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mercoledì 30 gennaio 2013

MEDICINA EVOLUZIONISTICA: SOVRAPPOPOLAZIONE E MALATTIE




Darwin con la sua teoria della evoluzione mediante la selezione naturale ha dato inizio ad una rivoluzione nel campo della biologia, della scienza e della filosofia. Tuttavia  la teoria della selezione naturale non ha ancora portato a quel cambiamento di fondo del comportamento umano che essa comporta. La scimmia intelligente denominata Homo mal sopporta che la sua presenza su questo pianeta sia il portato di una serie casuale di circostanze. Il primate palmipede si comporta ancora come se tutto il cosmo fosse stato messo in piedi per permettergli di vivere a proprio comodo e nel suo esclusivo interesse egoistico.
Purtroppo, o per fortuna, nonostante la grande considerazione che abbiamo di noi stessi,  siamo figli del caso e di una casuale combinazione di circostanze e i geni che si sono selezionati durante gli ultimi tre milioni di anni nell’ambito della biosfera sono in precario equilibrio con l’ambiente e con le altre specie viventi  residue. Il predatore umano ha infatti il primato delle estinzioni delle altre specie viventi, e sta talmente avvelenando l’ambiente circostante che rischia di portare nel baratro se stesso oltre a tutto il resto.

La teoria di Darwin, sebbene accettata in ambito scientifico, trova resistenze nelle varie diramazioni della scienza e nel pensiero filosofico, in quanto cozza con la visione antropocentrica prevalente. Negli anni 90 del secolo scorso si è finalmente iniziato ad applicare le teorie della selezione naturale anche alla medicina.  Nel 1994 è uscito un libro che introduce il nuovo concetto di Medicina Evoluzionistica: “Perché ci ammaliamo? La nuova Medicina Darwiniana” di Randolph M. Nesse e Gorge C. Williams.  Si tratta della nuova teoria che spiega le malattie in base alle condizioni in cui si sono formati i genomi dei vari organismi viventi mediante la selezione naturale. Riporto un breve sunto di alcuni capitoli del libro.

“ Cambiamenti comportamentali ed ambientali, specie se rapidi e innaturali, possono determinare l’insorgere di malattie in quanto gli organismi non hanno sviluppato sufficientemente meccanismi adattativi.
Il caso agisce sul genoma producendo cambiamenti neutrali, ovvero né utili né dannosi; è poi il gioco competitivo e l’influenza ambientale che stabilisce i geni adatti che si riproducono. Ma vi sono dei vincoli che impediscono di raggiungere l’adattamento ottimale, perché spesso accade che la vicenda evolutiva ha imboccato un’altra strada da cui è impossibile tornare indietro. I cambiamenti nel genoma agiscono sui tempi lunghi mentre in genere  l’ambiente si modifica più rapidamente, portando ad incongruenze tra patrimonio genetico, espressione fenotipica e ambiente esterno(...)
Il nostro corpo si è formato durante milioni di anni trascorsi nelle savane in piccoli gruppi dediti alla caccia e alla raccolta. La selezione naturale non ha avuto il tempo per adattarlo ai rapidi cambiamenti intervenuti negli ultimi 40.000 anni con l’invenzione dell’agricoltura, dell’allevamento e della vita cittadina. La tecnologia esplosa negli ultimi secoli ha poi rapidamente e ulteriormente modificato l’ambiente e  il nostro corpo non è stato in grado di adattarsi altrettanto rapidamente e di affrontare, ad esempio,  alimentazioni ricche di grassi, di glicidi, le automobili, droghe, luci artificiali e riscaldamento centralizzato. La maggior parte delle malattie moderne  derivano da questa imperfetta combinazione  tra l’ambiente sviluppatosi  recentemente e la nostra struttura conformatasi in milioni di anni(…) L’attuale diffusione di malattie cardiache e di tumori della mammella ne è un tragico esempio. Ci sono geni che rimangono nel genoma nonostante siano causa di malattie. Alcuni dei loro effetti sono “capricci” che risultavano innocui quando vivevamo in un ambiente più naturale. Per esempio, la maggior parte dei geni che predispongono a malattie cardiache è rimasta inoffensiva per migliaia di anni finché non abbiamo cominciato a mangiare troppi grassi e a vivere in maniera stressante. I geni che causano la miopia danno problemi solo all’interno di società in cui i bambini, nei primi anni di vita, utilizzano troppo gli occhi per guardare da vicino, come nella lettura. Alcuni dei geni che causano l’invecchiamento erano soggetti a ben poca selezione quando la vita era molto più breve. Inoltre, molti geni che causano malattie sono presenti nel nostro corpo perché danno benefici in altre situazioni o altre combinazioni. Il gene della falcemia (una forma di anemia), per esempio, protegge dalla malaria e per questo la malattia è molto diffusa in Africa. Alcuni dei geni sessualmente antagonisti favoriscono il padre a spese della madre o viceversa. Il nostro codice genetico è costantemente rimescolato dalle mutazioni. In pochissime occasioni i cambiamenti nel Dna sono favorevoli; nella maggior parte dei casi provocano malattie. Questi geni danneggiati vengono continuamente eliminati o tenuti sotto controllo dalla selezione naturale. Ma esistono geni “fuorilegge” che agevolano la propria trasmissione a spese del portatore, dimostrando brutalmente come la selezione agisca a favore dei geni e non dell’individuo o della specie. Tuttavia poiché la selezione tra gli individui è una potente forza evolutiva, anche questi geni fuorilegge sono difficilmente origine di malattie(…)
Le modifiche ambientali dovute alla tecnica moderna sono state rapidissime negli ultimi due, tre secoli. Ciò ha causato forti anomalie tra le strutture fisiche del corpo evolutesi durante milioni di anni in ambiente del tutto diverso e i comportamenti richiesti dalla tecnologia. I comportamenti anormali dei bambini che potrebbero causare uno sviluppo fisico irregolare sono molti.  Stare ore ed ore seduti sui banchi di scuola non è naturale;ai bambini del Paleolitico non era richiesto niente del genere. Quando stavano fermi erano accoccolati, non seduti. Gli uomini potevano camminare, sedersi, inginocchiarsi e correre quando volevano. Molti  di quelli che oggi soffrono di mal di schiena debbono il fastidio alle tante ore passate in una posizione anormale imposta loro nell’infanzia. Due medici dell’Università del Michigan, Alan Weder e Nicholas Schork, hanno tentato di collocare la pressione alta tra le malattie della civiltà. Esiste un meccanismo capace di aumentare la pressione durante la veloce crescita dell’adolescenza (più un corpo è grosso più la pressione deve essere alta). Secondo Weder e Schork nell’ambiente atavico il meccanismo doveva regolarsi su una gamma più ristretta di dimensioni corporee. Oggi la nutrizione molto ricca determina crescite veloci  e taglie grandi, assai rare nel passato. Il meccanismo che regola la pressione è stato costretto ad adattarsi a variazioni più ampie di quelle per cui si era selezionato, così spesso esagera e alza troppo la pressione sanguigna. Il freddo può essere considerato un fattore ambientale relativamente nuovo. La diffusione della popolazione umana in ecosistemi con stagioni fredde fu facilitata da progressi tecnologici quali i vestiti e il fuoco, scoperti poche migliaia di anni fa. Per sopravvivere all’inverno, nella maggior parte della superficie abitata del pianeta abbiamo ancora bisogno di questi elementi artificiali. La bassa temperatura non è però il solo stress che dobbiamo combattere alle alte latitudini. I vestiti e le case che ci permettono di vivere in luoghi come Montreal e Mosca ci causano altri problemi di salute. La sintesi della vitamina D dipende dalla superficie della pelle esposta al sole. Stando in casa tutto il giorno e coprendoci con i vestiti quando siamo all’aperto  sintetizziamo una quantità di vitamina D molto più bassa di quella prodotta da un abitante della savana africana che gira nudo, e probabilmente molto inferiore ai nostri bisogni metabolici. La sua carenza porta a problemi di salute connessi con il metabolismo del calcio.In Inghilterra qualche decennio fa il rachitismo colpì un numero così elevato di bambini da guadagnarsi il nome di morbo inglese. L’osteoporosi è un’altra conseguenza di questi cambiamenti. L’invenzione dell’agricoltura fece aumentare la densità della popolazione in un modo che sarebbe stato impensabile in un’economia di caccia-raccolta, e consentì inoltre la nascita delle città. Queste modifiche nello stile di vita aumentarono il numero di contatti interpersonali che ogni individuo poteva avere, oltre ad accrescerne la vicinanza e la durata. Emersero allora nuove malattie  infettive che potevano diffondersi solo tramite contatto. L’efficacia dell’evoluzione di nuove difese fu tragicamente dimostrata quando coloni che erano portatori sani di vaiolo invasero territori le cui popolazioni non erano mai state esposte alle malattie occidentali. Gli europei uccisero molti più nativi americani con il vaiolo e l’influenza che con le armi. Molti problemi psicologici sono causati dalla vita moderna. Nonostante la retorica politica sui valori della famiglia, i bambini allevati in periferie da famiglie nucleari che vivono in villette o in palazzi sono immersi in un ambiente sociale nuovo almeno quanto quelli vigilati da un insegnante precario in un asilo. Da adulti, ma anche da adolescenti e da bambini, spesso abbiamo a che fare più con burocrazie impersonali che con persone note. Le persone che incontriamo durante il giorno sono perlopiù sconosciuti. Non è questo il mondo in cui sono evoluti i nostri antenati(…)
Gli adattamenti del patrimonio genetico funzionano meglio nelle circostanze in cui si sono evoluti. I nostri adattamenti anticancro e altre funzioni vitali non si sono sviluppati per mantenere in vita un ottantenne. I geni umani e i loro prodotti trovano anomalo  il corpo del vecchio, perché raramente nel Paleolitico si arrivava ad un’età avanzata. Pare inoltre che le caratteristiche degli ambienti moderni aumentino l’incidenza del cancro: raggi x e altre radiazioni ionizzanti, nuove tossine, pesticidi in agricoltura, livelli eccessivi di esposizione alle tossine naturali (come la nicotina e l’alcol), alimentazione e stili di vita stressante. I batteri possono aumentare la percentuale di tumori nei tessuti infettati, ma i virus sono ancora più pericolosi. Questo perché il virus non è molto diverso da un gene singolo in una cellula umana, e talvolta può piazzarsi all’interno di un cromosoma come se fosse la sua posizione  naturale. I virus, in particolare l’Hiv, attaccano il sistema immunitario e, di conseguenza, diminuiscono la capacità di quest’ultimo di difenderci da alcune forme di cancro. Un alimento con una concentrazione elevata di sale o alcol, oppure ricco di carcinogeni come quelli della carne affumicata o alla griglia, aumenta il rischio di cancro dello stomaco o all’intestino. I composti chimici del fumo di tabacco o dello smog delle città influenzano alla stessa maniera le cellule dei polmoni. Il modo in cui una alimentazione ad alto contenuto di grassi incide sui tumori della mammella e alla prostata è noto. Manipolazioni ormonali dovute a sostanze usate in agricoltura o come additivi nei cibi influiscono artificialmente sui tessuti. La conoscenza sempre più particolareggiata delle azioni fisiologiche degli ormoni naturali e artificiali dovrebbe permetterci di trovare soluzioni per imitare gli effetti benefici dello stile di vita dei paleolitici. Eaton e altri ricercatori hanno presentato prove chiarissime di come alcuni contraccettivi orali riducano l’incidenza di tumori all’ovaio e all’utero, anche se non alla mammela. “
(Brani tratti da: Randolph M. Nesse, Gorge C. Williams: “Perché ci ammaliamo”. Einaudi 1999).

