Nella mostra organizzata al Maxxi di Roma su Le Corbusier, c’è un settore che si
occupa del rapporto tra il grande architetto e Roma. In uno dei pannelli illustrativi è riportato come Le Corbusier vedeva, in uno studio commissionatogli alla fine
degli anni ’30 dall’amministrazione fascista, il futuro sviluppo della città
con le sue periferie. L’architetto era ben cosciente di quel fenomeno che già allora era in atto e che negli
anni successivi alla guerra sarebbe esploso in maniera incontrollata:
l’urbanizzazione massiccia. Grande anticipatore e visionario, personalità in
grado di creare un’idea di futuro, Le Corbusier proponeva uno sviluppo della periferia romana in grado di
armonizzare l’enorme espansione demografica prevista, con il verde della campagna romana, attraverso la costruzione
di grattacieli ben distanziati tra loro da ampi spazi verdi, non trascurando
ovviamente ampie vie di comunicazione in parte di superficie e in parte
interrate e servizi collegati. L’edificazione di strutture abitative di qualità estetica e tecnica in altezza, come già avvenuto in altre importanti città, avrebbero consentito di
risparmiare suolo verde pregiatissimo per il paesaggio e la storia dei
luoghi. Purtroppo dopo la guerra
si abbandonò ogni progettualità delle periferie e si lasciò alla spontaneità e
alla illegalità dell’abusivismo carta libera. Si badò solo a favorire alcuni
grandi costruttori, i famigerati “squali”, e a mantenere un sistema di mazzette
e di corruzione attraverso cui si crearono illeciti arricchimenti, carriere
politiche, ladrocinio di denari pubblici e un disastro ambientale e
architettonico che ha pochi precedenti nella storia mondiale. Era in quegli
anni che Rosi raccontò nel suo bel film “Le mani sulla città” la rapina di
paesaggio e lo scempio di territorio fatto dalla malavita e dalla corruzione
politica a Napoli, ma la storia era pressoché la stessa anche a Roma. La magnifica
campagna romana, fatta di verde, paesaggi ameni, pascoli, boschi di enorme bellezza che
risalivano su fino alle colline dei castelli romani e al preappennino, dove la
mano dell’uomo si era armonizzata fino ad allora con la natura e il paesaggio
creando orti, coltivazioni e vigneti; la campagna cantata nei secoli passati da illustri e colti personaggi
che venivano da tutt’europa come Byron, Shelley, Goethe, sparì in pochi
decenni, sostituita da un’orrenda accozzaglia di case e casupole squallide, mal
costruite, mal coibentate, piene di amianto, edificate senza alcun piano regolatore nella
completa illegalità. Interi quartieri sorsero dal nulla privi di viabilità, con
strade strette e caotiche, senza fognature e servizi. La proposta di Le
Corbusier finì nel nulla e non fu mai più ripresa. La timida proposta di creare
un Centro Direzionale fatta al tempo del governo Craxi, finì come tutte le
altre per l’opposizione di alcune parti politiche ( c’era chi vedeva nel caos
delle periferie abusive la bellezza della spontaneità proletaria!), e per la
cronica carenza di fondi, deviati verso corruttele più remunerative.Un vero piano regolatore non fu mai approvato, a parte una finzione di piano che permetteva qualunque abuso mediante il meccanismo delle varianti in deroga. La
corruzione a tutti i livelli e la tolleranza colpevole delle autorità permise e avallò comunque l’edificazione massiccia. Edificazione che trovava un centro di aggregazione
intorno ai cosidetti Nuovi Centri Commerciali, dietro la cui spinta si
realizzava (e si realizza) l’illegalità e il
riciclaggio. In modo caotico si
dava avvio alla cementificazione di migliaia di ettari di suolo, in cui il
paesaggio era il vero bottino intorno a cui si adunavano famelici decine e
decine di lupi sbranatori di suolo verde. Una delle vittime più illustri di
questo scempio è la ex-meravigliosa Villa Adriana, nei pressi della via
tiburtina, una volta di metafisica
bellezza, immersa in un paesaggio verde lussureggiante con le sue immense
rovine, le antiche statue e le vasche d’acqua. Oggi tutto il territorio circostante la Villa è
divenuto un’immensa distesa di squallide case, strade, capannoni e centri
commerciali. Discariche a cielo aperto circondano la Villa patrimonio dell'Unesco. Discariche ove tutti riversano rifiuti: copertoni,
vecchi elettrodomestici, materiali tossici, calcinacci, frammenti di eternit, cartacce e liquami, rendendo il luogo spettrale e incredibile per ogni visitatore dotato
di un minimo di senso civile. Molti stranieri visitatori sono stupiti: come è
stato possibile tutto questo? Tra Tivoli e Roma non c’è più soluzione di
continuità e il degrado cementizio è uniforme. Proprio in tutta vicinanza alla Villa è in atto l’ultima
mostruosa cementificazione con l’edificazione, approvata da comune e regione,
della lottizzazione Nathan di 500 mila metri cubi di palazzi, oltre al
tentativo per adesso rinviato di posizionare accanto alla Villa, patrimonio
dell’Unesco, la grande discarica di Corcolle per i rifiuti di Roma. La follia
non ha limiti e la vicenda assume aspetti comici con l’ultima giunta della
Regione. Si è infatti messo a capo della commissione regionale per l’Ambiente
nientemeno che un costruttore e mercante di palazzi, un certo Carlino (quello
della frase: “non sogni ma solide realtà”), sponsorizzato dal capo dell’Udc
nonché genero di Caltagirone, uno dei maggiori costruttori attivi a Roma.
Povero Le Corbusier, se vedesse com’è ridotta oggi la periferia romana…
(Sopra: la periferia romana nella realtà)
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