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giovedì 28 febbraio 2013

L'OCCASIONE A 5 STELLE

Un movimento politico nascente è una opportunità, specie nella realtà italiana fatta di politicume ideologico e corruzione diffusa. Il movimento 5 stelle, che ha avuto una buona affermazione nelle recenti elezioni, raggiungendo in un colpo solo il 25 %, è una grande opportunità se saprà cogliere l'occasione. L'Italia, come tutta l'Europa e l'Occidente deve cambiare rapidamente. Non è più possibile andare avanti con l'industrializzazione tradizionale, la cementificazione, l'ambiente inteso come grande discarica delle attività umane. Propongo agli eletti del M5S di prendere alcuni testi storici del vero ambientalismo, come "I limiti dello sviluppo"  di D. Meadows (club di Roma), "La bomba demografica" di Paul Ehrlich, "Primavera silenziosa" di Rachel Carson, "Gaia, nuove idee sull'ecologia di James Lovelock, e leggerli attentamente per farne la base  di  proposte nuove per noi, l'Italia, l'Europa, il pianeta. Stop alla crescita demografica esponenziale, stop al consumo sempre crescente di idrocarburi, stop all'uso sconsiderato di veleni e pesticidi, stop alle emissioni senza limiti di particolato e fumi industriali, stop alla cementificazione a tappeto e alla distruzione di paesaggio. Propongo al M5S di presentare come prima proposta di legge il divieto di consumo ulteriore di suolo verde e di   devastazione del paesaggio italiano. Ogni costruttore che edifica su terreno verde, di alto valore paesaggistico o meno, deve essere considerato un criminale fino a prova contraria      ( eccezioni per particolari casi di interesse pubblico). L'unica attività edilizia consentita dovrebbero essere le infrastrutture di assoluta necessità (non certo la Tav!) e la riqualificazione del   già costruito o la sua riedificazione su nuovi progetti compatibili. Lo spettacolo di Berlusconi e Bersani che si lamentano della crisi del settore delle costruzioni deve essere un triste esempio di vecchia politica. Il settore delle costruzioni va ridimensionato e riqualificato come settore delle ristrutturazioni e ricostruzioni delle aree degradate dallo scempio edilizio degli anni dal dopoguerra ad oggi. Va interrotta, come espressione di politica mafiosa, ogni speculazione che riguardi suolo privato o pubblico verde. Le aree agricole o verdi di pertinenza dei privati non dovrebbero poter essere vendute, se non allo stato a un prezzo anti-speculazione. Sarà poi lo stato a provvedere alla eventuale vendita incassando le plusvalenze, e solo per opere di interesse pubblico. Non si può speculare sul suolo verde, chi lo fa compie un crimine che non solo deturpa il paesaggio e ci priva di verde, ma  deruba le generazioni future di natura, bellezza, vita, libertà. La cementificazione è una delle più odiose e brutali violenze che stiamo commettendo contro la natura e noi stessi.   Sui temi ambientali molti del M5S hanno una nuova sensibilità. Speriamo non si tratti delle solite promesse.