La sovrappopolazione nei termini che conosciamo oggi –soprattutto nell’ultimo secolo- è forse stato il più rapido e drammatico cambiamento ambientale e comportamentale  che la specie Homo abbia sperimentato. Gli effetti che questo cambiamento stanno determinando sul pianeta sono sconvolgenti. Si prevede che nel 2050 ben sette miliardi di umani sui dieci che abiteranno il pianeta, vivranno all’interno di megalopoli con tutti i problemi di stress e di inquinamento chimico e ambientale che ciò comporta. L’aggressività intraspecifica determinata dalla competizione di una massa umana così enorme  aumenta il rischio di guerre e conflitti sociali per le risorse con forti ricadute a livello della qualità di vita. Lo stesso valore della persona umana in presenza di 7 miliardi di individui, viene messo a rischio. I rifiuti solidi, l’inquinamento delle acque e le polluzioni atmosferiche stanno mettendo a repentaglio la sopravvivenza di numerose specie viventi e addirittura dell’intero pianeta. L’aumento del carbonio atmosferico sta alterando la temperatura e il clima con lo scioglimento delle calotte polari e l'innalzamento dei mari. Come reagirà  il nostro corpo che è ancora, essenzialmente, quello che si è formato nelle savane del Pleistocene, a questo profondo cambiamento comportamentale e ambientale determinato dall’esplosione così rapida e incontrollata della popolazione umana? La necessità di assicurare il cibo a 7 miliardi di persone ha determinato uno sfruttamento dei suoli senza precedenti con uso massiccio di fertilizzanti e tossici chimici. Malattie infettive nuove e riacutizzazioni di quelle ritenute in passato debellate sono il frutto della convivenza e della mobilità di miliardi di individui.  L’ansia la depressione e le psicosi di molte persone nelle società moderne sono strettamente connesse allo stile di vita caratterizzato dalla velocità e dalla ripetitività che un mondo sovraffollato e tecnologico come quello attuale comporta. Ma la sovrappopolazione stessa è ormai la malattia del pianeta, la esplosione demografica di una specie sola che soffoca ed elimina tutte le altre. La stessa selezione naturale è profondamente alterata e il processo naturale di speciazione si è fermato per essere sostituito da una artificiale mutazione quantitativa e qualitativa  di specie dovuta alla pressione antropica in tutta la biosfera (pseudo-speciazione antropocentrica). Il pianeta sta modificando profondamente le sue caratteristiche   di ambiente naturale sotto l’hypris produttiva e riproduttiva della scimmia “intelligente”. La Terra  sta perdendo di senso per divenire un semplice contenitore; ogni rapporto tra uomo e natura si riduce a rapporto quantitativo tra massa umana e capacità dell’ambiente di contenerla. Questa distruzione di tutti i significati che non siano di mera utilizzazione della Terra da parte dell’uomo è simbolizzata in maniera paradigmatica dalla perdita del paesaggio naturale e dal processo di sostituzione di esso da parte del cemento. La cementificazione della superficie terrestre è l’essenza del nichilismo antropocentrico verso la natura ridotta a sfondo neutro della folle distruttività umana.

