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mercoledì 28 novembre 2012

L'INTERVENTO DI SALVATORE SETTIS AL CONVEGNO SUL CONSUMO DI TERRITORIO


 Pubblichiamo un riassunto del recente intervento di Salvatore Settis all’incontro svoltosi a Firenze il 19 novembre 2012, dal titolo ”Uso vs. consumo del territorio rurale”.
All’incontro erano presenti tra gli altri: il Ministro delle politiche agricole Catania, il governatore della regione Toscana Rossi, l’assessore al Governo del territorio della regione Anna Marson e il presidente di Slow Food internazionale Carlo Petrini.
Intervento di Salvatore Settis
Ho criticato il disegno di Legge presentato dal Ministro Catania, ma solo al fine di di aiutare a migliorarlo. In verità alcuni cambiamenti ci sono stati e al Ministro va riconosciuto il grande merito di avere rotto il silenzio dei governi e aver portato all’attenzione pubblica questo tema importante.
Abbiamo la fortuna di aver qui un ministro che sente molto il problema, abbiamo la possibilità di svolgere davanti a lui dei ragionamenti.
La difesa dei suoli è straordinariamente importante; voglio però ribadire che nulla al momento può tutelare un paesaggio meglio di quanto possa fare l’agricoltura.
Il ruolo dell’agricoltura, degli agricoltori, è centrale e fondamentale. Ma le leggi che intervengono su questi temi possono avere risultati solo se “fanno sistema” con scelte politiche di fondo: recuperiamo terreni agricoli abbandonati, consumiamo meno suolo, tuteliamo il paesaggio.
Porterei ad esempio quanto mi dicono stia facendo il governo Lula: con una legge si è stabilito che per alimentare le mense pubbliche almeno il 30 % dei prodotti deve venire dalle produzioni locali. Un modo serio, dunque, per sostenere il “ chilometro zero” e di tutelare il lavoro delle comunità, e dunque agricoltura e il paesaggio.
Il numero degli appartamenti negli ultimi 10 anni, nel nostro Paese, è cresciuto di 38,7 volte quello dei nuovi italiani. Sono numeri impressionanti, qualche cosa bisogna fare.
Questo disegno di legge, pur migliorato rispetto alle sue prime versioni, presenta ancora alcuni punti di debolezza. Il punto essenziale è che tutte le norme devono fare sistema con le altre: una legge sulla scuola che non tiene conto dell’Università, o viceversa, non serve o è dannosa. In questo Paese c’è una sorta di accanimento terapeutico: ci sono le norme sul paesaggio, sul territorio, sull’ambiente, sull’ agricoltura: quattro ambiti a cui corrispondono altrettante concezioni giuridiche diverse, diversi soggetti titolari di competenze e poteri, spesso senza un reale coordinamento.
Il paesaggio venne tutelato nel 22 con una legge, la legge n.778 del 1922: “per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico”, molto ben fatta, ma con una accezione di paesaggio che si ferma dove comincia la città. L’autorità competente viene individuata nel Ministero della Pubblica Istruzione. La legge urbanistica del 42 regolava le città, ma finiva la sua materia dove cominciava la campagna, dando le competenze al Ministero dei lavori pubblici.
Queste normative sono state assunte dalla Costituzione, che con l’art. 9 è la prima Costituzione che introduce il concetto di “Tutela del Paesaggio”. Il paesaggio dunque tutelato dallo Stato. Mentre con l’art. 117 la competenza per il territorio viene assegnata alla Regione ed agli enti da essa delegati.
Così abbiamo una Italia del Paesaggio, una Italia dell’Ambiente, una del Territorio, una Italia dell’Agricoltura. Quattro diverse italie, governate da quattro diverse autorità. Sono stati fatti tentativi, come la legge Sullo, che purtroppo fallì nessuno mai ha raggiunto il risultato di affermare che l’Italia è una.
A ricordarcelo c’ è il rischio idrogeologico: quando c’è un terremoto sono colpiti insieme agricoltura paesaggio ambiente e territorio. Capita così che ogni anno, normalmente a novembre, ci viene ricordato che il Paese è uno, ma poi lo dimentichiamo per tutto l’anno.
Ecco allora la necessità di avere un approccio di sistema. Bisogna incidere non solo con le regole ma con provvedimenti di sistema che operino di concerto tra di loro, mettendo in rapporto il paesaggio con ambiente territorio e agricoltura. Utilizzando il vincolo e il piano, due criteri che sembrano essere in contrasto tra loro : il vincolo ritaglia porzioni di paesaggio da salvaguardare, è la logica della legge del 22. Con la legge Bottai al vincolo si affianca la pianificazione degli interventi.
Quando arrivarono le autonomie regionali, con i decreti delegati si affidarono alle regioni i piani territoriali paesistici, i piani di coordinamento in materia urbanistica. Le Regioni hanno avuto dal Paese l’opportunità di raccordare tutte le materie; ci hanno forse provato, ma non lo hanno fatto o lo hanno fatto male.
Con la legge ponte in materia urbanistica le cose son peggiorate: si è fatta una cosa tipica italiana, stabilendo che sarebbe entrata in vigore dopo due anni: come se per due anni si fosse invitato a distruggere, invito raccolto.
La mappa finale di questa storia che ho visto da vicino perché ho lavorato per tre governi di diversa colorazione è in sintesi questa: lo Stato si attacca al vincolo; gli strumenti di pianificazione sono in mano alle regioni che spesso delegano ai comuni. Tutela del paesaggio e governo del territorio diventano due approcci alternativi, che non si coordinano.
Il codice dei beni culturali contiene norme importantissime per il superamento di questa situazione. Il “Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali.Questa definizione include il paesaggio agrario, anzi è forse uno dei primi oggetti. Per l’art. 131 “La valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura. A tale fine le amministrazioni pubbliche promuovono e sostengono, per quanto di rispettiva competenza, apposite attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio
E ancora “Le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati: «piani paesaggistici. (…) In riferimento a ciascun ambito, i piani predispongono specifiche normative d’uso, per le finalità indicate negli articoli 131 e 133, ed attribuiscono adeguati obiettivi di qualità alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio.
Secondo me è da queste norme che si deve partire, e sono questi i riferimenti normativi che vanno inseriti in un sistema. Recuperando il richiamo all’art. 9 della Costituzione, ingiustificatamente omesso nella parte iniziale del Disegno di Legge del Ministro Catania.
Qualche preoccupazione suscita l’attuale stesura dell’art. 3 della proposta, nel determinare la superficie agricola massima consumabile. Sarebbe forse l’ora di smettere di stabilire dei tetti. In altri campi siamo molto bravi a stabilire tagli lineari, magari li chiamiamo spending review ma sono tagli lineari. Facciamo allora un taglio lineare al consumo di suolo. Stabiliamo che tagliamo del 2,3% il consumo di suolo: sarebbe un atto simbolico che avrebbe un significato enorme.
Un’altra perplessità riguarda il meccanismo a cascata: si fissa a livello nazionale una certa quantità di terreno agricolo consumabile, che poi viene ripartita tra le regioni e poi sui comuni. Questo meccanismo porta a incrementare il consumo del territorio.
Così come non può trovarci concordi il dispositivo dell’art.8 , che stabilisce in “non oltre tre anni” dalla pubblicazione la data di entrata in vigore delle norme. Differire di tre anni è in invito a consumare il territorio.
Facciamo un tentativo simbolico di ridurre il consumo di territorio, e cerchiamo di farlo da subito.