domenica 24 febbraio 2013

UOMINI E ANIMALI




Ho sempre creduto che l’uomo fosse un animale e appartenesse completamente al mondo animale, anche prima di leggere Lorenz. La lettura delle opere del grande etologo mi confermarono in questa convinzione e mi aprirono allo stesso tempo tutto un mondo di riflessioni sul nostro sconfinato egoismo di specie. L’uomo è un animale e appartiene ai primati come il gorilla e le altre scimmie. Ma noi, soprattutto noi moderni, storditi dalla nostra civiltà tecnologica, lo abbiamo dimenticato.  Credo fermamente che il destino tragico cui stiamo avviando il pianeta derivi fondamentalmente, prima di tutto, da questa dimenticanza originaria. Tutti i nostri errori, tutta la distruttività del pensiero e dell’azione umana sulla Terra sono il portato di questa dimenticanza. L’arrogante, idealistica e ideologica distinzione tra uomo e natura, il pensiero antropocentrico, la visione religiosa dell’uomo come figlio di dio e padrone del mondo, tutta la metafisica incentrata  sull’uomo centro dell’universo , essere razionale in grado di controllare ogni cosa, derivano da questa dimenticanza di fondo.  E’ necessaria una rivoluzione copernicana che scalzi l’uomo dal centro dell’universo e riporti la concezione etica e culturale dell’uomo nei limiti naturali del nostro pianeta, evitando la sopraffazione della nostra specie su tutte le altre e la distruzione della biosfera. Ugualmente importante è fermare l'incredibile crudeltà dell'uomo verso gli animali, che giunge a vere e proprie torture senza senso, ad un comportamento che getta una luce sinistra su questa scimmia crudele e sanguinaria denominata Homo sapiens. Credo che, anche a livello legislativo, sia urgente una serie di misure volte a eliminare questa forma di specismo che raggiunge in molti casi il genocidio. 
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Su questi temi è uscito un bel libro a doppia firma: “L’uomo, i libri a altri animali” di Remo Ceresani (letterato filologo) e Danilo Mainardi (etologo) –Il Mulino 2013. E’ in forma di dialogo tra due vecchi compagni di scuola che si reincontrano dopo essere divenuti    un umanista e uno scienziato di grande fama. Discutono di letteratura e di etologia andando però al centro delle questioni attuali che riguardano l’ambiente e l’equilibrio e la pari dignità tra le specie viventi.  Riporto alcuni  passaggi:
Danilo: “Vedi, il problema è questo: io, fondamentalmente, sono uno zoologo fatto e finito, uno cioè che ancora la pensa come Linneo, che era un fissista ma che pure, nel suo Systema naturae, piazzò Homo sapiens tra gli altri primati: gorilla, scimpanzè, orango…Oppure più modernamente come Darwin, il più grande degli evoluzionisti, che, proprio perché convinto della parentela che tutti ci lega, ci mantenne dove ci aveva collocato Linneo. E dove, penso io, è corretto che noi umani si debba, in un’ottica evolutiva e sistematica, rimanere…Mi pare pertanto interessante chiederti perché tu, come del resto la maggior parte degli esseri umani, trovi corretto, normale, pensare e dire: “l’uomo e gli animali”, mentre per me, invece, è normale, perché connaturato al mio modo di rapportarmi col mondo dei viventi, pensare e dire : “ l’uomo e gli altri animali”…
M’è tornato in mente, un giorno lontano – ero allora all’università di Parma -, quando me ne andai a Pavia per sentire una conferenza del mio amico indiano, che purtroppo ora non c’è più, Suresh Jayakar e di Helen Spurway, sul comportamento delle pavoncelle indiane, Vanellus malabaricus. Non so se ti ricordi, Remo, ma quando eravamo ragazzi anche da noi esistevano – arrivavano a svernare nei nostri campi – uccelli simili, le nostre splendide Vanellus vanellus. E’ probabile che anch’esse presentino comportamenti simili alle loro cugine indiane di cui ti sto per dire. Ti introduco il dato, che poi ho riportato e commentato nella mia Etologia caso per caso. A primavera i maschi, provenienti dai quartieri invernali, competono tra loro per conquistarsi i territori. Questi sono, secondo una classica terminologia, “riproduttivi” e “trofici”. In essi cioè la coppia si riprodurrà e troverà alimento per sé e per la progenie. Se si considera che solo i possessori di territorio si riproducono, la suddivisione di tutto lo spazio utile in territori risulta essere un’abitudine efficace per proporzionare a priori alla produttività dell’habitat il numero complessivo degli individui generati. E’ anche un mezzo, però, e non può essere altrimenti, per tagliarne fuori altri dalla riproduzione, secondo le regole proprie della selezione sessuale. Non è infrequente infatti osservare tentativi di entrare in un’area già occupata da un’altra coppia. Ebbene, quando il possessore di un territorio si accorge che un altro maschio si sta avvicinando alla sua proprietà, si comporta come se simulasse la costruzione del nido, oppure di essere intento a nutrirsi. Allusivo, no? Dico così perché il territorio delle pavoncelle è, appunto, riproduttivo e trofico. E’ quasi, cioè, come se quel maschio dicesse: “Vedi, qui faccio il nido e mangio, dunque sono nel mio territorio; dunque ti è vietato entrare, altrimenti t’aggredisco”. Ed effettivamente di solito l’estraneo se ne va…”
Remo:  “Mi piace molto questa scenetta. Penso a tutto il grande apparato di colori, simulazioni, travestimenti, inganni che animali, piante, fiori mettono in atto per esercitare fra loro seduzioni, aggressioni,depredazioni, difese e mi diverte davvero pensare che questi nostri amici animali e vegetali condividano con noi il gusto teatrale della simulazione.  Mi viene alla memoria la scena notturna dei fiori, delle farfalle, dell’ape tardiva, tutti in preda a una vitale forza di seduzione, nel Gelsomino Notturno di Giovanni Pascoli.”
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Danilo: “…Per tornare ai nostri maschi, questi dovevano necessariamente già sapere, tramite esperienze pregresse, che avvicinandosi a chi stava mangiando  o costruendo il nido sarebbero stati aggrediti. E’ su questa base esperienziale che la selezione naturale ha costruito geneticamente, mutazione dopo mutazione, il rito biologico, sostituendo così con l’esperienza della specie quella certo un po’ più consapevole, almeno in qualche caso, degli individui. E fu così che la “cosa in sé”, cioè l’atto di fare il nido oppure di raccogliere il cibo, si trasformò in un rito con funzione di messaggio, scritto nel Dna e perciò innato”.
“Passando ora dai segnali visivi a quelli acustici, ti propongo un esempio concreto. La metodologia, in questo caso, è quella del play-back. Un caso affascinante riguarda l’allocco, il fiero rapace notturno che popola i nostri boschi. Devi sapere che la sua espressione vocale più frequente è il canto territoriale maschile. Mi servo, per fartelo immaginare acusticamente, di due sole lettere dell’alfabeto, di cui una, tra l’altro,  muta. E’ un suono trisillabico che fa all’incirca così: “huuuh-hu-huuuuuuuuuh”. Ecco cosa scrivono al proposito di quest’esperimento Sandro Lovari e antonio Rolando nella loro Guida allo studio degli animali in natura:
Una delle specie più reattive è l’allocco Strix Aluco. Le prove di play back con questo aggressivo e coraggioso rapace sono quasi sempre coronate da successo, e sono spesso delle esperienze indimenticabili. Il ricercatore deve scegliere  il periodo di maggiore attività canora, che è quello invernale, uscire di notte nei boschi frequentati dove, senza troppe alchimie sperimentali, diffonderà nel silenzio notturno il lugubre canto registrato del rapace. Il maschio territoriale più vicino risponderà subito e, se particolarmente reattivo (ogni allocco, come ogni essere umano, ha il suo carattere), si avvicinerà rapidamente, fermandosi minaccioso a pochi metri dal registratore.
Pensa che spettacolo: spari un messaggio e il destinatario, ingannato dal tuo marchingegno, viene lì a pochi metri pronto a far baruffa. Con i suoi occhi rotondi e gialli. Con le sue penne arruffate. Un maschio d’allocco, d’altronde, non può tollerare che un estraneo si installi nel suo territorio riproduttivo. E pensa che sorpresa per lui, che invece d’un altro maschio rapace, incontra te, un mite professore letterato.  Così almeno t’immagino io, e così tu impari ad andar per boschi zufolando…Desidero infine accennarti qualcosa a proposito del rumore di fondo, che non consiste solo in una gran confusione acustica: può comprendere anche segnali, o “disturbi”, che coinvolgono altre sensibilità, per esempio chimiche oppure addirittura elettriche (in certi pesci). E’ un groviglio di segnali e non-segnali attraverso cui i vari messaggi devono necessariamente passare, e ciò produce talora affascinanti storie evolutive. Si conoscono casi di adattamento genetico al rumore di fondo. Per esempio certi pesci che vivono nei torrenti e che comunicano acusticamente (i pesci non sono muti) hanno evoluto messaggi che scavalcano il rumore di fondo dell’acqua che scorre tra i ciottoli. Ma c’è di più. Come fanno, per esempio, gli inquilini non umani delle città a risolvere il problema del sottofondo acustico urbano? Ebbene una prima risposta fa riferimento al cosiddetto “effetto Lombard”, secondo il quale gli esseri umani, tanto più c’è rumore di fondo, tanto più alzano, inconsapevolmente, il volume della voce. Ora sappiamo che l’effetto riguarda diverse specie di mammiferi e di uccelli, tra cui gli usignoli. Quelli urbani, è stato scoperto, “alzano il volume” dei loro melodiosi vocalizzi a misura che aumenta il rumore nel loro ambiente. Altra caratteristica del suono prodotto da animali che può venir modificata nell’ambiente urbano è la frequenza. Le cinciallegre, per esempio, producono suoni con frequenze più o meno alte a seconda che vivano in quartieri con alto o basso rumore di fondo.”
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Questi rituali biologici somigliano a riti culturali originari, poi verranno il riso, il sogno, il bacio, il senso della morte. Non c’è bisogno, è la conclusione di Mainardi e Ceserani, di essere fanatici animalisti per sentirsi coinvolti in una battaglia per il riconoscimento dei diritti di altre specie non umane, anche tenendo presente la disastrosa –per l’ambiente ed il pianeta- deriva cui la predominanza dell’uomo e del suo antropocentrismo sta avviando tutte le specie viventi. 
“La vita è un unico episodio, irripetibile. L’uomo non è protagonista assoluto, è specie giovanissima e a rischio estinzione, che sta facendo a processo evolutivo avanzatissimo la sua presumibilmente breve comparsata”. Dicono i paleontologi che nella storia della Terra si sono già verificati cinque periodi di grave crisi. Quella che stiamo vivendo “è la sesta estinzione e l’abbiamo fabbricata da noi. Solo salvando le altre specie e gli equilibri naturali potremo salvare noi stessi”.
(Remo Ceserani, Danilo Mainardi: L’uomo, i libri e altri animali. Dialogo di un etologo e un letterato. Il Mulino, 2013). 

