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venerdì 31 maggio 2013

Roma: un'alternativa che non ferma la speculazione



Alemanno o Marino, su questi due nomi si gioca la sfida per il nuovo sindaco di Roma. In ambedue i casi, chiunque vinca, continuerà lo sfruttamento speculativo dell'agro romano, la nascita di nuovi inutili centri commerciali, l'abusivismo, la cementificazione del territorio. Nessuno dei due candidati ha un programma definito e chiaro contro la cementificazione di quel che resta dell'agro romano; nessuno dei due candidati si schiera contro i nomi noti della grande speculazione romana. Alemanno ha lasciato libero il campo ai soliti "squali" che si sono spartiti il suolo e il paesaggio romano negli ultimi decenni; ha addirittura creato gli strumenti legislativi per permettere l'edificazione di milioni di metri cubi "in deroga" al già generoso (e disastroso) piano urbanistico. Paradossalmente insieme alla cementificazione è cresciuto il disagio abitativo, indice del fatto che le costruzioni avvengono per speculare sulle aree più che per sopperire alle esigenze della popolazione.  Marino fa a sua volta  il pesce in barile:  appena richiesto di un programma che contrasti gli interessi degli speculatori palazzinari si cela dietro risposte vaghe di rispetto del verde, di vaghi programmi di regolazione del fenomeno, di scarsa conoscenza dei fenomeni. Sembra un marziano calato dall'alto, in preda ad uno stato confusionale che lascerà probabilmente le cose come stanno o peggio. 
Ugualmente desolante è la situazione alla regione Lazio. Qui gli squali si sono addirittura inseriti in prima persona  nella precedente giunta Polverini in cui, caso unico in Italia (e forse nel mondo) un noto costruttore e cementificatore laziale era a capo della Commissione Ambiente della regione. Una situazione che sarebbe comica se non fosse tragica per il territorio romano e non ci fossero in gioco interessi miliardari. Addirittura un intero partito ha rappresentato gli interessi di un solo costruttore. Di questo partito era l'assessore all'urbanistica della precedente giunta (Ciocchetti) noto per gli interventi a favore della cementificazione, tra cui il famoso "comma Ciocchetti" che ha consentito agli enti religiosi di costruire edifici di qualunque destinazione, tra cui anche centri commerciali ed abitativi, oltre ogni regolamento, in deroga a qualsiasi piano urbanistico e senza limiti di cubatura, purché l'edificazione comprendesse un luogo di culto. Ora la nuova giunta Zingaretti è sulle orme della precedente, continuano i programmi di cementificazione senza alcuna distinzione dal passato, solo con un più pudico ruolo dei costruttori che si sono accontentati di dirigere la speculazione senza assumere direttamente gli assessorati. 


  Per avere un quadro della desolante situazione della più grande città italiana riporto questa intervista all'urbanista Giovanni Caudo, apparsa alcuni mesi fa su un giornale romano.




"Costruire nuovi alloggi non basta a fronteggiare l'emergenza abitativa". Si allargherà il disagio delle famiglie e si abbasserà la qualità della vita nella Capitale. Ne risentiranno anche gli operatori immobiliari che ora credono di arricchirsi. Parla Giovanni Caudo, professore di Urbanistica a Roma 3 
Giovanni Caudo insegna Urbanistica all'università Roma 3. Da anni studia le trasformazioni della capitale, in particolare il disagio abitativo che a Roma raggiunge livelli di emergenza e le politiche attuate per fronteggiarlo, compiendo raffronti con le principali realtà europee.

Professor Caudo qual è la logica urbanistica degli "ambiti di riserva"?
"Non c'è logica urbanistica. Da anni a Roma si fa urbanistica senza avere a cuore la cura per la città. Le scelte non incontrano i bisogni dei cittadini: si fanno più case, molte restano invendute, ma il disagio abitativo si allarga sempre di più".

Si può quantificare questo disagio?
"Sono 163 mila i romani che tra il 2003 e il 2010 hanno lasciato Roma per spostarsi nei comuni della provincia, si tratta della popolazione di una città come Cagliari. Sono gli stessi anni in cui si elaborava il Piano regolatore, con scelte urbanistiche presentate come "moderne" e "innovative"". 

Che hanno prodotto quali effetti?
"Un urbanistica senza città e senza un'idea di città. Questo degli "ambiti di riserva", poi, è un provvedimento che ci allontana dalle altre città europee e ci avvicina a quelle del sud America, dove chi ha il suolo costruisce e il resto non conta".

Quale può essere l'effetto sull'emergenza abitativa?
"La prima conseguenza è sulle regole: viene affossato il Piano approvato appena nel febbraio del 2008. Un affossamento, va detto, programmato dagli stessi autori del Piano, che con un articolo delle norme di attuazione, il numero 62, hanno costruito il dispositivo che ne può scardinare il contenuto. Anche se le 160 proposte considerate compatibili non impegnano l'amministrazione, è altrettanto evidente che si alimentano delle aspettative che prima o poi peseranno".

Questo per le regole, e per le case a chi ne ha più bisogno?
"Il Comune con il Piano casa del marzo 2010 ha stimato il fabbisogno abitativo in 25.700 alloggi e ha deciso di utilizzare gli ambiti di riserva per collocarvi la quota di alloggi che non si riesce a reperire con altre iniziative. Non c'è un dimensionamento preciso, ma una stima prudente parla di 7 mila alloggi. Le 160 proposte compatibili portano però a un dimensionamento che è almeno dieci volte superiore".

