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mercoledì 21 dicembre 2016

La produzione di massa

Quando sento gli ecoingenui della decrescita felice non riesco a non ridere, anche se sommessamente. La loro ingenuità estrema arriva ad ipotizzare una decrescita della produzione in un mondo dove invece tutto corre verso una veloce trasformazione delle strutture industriali nel senso della produzione di massa.La produzione non decrescerà ma continuerà a crescere, almeno finché crescerà la popolazione del pianeta. La Cina rappresenta in maniera paradigmatica la globalizzazione che sta interessando tutto il mondo e fornisce un modello per quello che accadrà nei prossimi anni in tutto il pianeta. Se analizziamo le modalità con cui nascono i nuovi quartieri delle città cinesi vediamo come paradossalmente si realizzi uno dei capisaldi teorici del marxismo, ossia come le sovrastrutture rappresentate dalla cultura, dai valori, dalla fruizione del tempo, dall'intrattenimento e gli aspetti "ludici" (una volta si sarebbe detto spirituali) della vita, vengano generati dalla struttura produttiva e ne siano un derivato diretto, senza mediazioni. In Cina interi quartieri vengono edificati come strutture di servizio di fabbriche industriali e progettati per massimizzare l'economicità nella realizzazione dei prodotti. In questo modo la vita umana viene ridotta a elemento secondario di servizio della struttura produttiva materiale. Spesso decine di edifici servono a contenere gli operai, gli addetti con relative famiglie e gli impianti di servizio connessi ad una determinata linea produttiva di una sola fabbrica o, a volte, di un unico particolare prodotto industriale. Le strutture abitative sono modulari, ridotte all'essenziale e con tipologie ripetitive e realizzate su scala di migliaia di unità. Esistono quartieri cinesi, in genere alla periferia delle grandi città, con migliaia di abitanti che lavorano ad impianti dedicati alla realizzazione industriale di un condizionatore, di un motore o addirittura di un cuscinetto meccanico. La scala di produzione, con la globalizzazione dei mercati, diviene idonea ad un mercato mondiale e i numeri di produzione di un prodotto raggiungono livelli mai visti. La megalopoli si trasforma generando quartieri dedicati a soddisfare esigenze del mercato globale. La vita di migliaia di persone è regolata secondo i ritmi della produzione. Anche il tempo libero e lo svago sono programmati per assicurare ritmi e turni di lavoro adeguati alla produzione su scala di massa.
I prodotti al tempo della globalizzazione e dell'esplosione demografica stanno rapidamente cambiando. Esaminando il prodotto e i cambiamenti che lo interessano possiamo comprendere molto della società che si sta preparando. Già Ford nei primi anni del 900 introdusse in america la catena di montaggio dove la produzione veniva standardizzata e i singoli pezzi della catena uniformati per i grandi numeri. La catena di montaggio assicura economie di scala e l'implementazione della produzione di massa. Oggi il prodotto industriale deve essere pensato per milioni di consumatori, a volte miliardi. Prima di progettarlo vanno fatte indagini di marketing su grandi numeri di potenziali consumatori (esistono società apposite). Il prodotto può persino perdere la caratteristica di marchio e venire standardizzato per molti produttori diversi su linee di produzione globali. Una caratteristica importante è la perdita delle distinzioni in base al luogo di provenienza: la delocalizzazione del manufatto comporta che esso deve perdere ogni riferimento ad un territorio particolare in quanto è destinato ad un mercato globale. Il prodotto tradizionale, quello artigianale, legato ai luoghi (come ad esempio le manifatture,i prodotti tipici o i vini o certi cibi) divengono prodotti di nicchia, sempre meno adatti alle grandi catene commerciali. Se un prodotto locale ha un grande richiamo viene ridotto a fake e imitato su scala globale. La produzione uniforme di milioni di pezzi trasforma l'impresa industriale rendendola indipendente dal paese di produzione e dedicata al mercato globale (imprese multinazionali).I prodotti di massa nella loro uniformità rendono uniformi e globali i mercati. Una volta uniformati i processi su vasta scala, la catena di montaggio non può che accelerare. Queste imprese necessitano di una crescita continua della produzione. Ricorrere a mercati sempre nuovi può tirare per un po' ma poi non basta più. Debbono crescere i consumatori.La sovrappopolazione è la condizione ottimale per queste imprese di produzione di massa e gli alti tassi di natalità costituiscono un pre-requisito della strategia commerciale estesa ai temi lunghi . La sovrappopolazione consente non solo di espandere i mercati ma anche di avere a disposizione una manodopera a basso costo.
