Come grandi orecchie tecnologiche decine
e decine di radiotelescopi sono puntati nella notte, ogni notte, verso lo
spazio profondo. Sono i potenti radiotelescopi del Progetto Seti (Search for
Extra-Terrestrial Intelligence), un programma grazie al quale dagli anni
Sessanta del XX secolo un gruppo di radioastronomi sta perlustrando i cieli
alla ricerca di qualsiasi cosa che indichi che non siamo soli nell’universo. Un
sistema computerizzato analizza eventuali segnali per scoprire regolarità e
caratteristiche che facciano pensare a segnali intelligenti. E’ come cercare un
ago in un pagliaio: ad oggi i ricercatori hanno osservato solo alcune migliaia
di stelle in un raggio di circa 100 anni luce. Paragoniamo questi dati alla
scala della nostra galassia: 400 miliardi di stelle sparse in uno spazio di più
di 100.000 anni luce; e ci sono miliardi di altre galassie…le potenzialità di
ricerca aumentano quasi ogni giorno: gli apparecchi raddoppiano la loro potenza
ogni uno o due anni, e altrettanto impetuosamente crescono l’efficienza degli
strumenti e la velocità di elaborazione dei dati. E’ attualmente in
costruzione un sistema di 350
radiotelescopi collegati tra loro ad Hat Creek, nella California del Nord.
L’Allen Telescope Array, dal nome del benefattore Paul Allen, metterà gli
scienziati alla ricerca di segnali alieni nella condizione di sorvegliare una
porzione della galassia molto più ampia. La struttura è gestita dall’università
della California a Berkeley e dal Seti Institute. Gli astronomi mantengono un certo
ottimismo (hanno sempre una bottiglia di champagne in frigo) ma fino ad oggi
non sono stati registrati segnali. Attualmente gli scienziati si chiedono se
non sia il caso di ampliare la ricerca uscendo da un certo antropocentrismo: ci
siamo concentrati su segnali radio a banda stretta (alta frequenza), ma è
possibile che civiltà aliene usino altri sistemi di trasmissione. Oggi esistono
rilevatori in grado di monitorare milioni e addirittura miliardi di canali
radio nello stesso momento. Sempre
negli anni Sessanta nacque il settore ottico di Seti, nella prospettiva che
esseri intelligenti potessero usare il laser per comunicare: gli astronomi
cercano un segnale sotto forma di impulsi luminosi di brevissima durata e di
alta intensità. Altri mezzi ipotizzati sono i neutrini o altre particelle
esotiche, fino a prevedere messaggi scritti in molecole organiche o virus.
Alcuni anni fa è stato trovato dna in meteoriti. Una variabile da considerare è
la durata di una civiltà in grado di comunicare: più essa è lunga, più è
probabile che i segnali che invia siano visti da noi. Trasmettere potenti onde
radio attraverso la galassia presuppone un’ingegneria molto sviluppata e
richiede molta energia. E’ sicuro che una civiltà aliena adeguerebbe la propria tecnologia in modo da minimizzare l’impatto
ambientale? E’ anche possibile che lo sviluppo tecnologico sia incompatibile,
ad un certo punto, con la sopravvivenza della civiltà intelligente.
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Oggi sappiamo che il
numero di stelle nell’universo è pari a 1 seguito da 23 zero. Dato questo
numero, è arrogante da parte nostra pensare che il nostro sia l’unico Sole con
un pianeta che ospita la vita, e che questo sia l’unico sistema solare con una
forma di vita intelligente. ( Edwuard J.Weiler, direttore Nasa).
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La vita è una mostruosa
coincidenza che si è verificata una sola volta soltanto sul nostro pianeta,
oppure si tratta di un fatto cosmico, e in quanto tale è diffusa in tutto
l’universo? Inoltre qual è il tempo medio perché nasca la vita intelligente?