Quindi l'obiettivo è altro?
"Bisognerebbe fare attenzione a usare il disagio abitativo. Per alcune famiglie è un dramma cresciuto negli stessi anni in cui a Roma si registrava un boom delle nuove costruzioni: dal 2003 al 2007 si sono costruiti quasi 52 mila alloggi, diecimila ogni anno. Un incremento percentualmente doppio di quello di Milano. Negli stessi anni il disagio abitativo è diventato insostenibile. Abbiamo visto quanti romani sono stati espulsi dalla città (il costo medio di un alloggio in provincia è del 43 per cento più basso rispetto alla media di Roma); gli sfratti eseguiti crescevano in un solo anno dell'8 per cento e quelli per morosità erano quasi l'80 per cento". 

Ma le diverse amministrazioni hanno riflettuto a sufficienza su questi dati?
"L'espressione "emergenza abitativa" neanche compare nella relazione del Piano. Ripeto: crescevano le case costruite e aumentavano le persone senza casa. Alla Biennale Architettura del 2008, Francesco Garofalo dedicò il padiglione italiano al tema della casa: "Housing Italy. L'Italia cerca casa". In una mostra di architettura sostenevamo che costruire case non basta per contrastare l'emergenza abitativa, che c'è bisogno di politiche per la casa che toccano aspetti diversi e che ruotano attorno a una sola questione: aumentare la dotazione di case a costo accessibile, sia in affitto che per l'acquisto".

Non basta costruire.
"Occorre chiedersi per chi si costruisce, e il per chi si porta appresso il come, sia rispetto ai modelli costruttivi che a quelli della gestione degli immobili. In una parola bisogna fare delle politiche per l'abitare e non solo case. Roma avrebbe bisogno di un piano per "riabitare la città abitata", altro che cementificare l'agro romano".

Il sindaco Alemanno parla di housing sociale.
"Il cavallo di troia dell'housing sociale è ormai un gioco troppo scoperto perché qualcuno possa ancora abboccare. La sola cosa che sta a cuore a questa amministrazione è far costruire, non interessa dove purché sia".

Chi trae vantaggio da questa operazione?
"Gli operatori immobiliari, i proprietari del terreno che da agricolo diventa edificabile e che incassano incrementi di valore consistenti, le imprese che si sono assicurate la promessa di vendita del terreno nel caso che riescano a portare in porto l'operazione. Ma vorrei azzardare che si tratta di vantaggi apparenti, o per lo meno momentanei".

Che vuol dire?
"Nei momenti in cui il sistema economico produce ricchezza reale il settore immobiliare se ne avvantaggia perché patrimonializza quella ricchezza. E questo è stato anche l'uso anticiclico che si è fatto del settore edilizio in Italia. Tutto questo ormai appartiene a un'altra epoca, al secolo scorso. Oggi che il nostro sistema economico è in difficoltà strutturale, che ricchezza da patrimonializzare ce n'è sempre meno ci si illude di poterla inventare costruendo. Il sindaco Alemanno nella sua relazione al seminario sulle varianti urbanistiche dell'aprile scorso l'ha proprio teorizzato questo approccio quando ha parlato di "moneta urbanistica".

Moneta urbanistica? La città come una banca dalla quale si incassa rendita?
"Più che una banca, direi che Roma diventa una zecca: non possiamo più stampare la lira e allora a Roma stampiamo metri cubi. Le centralità definite dal Piano regolatore, già cariche di cubature, in alcuni casi vedono raddoppiate le previsioni edificatorie;  il bando sugli ambiti di riserva; i milioni di metri cubi promessi al privato in cambio della costruzione della metropolitana; le valorizzazioni dei depositi ATAC; poi le caserme e le altre iniziative di questo tipo: si rischia di inflazionare la "moneta urbanistica" e di produrre una perdita di valore complessivo. Gli alloggi invenduti sono il segnale che non basta fare leva sull'offerta; come dire: è inutile portare il cavallo a bere se non ha sete.

Quali sono le conseguenze sull'assetto di una città come Roma, un assetto già precario quanto ad accessibilità, qualità della vita?
"A guardare la mappa con la localizzazione delle aree è facile comprendere che i tanti problemi della città sono destinati a peggiorare in modo definitivo, direi irrimediabilmente. Roma è una città a bassa densità, tra le città europee è quella che ha la più alta quantità di suolo urbanizzato ad abitante (circa 230 metri quadrtati per abitante), anche più di Berlino. Anche il Piano regolatore del 2008 ha continuato a perseguire questo modello. Con questo provvedimento si perpetua quel modello e le conseguenze sono esponenzialmente più gravi e onerose".

La mobilità sarà sempre più faticosa?
"Già oggi nelle aree esterne al Grande raccordo anulare a causa della bassa densità del sistema insediativo è impossibile inseguire l'abitato con la metropolitana. Mentre dentro al Gra, con le due linee e mezza di metropolitana si riesce a stento a servire la città consolidata. Ancora oggi dentro il Gra ci sono ampie zone urbanizzate nelle quali la mobilità è possibile solo con il mezzo privato, e resteranno in queste condizioni per molto tempo ancora. Il provvedimento sugli ambiti di riserva aggrava lo stato di cose spostando l'edificabilità ancora più all'esterno e in zone irraggiungibili dal trasporto pubblico".