Il prodotto di massa ha un'altra caratteristica: non è progettato per rispondere alle esigenze del consumatore. Il prodotto massificato è assolutamente inutile. O meglio, la sua utilità è marginale. Se riflettiamo un attimo ci accorgiamo che fino a pochi anni fa abbiamo vissuto benissimo senza. Prendiamo ad esempio il cellulare, tipico prodotto di massa. Fino a pochi decenni fa non esisteva e nessuno ne sentiva la mancanza. Il prodotto di massa non risponde ai bisogni, ma li genera. E' un inutile superfuo di cui però si ha necessità . La necessità deriva dalla narrazione virtuale di massa: chi non ce l'ha è fuori dalla narrazione globale, non appartiene alla contemporaneità. La logica che sta dietro al prodotto di massa è quella del discorso pubblicitario. Questo indirizza i desideri del pubblico, al di là dei bisogni reali. Il prodotto assume una sua autonomia, non dipende più dalla domanda e dall'offerta spontanea di una società più o meno complessa. Viene ideato per creare un mondo di riferimenti (attraverso la pubblicità, gli stili di vita indotti ecc.), una aspettativa che costituisce una sorta di nuova mitologia. A differenza delle vecchie mitologie che appartenevano alla tradizione e venivano ereditate, le nuove mitologie si identificano con i prodotti stessi che orientano le masse attraverso una narrazione virtuale che diviene reale al prezzo del prodotto venduto.Il nuovo mito non richiede una morale, come nel caso dei miti religiosi, ma un prezzo. In un mondo così l'unico valore rimane il denaro. Finisce l'arte e la poesia, subentra il mercato e il prodotto. La libertà, nella produzione di massa, è pura apparenza. Il consumatore non sceglie il prodotto ma viene scelto dal produttore che lo individua come target di mercato, indirizzandone i gusti e le aspettative. La pressione sociale di miliardi di persone annulla le individualità, le preferenze personali, le scelte indipendenti per la massificazione dei grandi numeri. Il prodotto non si adatta alla vita degli uomini, ma è l'esatto contrario. Le scelte della vita non si fanno più in base ad appartenenze o a ideologie che si condividono. Le grandi scelte si fanno per reperire e usufruire dei prodotti. Il fenomeno delle aspettative create dal prodotto è alla base, ad esempio, dei fenomeni che concorrono alla migrazione. Si tratta di una scelta radicale, che non dipende da motivazioni religiose o etniche o culturali. Alcune indagini sociologiche condotte sugli immigrati mettono in risalto il ruolo giocato dai media, in particolare tv e internet, nel creare aspettative di fruizione di prodotti e di vita più comoda che spingono i residenti in aree depresse economicamente ad intraprendere il viaggio della vita verso un mondo virtuale più che reale. E' il prodotto che muove le masse.
E' molto importante nella nuova economia basata sulle grandi masse di consumatori che il prodotto abbia una breve durata. La produzione sui grandi numeri ha bisogno di essere sempre pienamente funzionante quindi non tollera periodi di bassa resa. Per mantenere alto il livello di produzione il prodotto si deve rinnovare continuamente e quello già venduto deve essere costruito in modo da autoestinguersi dopo un periodo limitato di tempo (prodotti a durata programmata). La produzione moderna sforna oggetti di alta complessità tecnologica. La complessità tecnologica comporta il rapido superamento tecnologico e la vetustà del prodotto il quale va sostituito rapidamente anche se ancora funzionante.La tecnologia cambia continuamente e con essa i prodotti industriali. L'informatizzazione assicura un controllo totalizzante sui prodotti e la loro quota di virtualità che contribuisce a renderli effimeri. L'elaborazione e la diffusione sul web è oggi parte determinante della massificazione: il prodotto esiste solo su grandi numeri e per raggiungere questi numeri di produzione e consumo deve essere visibile nel mondo virtuale e su scala planetaria. Il web decreta se un prodotto può stare ancora sul mercato; oppure cedere il passo. L'interconnessione in rete di miliardi di consumatori assicura la pubblicizzazione e la operazione di marketing necessaria a commercializzare ogni oggetto facendolo entrare nella dimensione pubblica (con aspetti che ricordano la produzione di miti nelle società pre-moderne).