COMMENTO ALL'INTERVENTO DI SETTIS

    Se non si tagliano le gambe alla speculazione sarà ben difficile arrivarne a capo. Il consumo indiscriminato di suolo è una follia e non solo per l’aspetto paesaggistico ma è e sarà estremamente importante per l’alimentazione umana ed animale, con tali presupposti i terreni son proprietà di tutti. Occorre, e non e più differibile,   pensare a modi di sviluppo diversi di quelli sino ad ora perseguiti,  con l’istituzione di leggi che non permettano ai proprietari terrieri di speculare.  Infatti ogni proprietario ha il sogno nel cassetto : che i suoi terreni siano resi edificabili immettendoli nei PGT. Un terreno agricolo costa 3000 4000 euro la pertica pavese (circa 770 mq), una volta  resi edificabili vengono a costare 30 40 volte il valore originario.  Si è ipotizzata  una legge che permetta ai Comuni di espropriare i terreni sui quali avverrà lo sviluppo, in base alle richieste dei cittadini che desiderano costruire una nuova abitazione, facendo loro firmare un impegno dietro giusta caparra.  Il Comune espropriera’ i terreni necessari pagando i proprietari secondo i valori agricoli medi  e a speculare sarà la comunità che ne trarrà enorme giovamento. Per evitare che i comuni facciano cassa con la rivendita dei terreni espropriati,  meglio ancora sarebbe l'obbligo legislativo da parte del proprietario  di vendere a prezzi politici ad un organismo statale (od una apposita authority) tutti i terreni destinati ad edificazione. Sarebbe così lo Stato (cioè tutti i cittadini) a guadagnare dalla rivendita dei terreni ai costruttori, con una specie di tassa anti-speculazione. Con una speculazione moderata anche i prezzi delle case risulteranno calmierati. Nelle proposte del governo del ministro Catania mancano alcune cose importanti, oltre a quelle evidenziate. Quello che manca è l’esplicitazione di un obiettivo tendenziale di consumo netto di suolo zero, come già espresso nella comunicazione della CE sull’uso efficiente delle   risorse. E un comma che renda chiaro che il consumo di suolo delle opere infrastrutturali entra nel conteggio complessivo e non sta invece fuori come parrebbe adesso. Leggi, vincoli, e piani sono senz’altro necessari, ma se non si interviene anche sui meccanismi di mercato, rendendo più conveniente recuperare l’esistente che costruire sul nuovo si rischia di andare poco lontano. La compensazione preventiva, di cui nel DDL non c’è accenno, è uno di questi strumenti. Così come un forte prelievo fiscale sulle plusvalenze dei cambi di destinazione d’uso. 
Aggiungo che senza una riduzione della crescita demografica ogni tentativo di ridurre il consumo dei suoli è destinato a rimanere una illusione. In presenza di una pressione antropica alta su un certo territorio, ogni tentativo di fermare l'espansione del cemento è destinato a fallire. Inoltre in un mondo dove sono sempre più facili gli spostamenti di grandi masse umane, come nei fenomeni immigratori per motivi economici, la mera difesa dei suoli con barriere legislative e anti-speculative non basta. Occorre un discorso globale sulle politiche di natalità che leghino la concessione di certi diritti a doveri verso il pianeta e l'ambiente inteso come sistema globale. Gli aiuti e gli accordi di cooperazione dovrebbero essere legati a politiche di controllo demografico da parte dei paesi di origine. 