Una città completamente a misura di auto privata.
"Le aree individuate potranno essere raggiunte solo in macchina. Basterebbe questo per misurare la contraddizione insanabile di un'amministrazione che sbandiera la consulenza di Jeremy Rifkin e contemporaneamente condanna al mezzo privato qualche centinaio di migliaia di abitanti pur di solleticare gli istinti più bassi della speculazione immobiliare".

In definitiva, che tipo di città prefigura una scelta urbanistica di questo genere?
"Non una città, bensì un territorio urbanizzato a bassa densità che in alcune direttrici è ormai senza soluzione di continuità con l'abitato dei comuni vicini. Un territorio abitato formato da isole, frammenti, appendici, propaggini, sacche, strisce... È un modello dispendioso da tutti i punti di vista: ecologico, sociale e nel funzionamento dei servizi e delle infrastrutture. È un atto che produrrebbe la cancellazione di quel paesaggio, che è cultura e storia, costituito dalla campagna romana che sarebbe confinato negli interstizi, in isole di verde tra il cemento".


lunedì 20 maggio 2013

FUSIONE FREDDA: PUBBLICATI I PRIMI DUE TEST INDIPENDENTI SULL'E-CAT DI ROSSI




Sono stati pubblicati su arXiv e sul sito ecat.com i risultati dei due primi test svolti da un team di ricercatori della Università di Bologna (Giuseppe Levi, Evelyn Foschi), dell'Università di Uppsala (Torbjörn Hartman, Bo Höistad, Roland Pettersson and Lars Tegnér  ) e dell'Università di Stoccolma ( Hanno Essèn) su due prototipi dell'apparecchio di Rossi denominato E-cat. Nei due test viene dimostrata la produzione di una quantità di energia incompatibile con le sorgenti convenzionali. E' in programma un terzo test, della durata di sei mesi, i cui risultati verranno pubblicati dopo l'estate. I test differiscono da quelli svolti in passato nel fatto che non vi ha partecipato l'ingegner Rossi, ma le misurazioni sono state svolte in maniera indipendente da ricercatori di tre università diverse. Sono stati seguiti inoltre metodi rigorosi di rilevazione e misurazione delle energie prodotte. Riporto in maniera sintetica l'Abstract e le conclusioni tradotte in italiano e accludo il link per scaricare il testo completo. Da notare che per la prima volta ricercatori ufficiali di tre note università di rilievo internazionale, impegnano il loro nome e la loro reputazione in valutazioni scientifiche destinate ad essere pubblicate. Per la prima volta ci sono risultati apparentemente certi di energia prodotta in eccesso in esperimenti a cui non partecipa direttamente  Rossi. Unico neo: la pubblicazione del lavoro su riviste on line di scarsa rilevanza internazionale.


Indication of anomalous heat energy production in a reactor device

Abstract
Viene effettuata in questo studio un'indagine sperimentale della possibile produzione anomala di calore in un particolare tipo di reattore conformato a forma di tubo di nome E-Cat HT. Il tubo di acciaio con il reattore viene caricato con una piccola quantità di idrogeno messo a contatto con  polvere di nichel più alcuni additivi. La reazione avviene principalmente per effetto del calore sviluppato  da "coils"  per resistenza all'interno del tubo reattore. La misurazione del calore prodotto è stata eseguita con telecamere termiche ad alta risoluzione,  i dati venivano registrati  ogni secondo dal tubo caldo del  reattore. Le misurazioni di potenza elettrica sono state effettuate con una grande larghezza di banda a tre
(Analizzatore di potenza trifase). I dati sono stati raccolti in due prove sperimentali della durata di 96 e 116 ore, rispettivamente. Una produzione anomala di calore è stata individuata in entrambi gli esperimenti.
L'esperimento 116 ore comprendeva anche una calibrazione del set-up sperimentale senza la carica attiva presente nel E-Cat HT. In questa maniera è stato possibile misurare con precisione il calore supplementare che è stato generato oltre l' attesa quantità di calore da ingresso elettrico.
La volumetria computerizzata  e la densità di energia gravimetrica sono risultati decisamente superiori a quelli di qualsiasi conosciuta fonte chimica. Anche per le ipotesi più prudenti  per quanto riguarda gli errori nelle misure, il risultato è ancora un ordine di grandezza maggiore di quello ottenibile da fonti energetiche convenzionali.