La globalità del mondo virtuale pubblicitario rende sovranazionale e delocalizzata la produzione e questa genera un sistema finanziario che è ugualmente sovranazionale e virtuale. Il sistema delle bolle finanziarie, prodotte dalla virtualità delle merci e dei mercati, ha contribuito a portare l'occidente alla attuale crisi economica. Il sistema sovra-produce e i mercati inseguono senza bastare mai. Soltanto la crescita continua dei consumatori evita il collasso finanziario. Per i poteri della grande finanza i tassi di natalità sono come le miniere d'oro per i cercatori al tempo della grande corsa all'oro in nord america. Per questo finanza e grandi imprese non fanno nulla per arginare l'esplosione demografica e diffondono l'ideologia dell'accoglienza multietnica e dei diritti globali. Il consumatore non ha etnia così come il lavoratore a basso costo. Ma per quanto ancora il pianeta sosterrà l'infernale meccanismo?

venerdì 2 dicembre 2016

Il Killer silenzioso delle megalopoli

Un killer silenzioso si aggira per le megalopoli sovrappopolate e inquinate. Il nome del killer è neutro, una sigla insignificante per i più: BPCO.
Eppure, dietro quella sigla si nasconde la causa che è all'origine, secondo un Report ufficiale dell'Agenzia Europea per l'Ambiente, di 476 mila morti ogni anno nella sola Europa. La sigla significa "Broncopatia cronica ostruttiva" o malattia polmonare cronica ostruttiva secondo la terminologia inglese. E' una malattia cronica degenerativa del sistema respiratorio e cardiovascolare dovuta all'inquinamento dell'aria delle grandi città europee da parte del particolato. E' una malattia tipica di tutte le grandi megalopoli del pianeta, delle aree industriali, delle zone ad alta densità umana. Del problema sono forse più coscienti i cittadini delle città cinesi e giapponesi, piuttosto che i benpensanti europei obnubilati dal pensiero unico politicamente corretto, in nome del quale si nega anche l'evidenza. Infatti basta vedere gli abitanti di Pechino, Shanghai o Tokio girare per le strade con la mascherina per il filtraggio delle polveri sottili, e confrontarli con i nostri cittadini che girano in bicicletta per le strade di Milano o Parigi senza alcuna protezione per valutare la differenza di allarme presente nelle persone. Da noi vivere ammassati è bello, è il portato di un antropocentrismo idiota e autodistruttivo, e si negano i problemi che esso genera o si degradano a meri problemi di scelte energetiche. Il risultato sta nei numeri del Report dell'Agenzia Europea dell'ambiente.
In quelle disumane concentrazioni di persone cemento asfalto e smog, dovute all'abnorme crescita demografica che ha raggiunto livelli esplosivi negli ultimi decenni, la necessità di energia, di alimentazione e di abitazione per tante persone e le attività lavorative connesse generano il particolato, distinto in due sottogruppi a seconda della grandezza delle particelle coinvolte: PM 10 (10 micron) e PM 2,5 (2,5 micron). Si tratta una miscela di minuscole particelle e goccioline liquide composte da diversi elementi tra cui acidi, metalli,residui carboniosi, silicati, ossidi di zolfo, particelle di suolo o polvere. Fonte principale è la combustione di carbone e biomassa da parte di industrie, centrali elettriche e famiglie. Altre fonti di inquinamento da particolato sono i trasporti, le attività di scavo e demolizione, l'usura delle superfici,l’agricoltura e l’incenerimento dei rifiuti. Nelle megalopoli il particolato viene prodotto principalmente dai riscaldamenti domestici, dal traffico veicolare, dai rifiuti e dai loro prodotti di traformazione, dalla movimentazione sui suoli, dalle attività edilizie e di demolizione, dai rifacimenti delle strade, dal consumo di pneumatici e di prodotti dei motori. L'enorme massa di sovrappopolazione generatasi dagli inizi del secolo scorso fino ad oggi ha quindi creato le premesse dell'inquinamento da particolato mediante l'inurbamento massiccio con lo sviluppo delle megalopoli e con l'attività umana concentrata in quegli stessi macroaggregati umani. Ogni attività umana genera particolato e solo la necessità di sussistenza (riscaldamento, produzione di merci, alimentazione ecc.) e di spostamento di merci e persone tra zone diverse delle megalopoli sono all'origine di gran parte del particolato.Non parliamo poi delle attività di areoporti, porti, grandi fabbriche, raffinerie, inceneritori ecc. L'uso intensivo di pesticidi per mantenere le produzioni alimentari ad un livello adeguato a tanta popolazione contribuiscono all'inquinamento ambientale di suoli, aria ed acque. Il fumo di sigaretta non fa che aggravare questa situazione, aggiungendo ulteriore inquinamento a quello diffuso nell'aria.