sabato 26 gennaio 2013

AMERICA: SE L’OCCIDENTE PERDE SE STESSO



Andare in America suscita sempre  un’emozione. Si tratta dell’emozione che dovevano provare gli antichi abitanti dell’impero romano quando si recavano a Roma. Lì c’è l’essenza della nostra civiltà: l’occidente siamo stati noi europei, ma oggi l’occidente si chiama America. Lì ci sono luoghi, paesaggi, città che danno sensazioni uniche, che non è possibile provare da nessun’altra parte. La visita al cimitero di Arlington, ad esempio, è un’esperienza emozionante. Si sente che la Storia è passata di qua e anzi ci si è fermata. Sono rimasto a guardare in silenzio, come in un'atmosfera sospesa,  la tomba di JFK, la tenue fiammella sempre accesa,  mentre lontano, nell’azzurro  del tardo mattino primaverile, scintillava la punta dell’obelisco del Mall. Questa è l’america, pensavo, qui sta il nostro destino.
Questo è il posto in cui tutti i nodi vengono al pettine. Qui la scienza ha permesso all’uomo di arrivare sulla Luna, qui la gente sente una forza che la spinge al meglio, all’affermazione personale, al successo. E’ il segreto della potenza americana. Quella stessa energia che, se malata,  può degenerare in follia e può portare alle stragi di studenti.  Se l’occidente trova se stesso è qui che succede. Oppure se l’occidente si perde, è qui che accade. Perché gli Us stanno cambiando. Qui il paesaggio è talmente grande che gli uomini, per quanto si diano da fare, possono solo fare ritocchi. Il cielo rimane il cielo, il deserto il deserto, le montagne azzurrine lontane restano a guardare le città crescere in altezza, estendersi: ma le distanze sono talmente grandi che nulla cambia nel paesaggio. Eppure anche qui i tempi stanno cambiando. Paradossalmente la cementificazione procede veloce anche qui. La pressione antropica sta facendo disastri. Lo sfruttamento delle risorse naturali è altissimo, ed è ancora recente  la tragedia ecologica del golfo del Messico. Qui, come nella Sicilia del Gattopardo, cambiamento e immobilità si intrecciano fortemente. Nonostante tutta la ricchezza e lo sviluppo possibile la distanza tra ricchi e poveri rimane inalterata. E la sonnolenza della vita della provincia americana rimane immutata come cinquant’anni fa. Passare dalla modernità frenetica di NY alla tranquilla e noiosa vita dei piccoli centri della middle america è un’esperienza che da l’idea di come passato e presente, storia e progresso siano qui tutt’uno.
Bill Bryson in un bel libro del 1989 ci racconta di un suo lungo giro negli Stati Uniti alla ricerca di atmosfere perdute, di quando lui bambino viveva a Des Moines nei fantastici anni ’50. Nel 1977 era emigrato in Inghilterra come giornalista corrispondente con giornali americani, e a Londra, in quel clima piovigginoso e grigio, si era sviluppata in lui il mito dell’america felix, l’america del periodo che va dal dopoguerra e prosegue per tutti gli anni 50 fino all’assassinio di JFK, la tragedia  che ha posto fine ad un’età memorabile di speranza e di “perfetta” vita americana. Con l’assassinio del  “presidente giovane” finiva una storia e ne cominciava un’altra, nel modo peggiore: il Vietnam. Bryson ci riporta alla nostalgia di quei tempi e alla coscienza di una perdita irrecuperabile per tutti noi.
La mitologia della frontiera è stato un mito fondante della mentalità e della cultura americana. Il confronto tra l’uomo intraprendente e la natura, le grandi praterie, la conquista di territori selvaggi e inesplorati ha plasmato il nuovo uomo occidentale, proprio mentre la vecchia Europa entrava in un declino irreversibile e poi nel corso del novecento distruggeva se stessa. L’ “uomo nuovo” americano è nato da un incontro tra gli emigranti e gli avventurieri europei, in gran parte protestanti, e la selvaggia natura americana. Dalla conquista del West si è generata quella sete di miglioramento e di progresso che è divenuto, nel bene e nel male, lo spirito stesso del nuovo Occidente.
Il West selvaggio ha sempre avuto un doppio aspetto, come del resto tutta la realtà americana. Da un lato c’è l’amore per la natura, la libertà, le cavalcate, le praterie, gli immensi cieli azzurri. Dall’altra c’è la conquista, la colonizzazione, la trasformazione, lo sfruttamento illimitato delle risorse, le miniere, la ricchezza conquistata. Le nuove città sorte dal nulla. L’America è terra doppia: qui tutte le contraddizioni si mostrano apertamente, ma sanno anche -inaspettatamente- armonizzarsi e dar vita a nuove realtà.

Raggiungendo La Vegas dalla California in auto si traversa un deserto nel Nevada di estrema bellezza, se poi si viaggia al tramonto il rosso del cielo si armonizza con i colori sfumati tra il verde e l’arancio scuro delle scarsa vegetazione e delle rocce. Ad un certo punto, raggiunta la sommità di un altopiano la vista rimane incantata di fronte allo sfavillio di un mare di luci che si apre improvvisamente e inaspettatamente. E’ Las Vegas con le mille luci delle insegne e della frenetica modernità che  appare come una visione miracolosa e metafisica sul far della notte. Ripensando a quello spettacolo si è portati a riflettere sul fatto che l’America è il luogo in cui la modernità tecnologica riesce, con un’alchimia ardita, ad armonizzarsi con una natura che rimane in gran parte selvaggia e bella, nonostante tutto. Nel paesaggio americano, anche i grattacieli, che qui sono nati, riescono ad farsi accettare come parte del paesaggio.
 Qui sono nate le prime megalopoli  con  la nuova architettura per consentire una vita confortevole a milioni di abitanti in spazi ristretti, le nuove tecnologie informatiche, i maggiori progressi nella fisica e nella medicina. L’economia e il mercato, sebbene nati in Europa e specialmente in Inghilterra, hanno avuto qui il loro massimo sviluppo.  Qui in America è nata, allo stesso tempo, la nuova mentalità ambientalista, a partire dai botanici americani che all’inizio del secolo scorso s’impegnarono per la creazione dei primi parchi nazionali. Qui , con la beat generation, sono  nate le prime ribellioni ad uno stile di vita di una borghesia ingessata, dalla mentalità ristretta  in valori non più in grado di reggere la modernità.  Nel romanzo “On the Road” di Keruac, due giovani della beat generation,  esprimono il rifiuto della vita tradizionale  e iniziano un viaggio in macchina alla scoperta dell’immensità del continente americano, scoprendo un’america diversa e più vicina alla natura. Il romanzo è metafora di una nuova sensibilità che avrebbe in seguito dato luogo ai movimenti giovanili di protesta e di ritorno alla natura, come i figli dei fiori.

Oggi la partita si gioca ancora qui, in America. E’ qui che all’inizio degli anni 70 fu scritto The Limits to Growth da parte di un gruppo di ricercatori del MIT.  E’ qui che ancora prima –nel 1968- lo scienziato ed ecologo americano Paul Ehrlic scrisse il testo chiave per comprendere lo scenario tragico cui si stava avviando il mondo con l’esplosione demografica: The Population Bomb. Oggi l’ America ha di nuovo, come sempre, in mano il destino dell’Occidente e dell’intero pianeta, anche se grandi comprimari sono apparsi nel mondo contemporaneo, come la Cina e l’India. Se la Terra ha una chance è da qui che probabilmente arriveranno le proposte e le strategie. Non certo dall’Europa, dal “vecchio mondo” come sprezzantemente ci definiscono. La vecchia Europa ha una visione ristretta, schiava di mentalità incancrenite e di meschinità ideologiche. Non ha l’apertura della mente americana, che forse viene dai vasti paesaggi di quella terra. Ma l’America, anche lei, corre i suoi rischi. Oggi è uno dei principali “inquinatori”, ai primi posti per l’immissione di carbonio in atmosfera e nella produzione di rifiuti. E’ inoltre alle prese con cambiamenti demografici come l’eccessiva immigrazione e i tassi di natalità in crescita. Tuttavia la coscienza ambientalista è sempre più forte e sempre maggiori sono le prese di posizione contro la devastazione del pianeta. L’ex vice presidente Al Gore e il suo movimento hanno vinto il Nobel per la pace nel 2007 per le lotte contro i cambiamenti climatici. Nonostante le resistenze, la coscienza del problema sull’eccessiva pressione demografica si va ampliando.  Se l’ambientalismo ha un futuro è qui che dobbiamo cercarlo. E’ su questi temi che l’America deve ritrovare se stessa. 

mercoledì 23 gennaio 2013

COMUNICATO DELL' EPA: STOP CRESCITA DEMOGRAFICA


Comunicato Stampa della  associazione che promuove l'Alleanza Europea per la Popolazione (EPA) in collaborazione con l'associazione Rientrodolce e altre 9 associazioni europee.

Diffondiamolo

22 Gennaio 2013

Assisi Nature Council Onlus

COMUNICATO STAMPA

L’ EPA (Europeans Unite to Promote Population Stability o Alleanza per la Popolazione Europea) lancia il suo Sito Web .