Conclusioni
Le due misurazioni di prova descritte nel presente testo sono state condotte con la stessa metodologia su due dispositivi differenti: un primo prototipo, denominato E-Cat HT, ed un secondo, risultante dai miglioramenti tecnologici sul primo, chiamato E-Cat HT2. Entrambi le misurazioni hanno indicato la produzione di calore da una reazione sconosciuta che ha determinato il surriscaldamento da calore di bobine a resistenza. I risultati ottenuti indicano che l'energia è stata prodotta in quantità decisamente superiori a quelle che possono essere ottenute da qualsiasi sorgente convenzionale. Nel test di marzo, sono stati prodotti circa 62 kWh netti, con un consumo di circa 33 kWh, una densità di potenza di circa 5,3 · 105, ed una densità di energia termica di circa 6,1 · 107 Wh / kg. Nel test di dicembre,  sono stati prodotti circa 160 kWh al netto, con un consumo di 35 kWh, una densità di potenza di circa il 7 · 103 W / kg e una densità di energia termica di circa 6.8 · 105 Wh / kg.
La differenza fra i risultati delle due prove può essere ricondotto ad  una sovrastima del peso del carico nella prima prova (che era completa del peso dei due tappi di tenuta metallica del cilindro), e nella scelta di mantenere temperature del costruttore sotto controllo nel secondo esperimento per migliorare la stabilità del ciclo operativo. In ogni caso, i risultati ottenuti si collocano  diversi ordini di grandezza al di fuori dei confini del range  stimato secondo  Ragone per le fonti chimiche.
Anche dal punto di vista di una valutazione “rozza”  della densità di energia volumetrica, se consideriamo l'intero volume del nocciolo del reattore e le stime più prudenti sulla produzione di energia,otteniamo ancora un valore di (7,93 ± 0,8) 102 MJ / litro che è un ordine di grandezza superiore a qualsiasi sorgente convenzionale.
Infine, va osservato che entrambi i test sono stati interrotti da un deliberato spegnimento del reattore, non per esaurimento del combustibile.  Quindi, le densità di energia che sono state misurate dovrebbero essere considerate come limiti inferiori di valori reali generalmente più alti.

Il test di Marzo è da considerarsi un miglioramento rispetto a quello eseguito a dicembre, in tal modo i vari problemi incontrati nel primo esperimento sono stati affrontati e risolti nel secondo, sia nell’apprestamento tecnico del reattore, sia per quanto riguarda l’accuratezza delle misurazioni. Nel prossimo esperimento di prova, che dovrebbe iniziare nell'estate del 2013, e durerà circa
sei mesi,  sarà testato un rendimento a lungo termine della E-Cat HT2 . Questo test sarà fondamentale per ulteriori tentativi di svelare l'origine del fenomeno termico osservato finora.



Il lavoro completo riguardante il risultato dei due test finora pubblicati può essere letto al seguente Link:




martedì 14 maggio 2013

LO IUS SOLI: LA TERRA COME SPAZIO DA OCCUPARE



Ius sanguinis o ius soli? E’ più importante l’appartenenza per generazioni ad un dato luogo, o deve contare il fatto che una persona ha il diritto di risiedere nel luogo in cui nasce? Si appartiene al luogo in cui si nasce o alla storia dei propri genitori? La nascita genera obblighi di accoglienza ? Che posto ha la cultura del luogo nello ius soli e nello ius sanguinis? Conta la condivisione dei valori di un popolo o contano di più i diritti universali?
Chi si ricorda del termine “patria”?  E’ un termine superato che non usa ormai più nessuno. E’ troppo legato all’idea di nazionalismo e delle guerre combattute nel nome della nazione. Oggi va di moda il multiculturalismo e i diritti di tutta l’umanità, senza partizioni territoriali.  C’è un nuovo e superiore valore che azzera tutti gli altri: il diritto dell’uomo, di ogni uomo, di occupare la terra, qualunque terra, per i propri scopi e il soddisfacimento dei propri bisogni.  Oggi il concetto di luogo e di suolo  non ha più nulla di identitario: esprime soltanto una determinazione spaziale   priva di riferimenti a valori e tradizioni. Le città conservano le differenze soltanto nei centri storici, edificati nel passato; le periferie moderne sono tutte uguali, in ogni parte del mondo. Quando lo spazio diviene tutto uguale, anche la dimensione culturale si appiattisce e si uniforma. Oggi gli unici riferimenti sono i diritti del cittadino globale e  riguardano solo lui: tutto il resto della natura non ha diritti.  
Nel nuovo significato di suolo  come spazio a disposizione,  vengono compressi e azzerati il tempo, i riferimenti culturali, i significati storici, il valore naturalistico dei luoghi. Questa perdita di profondità storica dei concetti di luogo, di suolo e di nazione riguarda non solo il mercato e la speculazione. Il suolo è a disposizione anche  dei  milioni di migranti che si mettono in moto in tutti gli angoli della terra attratti dal richiamo consumistico. Non si cerca un’appartenenza, ma un “posto” in cui trovare cibo e merci, in cui la famiglia ricreata o traslocata possa trovare un sostituto posticcio del luogo di origine.  Quando del suolo rimane solo il concetto utilitaristico dello spazio da occupare può accadere quello che è successo a tanti luoghi di valore storico e paesaggistico in Italia: la trasformazione in centri commerciali, o in quartieri residenziali, o addirittura in parcheggi.  Insieme ai luoghi anche gli uomini divengono senza storia, senza appartenenze, senza determinazioni culturali,  senza fini spirituali, senza significato se non quello di  vivere la vita stereotipa delle città contemporanee: consumare, trasformare, produrre.  Quando tutti i valori cadono, l'uomo da sfogo al suo egoismo.  Sull’altare dell’antropocentrismo vengono così distrutti suoli vergini, prati, foreste, coste marine, rive di fiumi e di laghi, paesaggi, antichi borghi; vengono stravolti paesi rimasti per secoli in armonia con il proprio territorio, cittadine ridenti, centri storici di alto valore artistico. Vengono azzerate le appartenenze e le diversità culturali.   Suoli che per secoli ci hanno dato il nutrimento materiale e spirituale con l’agricoltura e il paesaggio, che hanno conservato dentro di sé la cultura di intere generazioni,  vengono in pochi giorni spianati da ruspe, colmati da gettate di cemento, trafitti da piloni e impalcature di ferro e acciaio, uniformati alle peggiori periferie degradate delle città di ogni parte del mondo. Lo stravolgimento avviene in tutto il pianeta, non solo da noi. Del resto i capannoni non si possono non costruire, ne va dei guadagni degli imprenditori e del diritto al lavoro degli operai. Gli orrendi palazzoni grigi si debbono fare: ne va del diritto alla casa dei cittadini  (e delle finanze dei costruttori). Gli alberi non hanno diritti, i campi fioriti, le acque cristalline di fonti e ruscelli non possono vantare diritti. E gli animali e le piante non sono depositari di diritti, ma servono all’esclusivo soddisfacimento umano.  Se questo è il contesto, la cittadinanza vale poco, e si può dare a tutti. La cultura non ha più molto senso: conta assai più la pubblicità o l'ultimo prodotto alla moda. Molti migranti rispondono alla domanda del perché hanno affrontato un rischioso viaggio per raggiungere un luogo determinato con la risposta più sconvolgente: perché ho visto alla televisione che qui si vive bene. Qualcuno si stupisce che la realtà sia tanto diversa da quello che vedeva sulla tv.   Non si vuole partecipare alla cultura di un popolo, ma consumare un marchio, avere uno spazio, un reddito, fruire dei beni materiali che quel posto offre. Se questo è ciò che conta, basta nascere in un posto per esserne cittadino. Forse in futuro basterà ancora meno: esibire uno scontrino, una prova di acquisto.
   La storia non esiste, è una mistificazione del particolare  che tende a togliere diritti all’uomo universale. Dietro lo ius soli si nasconde la concezione della terra come puro spazio privo di riferimenti al passato e allo spirito di quella terra. Un res nullius, una superficie  da occupare, un vuoto da riempire, senza senso, senza storia, senza appartenenza, senza valore. Non c’è più patria, ma un set televisivo e un magazzino di merci che si è sognato di avere guardandole sullo schermo di un televisore. 