sabato 24 novembre 2012

NOVITA' DAGLI USA: UN NUOVO MATERIALE MIGLIORA LA FUSIONE FREDDA




Dall’Università californiana La Verne vengono grandi novità riguardo le LENR- Fusione Fredda.  Iraj Parchamazad Professore di Chimica alla University of La Verne con la collaborazione  del professor Melvin Miles – Professore Emerito di Chimica-, sta portando avanti importanti ricerche nel campo della cosiddetta Fusione Fredda (Cold Fusion o LENR secondo una denominazione più corretta), utilizzando nuovi materiali come gli ZEOLITI.  Questo materiale, in effetti già conosciuto in passato ma dalle potenzialità non ancora esplorate, è composto da molecole complesse aggregate in strutture cristalline. Si tratta per lo più di sopra-molecole composte da atomi di alluminio, silicone ed ossigeno, variamente aggregati tra loro a formare un reticolo cristallino che delimita micro-camere di tre ordini di grandezza variabili tra i 13 e i 24 armstrong. Queste micro-camere hanno caratteristiche fisico-chimiche rilevanti per il campo delle LENR  in quanto determinano spontaneamente campi elettrici e magnetici in oscillazione che conferiscono al materiale importanti proprietà. Infatti caricando la struttura cristallina con nanoparticelle di altri elementi, le micro-camere vanno a catturare e intrappolare le nanoparticelle (selezionando quelle adatte alle dimensioni delle microcamere) e a sottoporle al campo elettrico e magnetico.  Il professor Parchamazad ha utilizzato per la prima volta gli zeoliti per la fusione fredda. Ha prodotto un reattore LENR composto da una  struttura cristallina zeolite  caricata  con nanoparticelle di palladio in una camera di acciaio,  e ha sottoposto il complesso zeolite-palladio al gas di Deuterio. Si è così prodotta una reazione esotermica LENR che ha la caratteristica di non richiedere alcuna energia dall’esterno, di durare indefinitamente, con una chiara e inconfutabile produzione di calore. Il COP (guadagno tra energia prodotta ed energia immessa) è infinito perché non c'è alimentazione dall'esterno. Allo scopo di misurare la produzione termica si sono poste termocoppie collegate al reattore che misurano la temperatura sia del gas in entrata che della camera metallica di reazione, e infine del gas in uscita. La reazione, chiarisce il professor Parchamazad, non è facile da ottenere in quanto richiede alcuni accorgimenti tecnici. Innanzitutto il Palladio deve essere in forma organo-metallica, le nanoparticelle debbono essere composte da 10 massimo 20 atomi di palladio, e debbono essere caricate con particolari modalità. La reazione cambia a seconda di come avviene la carica del palladio nel reticolo cristallino dello zeolite. Si è visto che funzionano reattori anche solo con 20 milligrammi di palladio. Se si seguono le procedure giuste la reazione esotermica avviene sempre ( “10 volte su 10” dice il professore) ed è perfettamente riproducibile. Ogni nanoparticella contiene  meno di un milionesimo di grammo di palladio ed è sottoposta, nella micro-camera dello zeolite, ad un campo elettrico che fluttua quando lo ione si muove. Tra l’altro questa proprietà può essere sfruttata per stoccare energia elettrica, ed infatti gli zeoliti sono anche allo studio come sistemi di stoccaggio dell’energia prodotta dalle rinnovabili. La conferma che nel reattore zeolite-palladio avvengono reazioni nucleari viene dalle misurazione degli elementi prodotti alla fine delle reazioni, utilizzando apparecchi RNM o con microscopia elettronica o con fluorescenza ai raggi X. Si sono trovate quantità di palladio 105 e di RAME. “Da dove proviene il rame?” Si chiede il professor Parchamazad. Si possono escludere al 100 per 100 inquinamenti o impurità, visto che le misurazioni accurate fatte prima della reazione non mostrano questi elementi. Si tratta con tutta evidenza di TRASMUTAZIONI, e ciò conferma in maniera inoppugnabile che le LENR sono reazioni nucleari con produzione di nuovi elementi. Il professor Miles ipotizza che una volta che le nanoparticelle di Palladio sono intrappolate in una posizione estremamente limitata nelle micro-camere dello zeolite, allora la quantità di moto delle particelle sarà sufficiente per penetrare la barriera di Coulomb. Bisogna capire che un elemento critico è l’orientamento dei componenti attivi nelle cavità e a questo scopo è utile il campo magnetico o elettrico che facilita la reazione. E’ attualmente allo studio un composto di atomi con un migliore assorbimento di idrogeno che migliori il rendimento del palladio. Attualmente la densità di energia prodotta è dell’ordine di un megawatt per grammo. Ulteriori studi debbono inoltre analizzare e misurare eventuali sottoprodotti nucleari come trizio ed  Elio4. Non sono stati evidenziati neutroni o altre forme di radioattività.  La zeolite è un materiale disponibile in abbondanza e relativamente poco costoso. Funziona a temperatura ambiente, senza immissioni di energia. Se gli studi confermeranno la produzione di energia in quantità utile, la tecnica scoperta in California sarà rivoluzionaria in quanto meno costosa dei carburanti tradizionali, assolutamente pulita, priva di scorie tossiche o radioattive, priva di radioattività (i raggi gamma sono facilmente schermabili), senza limiti. Si aprirebbe una prospettiva straordinaria per il pianeta e per lo sviluppo dell’umanità.
Presento il video in cui il Professor Parchamazad e il Professor Miles illustrano il nuovo reattore e la nuova tecnologia. Il video è molto importante per capire come   la ricerca LENR procede in un laboratorio universitario degli Strati Uniti, e per constatare come gli scienziati stanno lavorando a nuovi modi per generare energia ad alta densità rispetto ai materiali impiegati, ultra-pulita e abbondante. L’unico problema è attualmente quello dei finanziamenti, ancora troppo limitati per un settore, quello delle LENR-Fusione Fredda che è ogni giorno più interessante e sorprendente.