HYPERLINK "http:www.europeanpopulationalliance.org/"www.europeanpopulationalliance.org

L’Alleanza unisce 12 organizzazioni rappresentanti la società civile di 9 paesi europei , che hanno lo scopo di attivare la presa di coscienza dell’impatto nocivo della crescita della popolazione sia in Europa che nel resto del mondo, soggetto che viene regolarmente ignorato o negato.
Per ovviare a tale mancanza, tutte hanno sottoscritto una dichiarazione comune di orientamento, che è stata presentata sul nuovo Sito Web.
L’Alleanza ha già fatto pressione presso l’ONU e la presso Commissione Europea sui negoziati del Clima, la Conferenza dell’ONU Rio+20 sullo Sviluppo Sostenibile e gli obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile post-2015.
Roger Martin, Direttore di Population Matters (UK) ha espresso soddisfazione riguardo ai risultati dei sondaggi condotti in Europa , che dimostrano quanto le persone siano preoccupate circa l’impatto economico e sociale della crescita demografica odierna, anche se non hanno le cognizioni scientifiche né una preparazione per impedire democraticamente che il nostro capitale unico, cioè le risorse della terra , vengano quotidianamente esaurite dalla crescita della popolazione e dalla domanda di risorse dell'umanità sulla natura che supera ormai da anni la capacità della biosfera di rigenerarle.

Bisogna pianificare il futuro, perchè un’indefinita crescita demografica è fisicamente impossibile e deve fermarsi attraverso una previdente e umana politica di supporto alla costituzione di famiglie meno numerose.

Lista dei membri dell’EPA:

Assisi Nature Council (Italy)
BOCS (Hungary)
Chartered Institute of Water and Environmental Management (United Kingdom)
Club of 10 Million (Netherlands)
Demographie Responsable (France)
Ecopop (Switzerland)
Herbert-Gruhl-Gesellschaft (Germany)
One Baby (Belgium)
Population 2.0 (Facebook) (Belgium)
Population Matters Sweden (E-mail) (Sweden)
Population Matters (United Kingdom)
Rientrodolce (Italy)

WWW.assisinaturecouncil.org

martedì 22 gennaio 2013

CRESCITA O DECRESCITA?




Ormai gli intellettuali alla moda non fanno che parlare di decrescita. La soluzione dei problemi del mondo è nella decrescita si sente dire un po’ dovunque negli ambienti della cultura ambientalista. All’opposto gli economisti e i politici non fanno che ripetere che la soluzione di tutti i nostri problemi è nella crescita. La povertà e la disoccupazione  si sconfiggono con la crescita, dice Monti. Berlusconi, Bersani, e persino la Merkel ripetono come un mantra la necessità della crescita.  Si resta un poco frastornati da questa divaricazioni degli opposti come soluzione di tutti i problemi: crescita o decrescita?
Latouche è uscito con il suo ultimo libro: “L’Abbondanza Frugale” che forse, già nel titolo, esprime l’imbarazzo un poco confusionario in cui si dibatte il mondo intellettuale contemporaneo. Riporto una breve recensione del libro tratta dal sito tuttogreen.it:

L’abbondanza frugale ha un significato che va ben oltre la ridefinizione della “decrescita” – parola che spaventa molti, evocando spettri di sottosviluppo e povertà. Perché l’idea dell’abbondanza frugale si ricollega a una teoria elaborata dall’antropologo americano Marshall Sahlins, il quale ha ribaltato la concezione diffusa di una società primitiva caratterizzata da fame e miseria, a cui sarebbero seguite forme economiche e sociali via via più ricche, fino alla nostra società di consumo, società dell’abbondanza per antonomasia.

Nel saggio intitolato “L’economia dell’età della pietra”, Sahlins ha proposto una visione del tutto diversa: le società di cacciatori-raccoglitori del paleolitico erano società dell’abbondanza, dove poche ore di lavoro al giorno bastavano alla sussistenza mentre il resto del tempo era dedicato al gioco e alla vita sociale.
Latouche chiude il cerchio comparando le società preistoriche con la nostra società, che al confronto appare una società di costante penuria, dove gli individui lavorano molte ore al giorno e continuano a non avere tutto ciò che valutano “necessario” per vivere. Il segreto di questo paradosso è nei bisogni: noi ne abbiamo in quantità enormemente superiore rispetto ai nostri antenati paleolitici, che si accontentavano di pochi beni materiali.
Allora, suggerisce Latouche, per avere l’abbondanza occorre riscoprire la frugalità, da cui il titolo del libro. Ovvero: se adottassimo un modo di vivere che dia meno importanza al consumo di merci, dedicando tempo ed energie alla convivialità, alla cultura, a forme economiche diverse quali l’economia solidale e la circolazione di beni sottoforma di doni o di scambi, ci accorgeremmo di essere ricchi.
Questo discorso acquista particolare rilevanza in relazione alla crisi economica in atto: l’unica uscita dalla crisi, sostiene l’economista francese, è ridurre i nostri bisogni, consumare meno. Non ci sono altri stratagemmi, il pianeta non può più sostenere il tipo di esistenza che si conduce nella società occidentale. Dobbiamo abituarci a una nuova frugalità.
La parola “abbondanza” associata alla frugalità non è solo un modo per addolcire la pillola. È anche una risposta alle molte critiche sollevate in passato dalla teoria della decrescita. È un modo per puntualizzare: decrescita o frugalità non significa povertà, non significa regressione, sottosviluppo, tecnofobia. È invece una modalità nuova di vivere e di gestire le nostre relazioni con le persone e con le cose, nel tentativo di scoprire una diversa idea di abbondanza. Questo ultimo libro è appunto dedicato a dimostrare come la decrescita non coincida con la rinuncia al benessere, bensì con la ricerca di un benessere diverso."
Scopriamo così che Latouche, per giustificare, in un mondo afflitto dalla scarsità della crescita, la sua visione positiva della decrescita, ricorre ad una rielaborazione del mito rousseauiano del “buon selvaggio”. Seguendo le fantasie di Sahlins si immagina un mondo come quello dell’ "età della pietra" in cui poche ore di caccia e raccolta di bacche al giorno assicuravano una esistenza dedita al gioco e alla sussidiarietà sociale. Modestamente, pur non avendo l’autorità scientifica di Latouche,  credo che nell’età della pietra la vita fosse assai meno giocosa e solidaristica. Credo anzi che a quei tempi  la maggior parte delle ore del giorno dovesse essere spesa a mettere in salvo la pellaccia. Certo oggi la complessità e le esigenze della vita sono molto superiori.  Ma se al posto di una caverna abbiamo una confortevole abitazione riscaldata e fornita di acqua e servizi, forse ciò richiede una società come la nostra basata sull’industria, sulla produzione, sul mercato.  Se abbiamo problemi di salute, il fatto di poter correre al più vicino ospedale ed essere curati in maniera efficace, richiede una società tecnologica e economicamente sviluppata come la nostra. Se vogliamo essere costantemente aggiornati e collegati con il mondo con i moderni mezzi di comunicazione, forse ciò necessita di  una economia basata su produzione capitalistica, i mercati, la finanza, la ricerca scientifica come la nostra.E così via dicendo. Ritornare ai bisogni dell’età della pietra va bene per le fantasie di qualche intellettuale, non credo per la maggioranza dei sette miliardi di umani che popolano la Terra. A proposito: ha idea il professor Latouche di quanti abitanti aveva il pianeta nell’età della pietra? Qualche centinaio di migliaia… e non 7 miliardi! Vorrei suggerire al Professore: non è che questo è alla base dell’esaurimento delle risorse del pianeta e che forse per questo l’età della pietra ci restituisce l’idea, molto idealistica ma non priva di fondamento, di un rapporto più intenso e vissuto tra uomo e natura? Come mai anche in questo suo ultimo libro il professor Latouche dimentica di parlare dell’unica decrescita che forse ci può salvare: quella della eccessiva popolazione umana sulla Terra?


lunedì 21 gennaio 2013

EUROPA: STOP AL CONSUMO DI SUOLO ENTRO IL 2050


Con il documento “Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo” la Commissione Europea ha di recente posto l’attenzione all’eccessivo consumo di suolo nel Vecchio Continente.
La sfida – peraltro ambiziosa come ammette lo stesso Janez Potočnik commissario europeo per l’ambiente – è quella per cui ogni Stato membro dovrà tener conto delle conseguenze derivanti dall’uso dei terreni entro il 2020, con il traguardo di un incremento dell’occupazione di terreno pari a zero da raggiungere entro il 2050.
“La posa di superfici impermeabili nel contesto dell’urbanizzazione e del cambiamento d’uso del terreno, con conseguente perdita di risorse del suolo, rappresenta una delle grandi sfide ambientali per l’Europa d’oggi” scrive nella prefazione al documento Potočnik.
Prima di addentrarsi a spiegare quali possono essere gli approcci tesi a limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo, la Commissione Europea indica un elemento di base necessario per raggiungere l’obiettivo “consumo di suolo = zero”: la piena collaborazione tra tutte le autorità pubbliche competenti, non solo dei dipartimenti preposti alla pianificazione e alle questioni ambientali ma anche, e in particolare, quegli enti governativi (Comuni, Province e Regioni) che gestiscono un territorio. È quindi ora che il consumo di suolo diventi un’aspirazione condivisa.