martedì 7 maggio 2013

IL DIBATTITO SULLA DECRESCITA





Cosa si deve intendere per decrescita? La decrescita deve riguardare tutta l'economia, il Pil, o settori specifici della produzione? Chi deve gestire il processo di riconversione dell'economia verso una decrescita che renda sostenibile la presenza dell'uomo sulla Terra? Nella decrescita deve essere compreso anche il dato demografico dei sette miliardi di umani, oppure, come sostiene Latouche, il problema della popolazione è indifferente? Il ritorno ad un ruolo preminente dell'agricoltura, il ruolo dello stato e il rischio di un nuovo statalismo, la compatibilità della decrescita con una democrazia liberale, questi sono tutti temi di un dibattito che deve ancora essere approfondito.
Come contributo alla discussione su questi temi presento l'interessante intervista di Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita, tratta dal sito asia.it.






lunedì 6 maggio 2013

SEGNI DI CEDIMENTO DEL FRONTE ANTI-NUCLEARE



  

(In alto una centrale tedesca)

Noto che l’informazione sul nucleare segue molto le opinioni politically correct che vanno per la maggiore, e così accade che molti giornali riportino gli strabilianti ( ma in realtà inesistenti…) risultati delle energie rinnovabili, e annuncino l’abbandono pressoché totale delle centrali nucleari da parte di quasi tutti i paesi. In realtà basta leggere la stampa specializzata, oppure i giornali più seri (ma comunque sempre nelle pagine più interne) per scoprire che le imprese che producono rinnovabili stanno chiudendo una dopo l’altra, comprese quelle che producono il fotovoltaico cinese, nonostante i miliardi di dollari di incentivi. E per scoprire inoltre che il nucleare è tutt’altro che morto, ma anzi vi è una frenetica attività per la ricerca e per la costruzione di nuove centrali. E, come dirò più avanti, sono proprio i giapponesi ai primi posti di questa rinnovata corsa al nucleare, oltre alle tradizionali nazioni che ne fanno un punto di forza delle loro economie, come Francia, Usa, Cina e India. Una delle ultime notizie montate ad arte per rilanciare le rinnovabili è quella secondo cui in Germania la produzione elettrica da eolico e fotovoltaico avrebbe superato quella da   fossili.
L’International Economic Platform for Renewable Energies ha comunicato che il 18 aprile sorso  in Germania, durante la rilevazione della produzione elettrica del giorno,  si è raggiunto un picco di  produzione di 36 mila Mega Watt da parte delle rinnovabili, a fronte di una produzione da fossili –allo stesso momento- di 34 mila Mega Watt .  La lobby delle rinnovabili ha subito gridato al miracolo, senza specificare che “il sorpasso”  non è stato un vero sorpasso perché la stragrande maggioranza della produzione energetica in Germania continua a provenire dai combustibili fossili (circa il 54 %), e un buon 25 % dalle centrali nucleari (attualmente 17 attive) ancora in funzione fino al programmato “spegnimento” nel lontano 2035. Soltanto il 21 % dell’energia totale prodotta in un anno proviene dalle rinnovabili (dati Eurostat), ma al prezzo di enormi sovvenzioni pubbliche. Quello del 18 aprile è stato, dunque,  un picco durato alcuni minuti in cui la produzione da rinnovabili ha temporaneamente superato la produzione da fossili per particolari condizioni del momento:  si è trattato di un “lampo” di pochi secondi, determinato da particolari e momentanee condizioni ambientali, presto rientrato nella normalità di una produzione assai inferiore a quella dei fossili e del nucleare. Nessuno dei commentatori, tutti appartenenti tranne rare eccezioni al politically correct del  “rinnovabile è bello”, ha poi specificato che il picco temporaneo di produzione è avvenuto come fenomeno estemporaneo e  sulla spinta di fortissimi investimenti e incentivi a eolico e solare, per lo più a carico dei cittadini, e che portano i costi dell’energia da rinnovabili a livelli non commerciali. Infatti le scelte del governo tedesco, compresa la chiusura programmata delle centrali nucleari tra 22 anni, rispondono più a logiche di propaganda politica che a reali scelte energetiche.  Chi può dire cosa avverrà da qui a 22 anni? A che punto sarà, ad esempio, a quel tempo la ricerca sulle nuove centrali di quarta generazione? E’ chiaro che rimandare il problema ad un lasso di tempo così lungo chiarisce che l'annuncio della chiusura  è più d'immagine che reale, una mossa esclusivamente politica e propagandistica. Di fatto la Germania continua ad usare il nucleare. Se tale energia fosse realmente così pericolosa come si vuol far intendere da alcuni, un rinvio della chiusura delle centrali di tanti anni non avrebbe alcun senso. Un altro dato che colpisce è che negli ultimi mesi la quota di importazione di energia della Germania  è arrivata al 70 % dei consumi tedeschi (Eurostat) e quindi la osannata riconversione alle rinnovabili della Germania, ancora molto parziale,  ha già portato come conseguenza ad un enorme aumento delle importazioni di energia dall’estero (anche prodotta da nucleare da Francia e paesi limitrofi dell’est) e ad un forte aumento dei costi dell’energia. Molte critiche alle sovvenzioni pubbliche  alle rinnovabili cominciano a venire dagli imprenditori tedeschi. Recentemente una parziale riduzione delle sovvenzioni di stato alle "nuove" energie ha portato alla chiusura di decine di aziende dell'eolico e fotovoltaico nella sola Germania.  