mercoledì 20 febbraio 2013

Fusione Fredda: Nuove prove di efficienza dai reattori di Piantelli e Celani




  Mentre Rossi dichiara che i risultati dei test indipendenti sui suoi e-cat arriveranno ad aprile (alcuni test sono ancora in corso in Usa), Piantelli, in base a quanto affermano i collaboratori italiani e americani, ottiene l’autosostentamento del suo reattore LENR a 200 W per due  mesi consecutivi, mentre il reattore di Celani viene replicato con successo (produzione di calore in eccesso confermata) da almeno altri tre   gruppi indipendenti coordinati nel Celani  Replication Project. Questi risultati se confermati portano a vedere nel 2013 l'anno cruciale per la Fusione Fredda, quello in cui molti problemi verranno chiariti in un senso o nell'altro.
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Valerio Ciampoli, stretto collaboratore di Piantelli, alla conferenza Atom del maggio 2012, ha riferito alcune cose interessanti a proposito della ricerca di NichEnergy con Francesco Piantelli. Era prevista la partecipazione diretta di Piantelli, ma all’ultimo momento non ha potuto partecipare personalmente, ed il lavoro è stato illustrato da Ciampoli. Sono stati presentati risultati impressionanti con grafici che mostravano  produzione di calore in eccesso costante per 55 giorni consecutivi. E’ stata menzionata un’altra serie di esperimenti durati circa 10 mesi. E’ stata riportata una chiara evidenza di trasmutazioni di elementi. In testimonianze riferite da esperti in blog americani viene riferito da alcuni ricercatori che erano in contatto con Piantelli che negli esperimenti da lui condotti nel 2012 la cella del peso di 1 kg avrebbe raggiunto e mantenuto i 200 gradi in autosostentamento senza aggiunta di gas ed energia esterna per circa due mesi. Una rivisitazione dei video della conferenza di Atom del 4 maggio 2012 ha consentito di rilevare che questi risultati erano stati già anticipati in quella sede da Ciampoli (vedi il video della conferenza riportato sotto al titolo in particolare ai minuti 12-14). Ora, stando a quanto affermato da Ciampoli,  si sta lavorando per svolgere nuovi test migliorando la parcellizzazione del nichel in nano-polveri. Commenta il redattore americano di e-catworld.com che “…se non ho frainteso qualcosa, questo è un risultato incredibile: quanto affermato implica che Piantelli era in grado di ottenere una reazione in autosostentamento, senza immettere alcuna forma di energia, per alcuni mesi ad una temperatura piuttosto elevata e ciò è superiore a qualunque risultato riferito in passato  da Rossi”. Sarebbe interessante ottenere da Ciampoli maggiori dettagli su questo particolare esperimento (riferimenti tratti dal sito: www.e-catworld.com) . Dal sito di NichEnergy si apprende che dispositivi  di piccole dimensioni sarebbero già pronti per la vendita, che nessun catalizzatore è necessario e che tutto risiede nella preparazione in forma adeguata del nichel (micronizzazione in nanoparticelle). Piantelli ha una teoria che non richiede reazioni esotiche, ma la produzione di calore in eccesso può essere spiegato con la fisica e la matematica note. Si attende una pubblicazione a breve. Non ci sono istituzioni pubbliche italiane coinvolte nella ricerca attuale, ma sembra che stia contribuendo allo sviluppo del reattore di Piantelli un ente governativo degli Stati Uniti. Il reattore di Pianteli ha avuto recentemente il riconoscimento del Brevetto Europeo, altri due brevetti sono in corso di approvazione. Il prof. Piantelli, sta lavorando non manualmente ma come coordinatore e super visore ed è sempre presente. Partecipano al progetto la figlia e altre persone, e dal 2011 gli è stata affiancata una scienziata dell’università; agli studi  ha dato la propria adesione e partecipazione  l’università di Firenze che dovrebbe partecipare con dei fondi per la ricerca. Alcuni esponenti della Nasa hanno visitato i laboratori e hanno preso visione dei risultati e, hanno sottoposto il Prof. Piantelli a molte domande e chiarificazioni sul processo, alle quali ha saputo rispondere in modo molto convincente ed esaustivo dimostrando non solo la preparazione dello scienziato ma soprattutto la sua conoscenza del complessa reazione fisico matematica che sottende la reazione.  Esperimenti e   misurazioni sono stati condotti in America, con la motivazione che con strumenti più sofisticati e tecniche e strumenti di sicurezza all’avanguardia si possono ottimizzare e velocizzare i tempi di ricerca e giungere velocemente a dati definitivi. Gli Americani sarebbero interessati all’utilizzo della scoperta solo nel campo aereospaziale e militare lasciando l’esclusiva dei diritti di sfruttamento industriale civile e commerciale al prof. Piantelli e alla sua equipe.
  L’annuncio di commercilizzazione di prodotti è ancora prematuro , ma certamente ci sarà una presentazione pubblica di uno o più prodotti che avranno già superato tutti i test, di affidabilità ,sicurezza ,stabilità  e funzionamento.


(Video del gruppo di Ryan Hunt sulla sperimentazione dell'apparecchio di Celani modificato)

Per quanto riguarda l’apparecchio di Celani è in corso uno studio con vari gruppi di ricercatori che si sono uniti al ricercatore italiano sviluppando indipendentemente il progetto originario. Il coordinamento dei vari gruppi di ricerca si è formato a seguito  della 17th Conferenza Internazionale sulla FF (ICCF-17) tenutasi nell’agosto 2012. Ciascun gruppo ha portato variazioni al dispositivo di Celani e  il progetto originario    è stato modificato portando il filo reagente a numerosi strati fino ad un numero massimo di ben 700 strati. Si è scoperto, da parte degli sperimentatori, che maggiore è il numero di strati, più veloce il caricamento, maggiore è la R/R0 indicante l’assorbimento di idrogeno e maggiore è la potenza prodotta in eccesso. Ulteriore numero di strati non sembra migliorare il rendimento in quanto gli strati interni sono meno in grado di essere attivi. Inoltre i fili con più strati sono fragili e soggetti a delaminazione  che ostacola la loro capacità potenziale, e sono anche meno in grado di sopportare alte correnti. Il reattore ha ancora numerosi problemi da risolvere: ha una certa fragilità che lo rende inadatto al trasporto, raggiunge con difficoltà temperature elevate con bassa potenza in ingresso, ha problemi con l’uso di gas (perdite da convezione, difficile calibrazione, effetti di gas atomici o molecolari ecc.). Il progetto originale di Celani era un buon punto di partenza ma sono necessari miglioramenti e altri risultati cumulativi. Riferisce uno dei ricercatori, Ryan Hunt del gruppo americano MFMP (Martin Fleischmann Memorial Project) del Celani Replication Project: “Abbiamo in particolare migliorato l’isolamento della cella di reazione ricorrendo all’acciaio e migliorando il circuito del gas idrogeno. In questo modo abbiamo potuto raggiungere temperature molto più elevate con bassa potenza di ingresso. Attualmente stiamo ottenendo buoni e inaspettati risultati con un reattore di un metro di filo multistrato perfettamente isolato” (Vedi video in alto).  Il reattore di Celani studiato inizialmente da ST Microelectronics era di 20 cm con solo 2 strati. Tutti gli esperimenti, di Mathieu (Francia), Nicolas (Svizzera, Germania), Ryan Hunt (Usa) del Celani Replication Project mostrano produzione di energia in eccesso. Quello di Ryan Hunt con 3-5 W in ingresso produce più di 106 W in uscita. Un errore collettivo sembra poco credibile, a questo punto. Aggiunge Ryan Hunt: “Abbiamo lavorato negli Stati Uniti e in Europa con la cella in acciaio e   stiamo costruendo due nuove celle avanzate che hanno un doppio strato, uno interno in quarzo, uno esterno in acciaio. Un problema era quello costituito dal calorimetro migliore per rilevare il calore in eccesso, stabilendo in maniera consensuale di utilizzare un calorimetro del tipo di flusso di massa. Stiamo così costruendo apparecchi che potranno essere immersi in un calorimetro fluido a base di flusso di massa. Il tubo interno di quarzo può contenere idrogeno sotto pressione e tra l’esterno del quarzo e l’interno della cella in acciaio può essere applicato il vuoto. La circolazione di fluido in questo spazio permetterà una bassa dispersione del calore e una misurazione accurata della produzione di calore in eccesso”. In Europa  il gruppo francese di Mathieu sembra il più in grado attualmente, anche per i finanziamenti, di portare avanti lo studio con successo. 