Dalla metà degli anni ’50 la superficie totale delle aree urbane nell’UE è aumentato del 78% mentre la crescita demografica è stata di appena il 33%.

Questo significa che in tutta Europa la tendenza a “prevedere” piani di espansione urbanistica senza un’equilibrata correlazione con le effettive esigenze demografiche è prassi comune.
Attualmente, le zone periurbane presentano la stessa estensione di superficie edificata delle aree urbane, tuttavia solo la metà di esse registrano la stessa densità di popolazione.

Lo sprawl è un fenomeno pericoloso: la diffusione di nuclei caratterizzati da bassa densità demografica costituiscono una grande minaccia per uno sviluppo urbano sostenibile.

Inoltre l’espansione della città eleva i prezzi dei suoli liberi entro i confini urbani incoraggiando così il consumo verso l’esterno, consumo che a sua volta genera nuove domande di infrastrutture di trasporto e pendolari che si spostano per raggiungere il proprio posto di lavoro. (Dal sito web di "Salviamo il paesaggio").
L'articolo prosegue spiegando in cosa consiste il process di impermeabilizzazione dei suoli generato dalla cementificazione edilizia e dall'asfaltatura delle strade. L'impermeabilizzazione porta danni al bilancio energetico, alle risorse idriche, all'inquinamento da polveri sottili, alle piante e agli animali. 
Unica nota da fare all'estensore dell'articolo riguarda quell' "appena" 33% di crescita demografica. Quel 33 % in cinquant'anni, al netto dell'immigrazione clandestina, è stata all'origine del disastro ambientale europeo e causa di fondo della cementificazione massiccia e del consumo dei suoli. Una popolazione stazionaria o in "rientro dolce"  non avrebbe mai generato quella pressione antropica  e di espansione infrastrutturale che ha portato al collasso le aree verdi del continente. Italia compresa, visto che per consumo di suolo siamo ai primi posti.