La ripresa dell'interesse sul nucleare si vede da tanti  segnali in tutto il mondo. I test della commissione europea sulle centrali esistenti stanno confermando la sicurezza della stragrande maggioranza delle centrali in Europa.  In Giappone il nuovo Governo di Abe, dopo i tentennamenti di quello precedente successivi all’incidente, ha ripreso in pieno il programma di sviluppo e costruzione di nuove centrali. In Turchia Erdogan ha in programma  la costruzione di un sistema di centrali di ultima generazione supersicure anche riguardo ai terremoti, frequenti nel suo paese. La Turchia si avvale storicamente della collaborazione dei russi, ma recentemente ha scelto l’expertise giapponese per la costruzione della seconda centrale nucleare: il 3 maggio il premier Erdogan ha presieduto ad Ankara, con il premier giapponese Shinzo Abe, alla cerimonia per la firma dell’intesa preliminare che assegna il progetto di costruzione – del valore stimato in 22 miliardi di dollari- a un consorzio guidato da Mitsubishi Heavy con la francese Areva. Si tratta della prima commessa estera ottenuta da giapponesi –e francesi- dopo la crisi  successiva a Fukushima. La centrale sarà realizzata nella provincia di Sinop, sul Mar Nero, e gestita da Gdf Suez; dovrebbe comprendere quattro reattori ad acqua pressurizzata con una capacità complessiva di circa 45 Megawatt.  Abe si è recato nel suo lungo giro anche in Russia e Medio Oriente, facendosi promotore dell’export di tecnologia nucleare, firmando in proposito una intesa preliminare in Arabia Saudita e un accordo-quadro negli Emirati Arabi. Gli stessi paesi produttori, coscienti del possibile prossimo superamento del picco del petrolio e del possibile esaurimento di parte dei giacimenti, si stanno attrezzando per lo sviluppo di nucleare pulito. Del resto i dati dell’effetto serra, tra cui il recente raggiungimento di 400 ppm di CO2 in atmosfera, contribuiscono a ridurre le emissioni e spingere in tutto il mondo verso la produzione nucleare.  Abe ha sottolineato che la tecnologia nucleare nipponica “è la più sicura nel mondo”. Sul fronte interno, in Giappone,  l’”Abenomics” intende completarsi con la riattivazione di altri impianti atomici (oltre ai due già rimessi in funzione) al fine di limitare la bolletta energetica. La nuova Nuclear Regulation  Authority ha da poco approvato norme più puntuali sulla sicurezza che entreranno in vigore a luglio: altri reattori torneranno a funzionare in autunno. Anche altri paesi come  gli Usa, Brasile, India, Corea e soprattutto Cina, hanno in programma la costruzione di nuove centrali, mentre le resistenze al nucleare –almeno da parte degli esperti- vengono meno ogni giorno di più in seguito alle preoccupazioni per il global warming. Il nucleare è completamente privo di emissioni di anidride carbonica, ed inoltre le statistiche ufficiali dicono che il numero di vittime da incidenti  per teravattora di energia prodotta è inferiore a tutti gli altri sistemi, comprese le rinnovabili (inferiori ad esempio all’idroelettrico). Il nucleare del resto ha un impatto ambientale e sul paesaggio minimo, occupando aree più o meno corrispondenti alle centrali a combustione tradizionali. L’eolico e il fotovoltaico al contrario richiedono grandi estensioni di terra, enormi infrastrutture di cemento, aree di stoccaggio, elettrodotti, centraline e reti diffuse, ecc. ed hanno un impatto paesaggistico devastante, cosa che anche in Germania ed in Europa  ha portato alla nascita di numerosi comitati e associazioni di cittadini che si oppongono in maniera sempre più determinata alla devastazione del territorio (anche acustica, oltre che paesaggistica, per quanto riguarda l’eolico). Cresce inoltre l’opposizione  alle spese ingenti a carico dei cittadini per le sovvenzioni e gli incentivi, senza i quali le rinnovabili sarebbero fuori mercato. Il fatto che la Germania abbia posticipato al 2035 lo smantellamento effettivo delle sue centrali la dice lunga sulla demagogia politica che sta dietro gli annunci di governo e opposizione. In realtà le centrali nucleari tedesche, a parte le più antiquate che avranno un ciclo di vita di ulteriori otto anni,  continueranno a funzionare, nel frattempo che  una nuova generazione di centrali nucleari più sicure sarà messa a punto e sarà pronta per sostituire le vecchie centrali alla data della prevista dismissione. Sul nucleare quindi nessuna retromarcia effettiva della Germania, se non a parole. Il governo tedesco, senza dirlo esplicitamente, conta poi sul fatto  che intorno al 2040 dovrebbero essere pronti sul mercato i primi reattori a fusione calda, il cui prototipo funzionante è in avanzata fase di costruzione a Cadarache nel sud della Francia, per conto del consorzio internazionale Iter.