venerdì 23 novembre 2012

STEWART BRAND: UN AMBIENTALISTA POLITICAMENTE SCORRETTO



Brand è un simpatico 72enne, dal passato da militare paracadutista, che maneggia la tecnologia come un ragazzino. Nessun problema a destreggiarsi tra Mac, cavi o connessioni varie. Non è una persona qualunque: è uno che ha teorizzato l’importanza di una rete di computer mondiali quando internet era ancora solo un progetto militare, sconosciuto ai più. In molti riconoscono infatti come il precursore del World Wide Web proprio la sua idea del “The Whole Earth Catalog”: pubblicazione nata per promuovere prodotti che potessero aiutare le persone a trovare una guida al proprio ambiente di vita, condividendo infine la propria esperienza. Un uomo che guarda avanti, quindi, interpellato anche da Hollywood quando serve un parere su film futuristici come Minority Report.
Stewart Brand è pragmatico e si limita a fotografare la realtà. Nel proprio discorso pone l’attenzione su cosa accade. Oggi la popolazione mondiale è di 7 miliardi, di cui 1,1 nei miliardi paesi civilizzati. Nel 2012 più del 50% della popolazione vivrà nei centri urbani e ci si aspetta che la cifra salga al 61% nel 2030, tenendo presente che era al 3% nel 1800. Questo significa che i villaggi si stanno svuotando o scadendo a dormitorio, mentre cresceranno le periferie degradate delle città, quelle che comunemente chiamiamo favelas o bidonville.


In ogni caso, la domanda di energia elettrica sarà sempre più elevata. Non c'è da farsi illusioni: anche in presenza di stili di vita con risparmio energetico e strategie di contenimento, di fatto la richiesta di energia crescerà, in quanto la popolazione cresce e crescono le tecnologie  anche nei paesi arretrati.  Vediamo allora da dove si ricava ora. A livello mondiale il 66% circa dell’elettricità è prodotta da combustibili fossili, il 16% da impianti idroelettrici ed il 15% dal nucleare, il 3% da fonti rinnovabili.
Una delle fonti più pulite sembrerebbe l’energia solare. Chiaramente è necessario decidere dove installare i pannelli. Ebbene, si potrebbe immaginare di posizionarli nel deserto. Il deserto però non è una distesa sabbiosa come tanti immaginano, è piuttosto un microcosmo di organismi viventi, con flora e fauna uniche, in grado di resistere a climi estremi. Ebbene, è necessario usare quasi 130 km quadrati di suolo per produrre 1 GW (50 sq.miles). Parlando di superfici, i dati dell’eolico sono ancora più pesanti: quasi 650 km quadrati per 1 GW (250 sq.miles). Cifre che fanno riflettere, soprattutto pensando ai dati sull’aumento di popolazione appena visti. Difficile pensare come sia possibile usare solare ed eolico per supplire ai bisogni mondiali, tra l’altro senza aver toccato l’aspetto del dove posizionare gli impianti: come ben sappiamo in Italia basta ben poco per far nascere un “comitato del no”. Inoltre l'energia prodotta da fotovoltaico ed eolico è variabile, discontinua, difficile da stoccare. Richiede forti investimenti per elettrodotti dedicati e strutture di stocking che prevedono megaimpianti come bacini idrici, sistemi di pompaggio e condotte con modificazione del paesaggio, consumo di suolo e forte impatto ambientale.
Una delle fonti fossili per la produzione di energia è il carbone. Ma quanto ne serve? Per avere un’idea un giorno di funzionamento di una centrale da 1GW necessita di 80 vagoni di carbone, dove un vagone può trasportare 100 tonnellate. In questo caso la centrale ogni giorno genererà 19000 tonnellate di CO2, senza contare scarti vari e polveri. Arriviamo quindi al paradosso che il più grande disastro nucleare mai avvenuto, Chernobyl, non sia stato così distruttivo come l’inquinamento che produciamo giornalmente.
Cosa fare delle scorie nucleari? Qui Stewart Brand gioca in casa, citando le 121 discariche nucleari degli Stati Uniti, ricavate anche da ex installazioni militari. E gli altri? Brand porta una serie di esempi di nuove centrali, con una in particolare che brucia essa stessa le scorie, oppure un’altra che non produce CO2 (per chi volesse approfondire l’argomento, uno dei modelli di centrale citata è la AP1000 di Westignhouse). Con la prospettiva che la fusione nucleare si avvicini sempre più.
La questione è chiara: Brand considera il nucleare come il minore dei mali. Se il problema numero uno è il clima, non si può che pensare all’energia nucleare. Forse non sarà la soluzione definitiva ma potrebbe essere l’unica per garantire energia a tutti, con un impatto ambientale minore rispetto alle altre tecnologie.
Brand conclude il proprio discorso con una considerazione. Si dice che gli ambientalisti degli anni ‘60 “amavano gli alberi”, quelli di oggi “amano gli alberi, ma ma anche il genoma”. Questo significa che bisogna essere meno romantici e più scientifici, e pensare che la scienza è sempre in evoluzione. Guardare 15 anni in avanti, e pensare come sarà il nostro mondo allora.