mercoledì 16 gennaio 2013

FUSIONE CALDA: AL VIA LA COSTRUZIONE DEL REATTORE ITER




Riporto un articolo apparso sulla rivista “Ingenia” di Chris Warrick collaboratore del CCFE. Traduzione personale.
La Fusione si avvia alla fase di realizzazione 
La fusione nucleare è stata fino ad ora una grande speranza, con la sua possibilità di energia illimitata, sicura, libera da emissioni di carbonio, senza scorie radioattive se non prodotti transitori in minima quantità e di breve durata. La ricerca per un uso civile, iniziata nel 1950, sta facendo attualmente significativi progressi. Il processo di fusione è oggi maggiormente compreso dai fisici, e finalmente si sta arrivando alla ingegnerizzazione definitiva degli impianti fino ad oggi sperimentali. E’ venuto il tempo per le aziende interessate di attivarsi e di cogliere le opportunità per partecipare allo sviluppo definitivo e alla realizzazione materiale dei vari componenti dei reattori.
Nel 1920 il fisico inglese Sir Arthur Eddington avanzò per primo l’ipotesi che l’enorme energia derivante dalla fusione di nuclei di elementi leggeri come l’idrogeno avrebbe potuto essere alla base dell’energia prodotta dal sole e dalle stelle.  Infatti si ipotizzava che nel centro del sole alla temperatura di 15 milioni di gradi Celsius e alla pressione di miliardi di atmosfere, circa 600 miliardi di chili di nuclei di idrogeno venissero compressi ogni secondo fino a fondersi e formare nuclei di elio, rilasciando al contempo enormi quantità di energia. Nel 1950 si iniziò a studiare come riprodurre sulla Terra il processo di fusione in maniera controllata per produrre elettricità. I problemi teorici e le sfide ingegneristiche erano giganteschi ed infatti ci sono voluti ben 60 anni per arrivare vicini alla soluzione. Oggi stiamo lavorando alla fusione utilizzando gli isotopi dell’idrogeno Deuterio e Trizio, che nella reazione di fusione producono per metro cubo più energia di quanta ne viene prodotta dal sole, rilasciando elio e neutroni. Per avvenire la fusione richiede il confinamento di un plasma mantenuto ad altissime temperature  in cui i nuclei positivi siano separati dagli elettroni negativi. La temperatura del plasma deve raggiungere i 100-200 milioni di gradi Celsius per vincere la repulsione coulombiana dei nuclei. Questa è la condizione per estrarre l’energia dai nuclei. Fino ad oggi il mondo ha utilizzato (con l’eccezione della fissione nucleare) l’energia “periferica” degli atomi, quella legata alle interazioni degli elettroni (energia chimica), come ad esempio quella che si utilizza nella combustione degli idrocarburi. Questi non sono altro che il deposito formato dalla materia vivente mediante la fotosintesi dell’energia provenuta dal sole in milioni di anni. Purtroppo questo tipo di energia, oltre alla bassa efficienza e alla dipendenza dalla disponibilità dei depositi di idrocarburi, ha lo svantaggio di liberare carbonio nella biosfera e di essere altamente inquinante. Il carbonio è il principale responsabile dell’effetto serra e del global warming. Il particolato prodotto dalle combustioni è fortemente dannoso alla salute.  L’energia nucleare da fusione è invece potenzialmente illimitata, molto efficiente, completamente priva di emissioni di carbonio, priva di particolati. Rispetto alla fissione nucleare, non produce scorie radioattive. Tornando ai progetti sulla fusione, la sfida degli scienziati è stata di costruire un impianto che mantenesse il plasma caldissimo e instabile lontano dal contatto con le pareti del reattore, per consentire ai processi di fusione di avvenire e mantenersi nel tempo. Per confinare il plasma si sono utilizzati forti campi magnetici prodotti da spire di superconduttori che avvolgono una camera di reazione. Il primo tokamak fu sviluppato i Russia nel 1960: esso confina il plasma in una camera ad anello sottoposta a vuoto, e circondata da spire di superconduttori (rame raffreddato) che creano i campi magnetici necessari al confinamento del plasma. Le condizioni idonee alla fusione sono state raggiunte per la prima volta  nel progetto denominato “ Joint European Torus” ( JET ) situato presso il Culham Centre for Fusion Energy ( CCFE ) nei pressi di Oxford. I problemi ingegneristici si sono concentrati nella creazione di fortissimi campi magnetici richiesti dal confinamento e nei materiali necessari a contenere il plasma e il processo di fusione. Gli studi necessari, in particolare quelli per i superconduttori, sono stati molto utili e hanno avuto ricadute importanti su altri progetti, come quello per la realizzazione del “Large Hadron Collider” al CERN. Dopo molti studi teorici e tentativi sperimentali, è stato finalmente possibile costruire un tokamak in grado di resistere agli enormi stress meccanici indotti dalle correnti di plasma attivo e dai campi magnetici.
Il JET è, fino ad oggi, il più grande tokamak mai costruito al mondo. Il CCFE gestisce l’impianto per conto dell’Europa, fornendo i circa 400 ingegneri che mantengono e migliorano la macchina. L’European Fusion Developmente Agreement fornisce ulteriori competenze al JET quando è necessario. Il successo nella comprensione del comportamento del plasma ha fatto sì che le questioni chiave di ingegneria del progetto sono state definitivamente chiarite, come ad esempio  la scelta dei materiali che si interfacciano con il plasma, come la rimozione dell’elio prodotto dalle reazioni, come il riscaldamento del plasma utilizzando le radiofrequenze e fasci di particelle accelerate. Il programma JET è stato molto utile per la risoluzione di questi problemi, ed anche la questione della radioattività dei prodotti di reazione, di breve durata e in quantità limitata, si è dimostrata risolvibile:  essa può essere controllata e confinata nel reattore senza problemi e senza alcun pericolo. La tecnologia che permette la gestione e la manipolazione a distanza dei processi all’interno del reattore è stata un elemento chiave del successo del programma JET. Lo strato interno (interfaccia) della camera contenente il plasma è stato cambiato e migliorato più volte, utilizzando piastrelle di carbonio e poi, recentemente, di berillio e tungsteno. Il progetto JET ha ottenuto dal suo reattore 16 megawatts di potenza da reazioni nucleari di fusione ed ha dimostrato in via definitiva la fattibilità tecnica della fusione calda usando Deuterio e Trizio.  Le tecnologie sviluppate al JET hanno già portato benefici alle aziende inglesi partecipanti al progetto. Per esempio la Oxford Technologies Ltd, una azienda privata indipendente, ha collaborato con gli ingegneri del CCFE a sviluppare il sistema di gestione e manipolazione remota  dell’impianto e ha recentemente vinto un contratto da 3,5 milioni di sterline per progettare la gestione del successore del JET, il reattore internazionale ITER. Ormai il progetto sta avanzando rapidamente dagli studi di fisica alla fase ingegneristica  di costruzione del reattore funzionante. Il problema delle piastrelle di rivestimento della camera toroidale di confinamento del plasma è stato risolutivo: esse debbono consentire ai neutroni accelerati il passaggio attraverso la parete, senza danneggiarsi troppo. Allo stesso tempo le piastrelle debbono resistere alla ritenzione indesiderata dei combustibili come il trizio, il che porterebbe rapidamente ad una minore efficienza. La sostituzione delle piastrelle avviene grazie a manipolatori a controllo remoto robotizzati. Nel 2015 il JET dovrebbe concludere il ciclo di esperimenti previsti e nel frattempo è iniziata la costruzione di ITER a Cadarache (nel sud della Francia) con la partecipazione di Europa, Giappone, USA, Russia, India, Cina e Sud Corea. Il primo plasma attivo di ITER dovrebbe essere prodotto nel 2020.  ITER avrà una camera toroidale di volume otto volte superiore a quella del reattore di JET, in maniera da ottimizzare la resa energetica del plasma e il mantenimento delle condizioni per una attività del plasma molto più lunga nel tempo. L’output di ITER sarà molto più alto del precedente reattore (dai 500 ai 700 MW). Il sistema di superconduttori di ITER utilizzerà spire di niobio al posto del rame del JET; il niobio non richiede un raffreddamento spinto e necessita di meno energia immessa per funzionare. Inoltre ha una resistenza alla corrente  di elettroni molto minore. Una vota che i neutroni prodotti dal plasma hanno passato il primo strato, ITER presenta un secondo strato composto da una copertura di litio intorno alla camera del plasma, con il compito di assorbire l’energia cinetica dei neutroni e convertirla in calore. Il calore produce vapore che attiva le turbine. La reazione tra neutroni e litio, inoltre,  produce trizio che viene utilizzato per ricostituire il combustibile del plasma. Il tema dei materiali sta emergendo: necessitano berillio, tungsteno (strato interno), litio per il secondo rivestimento, niobio per il magnete. Un altro problema è quello degli acciai che vanno a costituire il supporto esterno, che può essre danneggiato dai neutroni e reso radioattivo (anche se per breve tempo). Una migliore scelta dei materiali può minimizzare il problema. Il programma “International Fusion Materials Irradiation Facility” (IFMIF) è stato studiato per generare neutroni con energie equivalenti a quelle del reattore, per testare i materiali candidati ad essere impiegati nel progetto ITER.
Quanto tempo ancora è richiesto ffinché la fusione divenga una realtà energetica? I ricercatori parlano del 2020 come una data plausibile per avere un prototipo di reattore funzionante. Nel 2030 si ritiene che possa concludersi la fase sperimentale. Nell’arco di tempo che va dal 2030 al 2050 saranno disponibili secondo le previsioni i primi reattori commerciali. Ci sono stati tangibili benefici dal lungo supporto alla ricerca sulla Fusione nucleare.  Per mezzo secolo, la ricerca svolta a Culham e presso altri impianti hanno migliorato i circuiti ad alto voltaggio, i campi magnetici, i superconduttori. Le ricadute sono state importanti in vari campi, come ad esempio nel campo della risonanza magnetica per quanto riguarda la diagnostica. I circuiti elettrici sono stati migliorati e adattati strutturalmente agli alti voltaggi.  Nel 1990 Ansaldo Ricerche e Fiat Ivco hanno utilizzato nella produzione di Bus ibridi (Altrobus ibrido) gli invertitori di potenza e i caricatori di batterie che erano basati, nella progettazione,  su impianti sviluppati per i circuiti del JET. Un centinaio di bus ibridi sono stati utilizzati dal 1999 a Genova. Più recentemente un’azienda britannica, NNC, con la collaborazione e l’assistenza di ingegneri del CCFE, ha sviluppato una nuova tecnologia per  l’ incollaggio a pressione isostatica, utilizzata nella produzione di piastrelle di isolamento  e altri materiali per ITER.  Un’altra azienda a beneficare della ricerca sulla fusione è stata la Reaction Engines che, utilizzando studi condotti con i ricercatori di  CCFE, ha prodotto sistemi di propulsione aerea per navette spaziali riutilizzabili (Skylon). La collaborazione con CCFE ha dato l’opportunità ad aziende inglesi di usufruire di contratti per 180 milioni di sterline. Di contratti milionari hanno usufruito anche aziende francesi ( come Altran) e spagnole (Idom). Nel prossimo decennio ITER utilizzerà finanziamenti per 5 miliardi di euro per lo sviluppo e la costruzione di componenti e sistemi per la messa a punto del reattore. Ma oltre al beneficio economico è forse di maggiore importanza l’accrescimento delle conoscenze e delle esperienze che accompagnano la realizzazione commerciale dei futuri reattori a fusione.
(Chris Warrick, c/o Culham Centre for Fusion Energy.  “Ingenia” settembre 2012. ).
Per un breve commento all’articolo posso solo aggiungere che il nostro disgraziato paese ha poco beneficiato delle ricerche sulla Fusione nucleare, per i soliti motivi. Da noi l’argomento è tabù per l’ottusità e la rigidità ideologica che sono alla base della situazione attuale del paese, in pieno declino e quasi senza speranza. Una classe politica corrotta e inetta, e una intellighentia ancora dedita all’ortodossia neo-illuminista (per non dire neo-giacobina) e neo-positivista d’accatto, in realtà arretrata culturalmente e senza una visione se non quella volta alle ideologie tramontate da decenni, ci condannano a una posizione di retroguardia. Rari e poco finanziati sono i ricercatori che in Italia portano avanti la ricerca sul campo delle energie del futuro. Quelle vere, non quelle che per stare in piedi  hanno bisogno del 55 % dei finanziamenti a carico del popolo italiano.