Che avviene riguardo al nucleare, nel paese più retrivo e ideologico dell’Euro-area e forse del mondo intero, cioè l’Italia? Qui l’eco-demagogia è riuscita a far passare un referendum che stoppa il nucleare, condannando il paese a restare tra i principali bruciatori di fossili in Europa e ad avere l’energia al prezzo più alto del mondo. Produciamo più carbonio atmosferico di Francia e Inghilterra messe insieme e tuttavia facciamo i paladini della green economy, come se fossimo la Svezia. Paghiamo l’energia elettrica il doppio rispetto a Francia, Inghilterra e Germania e ovviamente, in queste condizioni, l’economia italiana continuerà a boccheggiare e la disoccupazione a crescere. La nave Italia si è data una politica energetica che la sta portando ad un declino del sistema industriale e produttivo e viaggia più o meno allegramente  verso il terzo mondo arretrato. Timidi segnali di inversione di tendenza cominciano ad esserci, ma con rapide marcie indietro o tentennamenti, insomma all’italiana. Il ministro dello Sviluppo  Zanonato ha aperto un piccolo spiraglio: “Nucleare? Perché no, se avessimo i siti adatti…”. E ancora ha dichiarato: “ Non mi piace quando si enfatizzano le cose demonizzandole. L’energia nucleare è una forma di energia, se si può gestire non è sbagliata di per sé…”. Poca cosa, anche se è un segnale. Ovviamente le trombe e i tromboni dell’eco-demagogia si sono subito messi a strombazzare gridando allo scandalo. I trinariciuti hanno smesso l’eskimo di gloriosa memoria e hanno indossato le tute bianche anticontaminazione. Intanto, come frutto dell’ideologia antinuclearista terzomondista, all’Enea si danno un sesto dei soldi che si davano nel 1980, e i ricercatori –appena formati- prendono il via per l’estero dove non ci sono tanti fessi come in Italia e sul nuclerare si investe e si studia e si progettano centrali di nuova generazione, più sicure ed efficienti. Per fortuna che non tutto è negativo, all’Enea si svolgono ancora ricerche sul nucleare, sia per quanto riguarda i reattori a fissione di nuovissima generazione (per lo più studi teorici), sia   per i futuri reattori a fusione –su cui anzi esiste una concreta collaborazione con l’industria- e i progressi sono rapidi e incessanti.
Decenni di studi d'avanguardia sul nucleare infatti, secondo gli scienziatidella «cittadella» di Frascati, spingono nonostante tutto all'ottimismo: «L'industria italiana ha la leadership nel settore della produzione di componenti per la fusione nucleare, un settore di nicchia, che attrae però
importanti finanziamenti da tutto il mondo». Lo conferma il progetto internazionale Iter per la costruzione a Cadarache, in Provenza, del primo impianto a fusione di dimensioni paragonabili a quelle di una centrale elettrica convenzionale.