venerdì 15 febbraio 2013

LO STRANO SILENZIO DELL'UNIVERSO



 Come grandi orecchie tecnologiche decine e decine di radiotelescopi sono puntati nella notte, ogni notte, verso lo spazio profondo. Sono i potenti radiotelescopi del Progetto Seti (Search for Extra-Terrestrial Intelligence), un programma grazie al quale dagli anni Sessanta del XX secolo un gruppo di radioastronomi sta perlustrando i cieli alla ricerca di qualsiasi cosa che indichi che non siamo soli nell’universo. Un sistema computerizzato analizza eventuali segnali per scoprire regolarità e caratteristiche che facciano pensare a segnali intelligenti. E’ come cercare un ago in un pagliaio: ad oggi i ricercatori hanno osservato solo alcune migliaia di stelle in un raggio di circa 100 anni luce. Paragoniamo questi dati alla scala della nostra galassia: 400 miliardi di stelle sparse in uno spazio di più di 100.000 anni luce; e ci sono miliardi di altre galassie…le potenzialità di ricerca aumentano quasi ogni giorno: gli apparecchi raddoppiano la loro potenza ogni uno o due anni, e altrettanto impetuosamente crescono l’efficienza degli strumenti e la velocità di elaborazione dei dati. E’ attualmente in costruzione  un sistema di 350 radiotelescopi collegati tra loro ad Hat Creek, nella California del Nord. L’Allen Telescope Array, dal nome del benefattore Paul Allen, metterà gli scienziati alla ricerca di segnali alieni nella condizione di sorvegliare una porzione della galassia molto più ampia. La struttura è gestita dall’università della California a Berkeley e dal Seti Institute. Gli astronomi mantengono un certo ottimismo (hanno sempre una bottiglia di champagne in frigo) ma fino ad oggi non sono stati registrati segnali. Attualmente gli scienziati si chiedono se non sia il caso di ampliare la ricerca uscendo da un certo antropocentrismo: ci siamo concentrati su segnali radio a banda stretta (alta frequenza), ma è possibile che civiltà aliene usino altri sistemi di trasmissione. Oggi esistono rilevatori in grado di monitorare milioni e addirittura miliardi di canali radio nello stesso momento.  Sempre negli anni Sessanta nacque il settore ottico di Seti, nella prospettiva che esseri intelligenti potessero usare il laser per comunicare: gli astronomi cercano un segnale sotto forma di impulsi luminosi di brevissima durata e di alta intensità. Altri mezzi ipotizzati sono i neutrini o altre particelle esotiche, fino a prevedere messaggi scritti in molecole organiche o virus. Alcuni anni fa è stato trovato dna in meteoriti. Una variabile da considerare è la durata di una civiltà in grado di comunicare: più essa è lunga, più è probabile che i segnali che invia siano visti da noi. Trasmettere potenti onde radio attraverso la galassia presuppone un’ingegneria molto sviluppata e richiede molta energia. E’ sicuro che una civiltà aliena adeguerebbe  la propria tecnologia in  modo da minimizzare l’impatto ambientale? E’ anche possibile che lo sviluppo tecnologico sia incompatibile, ad un certo punto, con la sopravvivenza della civiltà intelligente.
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Oggi sappiamo che il numero di stelle nell’universo è pari a 1 seguito da 23 zero. Dato questo numero, è arrogante da parte nostra pensare che il nostro sia l’unico Sole con un pianeta che ospita la vita, e che questo sia l’unico sistema solare con una forma di vita intelligente. ( Edwuard J.Weiler, direttore Nasa).
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La vita è una mostruosa coincidenza che si è verificata una sola volta soltanto sul nostro pianeta, oppure si tratta di un fatto cosmico, e in quanto tale è diffusa in tutto l’universo? Inoltre qual è il tempo medio perché nasca la vita intelligente? Quali sono i fattori che possono aver ritardato o accelerato questo sviluppo sulla Terra? Sono questioni chiave per valutare la frequenza della vita e dell’intelligenza in relazione alla durata dell’Universo e alle distanze. Ciò influisce sulle probabilità che noi abbiamo di intercettare segnali di vita intelligente dall’universo.
( Sintesi tratta da alcuni brani del libro di Paul Davies: "Uno strano silenzio", edizioni Le Scienze, 2012).

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La vita intelligente potrebbe essere un fenomeno unico, e l’unico pianeta abitato da esseri pensanti  può essere la Terra. Ciò è possibile, anche se inverosimile. Ma la verità potrebbe essere un’altra. Lo strano silenzio del cosmo che ci circonda potrebbe essere l’esito di estinzioni di civiltà che non hanno saputo gestire la tecnica. Se esseri viventi in grado di sviluppare una tecnologia avanzata si dedicano al consumo rapido delle risorse e alla alterazione irreversibile dell’ambiente planetario, la civiltà creata da quegli esseri viventi ha vita breve. La tecnologia può essere allora paragonata ad un fiammifero che si consuma in un secondo con una rapida combustione. Questo avviene perché parallelamente alla conoscenza tecnica non si sviluppa una adeguata coscienza etica.   Una civiltà che consuma il pianeta e se stessa in 30-40 mila anni è paurosamente simile alla nostra ( per la terra gli etologi parlano della sesta estinzione, la sesta grande estinzione di massa). Il silenzio che ci circonda potrebbe essere il silenzio della stupidità e dell’arroganza, esattamente simile a quella dell’Homo sapiens che ci sta avviando all’estinzione sulla terra. Aver confidato solo in se stessi e nella propria specie, aver soffocato e distrutto tutte le altre specie con uno stupido ed egoistico antropocentrismo potrebbe essere il motivo della nostra prossima fine come quella di altre civiltà aliene. La vita  è basata sul rapporto equilibrato tra ciascuna  specie con tutte le altre, e questo rapporto di rispetto e coesistenza non può  venire meno, pena la fine della vita sul pianeta. Purtroppo, fino ad oggi, la civiltà umana fa parte di quelle civiltà avviate al silenzio cosmico.

martedì 12 febbraio 2013

Italia cementificata


Riporto il seguente post, che condivido completamente, di Laura Bernardi tratto dal suo blog "Libera di pensare":


L'Italia è tanto cementificata

la vera emergenza è il (presunto) calo demografico?

io non credo minimamente che ci sia un calo demografico,anche perchè i numeri parlano chiaro:




tabella tratta dal sito:  http://it.wikipedia.org/wiki/Demografia_d'Italia


semmai, mediamente, per coppia, è calato il numero di figli,ripeto:per coppia. ma la popolazione totale aumenta lo stesso, per fortuna (direi io) non alla velocità della luca (così sarebbe se si facessero, per coppia, 8-10 figli come 50 anni fa!) ma alla velocità (ahimè) comunque del suono.

fortunatamente, negli ultimi anni ci stiamo "assestando", per me è una fortuna.

e invece?

e invece abbiamo la Chiesa, i politici e alcune persone che sento in giro che dicono con preoccupazione (!!!) che

gli italiani non fanno più figli.....ci avviamo all'inverno demografico.......

sostituendo alle parole "calo del numero dei figli procreato pro-coppia", quelle,a mio avviso non vere, di "calo demografico",

come a voler dire che la popolazione italiana sta diminuendo, insomma come se ci stiamo avviando verso la nostra estinzione, come il panda!!

come si fa a non capire che sono falsità?







per ovviare a questo (finto) problema dell'assestarsi della popolazione italiana (e chissà,magari anche per altri motivi......) ecco che i nostri politici hanno ben pensato di fare entrare in massa, letteralmente senza limite numerico,
una massa di stranieri con abitudini diverse dalle nostre, che fanno parecchi figli (anche se ho letto di recente che pare che gli stranieri che vivono qui da un pò di tempo stanno iniziando a fare meno figli pro-coppia, segno positivo a mio avviso) e, guarda un pò, occupano interi settori di lavoro (corrieri espressi, cucine...) mentre parecchi italiani sono a spasso (la cosa mi pare strana. I mass media dicono che gli italiani non vogliono più fare certi lavori; io dico che italiani che "si abbasserebbero", come dicono loro,  a fare "certi lavori" ci sono eccome, ma chissà perchè quando cercano questi lavori non vengono presi, mentre poi prendono stranieri, e non per lavori che richiedono chissà quali qualifiche o esperienza

esempi? portinai, corrieri espressi...ecc.......lavapiatti.......

Per me qualcuno li aiuta).

Naturalmente l'arrivo,favorito dai politici, in massa e senza limiti numerici di stranieri e figli, ha creato una pressione antropica notevole, in un'Italia già gravemente sovrappopolata -- si parlava di sovrappopolazione già
50 anni fa:


Il presidente del Consiglio ha infine sottolineato la gravità del problema della sovrappopolazione dell’Italia e ha informato Truman degli sforzi del governo di Roma nella ricerca di soluzioni internazionali al problema dell’emigrazione italiana. «Gli Stati Uniti — ha risposto Truman — riconoscono pienamente la necessità di concludere accordi internazionali per regolare la questione del sovrappopolamento di alcuni paesi e contribuire nello stesso tempo alla valorizzazione di altre regioni».