lunedì 14 gennaio 2013

TERRA ANNO ZERO



Le notizie ormai sono giornaliere. Giorno dopo giorno c'è una ennesima pessima notizia per il pianeta. Qualche giorno fa nuovi dati sul riscaldamento globale, che sta accelerando. La devastazione delle foreste avanza implacabile: in tutto il mondo  spariscono ogni anno milioni di ettari di foreste e -secondo dati Fao-   l 'Africa ha cancellato nel solo 2012  3,4 milioni di ettari di foreste, e  il Brasile  ha perduto in media 2,6 milioni di ettari di foresta l'annoOgni giorno migliaia di specie viventi scompaiono distrutte dagli effetti diretti o indiretti della presenza umana. Il  livello di smog delle megalopoli è al punto che la salute è ormai direttamente minacciata. Ieri la notizia che a Pechino la gente deve uscire, in certi giorni, con le maschere anti smog, qualcuno indossa la maschera antigas. Alcune foto della città apparse sui giornali mostrano immagini surreali che si potevano credere fantascienza fino a pochi anni fa.  I livelli di tumori ai polmoni, le malattie bronchiali e polmonari,  e le malattie cardiovascolari sono in aumento nelle città di tutto il mondo  per i livelli di inquinamento. I grandi fiumi e i laghi europei hanno livelli di inquinamento chimico tali da essere pericolosi per la salute anche solo per la balneazione. Schiuma gialla da inquinanti industriali è ormai la norma sulla superficie di tutti i fiumi. I mari sono esposti a ogni inquinante. E' di un paio di anni fa uno dei più gravi ecodisastri della storia: milioni di tonnellate di petrolio sono fuoriuscite da un pozzo sottomarino nel golfo del Messico. Le struggenti immagini di carcasse di animali impregnate di catrame sono state un terribile monito rimasto purtroppo inascoltato: le trivellazioni continuano ovunque sui fondali marini e si parla di future trivellazioni anche di fronte alle coste italiane.  I mari nelle vicinanze delle coste in ogni parte del mondo contengono solventi e detersivi che riempiono di schiuma spiagge e coste rocciose. Il mercurio inquina i mari, e il pesce è tutto contaminato. Si è giunti, da parte dell'OMS, a sconsigliarne il consumo oltre le due volte la settimana. Diserbanti e antiparassitari organofosforici bruciano le piante e si diffondono ovunque sui terreni, sui cibi, nella frutta, nell'acqua. Il colore giallo-arancione dei diserbanti è visibile nelle strade di campagna, sui canali di scolo dei terreni bruciati dalla chimica. Le falde acquifere sono ormai tutte inquinate, e soltanto in alta montagna e lontano dalle città restano fonti utilizzabili (subito recintate e usate dalle industrie per l'imbottigliamento). In Italia i livelli di arsenico nelle acque potabili hanno raggiunto in alcune zone del paese livelli intollerabili: alcuni comuni del centro Italia hanno vietato il consumo potabile dell'acqua domestica. La diossina è l'inquinante onnipresente nei terreni che circondano le megalopoli e   anche le campagne circostanti. E' un indicatore della presenza umana, collegata ai processi industriali di combustione, altamente tossico e cancerogeno per gli organi, tra cui fegato, sistema nervoso e cute.  Solo nei terreni gestiti come discarica illegalmente dalla camorra in Campania si sono calcolati per l'anno scorso lo sversamento di 350.000 tonnellate di diossina. Su quei terreni si fanno pascolare animali da allevamento e si coltiva frutta e verdura che va a riempire le frutterie di tutto il paese. La carne e i latticini provenienti dalle terre coinvolte sono tutti inquinati. Acque putride da percolati di discariche illegali sono diffuse ovunque nella ex "campania felix". Non c'è solo l'Ilva di Taranto, l'Italia è piena di disastri ambientali industriali. E' di oggi la notizia (Repubblica) che  la Ferriera di Trieste ha prodotto un tasso di tumori superiore al 50 % della media  per gli operai e per gli abitanti dei paraggi, tra cui linfomi e tumori polmonari, oltre alle malattie respiratorie. Si parla di una discarica abusiva di 360 mila tonnellate di rifiuti speciali tossici, di fumi di particolati che diffondono per una vasta area intorno, di sversamenti di metalli tossici nel mare. Nella zona sono presenti cementifici con alti tassi di inquinanti chimici, ed è anche previsto un rigassificatore. La stessa situazione nella vicina Marghera, sulla costa toscana (Livorno, Grosseto) , in Campania, in Calabria, e in  tante altre zone in Italia e nel mondo. L'amianto è un inquinante universale di gran parte delle grandi e piccole città. Nel mondo è famoso l'esempio di Mosca dove interi quartieri hanno edifici foderati letteralmente di amianto. India e Cina hanno moltissimi edifici con tettoie e tubature in amianto.   In Italia strutture di amianto sono  inglobate nei muri degli edifici, messe a isolamento di impianti, usate come cassoni per l'acqua o come tettoie. Polvere di amianto, frammenti di eternit si trovano ovunque, all'aria aperta, sulle strade, nei terreni di campagna, nelle discariche (vedi la foto in basso di una tettoia di eternit nella campagna toscana, con bella vista di Montalcino). 


Per duemila anni l'uomo ha immaginato l'Apocalisse come un castigo ineluttabile che ci pioveva dal cielo, ma ora le carte in tavola cambiano. L'Apocalisse è già tra noi e non è venuta dal cielo, ma ce la siamo creata noi con le nostre azioni e con il nostro sconsiderato antropocentrismo. Il mondo è soffocato dagli inquinanti per l'enorme pressione antropica che sottopone a sfruttamento massimo i terreni agricoli, la produzione industriale, le strutture edilizie, l'uso delle acque, l'estrazione e la combustione degli idrocarburi. Non si tratta di sola organizzazione industriale e produttiva. Non è un discorso politico. Si tratta della pressione antropica che nasce dalla necessità di provvedere ai bisogni di sette miliardi di persone. Una pressione su risorse naturali di suolo, di foreste, di aria, di acqua,di piante e  di animali sempre più limitate. Al contrario la grande massa umana è in continua crescita (sette miliardi oggi, dieci miliardi nel 2050)  e richiede sempre più risorse, sempre più chimica, sempre più produzione di inquinanti e sfruttamento  della povera natura rimasta.  La Terra è al collasso. L'Apocalisse è vicina.  Eppure la coscienza di tante persone ancora rifiuta il problema, lo nega. Addirittura afferma che no, è il contrario, le nascite sono poche, ci vogliono altri  miliardi di persone. Come nel film Bladerunner si va verso un uomo che perde la propria umanità,  che significa rapporto con la natura, sintonia con la madre Terra. Si diviene replicanti. Non si sa più cosa  si stia a fare su questo mondo. Tutto il senso dell'esistenza si racchiude nella necessità di replicarsi replicarsi fino a far scoppiare noi stessi e il pianeta.

giovedì 10 gennaio 2013

LA FUSIONE FREDDA FA LITIGARE I DIRIGENTI DI “RIENTRODOLCE”




LA FUSIONE FREDDA FA LITIGARE I DIRIGENTI DI “RIENTRODOLCE”
Al VI Congresso  dell’Associazione Rientrodolce, una delle organizzazioni che in Italia si battono contro la sovrappopolazione, tenutosi a Bologna lo scorso 17 novembre,  è stata accettata la seguente  raccomandazione che riguarda la Fusione Fredda:

VI CONGRESSO DI RIENTRODOLCE: INTERVENTI SCRITTI
1) Fusione fredda e reazioni piezonucleari
Considerate le nuove scoperte e l'esigenza di finanziare nuovi possibili orizzonti della Scienza, raccomandiamo che gli organi dirigenti dell'associazione si tengano aggiornati e che trasmettano alla dirigenza del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito informazioni sulle nuove pubblicazioni e sui progressi della fusione fredda per la produzione di energia di fonte non inquinante e a basso costo e delle reazioni piezo-nucleari per la previsione dei terremoti, al fine di promuovere finanziamenti pubblici e privati.
Laura Vantini,Giuliano Guidi
La cosa ha scatenato le ire di coloro che, richiamandosi alle posizioni della scienza ufficiale, negano anche solo l’opportunità di discutere sull’argomento.  A rappresentare tale posizione  è intervenuto sul sito di Facebook dell’associazione il presidente Luca Pardi:


 Luca Pardi:
“Imbarazzante.
Se questi vanno avanti su argomenti tecnici di cui sono totalmente
all'oscuro senza chiederci nulla: quale è la nostra funzione? Applaudire D'Elia quando
fa dei bei discorsi sull'impossibilità della crescita?
La Farina- Coscioni che va dietro le boiate piezonucleari testimonia il
o livello bassino di cultura fisico- chimica presente nella ALC, che si conferma
associazione di promozione del settore biotech e biomedico, oppure, e preferirei questa seconda ipotesi, il fatto che si firmano i documenti fidandosi di chi li ha scritti.
Stefano fai qualcosa.
Purtroppo scopro con raccapriccio che imbarazzanti non sono solo i nostri (ex) deputati con le loro mozioni in extremis di legislatura (già cazziati), ma anche la MIA cara associazione.
Questa della raccomandazione NON ME LA DOVEVATE PROPRIO FARE. E' una delusione e .... non so nemmeno come dire, una caduta intollerabile. Non se ne capisce la ragione, se qualcuno premeva doveva essere respinto. Il fatto che io non ci fossi è una spiegazione, ma non una giustificazione.”