Non capita tutti i giorni che l’autore del Whole Earth Catalog (definito da Steve Jobs un world wide web ante litteram) sia a disposizione per parlare delle sue idee, non sempre allineate con il resto dei pensatori della sua generazione. Mettiamola così: Brand è un ecologista, ci tiene a definirsi ancora così. Ed è così che lo presenta Luca De Biase, durante la presentazione dell’ultimo libro dell’autore americano, Una cura per la terra (Codice Edizioni). 
Però è un ecologista della prima ora, di quelli che la questione l’hanno studiata bene, laureandocisi a Stanford addirittura. E, soprattutto, è un autentico americano, uno di quelli che non possono fare a meno di guardare al lato pratico di ogni situazione. Il che si traduce in maniera molto sintetica in un: si può cambiare idea, anzi si deve, quando i tempi cambiano. Brand va dritto al punto, e partendo da quello che fu un articolo rivoluzionario, Environmental Heresies, pubblicato nel 2005 sulla rivista del MIT Technologies Review, prova a ribaltare quelli che sono i convincimenti più radicati (e più refrattari al cambiamento) nel mondo ambientalista. Tre sono i punti chiave che il pioniere Brand prende in considerazione per un futuro migliore, puntando il dito contro l’ideologia che secondo lui guida gli ambientalisti di vecchia generazione. Iniziamo da uno dei più controversi.
IL NUCLEARE E' NECESSARIO
Non importa cosa pensava negli anni ’70, quando avrebbe sicuramente detto no al nucleare. Brand negli ultimi vent’anni ha visitato alcuni dei luoghi in cui vengono depositate le scorie, uno degli argomenti più forti degli ambientalisti contro l’uso di questa fonte di energia. E si è convinto che tutto quello che ci è stato raccontato parte da presupposti sbagliati. Afferma: “Di solito gli ambientalisti agitano lo spauracchio di un futuro insostenibile. E dicono: «Dovete garantire che tutta la radioattività emessa dai rifiuti resterà completamente isolata per 10 000 anni (o perfino un milione) e se non ne siete in grado non potete utilizzare questa fonte di energia.» Perché?  «Perché la radioattività, anche in quantità ridotta, nuoce agli esseri umani e alle altre forme di vita. Potrebbe contaminare le acque sotterranee.» E nessuno di loro prende in considerazione il fatto che tra centinaia di anni gli essere umani, se l’evoluzione procede come ha fatto finora, saranno sicuramente molto più capaci di quanto lo siano ora di risolvere un’eventuale fuoriuscita di radioattività, peraltro facilmente rilevabile ed eliminabile.” Per chi ha ancora timori sulla sicurezza e pensa a ciò che successe a Chernobyl nel 1986, Brand consiglia la lettura di alcuni rapporti su greenfacts.org che, a più di vent'anni di distanza, fanno una valutazione oggettiva e dettagliata dell'incidente.
Ma soprattutto, prosegue Brand, perché ci ostiniamo a ignorare che il vero problema, per la sopravvivenza della terra, sono le emissioni di Co2? Il nucleare, ben gestito come già avviene in America, Giappone, Francia, non solo permette al paese che ne fa utilizzo un risparmio energetico enorme, ma anche di ridurre le emissioni dovute all’utilizzo di combustibile fossile che sono il vero cancro del pianeta. Il nucleare è pulito, è verde, è poco ingombrante. Una centrale che produce 1 miliardo di Watt con combustibile fossile emette tantissime scorie. Se la stessa energia è prodotta col nucleare le scorie sono contenute in due barili facilmente conservabili. Se il nostro obiettivo è quello di combattere il global warming, l’energia nucleare va assolutamente presa in considerazione in quel mix di energie a bassa emissione da utilizzare in futuro. “L’Italia dovrebbe accelerare il discorso sul nucleare, è assurdo che abbiate questa dipendenza energetica (e dunque economica) dalla Francia. Soprattutto le giovani generazioni e gli scienziati più in gamba, quelli più aggiornati come James Hansen, sanno bene che questa è la direzione giusta. Senza dimenticare che la ricerca va avanti, e che in India stanno già sperimentando un nuovo reattore nucleare che usa il torio invece che l’uranio. Il che vuol dire il triplo di giacimenti, più difficoltà a trasformare l’energia in un’arma pericolosa, più sicurezza.”
OGM, CIBO DEL FUTURO
“Guardatemi”, dice Brand. “Sono un consumatore di cibo Ogm da ben 14 anni e sto piuttosto bene. So bene che in Europa siete più scettici, ma questo è il secolo delle biotecnologie, non si può far finta di niente.” Secondo lui pensare che l’agricoltura possa andare avanti senza ricorrere al biotech significa non solo non credere in un futuro migliore, ma proprio fare un passo indietro. Gli Ogm ci permettono di ridurre gli spazi da coltivare per produrre la stessa quantità di prodotto, grazie alla cosiddetta Sod seeding. E di ridurre i rischi di tossicità per via dell’uso di insetticidi. Ma non solo. Grazie agli Ogm e alla ricerca, potremo avere prodotti sempre più buoni e sempre più sani. “Più di metà della popolazione mondiale (India, Cina e Filippine) hanno alla base della loro alimentazione il riso. Spesso la conseguenza è un grosso deficit di vitamina A, con problemi alla vista soprattutto per i bambini. Un gruppo di ricercatori svizzeri ha ovviato a questo problema brevettando il Golden Rice, riso geneticamente modificato perché arricchito di beta-carotene. Pensiamo poi alle popolazioni africane, che si nutrono principalmente di sorgo e kasava, alimenti a base di amido con quasi zero proprietà nutritive. Arricchendo questi prodotti con minerali, vitamine e proteine, molti problemi dovuti a un’alimentazione troppo povera potrebbero essere risolti.”
Un esempio che dovrebbe convincerci a pensarci su è molto vicino a casa nostra. Il Parmigiano Reggiano, simbolo della produzione local, viene in realtà fatto con il latte di mucche che si nutrono con soya Ogm proveniente da Brasile e Argentina. Eppure lo consideriamo un prodotto altamente genuino. “E questo succede perché è ormai impossibile fare a meno del biotech. Un giorno, molto presto, lo capiremo tutti, e saremo in grado di coltivare Ogm nell’orto di casa nostra. E sarà un gran progresso.” Gli si obietta che gli Ogm possono gravemente attentare alla biodiversità, riducendo pericolosamente le specie esistenti in natura a causa di un mancato utilizzo o una mancata coltivazione. Ma non è affatto d’accordo. E proprio per spiegare perché passa all’ultimo punto della discussione.
CITTA’ PIU’ POPOLATE? SI’, GRAZIE.
Cinque contadini su sei abbandonano i campi per trasferirsi in città. E secondo Brand questo è un gran vantaggio per tutti. “Perché l’agricoltura è quanto meno ecologico ci sia. Soprattutto l’agricoltura di sussistenza, che è una trappola di povertà. Grazie agli Ogm si ridurranno gli spazi da dover coltivare, e allora trasferirsi in città per molti sarà la scelta più opportuna. Con gran vantaggio per la biodiversità.” Perché, come spiega subito dopo, non sono gli Ogm i veri nemici della biodiversità, quanto i contadini che sfruttando i terreni, scegliendo arbitrariamente quali coltivazioni privilegiare e quali no, fanno un vero e proprio danno a determinate specie. Senza contare che la coltivazione tradizionale, quella che prevede l’aratura del terreno, emette Co2 in grandissima quantità. Le megalopoli non sono questi mostri che gli ambientalisti descrivono. Anzi “gli agglomerati urbani devono essere intesi come un fattore di sviluppo e un'occasione per risparmiare energia, perché le città sono officine di innovazione, centri di creazione della ricchezza, luoghi dove si risolvono problemi.”
(Da www.mag.wired.it/) 