Dunque, sui quotidiani del settembre 1951 si leggevano frasi come quella evidenziata. Frasi che sottolineavano come un’Italia popolata da poco più di 40 milioni di persone fosse un’Italia afflitta da un “grave problema di sovrappopolazione”.
Sono passati cinquant’anni, la popolazione è cresciuta di circa il 50% rispetto ad allora e continua a crescere al ritmo di circa l’1% all’anno (oltre 570.000 persone, secondo i dati ISTAT), eppure oggi ci sentiamo raccontare da una nutrita schiera di personaggi dalla dubbia attendibilità che l’Italia deve far fronte con ogni mezzo (dall’incentivazione della natalità all’incremento delle quote dei migranti in ingresso) al proprio presunto “spopolamento”.

dal sito:  http://www.oilcrash.com/italia/commenti/degasper.htm




 un'Italia, insomma, che non aveva minimamente bisogno di nuove persone, nè fatte nascere da italiani stessi (attraverso l'aumento delle nascite, che i politici e la chiesa vorrebbero! Quanto importa a loro delle nostre CONDIZIONI DI VITA?  e quanto importa a noi stessi? quando sento persone schiacciate sul treno o sui mezzi, o in coda su una qualsiasi strada, parlare dei figli, di gravidanze e di programmare altri figli, me lo chiedo spesso, come fanno?)
nè portate da fuori (stranieri e figli. Per politici e chiesa dovremmo persino essere grati per i numerosi figli degli stranieri perchè-dicono- ci pagheranno la pensione.
Parole brutte,secondo me.
La pensione,credo, uno se la dovrebbe fare da sè, se solo lo stato togliesse le sue zampe dai nostri soldi, noi stessi ci mettiamo da parte i soldi per la nostra pensione.
non siamo degli stupidi).



Sovrappopolazione=aumento del cemento.
guardate questo articolo:




l' articolo qui sopra è ritagliato da metro, quotidiano di milano.


noi siamo parte del problema...possiamo cambiare le cose,partendo dal nostro piccolo, facendo meno figli...

non crediamo a chi ci dice (mentendo, è ovvio, basta guardarsi in giro) che ci stiamo estinguendo...

in realtà ci stiamo soffocando l'un l'altro...