Un colossale sforzo finanziario e scientifico paragonabile solo, dicono gli esperti, allo sbarco sulla Luna: se avremo energia sicura lo vedremo lì. Bene: del miliardo e 300 milioni di euro finora assegnati per i lavori, 750 milioni sono andati a imprese italiane produttrici di magneti superconduttori, sistemi  di controllo, scambiatori di calore speciali... «Imprese che si sono qualificate lavorando con noi», spiega l'ingegner Giovanni Lelli, che dell'Enea è il commissario, «in pratica l'Italia partecipa a Iter col 13 per cento delle risorse e ha già acquisito oltre il 50 per cento degli ordini. Gli altri Paesi sono seccatissimi per questa nostra leadership».
Eppure, a Frascati si sentono un po' come il tenente Drogo nella fortezza Bastiani di Dino Buzzati. Lontani, estranei, dimenticati. Circondati dal nulla.
Te lo dicono arrossendo d'imbarazzo, come se si scusassero loro per la cecità altrui: «Sono anni che non vediamo un ministro. Anni. Siamo una voce nel bilancio ma di cosa facciamo, di come collaboriamo con le imprese, di come  riusciamo nonostante tutto a recuperare soldi per continuare a lavorare e scoprire e fare brevetti pare che non importi a nessuno». Ogni tanto, racconta Lelli, qualche ministro lo incrocia: «Gli dico: posso spiegarle cosa potremmo fare per aiutare operativamente il rilancio dell'Italia? Mi rispondono: ha ragione, bisogna che ci vediamo...». E poi? «E poi il vuoto...». (Da un’intervista di Gian Antonio Stella sul Corriere). 

Ma i politici italiani ormai seguono la corrente “verde” dettata dalle lobby delle rinnovabili, ben finanziate e col favore dei principali mezzi di informazione, con un pubblico facile preda di mitologie, tra le quali quella  di un ritorno ad un paese rurale e felice, in cui un paesaggio tappezzato di pale eoliche e un suolo elettrificato ricoperto da un mare di pannelli solari  siano gli unici scotti da pagare alla modernità. 
Purtroppo gli eco-stupidi ci vogliono portare, non alla decrescita come declamano continuamente,  che sarebbe un concetto plausibile se finalizzato ad alcuni obiettivi, ma al declino puro e semplice, alla inefficienza e alla devastazione ambientale determinate dall’uso ideologico dell’eolico e fotovoltaico. Il povero, già ampiamente devastato, paesaggio italiano verrebbe ulteriormente stravolto dagli impianti stesi a tappeto sul paesaggio rimasto dopo settant'anni di cementificazione, per darci tra l’altro energia ad altissimi costi, inefficiente, inaffidabile, in quantità e modalità insufficienti al funzionamento di una moderna economia tecnologicamente avanzata. Ovviamente, corollario di tanta eco-demagogia, non sono solo disoccupazione, crisi economica, chiusura ed espatrio delle imprese. C’è anche l’obbligo per il paese, per tirare avanti, di aumentare la combustione di fossili come gas, petrolio e carbone (cosa che sta avvenendo in tutti i paesi che puntano esclusivamente sulle utopie rinnovabili) e contribuire così al riscaldamento globale e alla minaccia di disastro ambientale globale che incombe sul pianeta.









domenica 5 maggio 2013

Fusione Fredda: Foto dell'Hot Cat di Rossi in funzione.


Grazie al sito web di Passerini "22 passi" che  pubblica la foto,  è possibile vedere uno dei reattori a cosiddetta fusione fredda sviluppati da Rossi (versione Hot Cat, quello che funziona ad alte temperature), ripreso durante i test effettuati nei mesi scorsi, ed i cui risultati sono ancora in attesa di essere pubblicati. La foto è interessante perché mostra il cilindro metallico -che contiene il reattore - divenire incandescente e riscaldare a distanza l'ambiente con produzione di enorme quantità di calore, pur in presenza di una corrente di alimentazione di soli 147 Volt. Riporto di seguito le specifiche tecniche tratte dal sito www.cobraf.com


Si tratta di due cilindri di acciaio coassiali. Lo spazio interno fra i due cilindri contiene la resistenza di riscaldo e la camera di reazione con il materiale attivo. Le basi sono sigillate con mastice da altoforno della Saratoga. Non serve la sigillatura in pressione. Il tutto verniciato di vernice nera per aumentare l'emissività e in grado di reggere 1200 °C 
Questa è una fase della misura. 
Al momento della foto, la temperatura media della superficie esterna era di 801 °C con picco locale di 873 °C. Temperatura superficie interna da 1100 °C a oltre 1200 °C. Parallelo di 2 resistenze di riscaldo (4 cavi che vedete). Valore del parallelo 6 Ohm. Tensione di alimentazione in alternata (50 Hz) di 147 Volt. Corrente assorbita 24,25 Ampere. Potenza assorbita 3,56 kW. Potenza irradiata dalle due pareti interna ed esterna considerate uguali per un totale di 13,39 kW al lordo della temperatura ambiente media di 35 °C Parete interna al calor bianco inavvicinabile sotto il metro per il soffio di aria bollente. Parete esterna misurata da termocamera con precisione 2% del valore misurato. Parete interna misurata con termometro a laser da 1,2 metri di distanza da manina traballante desiderosa di conservare la pelle attaccata.
Valori conservativi e per difetto (molto) causa asportazione calore moto convettivo stimato in almeno 8% su parete esterna e coseno irradiazione basso per parete interna causa alto angolo di irradiazione verso termometro a laser (puntamento quasi in asse con il cilindro interno).