Quali sono i fattori che possono aver ritardato o accelerato questo sviluppo
sulla Terra? Sono questioni chiave per valutare la frequenza della vita e
dell’intelligenza in relazione alla durata dell’Universo e alle distanze. Ciò
influisce sulle probabilità che noi abbiamo di intercettare segnali di vita
intelligente dall’universo.
( Sintesi tratta da
alcuni brani del libro di Paul Davies: "Uno strano silenzio", edizioni Le
Scienze, 2012).
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La vita intelligente
potrebbe essere un fenomeno unico, e l’unico pianeta abitato da esseri pensanti può essere la Terra. Ciò è possibile,
anche se inverosimile. Ma la verità potrebbe essere un’altra. Lo strano
silenzio del cosmo che ci circonda potrebbe essere l’esito di estinzioni di
civiltà che non hanno saputo gestire la tecnica. Se esseri viventi in grado di
sviluppare una tecnologia avanzata si dedicano al consumo rapido delle risorse
e alla alterazione irreversibile dell’ambiente planetario, la civiltà creata da
quegli esseri viventi ha vita breve. La tecnologia può essere allora paragonata
ad un fiammifero che si consuma in un secondo con una rapida combustione. Questo
avviene perché parallelamente alla conoscenza tecnica non si sviluppa una
adeguata coscienza etica. Una civiltà che consuma il pianeta e se
stessa in 30-40 mila anni è paurosamente simile alla nostra ( per la terra gli
etologi parlano della sesta estinzione, la sesta grande estinzione di massa).
Il silenzio che ci circonda potrebbe essere il silenzio della stupidità e
dell’arroganza, esattamente simile a quella dell’Homo sapiens che ci sta
avviando all’estinzione sulla terra. Aver confidato solo in se stessi e nella
propria specie, aver soffocato e distrutto tutte le altre specie con uno
stupido ed egoistico antropocentrismo potrebbe essere il motivo della nostra
prossima fine come quella di altre civiltà aliene. La vita è basata sul rapporto equilibrato tra
ciascuna specie con tutte le altre,
e questo rapporto di rispetto e coesistenza non può venire meno, pena la fine della vita sul pianeta. Purtroppo,
fino ad oggi, la civiltà umana fa parte di quelle civiltà avviate al silenzio
cosmico.
<< Lo strano silenzio del cosmo che ci circonda potrebbe essere l’esito di estinzioni di civiltà che non hanno saputo gestire la tecnica. Se esseri viventi in grado di sviluppare una tecnologia avanzata si dedicano al consumo rapido delle risorse e alla alterazione irreversibile dell’ambiente planetario, la civiltà creata da quegli esseri viventi ha vita breve. >>
RispondiEliminaCaro Agobit ti faccio i complimenti per questa bella analisi che mi pare del tutto fondata.
Che la vita intelligente sia stata una cosa UNICA nell'universo è davvero difficile da credere.
Ma che l'accelerazione tecnologica abbia poi portato non al dominio delle galassie ma ad una rapida (e triste) estinzione mi pare davvero l'ipotesi più probabile.
Complimenti anche per la metafora del cerino.
Il fatto che sia difficile credere la vita intelligente sia solo sulla Terra non vuol dire che non sia possibile. C'è un bel libro di Stephen Webb (un fisico) "Se l'universo brulica di alieni dove sono tutti quanti?" nel quale il Paradosso di Fermi viene risolto in modo molto convincente: siamo soli. Troppe variabili, anche in un universo vastissmo,per produrre la vita, tanto più vita intelligente (sempre se possiamo definirci così).
RispondiEliminaIn ogni caso, probabilmente non lo sapremo mai.
Mai dire mai, in fondo abbiamo esplorato solo una parte infinitesima della nostra galassia. C'è ancora molto da fare. La coscienza della rarità della vita intelligente ci dovrebbe spingere ad una maggiore attenzione al fragile equilibrio che la sostenta sul nostro pianeta.
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