lunedì 11 febbraio 2013

Le dimissioni



Nel momento in cui il Papa abbandona per la prima volta dopo secoli la sua carica, penso al disperato destino umano, a questo scorcio di epoca così irrimediabilmente priva di speranza. Qualcuno ha detto che è la modernità che avanza e trasforma la storia e anche il papa si adegua alla modernità. Ma il gesto va interpretato ermeneuticamente nella sua lampante simbolicità. E' il richiamo di fronte a un mondo sordo, a un mondo oscurato, senza significato.  Dio è sparito da un pezzo, dentro le stradine asfaltate delle periferie, nei grigi casermoni di cemento, nei mucchi maleodoranti di spazzatura, nei piloni di cementoarmato che sorreggono gli enormi, brutti, squadrati centri commerciali, vere uniche cattedrali rimaste dove la gente va a trovare conforto in insulsi oggetti ad una vita senza senso. Non c'è più nulla di sacro in questo pianeta, sparito nei fumi riversati nell'aria, nelle foreste disboscate, nelle acque di fiumi e laghi riempite di tossici, nelle campagne ridotte a discariche, nelle megalopoli teatro di una vita da incubo. In un mondo così persino Cristo può scendere dalla croce.
Non sono credente, ma quel papa che arretra, forse per vecchiaia o forse per rassegnazione, che dice in latino e sommessamente il suo discorso di rinuncia, riesce a smuovermi dentro l'emozione della verità. La verità, diceva Schelling, ha voce sommessa ma insistente. La sommessa voce del papa dice in una lingua antica la verità di una perdita irrevocabile che riguarda l'essenza stessa dell'uomo. Non abbiamo più tempo e la verità insiste a chiamarci ad una responsabilità che continuiamo a rifiutare. Sordi e ciechi continuiamo a uccidere la natura come niente fosse. Forse tutto questo non c'entra niente con le dimissioni di Benedetto. Ma spesso i fatti parlano più di tutte le intenzioni e le parole per spiegarli. Per me il papa oggi ha gridato in mezzo a una massa di zombie, ci ha esortato a fermarci.
Nelle improvvise  dimissioni c'è una piccola Apocalisse. Ma  in ogni apocalisse c'è anche un richiamo salvifico che bisogna saper ascoltare.
Nessuno come Ceronetti ha posto l'accento sulla perdita della natura come luogo del sacro. Riporto il seguente brano  in cui lo scrittore filosofo denuncia la follia umana e il   destino, apparentemente disperato,  cui stiamo avviando il pianeta. Eppure  c'è la possibilità di capire  con il cuore, prima che con la ragione, dove ritrovare noi stessi.
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"Tutto tende alla potenza e ogni crescita in potenza abbrevia gli anni della presenza umana sulla terra, corrodendo l'abitabilità di questo già per destino pochissimo abitabile pianeta - irreparabilmente.
Quando parli ecologia, subito lo avverti questo muro in cui non si fanno brecce: " tra dieci anni? E dovrei rinunciare a vivere come mi pare oggi, perché non muoiano tutti gli alberi tra dieci?". Dieci, neppure venti...Il Breve Termine non spaventa nessuno, eppure siamo leti sub dentibus, dunque c'è un piacere a sentirsi nella carne i denti della morte planetaria, forse perché è sentita piacevolmente inattuale, senza l'urgenza di quella personale. Oppure non esiste la specie; e la solitudine del principio individuale non è minimamente solidale con la multiforme vita da cui dipende la propria: siamo qua, miliardi di deambulanti mortifere pestifere monadi cieche, ciascuna contenta di non essere parte bruta del tutto di cui è necessariamente parte, in quanto è dubbio, è metafisicamente  piuttosto incerto, che esista davvero, questo visibile Tutto creato dall'insania del nostro Logos...
Un punto fermo mi pare questo, di effetto cordialmente vasodilatatorio: non si può (proprio è impossibile) parlare seriamente di ecologia senza che per successivi scatti di molla rapidi siano evocati nella sua integrità il disperato destino umano, la difettosità e la tortuosità della coscienza, gli inganni dell'istinto vitale, l'impurità incurabile che ristagna nelle anse cloacali della razionalità. E anche, con quello, la poesia, il rischio, l'operare degli Dei, il mistero biologico della Divinità, il sadismo e il dolore della storia, la Necessità e la Nemesis, la verità oracolare e profetica nei suoi appuntamenti storico-temporali. Ed ecco: se il nobile e, come può, sapiente cavallo da tiro Verde si volta a guardare che cosa sta tirando, di tanto pesante, che lo sfiata - vedrà il Carro di Fieno di Bosch, una sua versione enorme, e avrà il piacere di trasformarsi subito in un monumento di sale.
Quante volte l'avrò citato, ripetuto a me stesso, questo che metterei tra i cento più bei pensieri del mondo: "Nessun pensatore oserebbe dire che il profumo del biancospino non è importante per le costellazioni"? (E' di Victor Hugo). E vorrei proporlo come summa indicibile del verdismo astratto, del verdismo speculativo (la Protezione Filosofica dell'ambiente) e fiore che nella teca del cuore non rinsecchirà, ma un pensiero così folgorantemente esatto, al cento per cento scientifico appena ne gratti il lirismo, potrebbe mai infimamente regolamentare, introdurre un pallido albore di resipiscere, in questi ribollimenti compatti, universali ormai, di violenti deliri istituzionalizzati che in dirotti eufemismi chiamiamo sviluppo economico, Stato sociale,progresso tecnico, poggianti su Università, governi, opinioni, affari? Il medesimo che avrà, leggendo il manuale, esclamato oh bello! e com'è vero! non si affannerà certo per dissuadere un trattorista dal rovesciare i gas di scarico del suo mezzo sulle siepi di biancospino e non dimenticherà la raccomandazione di sua moglie, di comprare per lei un certo spray dei più invisi alle costellazioni.
Nello spazio occupato da una Casalinga non può penetrare nessuna bandierina verde, se non si tratti di una convertita. Fiumi e mari davanti a lei si retraggono con spavento; sono meno pericolose le petroliere, le navi dei veleni...Per l'ambiente le casalinghe sono dei dracula, delle SS...Avere tutto che brilla, tutto bianchissimo, e lavorare pochissimo per preparare un pranzo, ricorrendo all'alimentazione industriale, è la regola unica, applicata con metodica ferocia. Il frigorifero, la lavatrice nocivi all'ambiente? Provocatori di melanoma da raggi cosmici tra un anno? Ma cosa farnetichi? Che lingua mi parli? E: "Senza macchina come farei?". E: "Torno dal lavoro alle otto!". E: "Io prendo tutto al supermercato..." Certo l'aria è irrespirabile e l'acqua imbevibile, ma è una questione tecnica, non dipende mai dagli intangibili comportamenti individuali, ci sono le sigle istituzionali per questo, come per tutto il resto. Eh si, aveva ragione il Sublime Gotama, "è un letamaio la casa", verità che sussiste e si rinnova, crudele, anche nel dramma ecologico che viviamo. La casa è un letamaio che, per ripulirsi,  ha inventato infiniti modi per trasformare il mondo in un immenso letamaio. Differenza tra tana e tana: l'umana soltanto è micidiale all'ambiente, parte della faccia tenebrosa dell'uomo, spavento della natura. Dappertutto case, dappertutto brulicare di rifiuti che acidi e fuoco non dissolvono più. L'ospedale più pulito è un tremendo porcile, che infetta non soltanto i dintorni ma, in un mondo unificato, arriva con le sue sozzure di lazzaretto a portare morte in un pezzo d'Africa, mentre cauterizza, lava sangue, analizza, taglia, addormenta corpi passivi in gioiosa kermesse a Milano, a Francoforte... Letamaio è una vecchia parola di uso pratico con cui oggi intendiamo altro, rifiuti chimici, rifiuti indecomponibili; rifiuti psichici, e anche logici, vanno compresi nel suo significare: Giobbe sedeva sul letame di un mondo pastorale, bastante alla sua solitaria umiliazione, le nostre città siedono in fondo ad una voragine di letami di cui resta indecifrabile la figura. Sopraelevate, teatri, metropolitane, arene di calcio, chiese, vaticani, cremlini, minareti: tutto là dentro, in un miasma denso che sconcerta l'analisi, virulenza che il catalogo dei componenti non riesce a spiegare, perché la sua origine è più profonda, l'essenza di tanta materia inferocita è immateriale e il suo volto "ama nascondersi".
Non sono un Verde; li aiuto come posso, gli ecofili, ma li vorrei più forti in capire e in agire. L'Inquinamento è un'occasione di conoscenza che finora non si era mai presentata alla nostra mente, e superiore di gran lunga alla peste tucididea e a quella del XVI secolo: sarebbe peccato tralasciare di coglierla! Morire a occhi aperti è ancora un dignitoso morire! ...Andarsene è la soluzione migliore per non inquinare più, salvo l'usurpazione provvisoria di un po' di spazio vagamente consacrato.
L'umanità appare sedottissima dall'opportunità, che gli è benevolmente fornita, di perire. Vuole nello stesso tempo dimenticare che la fine incombe e lavorare per affrettare quei giorni di superiore filantropia, ma ci arriverà malconcia, degradata, mutilata della lucidità, della facoltà di giudicare. Non c'è soltanto indifferenza per la sopravvivenza della specie ma vergogna di farcela, cambiando strada, a tirare avanti, sempre più disperati, per un'altra decina di secoli. Parliamo a dei malati, a degli alterati, i meglio ragionanti non sono affatto delle menti sane, non è un pubblico "normale" questo, siano spettatori o lettori, è una platea di detenuti e di gente in attesa, a cui parlare con eccessiva lealtà provoca altra follia, alterazioni impensate, disagio da flash negli occhi.
L'ultima carta della persuasione biofila e filantropica è una figura in penombra, il demone androgino Ethos. Mi è familiare. Non serve a nulla dire (verdi ed ecologisti ormai si sono fatti rauchi nel ripeterlo) che certi comportamenti rispettosi e sensati contribuiscono alla salvezza comune e a non peggiorare la vita. La salvezza comune non è mai stata nelle mani di nessuno e la vita seguiterà a peggiorare a ritmo di Marcia Turca: la risposta generale sarà sempre più l'indifferenza, l'incredulità e il raddoppio del furore distruttivo perché l'attimo presente sia più violentemente vivo. Bis cecidere manus, le mani sempre ricascheranno impotenti di fronte al muro delle fronti opache, crucciate da scemenze senza numero,che la testa genera senza posa. Chi prega può pregare così:  Signore aprigli gli occhi, ma il fiat voluntas tua di quando si balbava latino in chiesa è più profondo e più saggio. E poi Dio sembra intenzionato a tapparglieli...
La stella polare è questa: che c'è una bellezza morale, la faccia di sorriso del dovere..."Fa' così: è bello!" Non perché sia utile, non perché la specie dannata esca fuori (sono miliardi nella tarppola!! cinque, sei, sette...) dalla rete dove l'hanno rinchiusa promettendogli il paradiso-in-terra (non siamo noi i padroni delle uccellande: noi siamo gli uccelli da acchiappare, i topi da intrappolare, le formiche offerte alla lingua del formicovoro) ma perché è bello proteggere un albero come un bambino, impedire uno scempio, far mettere i sigilli ad una fabbrica del cancro, aprire stabulari, non versare detersivo nei lavandini, non fare stupidamente il bagno quotidiano (su questo c'è un'ottima pagina di Pratesi) , mangiare strettamente vegetariano, ribellarsi ad un impianto di morte, non introdurre hamburger e altre sozzure nel tempio arciprofanato del corpo, non far girare motori per motivi futili; sparare alle bocche sonore che emettono rock, prendere a nerbate i piromani che incendiano i boschi, non far crescere col nostro denaro i grandi fatturati assassini (cosa più difficile che rifiutarsi al  fisco), non contribuire ad allargare il deserto, ad aumentare la bruttezza e l'oscurità del mondo.
Il bello morale ci resta, se ogni altra bellezza è perduta. Ci resta e può essere moltiplicato. La protezione ambientale è un'occasione fra migliaia per moltiplicarlo. Un atomo di pulito etico vale cento alberi del Mato arsi, li compensa sub specie aeterni. E' vita invisibile chiamata a soccorrere la straziata, sinistramente, vita visibile.  Fare questo sentendo che il male è ineluttabile e che il castigo è meritato. Perché non siamo "creature innocenti", ma degli empii e dei paranoici.  Gettare nella immane pattumiera che ci è cresciuta intorno quest'obolo della vedova, questo pane rotto sulla faccia dell'acqua. La via sbagliata non si lascia per la giusta, se la giusta non è compresa come l'unica bella. Fare appello all'utilità è non conoscere il cuore umano. Bisogna far sentire quanto importa, alle costellazioni, il profumo del biancospino. "

