satellite l'aria interessata dal vincolo appena istituito (e speriamo che duri...) appare come un lago verde circondato una patina grigia di cemento. La cementificazione di questo territorio, fino a pochi decenni fa ancora paesaggisticamente conservato e di bellezza unica, è avvenuta in maniera massiccia dal dopoguerra a oggi con una edilizia generata dall'abusivismo e dalla speculazione, nell'assenza pressoché completa della legge e delle istituzioni. Edilizia scadente, senza alcun criterio estetico, senza un disegno, un progetto che rispondesse ad un ordine logico. Tra sopravvivenza e speculazione, tra "tengo famiglia" e corruzione, si è malamente antropizzato un enorme territorio verde senza freni inibitori. L'esplosione demografica del dopoguerra trova qui una delle sue massime espressioni, mostra nella maniera più brutale e diretta ciò che avviene quando la sovrappopolazione agisce sul territorio senza mediazioni e senza regole che frenino la violenza del suo impatto devastante. Manufatti, rustici, tuguri già vecchi appena costruiti, già pericolanti prima di finire il pianoterra, spesso già inutili prima di qualsiasi utilizzo. Spesso i capannoni sono abbandonati dopo pochi mesi, ruderi prima di essere concepiti nella mente dello speculatore. Oppure orrendi caseggiati di tanti piani, spaventosamente uguali l'uno all'altro, cubi o parallelepipedi grigi senza niente di vivace, di gradevole almeno all'apparenza, in una monotonia che sa di cimitero. Nulla di bello, nulla di sopportabile alla vista, ma ancora meno: nulla di umano sebbene tutto sia nato per il troppo umano.
L'antropizzazione delle poche zone verdi rimaste del nostro paese ormai esprime un fenomeno che è sempre meno locale (come era all'origine, nel dopoguerra) e sempre più globale. Nell'epoca delle migrazioni di massa serve a poco constatare che le nascite nel nostro paese sono poche e che la curva demografica è piatta. I territori verdi continuano a sparire ed essere antropizzati da una antropizzazione sostenuta da aree distanti, anche di altri continenti, dove la natalità è alta e le possibilità di spostamento consentono di trovare un facile insediamento in altri luoghi del pianeta. Nel nostro paese il fenomeno è favorito da leggi inesistenti o inapplicate, e da una concezione del territorio che lo vede solo come terreno da edificare e sfruttare o commercializzare. A questa tendenza di fondo si aggiunge la speculazione edilizia di palazzinari e cementicatori senza scrupoli che a scopo di lucro e grazie a volte a corruzione fanno edilizia scadente e aggiungono caseggiati mal costruiti ad un territorio degradato che ha ben poco da offrire. Nascono così i dormitori-alveare, squallidi palazzoni collegati da strade surreali ad aree dove sorgono centri commerciali che sembrano calati dall'alto, oggetti marziani che non c'entrano nulla in un territorio che è come violentato e offeso. Non c'è area verde tra una cementificazione e l'altra, che non sia discarica o area degradata senza verde, ridotto a qualche sterpaglia. Non c'è nulla che conforti dalla sensazione dolorosa di una perdita irreparabile. Tanto più pregiato era il paesaggio originario, tanto più compromessa e senza futuro appare la situazione attuale. Non ci resta che sperare in questi rari sussulti di legalità che cercano di salvare quel poco rimasto. E attendere una presa di coscienza mondiale sul problema dell'eccesso di nascite della specie Homo.

3 commenti:

  1. Cat1459WebSocialFbAsiterProfGFCecchiniItaliaGovernoMinMIBACTAmbientePaesaggioTerritorioRiformaNazPianificazioneUrbanisticaTARegioneLazioAMRomaVincoliSpeculazioneFondiariaEdiliziaPrivataProprietaValoriAgricoliConsumoSuoloPerequazioneTrasferimentoDirittiPregressiR21.3.2021
    E' sempre più necessaria una legge di riforma Nazionale che elimini, fra le altre cose, la quasi obbligatorietà della formazione della rendita fondiaria sul valore agricolo di base, anche per le aree a contatto del costruito esistente.
    Non esiste il mercato dei beni territoriali non costruiti e quindi la loro possibile trasformazione edilizia che è quella che produce il surplus di valore notevolmente superiore a quello del nudo terreno.
    E' accettabile il valore agricolo di mercato per chi ha investito e lavorato le terre ma non quello della potenziale trasformazione edilizia o infrastrutturale che in presenza di città diffuse o di ambiti rururbani o anche delle nuove coniazioni morfologiche di città medie o mediane quali ambiti territoriali intermedi fra le città e le loro periferie dalle cosiddette aree interne.
    Questa è la riforma madre per una legge che regoli in modo uniforme tutto il territorio nazionale e dovrebbe anche diventare europea sulla riforma della pianificazione, programmazione e gestione del territorio.
    Soltanto da questa base di partenza si potrà avere la risoluzione del Consumo di suolo zero per qualunque attività privata, destinandola alla riqualificazione urbana, al recupero dell'edilizia esistente abbandonata, ai lotti interclusi o a eventuali aumenti di volume a fronte di altre demolizioni con la riconversione delle aree di sedime a verde urbano anche agricolo.
    Sarà necessaria anche la definizione giuridica e procedurale per la perequazione fondiaria e il trasferimento dei diritti pregressi o realizzabili secondo i principi suddetti ma facendo riferimento soltanto a specifici progetti pubblici per la realizzazione di interventi per realizzare un policentrismo territoriale necessario a valorizzare le Comunità locali con la presenza di servizi territoriali pubblici e privati, di parchi e aree agricole comunitarie e delle reti infrastrutturali per la mobilità sostenibile pubblica.

    RispondiElimina
  2. https://www.avvenire.it/attualita/pagine/proposta-una-giornata-a-sostegno-della-vita-nascente

    P.S. Non è una provocazione, non approvo questi signori e signore. Ma non si possono nemmeno ignorare e val la pena conoscere le loro ragioni e i loro progetti. Mi ha colpito l'argomento che la crescita demografica "è un’urgenza dettata ormai da ragioni di tipo economico". Cioè? Più siamo, meglio è? In un mondo in cui la disoccupazione giovanile dilaga con punte del 30% e oltre in Spagna e Italia (ma anche in Grecia, Bulgaria, Romania - cioè in paesi della ricca UE)? In un mondo in cui automazione, robottizzazione e IA ridurranno ulteriormente i posti di lavoro. Chissà che l'incremento demografico non faccia anche bene al clima, alla flora e alla fauna! Vi raccomando poi il demografo Blangiardo.

    RispondiElimina