INTERVISTA A STEWART BRAND PUBBLICATA SU WIRED (dicembre 2010):

Dopo polemiche, dubbi e scettiscismi, siamo arrivati alla condivisione di una verità comune sul riscaldamento globale? Il modo in cui viene raccontato è corretto?
La spiegazione pubblica generale – quella dell’IPCC – è accurata. Rimane molta incertezza per gli aspetti scientifici: può svilupparsi più lentamente o più velocemente di quello che ci aspettiamo. Ma niente può far pensare che il riscaldamento globale non ci sarà. Sarebbe una notizia stupenda se si avviasse qualche meccanismo di compensazione, ma ogni anno che passa, coi dati che abbiamo, il processo sembra sempre più inevitabile.
Nel libro parla spesso degli “ambientalisti” come se lei non fosse uno di questi…
No, lo sono da quando avevo dieci anni e adesso più che mai. Ma credo che dobbiamo pensare alla conversazione dell’ambiente in un modo diverso dal passato.
Secondo lei c’è ancora un futuro politico per i movimenti Verdi?
Non lo so proprio. Secondo me I Verdi avranno delle chance nei prossimi anni se appoggeranno l’energia nucleare, i raccolti transgenici e la bioingegneria come mezzi fondamentali per ottenere dei risultati Verdi.
In Germania e Francia hanno saputo reinventarsi, in Italia no. Negli Stati Uniti?
Magari l’Italia saprà reinventare il movimento Verde in un modo più appropriato a questo secolo e ai suoi problemi. I Verdi americani vanno bene, e mi rallegro che siano più disponibili a discutere di temi come il nucleare e I raccolti transgenici.

Mi spiega la sua divisione in tre categorie di ambientalisti?
I Romantici, che trattano I problemi come tragedie incurabili. Gli Scienziati che cercano di capire cosa siano esattamente I problemi. Gli ingegneri, che li risolvono. Io penso che gli ambientalisti debbano mantenere le loro emozioni per la natura, ma anche aderire completamente agli approcci di scienza e ingegneria per ottenere soluzioni concrete.
Sembra me e mia moglie: dice che ce la possiamo cavare?
Certo: informatevi sui siti scientifici e leggete le riviste come Science, Nature e New Scientist.
Lei è un grande ammiratore delle città e del modo in cui migliorano le vite delle persone: ma non trascura tutti i consueti lati negativi delle realtà urbane? Povertà, stress da lavoro, relazioni limitate, inquinamento…
… e il crimine organizzato, il lavoro infantile, le malattie (comprese le epidemie). Nessun paese incoraggia l’urbanizzazione, e alcuni la scoraggiano: eppure ogni settimana un milione e duecentomila persone si trasferiscono in città in cerca di opportunità e lo hanno fatto per decenni. Tutti volontariamente. Immagino che sappiano quello che fanno.
Beh, questo potrebbe valere per qualunque scelta. Facciamo molte cose in molti, sbagliando.
Ok, I loro figli ritornano in campagna? No. I loro cugini rimangono in campagna? Per lo più no. Questo mi fa pensare che le loro esperienze urbane siano soddisfacenti.
Perché dice che le donne hanno un ruolo peculiare nella crescita dell’urbanizzazione?
Perché ne sono un traino. In città le donne possono trovare un lavoro, ottenere un’educazione e liberarsi di un cattivo marito. Migliore assistenza medica e migliori scuole per I loro figli. Ogni donna che lotta per questo migliora la sua situazione e le città stesse.
Parla bene persino delle baraccopoli e del modo in cui aiutano le comunità…
Le città generano ricchezza. Anche nelle baraccopoli, si dà il caso. Le terribili condizioni in cui vi si vive migliorano col tempo quando le persone gradualmente diminuiscono il loro grado di povertà e I governi si fanno carico di fornire le infastrutture di base: acqua, elettricità, fognature.
Davvero? Non tutti la pensano così.
Gli esperti di cui mi fido io dicono che le baraccopoli uccidono molta gente, ma ne guariscono di più di quanta ne uccidano. Guariscono la miseria.
A cosa si riferisce quando parla di un ritorno alla “vita naturale”?
Lo scrivo nel capitolo “Il giardinaggio è tutto” del libro. Ormai non esiste un solo posto sulla Terra esente dalle attività umane, spesso dannose. Ma per sopravvivere dipendiamo da sistemi naturali intatti: quelli che chiamo “infrastrutture naturali”, oceani salubri, clima stabile, fiumi che scorrono puliti fino al mare, ricca biodiversità, eccetera. Ci siamo presi il ruolo di badanti della Terra. Possiamo farlo bene o male, ma non abbiamo più scelta se farlo o no. Farlo bene è quello che chiamo “giardinaggio”.
In un capitolo spiega di essersi convinto che chiunque sia preparato sul nucleare è favorevole al nucleare: ma quindi tutti gli argomenti contro sono infondati?