Le conseguenze sulla salute sono drammatiche. Il particolato respirato, specie quello ultrafine (PM 2,5) penetra fin negli alveoli polmonari generando bronchite cronica, enfisema (distruzione di parenchima polmonare), cuore polmonare (insufficienza cardiaca congestizia). Studi internazionali dimostrano che il particolato ultrafine è in grado di passare nel circolo sanguigno contribuendo a generare ostruzione delle coronarie (infarto cardiaco) e ipertensione arteriosa, malattia propria della modernità a cui contribuisce lo stress tipico della vita megapolitana. Nella sola Inghilterra sono stati stimati, in uno studio pubblicato su Lancet, in almeno 23.000 i morti ogni anno dovuti a malattie vascolari da particolato. I numeri sono ancora sottostimati in quanto gli studi che dimostrano il rapporto stretto tra particolato e malattie cardiovascolari sono recenti e ancora da sviluppare su più ampie casistiche. Il cancro del polmone e del tubo digerente sono ulteriori conseguenze dell'inquinamento da particolato, e non esistono ancora stime ufficiali definitive anche se gli studi proseguono. Ma il big killer rimane la BPCO, una malattia sottostimata che è causa di centinaia di migliaia di vittime nella sola Europa e di milioni di vittime nel mondo. Una malattia di cui si parla poco e quando se ne parla non si dice tutto. Se leggiamo infatti il Report dell'Agenzia Europea per l'ambiente,troviamo che l'Agenzia pur denunciando correttamente il problema dovuto all'inquinamento da particolato affermando che: "risulta che nel 2014 circa l’85% della popolazione urbana nell’Unione europea sono stati esposti a particolato fine (PM 2.5) a livelli ritenuti dannosi per la salute dalla Organizzazione Mondiale della Sanità" , quando si tratta di proporre rimedi confida nelle politiche dei governi locali volte a ridurre le emissioni. Ciò è sicuramente utile, come ad esempio convertire l'energia dal carbone e petrolio a fonti meno inquinanti, o imporre filtri e sistemi di contenimento e fissaggio del particolato a fabbriche e raffinerie, a zone industriali, a superfici megapolitane, ma tutto questo non è certamente sufficiente. L'attività normale di milioni di persone concentrate in spazi tanto ristretti come nelle megalopoli è una forzatura artificiale dei sistemi naturali dove queste condizioni non esistono e sono aliene per l'ambiente terrestre. La tecnologia umana ha creato tali forzature e posto le premesse per le malattie polmonari, cardiovascolari e psichiche da stress che questi ambienti comportano. La soluzione di fondo al problema del particolato nelle megalopoli è il ritorno ad una dimensione umana delle città, ad un rapporto equilibrato tra abitanti e città e tra aree cittadine e campagna, ad un uso non intensivo di industria ed agricoltura, oltre che al ricorso a nuove tecnologie energetiche meno inquinanti. La via che stanno seguendo i burocrati europei è invece quella di tacere sul problema sovrappopolazione, negare ogni rilevanza dell'eccesso di densità demografica, nascondere sotto il tappeto del politicamente corretto la polvere (particolato) che inevitabilmente la coesistenza di tanta popolazione concentrata genera, e insistere invece solo su regolamenti, procedure, divieti, controlli, tassazioni, investimenti in tecnologie costose che cercano di ridurre le conseguenze e che guardano ai sintomi e non alla causa prima della patologia. Il tutto va considerato alla luce dei grandi interessi di imprese e mercati che guardano alle occasioni di guadagno generate dalle tecnologie alternative agli idrocarburi e ai prodotti di contenimento, la cui efficacia però sarà nulla e del tutto marginale in presenza di una crescita continua di popolazione e di consumatori nelle aree già ampiamente inquinate. La burocrazia europea, che rappresenta gli interessi di quelle imprese e dei maggiori sistemi finanziari europei, alimenta se stessa, gravando per lo più sulle tasche dei cittadini che vengono tassati per mantenere l'apparato di controllo e per implementare sistemi tecnologici non competitivi in termini di costi e poco efficaci nel ridurre il problema . Molte delle industrie che lavorano nel campo delle rinnovabili sono inquinanti e creano particolato non meno delle altre. Intanto i cittadini continuano ad ammalarsi e a morire di malattie da sovrappopolazione, senza che nessuno accenni al motivo principale di quelle morti.