(Guido Ceronetti: La Lanterna del Filosofo. Adelphi, 2005 pag. 70-77)


sabato 9 febbraio 2013

BUROCRAZIA E POPOLAZIONE




L’insostenibile pesantezza della burocrazia
Quando, appena diciottenne, partii per un lungo viaggio verso l’allora Europa dell’Est, oltre la cosiddetta “cortina di ferro”, tra i tanti aspetti che mi colpirono ce ne fu uno che mi è rimasto impresso indelebilmente. Questo aspetto è difficile da definire, non c’è un termine adeguato a descriverlo. Si tratta infatti del modo di essere delle persone, del loro modo di comportarsi, di muoversi, di interloquire tra loro e con lo straniero, fino all’aspetto fisico vero e proprio. Non si trattava tanto dei sorrisi delle persone, dopo una certa età tutti caratterizzati da uno o più denti d’acciaio (l’oro era proibito), dallo sguardo spento, rassegnato, dalla gestualità ripetitiva e limitata, dagli abiti tutti tendenti al grigio, privi di colori vivaci, di scarsa qualità e sdruciti. Il senso complessivo di una vita ripetitiva, sempre uguale, priva di futuro. O meglio, non era solo questo. Era l’impressione d’insieme sul carattere stesso di queste persone, un carattere afflitto, depresso, senza immaginazione. Per sintetizzare  si potrebbe dire che erano persone che davano l’impressione di meschinità e grettezza. Allora attribuii la cosa alla situazione economica, alla povertà, alla mancanza di competizione per arricchirsi che è spesso presente in occidente. Ma posso oggi affermare con sicurezza che questo aspetto delle società dell’est comunista erano soprattutto effetto del dominio assoluto della burocrazia e dell’ideologia burocratica che dominava ogni aspetto della cultura. Questi pensieri ha ridestato in me l’articolo di Pietro Ostellino apparso lunedì 4 febbraio sul Corriere della Sera di cui riporto un brano:
Quando, a Mosca, portavo la mia automobile a far riparare, una volta che la mia segretaria aveva espletato le pratiche dovevo, per raggiungere l'officina, oltrepassare una sbarra manovrata da un'anziana donnina. Che si rifiutava sistematicamente di alzarla se la mia segretaria (russa) non scendeva e raggiungeva la destinazione a piedi, mentre io ci arrivavo in auto. La ragione del comportamento di questo «Stalin minore e in versione burocratica» era duplice. Innanzitutto, strutturale: ogni burocrate tende a esercitare il potere di cui dispone, grande, piccolo, infinitesimo che sia, in modo arbitrario e dispotico perché l'autoreferenzialità è la sola «sostanziale» fonte di legittimazione che conosca e sia disposto ad accettare; derivandogli quella «formale» dalla politica che gliel'ha conferito. In secondo luogo, moralistica: il burocrate crede di avere una «missione etica» da compiere. Per autolegittimarsi non si limita ad applicare la legge; pretende di dilatarla in vista del «miglioramento morale» dei suoi simili.
Si farebbe, però, torto al burocrate se lo si definisse un fanatico, simile agli interpreti di certe dottrine rivoluzionarie del passato. La sua natura non è ideologica ma teologica, cioè ancor più illiberale. Ma non è un rivoluzionario: è un conservatore, se non un reazionario. Crede a quello che fa ed è, a suo modo, un «chierico» della politica, frustrato dalla sensazione di esserne «usato». La politica dovrebbe limitarne e regolarne i poteri. Ma non ne ha l'interesse perché è, se mai, sua convenienza lasciargli il compito di fare «i lavori sporchi», di sollevarla dalla responsabilità di rispondere di ciò che fa e dal fastidio di «sporcarsi le mani».
Più è esteso il potere burocratico, minori sono le possibilità del cittadino di risalire alla responsabilità ultima, cioè politica, di ciò che gli accade. Il rapporto fra cittadino e burocrazia, in uno Stato caratterizzato da tale forma di arbitrio e di dispotismo amministrativo, è un processo kafkiano senza fine. Così funzionano i regimi autoritari e totalitari dei quali il burocrate è la lunga mano, non di rado senza manco rendersene conto, convinto com'è di assolvere una funzione moralizzatrice. Gli si farebbe, perciò, ancora torto se si ignorasse che, a fondamento di tale convinzione, c'è una filosofia morale. Il guaio è che essa coincide perfettamente con l'ideologia totalitaria. Se all'origine dell'ostracismo della donnina della sbarra verso la mia segretaria c'era il pregiudizio, tipicamente sovietico, che, per il solo fatto di essere al mio fianco in auto, essa appartenesse a quella specie (limitata) di donne russe che si prostituivano allo straniero per un paio di calze di nylon, è presto detto quale fosse la sua filosofia morale. Lo Stato aveva il diritto di verificare dove «tutte» le segretarie - metafora del cittadino comune - passassero serate e pomeriggi e la società, costituita nella totalità da «cittadini onesti», era così «collettivamente unita» da non consentire a nessuno di avere uno stile di vita sottratto al giudizio comune. Se, poi, non era lo Stato a provvedere, ci pensava lei, la piccola «burocrate della sbarra». Tale filosofia morale era l'essenza del totalitarismo sovietico ed è oggi, piaccia o no, il terreno sul quale si sviluppa, da noi, pubblicamente, il vessatorio Stato di polizia fiscale e si concreta l'arbitrio, personale, del burocrate. Il caso sovietico merita, perciò, una riflessione sulla prassi fiscale di certe democrazie liberali dell'Occidente tanto apprezzata dai cultori della nostra fiscalità…
(Piero Ostellino, dal Corriere della Sera del 4 febbraio 2013).
Fu, il mio viaggio nell’est Europa,  molto importante per la mia formazione  e contribuì a creare in me quella fiammella della cultura liberale e dell’amore per la libertà che sarebbe poi cresciuta con gli anni. Una cultura che in Italia non ha mai attecchito in profondità, essendo il popolo italiano spesso vittima volontaria di facili ideologie dietro cui si nasconde in genere il potere della burocrazia. Non faccio distinzioni di destra o di sinistra, alla lunga infatti il potere burocratico perde il colore rosso o nero per divenire uniformemente grigio. Al potere burocratico si addicono le uniformi, sia militari che politiche. Ma lo tradiscono i volti, quelli non si possono nascondere nell'uniformità. I volti delle persone nei paesi totalitari esprimono squallore e tristezza.   Il volto di un uomo libero è riconoscibilissimo per chi sa guardare oltre le parole e le frasi fatte.  Anche la mia battaglia contro la sovrappopolazione ha a che vedere con questa aspirazione alla libertà.  Credo infatti che un mondo sovrappopolato sia inevitabilmente un mondo in cui la burocrazia esercita un potere eccessivo e antidemocratico. In un pianeta limitato con risorse limitate, un numero spropositatamente alto di abitanti non può che portare al potere dei “regolatori”, di coloro che si arrogano il diritto di decidere il come, il dove e il quanto nella vita dei cittadini.  Che si arrogano il diritto di decidere chi può e chi non può usufruire di queste o quelle risorse. Un potere che per affermarsi si richiama a parole-totem  come giustizia ed uguaglianza, oppure nazione e moralità, ma che è invece basato sul dominio diseguale di chi controlla lo Stato e instaura un controllo assoluto sulla vita dei cittadini. Un potere che per automantenersi non può che rendere i miliardi di individui, potenzialmente liberi, una massa grigia e informe di conformismo e meschinità.