Sono rimasto impressionato da quanto siano esagerate molte delle accuse contro il nucleare. Le radiazioni sono molto meno pericolose di quanto mi era stato spiegato. L’eliminazione delle scorie è facile e normale, gli Stati Uniti l’hanno fatto nel New Mexico per più di un decennio senza problemi.
L’energia nucleare è certamente più costosa del carbone o del gas naturale, ma anche l’eolico e il solare lo sono, e alla lunga costano più del nucleare. Gli stati devono tassare I combustibili – carbone, gas, petrolio – oppure siamo cotti.
Perché ha cambiato idea sul nucleare?
Appena ho cominciato a occuparmi seriamente del cambiamento climatico, mi sono dovuto occupare seriamente del nucleare. Appena ho studiato le cose attentamente, ho cambiato opinione. È successo a molte persone.
Come mai sul nucleare la destra è più aperta della sinistra?
La destra disprezza le persone di sinistra e i loro amici ecologisti, quindi appoggia quel che la sinistra contesta, il nucleare. Altri semplicemente sono aperti agli argomenti razionali a favore del nucleare.
Da dove viene tutta la sua fiducia nel progresso tecnologico e scientifico? Non ci sono rischi nel nucleare, non ci sono rischi nell’ingegneria genetica, non ci sono rischi nella geoingegneria?
La scienza aiuta a capire qual è il livello di rischio, e la tecnologia permette di orientarlo nella direzione migliore. Non esiste niente che non presenti rischi. Ma ora il rischio maggiore viene dal non fare niente, e aspettare che il cambiamento climatico ci travolga.
La geoingegneria è rischiosa, certo. Infatti dobbiamo fare sperimentazioni su larga scala sulle diverse tecniche, in modo da sapere che diavolo stiamo facendo se decidiamo di usarle.
Come mai le molte soluzioni per la terra che propone non vengono sviluppate?
Molte lo sono. La biotecnologia si sta sviluppando rapidamente. C’è un ritorno del nucleare. Gli ambienti naturali vengono protetti e ricostruiti. Le città crescono e diventano più umane. Lo sfruttamento delle fonti energetiche incoraggia il risparmio e l’efficienza. La cosa più importante che non abbiamo ancora fatto è tassare il carbone.
Cos’è che la rende così ottimista, in un tempo di pessimismi, catastrofismi e allarmi permanenti?
Ho assistito da vicino a molti successi tecnologici rapidi e benigni: I computer, il Web, I telefoni cellulari, I videogiochi, e la biologia. Sono esperienze che incoraggiano l’ottimismo.
Una delle sue obiezioni alle paure del nucleare – che gli uomini si adatteranno e troveranno nuovi modi per sfuggire ai pericoli attuali – si può usare anche rispetto al riscaldamento globale?
Penso che possiamo adattarci a un aumento delle temperature che non superi i due gradi. Con cambiamenti più improvvisi e forti, è molto più improbabile.    (Da Wired )
Stewart Brand non è un ideologo, non ha la mente a senso unico, che ragiona secondo schemi prefissati (da altri). Odia la demagogia del politically correct e va al fondo dei problemi. Ha la fortuna di avere una impostazione di pensiero pragmatica, un tipo di pensiero a cui in Europa, terra delle ideologie, non siamo abituati. Considera ridicolo e tragico  rifiutare una tecnologia ad emissione zero di gas serra e affidarsi, in pratica, a petrolio, gas e carbone , mentre il pianeta sta morendo soffocato dalle emissioni di CO2. Considera ridicolo e tragico tapparsi occhi ed orecchie sulla ricerca nucleare, sulle centrali a fusione -che sono sempre più vicine grazie alla ricerca in atto- , e puntare tutto su tecnologie inefficienti delle rinnovabili. Inefficienti per un mondo sempre più sovrappopolato e che richiede continuamente sempre più energia. Inefficienti per il tipo di strutture dell'insediamento umano: megalopoli interconnesse da collegamenti materiali e immateriali. Le campagne, se continuiamo su questa strada, saranno ridotte ad aree di sussistenza per le città in espansione, degradate a strutture funzionali per collegamenti e insediamenti di servizio.  Il futuro che si prospetta, anche nelle menti degli ambientalisti mainstream, non è piacevole: un mondo che presto sarà di nove miliardi di umani, concentrato nelle città-megalopoli, con campagne cementificate o ricoperte da pannelli fotovoltaici e torri eoliche, e che allo stesso tempo continua a bruciare miliardi di tonnellate di carbone e petrolio. Un mondo surriscaldato dall'effetto serra e sconvolto da disastri climatici e ambientali.  Se non facciamo qualcosa, ora, subito, ci aspetta l'inferno di un  pianeta da incubo.