Stefano Bilotti “Vedo che hai seguito bene via skype ... tu c'eri via skype ed eri collegato. E forse, visto che non è tuo ruolo nè di nessuno fare il cazziatore dovevi sentirmi prima di partire con certe mail e in generale non usare toni e modi sbagliati.  Luca chiedere scusa è segno di maturità non di debolezza. Una raccomandanzione dove uno dice che promuove un dibatttito quale mai grave episodio sarà, non abbiamo sposato alcuna posizione, se qualche colelga del cnr ti sfotte digli dei suo amici di sinistra cosa fanno basoslino e chicco testa ..”

Luca Pardi:
“Senti vai a fare lezioncine ad altri che ne hanno bisogno. Se c'è uno che sa tornare indietro, chiedere scusa e ammettere di aver sbagliato quello sono sempre stato io. In questo caso avete sbagliato voi congressisti e te e Ferretti in primis obbligandomi a prendere una posizione chiara e netta. Non ho insultato nessuno. Ho solo detto quello che penso. La tua è retorica vuota e con quel sii più uomo anche un po' paternalista (fuori luogo) e pure machista.”

Luca Pardi: Senti via skype ho parlato, ho seguito alcuni interventi via liberi.it e sinceramente se avessi pottuto seguire tutto sarei venuto a BO e impedito questa marronata, purtroppo mi sono fidato di voi avendo per tempo manifestato la mia totale contrarietà ad appoggiare in qualsiasi modo una campagna demente oltre che di dubbia origine.


Interviene Francesco De Ninno: Mi piacerebbe avere le idee più chiare sulla posizione ufficiale di RD rispetto al problema energetico, penso che sia una questione fondamentale per tutti gli iscritti.
Innanzitutto non discuto la correttezza formale dell'accoglimento della raccomandazione, ma trovo singolare che in una piccola associazione tematica come RD si assuma una decisione del genere senza ascoltare il parere di chi ha competenza scientifica sull'argomento oltre ad essere un dirigente storico dell'associazione.

Nel merito della raccomandazione non voglio essere offensivo, ma ho ascoltato diversi interventi di Laura Vantini su RR e francamente considero i suoi monotematici interventi sulla fusione fredda di dubbia affidabilità scientifica, di scarso interesse per non dire del tutto fuori luogo ai fini del dibattito interno di RD.
Con tutto il rispetto non ho avuto l'impressione che abbia competenze scientifiche e una visione d'insieme delle tematiche di RD tali da dare forza e fiducia alle sue proposte.
Va bene che in casa radicale chi si iscrive a tutti i diritti ecc. ecc., ma non mi sembra proprio il caso di dar retta a tutte le stronzate che vengono dette!
Personalmente sono in totale disaccordo con il merito della raccomandazione, visto che considero la fusione fredda una cazzata pazzesca.
Non fosse altro perchè, posto che ancora non c'è un modello, una teoria fisica riconosciuta dalla comunità scientifica che descrive e spiega la fusione fredda, parlare adesso di una sua applicazione industriale è a dir poco avventato.
Dovrebbero bastarci i miliardi di euro e dollari spesi per il miraggio della “fusione calda” (e in questo caso il modello teorico della fisica delle alte energie e della fisica nucleare è più che solido e universalmente accettato, insomma funziona), un progetto che è in ballo da 60 anni, che impegna ingenti risorse economiche e umane e non ha portato ancora a nulla di concreto e gli stessi progettisti parlano di avere i primi risultati sperimentali – non industriali – tra minimo 10 anni (il delirio di onnipotenza dell'Uomo è disarmante, pretendiamo di costruire un piccolo sole sulla terra e riuscire a gestirlo, confinarlo, e sfruttarlo senza danni collaterali!)

Luca Pardi: “Penso che RD abbia il dovere di dire con forza che, considerato il livello di superamento dell'impronta ecologica dell'uomo, se vogliamo rientrare entro livelli di sostenibilità del sistema senza eventi altamente traumatici non possiamo permetterci di sprecare tempo, risorse umane e quel piccolo serbatoio di energia facile che ci rimane in costosi quanto inutili progetti che promettono energia infinita, pulita e a basso costo alimentando l'illusione di una soluzione facile ai nostri problemi energetici.
Internet è piena di siti, blog, video che spacciano miracolosi aggeggi tipo motore ad acqua che producono energia gratis grazie a principi fisici rivoluzionari che ovviamente sono boicottati dall'industria del petrolio ecc... vogliamo promuovere anche questi progetti?
Forse ci sono strade più sicure e affidabili da percorrere che già oggi, purchè si intraprenda subito un percorso di riduzione drastica di consumo di energia (risparmio ed efficienza energetica) e si affronti seriamente il problema demografico, ci assicurano un futuro energetico libero dalle energie fossili e nucleari di qualsiasi genere.
Abbiamo già una fonte di energia gratuita e illimitata, ed è il sole che io non definirei energia rinnovabile ma inesauribile, visto che il sole, prima di “esplodere” distruggendo la Terra, continuerà a produrre energia per altri 3-4 miliardi di anni, un orizzonte temporale che su scala umana si può considerare infinito.
Quindi penso sia assurdo continuare a rincorrere progetti strampalati come quello della fusione fredda quando abbiamo già la conoscenza scientifica e la tecnologia necessaria per sfruttare l'energia solare nelle sue diverse forme: solare termico, fotovoltaico, eolico, moto ondoso, ecc.
Piuttosto cerchiamo di concentrare le nostre energie su progetti seri come l'eolico di alta quota, oltre che su di un diverso modello di sviluppo di eolico e micro eolico tradizionale, solare termico, fotovoltaico e smart grid, alternativo al sistema di incentivazione a pioggia che porta solo a speculazioni e storture del mercato senza disincentivare realmente le energie fossili.”

La discussione è andata avanti con l’intervento di altri interlocutori.

Esprimo la mia opinione:  NON VEDO NULLA DI MALE a che una raccomandazione in sede congressuale esprima un endorsement sugli studi riguardanti la Fusione Fredda LENR. Non capisco perché su un argomento che è oggetto di indagine anche al MIT di Boston, alla Università di California e in altre università americane e del mondo (tra cui quella di Osaka in Giappone), non sia possibile qui in Italia neanche aprire una discussione. Non mi sembra che ciò, anche alla luce dei criteri di scientificità (vedi il post su Popper e Lakatos in questo blog), sia un atteggiamento corretto da parte di ricercatori e scienziati. Nessuno dice di condividere le affermazioni di Fleishman, Hagelstein, Arata, Rossi e tanti altri, ma solo di lasciar fare ricerca senza veti preconcetti. Se le ricerche dimostreranno l’inconsistenza del fenomeno denominato Lenr ne prenderemo atto. Ma negare anche la ricerca o la discussione libera sul fenomeno può voler dire che si è ideologicamente contrari ad un intero filone di ricerca, quello sulle energie che riguardano l’atomo, anche quelle che teoricamente sono prive di rischi riguardanti le scorie e la radioattività. Anche, per esempio, sulla fusione calda che ha il beneplacito della scienza ufficiale. Forse perché quel tipo di energia non rientra in un modello di società che si vuole affermare. Più che scienza, saremmo nel campo della politica.