mercoledì 6 febbraio 2013

LE CORBUSIER A ROMA



 Nella mostra organizzata al Maxxi di Roma su  Le Corbusier, c’è un settore che si occupa del rapporto tra il grande architetto e Roma. In uno dei pannelli illustrativi è riportato come Le Corbusier vedeva, in uno studio commissionatogli alla fine degli anni ’30 dall’amministrazione fascista, il futuro sviluppo della città con le sue periferie. L’architetto era ben cosciente di quel fenomeno  che già allora era in atto e che negli anni successivi alla guerra sarebbe esploso in maniera incontrollata: l’urbanizzazione massiccia. Grande anticipatore e visionario, personalità in grado di creare un’idea di futuro, Le Corbusier proponeva uno sviluppo  della periferia romana in grado di armonizzare l’enorme espansione demografica prevista,  con il verde della campagna romana, attraverso la costruzione di grattacieli ben distanziati tra loro da ampi spazi verdi, non trascurando ovviamente ampie vie di comunicazione in parte di superficie e in parte interrate e servizi collegati. L’edificazione di strutture abitative di qualità estetica e tecnica  in altezza, come già avvenuto in altre importanti città,  avrebbero consentito di risparmiare suolo verde pregiatissimo per il paesaggio e la storia dei luoghi.  Purtroppo dopo la guerra si abbandonò ogni progettualità delle periferie e si lasciò alla spontaneità e alla illegalità dell’abusivismo carta libera. Si badò solo a favorire alcuni grandi costruttori, i famigerati “squali”, e a mantenere un sistema di mazzette e di corruzione attraverso cui si crearono illeciti arricchimenti, carriere politiche, ladrocinio di denari pubblici e un disastro ambientale e architettonico che ha pochi precedenti nella storia mondiale. Era in quegli anni che Rosi raccontò nel suo bel film “Le mani sulla città” la rapina di paesaggio e lo scempio di territorio fatto dalla malavita e dalla corruzione politica a Napoli, ma la storia era pressoché la stessa anche a Roma. La magnifica campagna romana, fatta di verde, paesaggi ameni, pascoli,  boschi di enorme bellezza che risalivano su fino alle colline dei castelli romani e al preappennino, dove la mano dell’uomo si era armonizzata fino ad allora con la natura e il paesaggio creando orti, coltivazioni e vigneti; la campagna  cantata nei secoli passati da illustri e colti personaggi che venivano da tutt’europa come Byron, Shelley, Goethe, sparì in pochi decenni, sostituita da un’orrenda accozzaglia di case e casupole squallide, mal costruite, mal coibentate, piene di amianto, edificate senza alcun piano regolatore nella completa illegalità. Interi quartieri sorsero dal nulla privi di viabilità, con strade strette e caotiche, senza fognature e servizi. La proposta di Le Corbusier finì nel nulla e non fu mai più ripresa. La timida proposta di creare un Centro Direzionale fatta al tempo del governo Craxi, finì come tutte le altre per l’opposizione di alcune parti politiche ( c’era chi vedeva nel caos delle periferie abusive la bellezza della spontaneità proletaria!), e per la cronica carenza di fondi, deviati verso corruttele più remunerative.Un vero piano regolatore non fu mai approvato, a parte una finzione di piano che permetteva qualunque abuso mediante il meccanismo delle varianti in deroga.  La corruzione a tutti i livelli e la tolleranza colpevole delle autorità permise e avallò comunque l’edificazione massiccia. Edificazione  che trovava un centro di aggregazione intorno ai cosidetti Nuovi Centri Commerciali, dietro la cui spinta si realizzava (e si realizza)  l’illegalità e il riciclaggio. In modo caotico  si dava avvio alla cementificazione di migliaia di ettari di suolo, in cui il paesaggio era il vero bottino intorno a cui si adunavano famelici decine e decine di lupi sbranatori di suolo verde. Una delle vittime più illustri di questo scempio è la ex-meravigliosa Villa Adriana, nei pressi della via tiburtina,  una volta di metafisica bellezza, immersa in un paesaggio verde lussureggiante con le sue immense rovine, le antiche statue e le vasche d’acqua. Oggi tutto il territorio circostante la Villa è divenuto un’immensa distesa di squallide case, strade, capannoni e centri commerciali. Discariche a cielo aperto circondano la Villa patrimonio dell'Unesco. Discariche ove tutti riversano rifiuti: copertoni, vecchi elettrodomestici, materiali tossici, calcinacci, frammenti di eternit, cartacce e liquami, rendendo il luogo spettrale e incredibile per ogni visitatore dotato di un minimo di senso civile. Molti stranieri visitatori sono stupiti: come è stato possibile tutto questo? Tra Tivoli e Roma non c’è più soluzione di continuità e il degrado cementizio è uniforme.  Proprio in tutta vicinanza alla Villa è in atto l’ultima mostruosa cementificazione con l’edificazione, approvata da comune e regione, della lottizzazione Nathan di 500 mila metri cubi di palazzi, oltre al tentativo per adesso rinviato di posizionare accanto alla Villa, patrimonio dell’Unesco, la grande discarica di Corcolle per i rifiuti di Roma. La follia non ha limiti e la vicenda assume aspetti comici con l’ultima giunta della Regione. Si è infatti messo a capo della commissione regionale per l’Ambiente nientemeno che un costruttore e mercante di palazzi, un certo Carlino (quello della frase: “non sogni ma solide realtà”), sponsorizzato dal capo dell’Udc nonché genero di Caltagirone, uno dei maggiori costruttori attivi a Roma. Povero Le Corbusier, se vedesse com’è ridotta oggi la periferia romana…




(Sopra: la periferia romana nella realtà)

domenica 3 febbraio 2013

FUSIONE FREDDA: PROSSIMA LA VERITA' SULL'E-CAT DI ROSSI




 Siamo tutti con il fiato sospeso. Siamo in attesa della prossima pubblicazione dei test indipendenti svolti sui vari tipi di E-cat di Rossi. L’ultimo, quello sull’ Hot-Cat che lavora a più di 600 gradi Celsius, sarebbe stato terminato nella mattinata  del 21 dicembre 2012  in Usa. A più di un mese dalla conclusione dei test ancora non è uscito niente, neanche indiscrezioni. E’ ovvio che si diffondano voci di risultati negativi, mentre Rossi  afferma che pubblicherà i risultati in ogni caso. 
Rossi ha spiegato le ragioni di questo ritardo: “I professionisti terzi sono totalmente indipendenti da noi, non sono pagati da noi e quindi non possiamo mettere loro fretta o ordinare loro alcunché. In buona sostanza “sono liberi di pubblicare dove vogliono, quando vogliono, qualsiasi risultato”. In conclusione, “ciò che dipende da me, dipende da me, ciò che è indipendente, è indipendente”. 

Nel frattempo dalla Prometeon, che commercializza i reattori, si apprende che la produzione degli e-cat va avanti (la fabbricazione avviene negli Stati Uniti) e al momento sarebbero in produzione, secondo quanto ha affermato lo scienziato bolognese,  3 E-Cats da 1 MW: uno a bassa temperatura , un E - Cat Hot ed un E-Cat alimentato a gas. Per quanto riguarda l’e-cat domestico ad uso familiare si debbono attendere tempi più lunghi in quanto vi sono problemi con le certificazioni di sicurezza.
L’E-Cat industriale, invece,  è dotato della certificazione CE che garantisce la conformità del prodotto alle disposizioni comunitarie che lo riguardano: dalla progettazione alla fabbricazione, all’immissione sul mercato, alla messa in servizio del prodotto fino allo smaltimento.  
Rossi tuttavia non può prendersela con troppa calma in quanto i concorrenti stanno lavorando velocemente. La Defkalion Europe è pronta per la commercializzazione del suo reattore R5, su cui specificano che   “attualmente siamo in grado di ottenere temperature di oltre 600°C nel circuito secondario utilizzando fluidi termici opportuni. Il reattore può essere acceso e spento in breve tempo e la reazione è completamente sotto controllo. La carica del reattore dura sei mesi di funzionamento continuo e il prodotto finale della reazione è principalmente rame e qualche altro metallo non nocivo alla salute e all’ambiente”. 
La Brillouin Corp. ha brevettato in settembre il suo reattore in Cina e si dice pronta per entrare in produzione.  Piantelli ha ottenuto a gennaio 2013 il brevetto europeo del suo reattore LENR, riuscendo così ad essere il primo brevetto ufficiale di un reattore italiano.  A luglio dello scorso anno il Professor Miley (Università dell'Illinois) ha ottenuto il primo brevetto americano. La Toyota in Giappone, anche per le difficoltà dell’approvvigionamento energetico del paese dopo Fukushima, sta spingendo con le ricerche e i test presso l’università di Osaka, e secondo alcuni siti web, anche negli Stati Uniti , con lo scopo di accedere in tempi brevi a nuove fonti di energia meno costosa degli idrocarburi, senza emissioni nocive per l'ambiente. Presto si potrebbero avere grosse novità sul reattore che Toyota e Mitsubishi stanno preparando insieme ai ricercatori giapponesi e americani.  Il 2013 potrebbe essere l’anno cruciale per una risposta definitiva sulla esistenza e sulla efficienza delle LENR-Fusione Fredda come nuova fonte di energia affidabile, pulita e senza emissioni di gas serra.