martedì 20 novembre 2012

L’INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE: PERCHE’ NON E’ UN MALE



 E’ consuetudine sentire da parte dei pro-natalisti  forti preoccupazioni per una società sempre più composta da anziani e con pochi giovani. Costoro, in genere di area cattolica o ideologica (di destra e di sinistra), paventano che la scarsa natalità porterà ad una società stagnante, con molti pensionati, pochi giovani, poca creatività e poca voglia di migliorare. Si tratta di preoccupazioni immotivate sia dal punto di vista antropologico che socio-economico. L’antropologa Rachel Caspari , professore alla  Central Michigan University, in un suo articolo pubblicato su Le Scienze ci dice invece tutto il contrario: gli anziani hanno svolto un ruolo centrale per la supremazia della nostra specie ed hanno influito in maniera essenziale e positiva  sulla cultura dell’uomo moderno. In epoche arcaiche i nonni erano una rarità:
“le ricerche da noi condotte indicano che gli individui in età tale da diventare nonni divennero comuni solo in un periodo relativamente recente della preistoria umana, e che questa novità si affermò più o meno nello stesso momento in cui un grande cambiamento culturale ci ha portato  verso comportamenti distintamente moderni, tra cui la dipendenza da una comunicazione basata sui simboli, indispensabile per l’arte e il linguaggio. Queste scoperte suggeriscono che vivere fino ad una età avanzata ha avuto profondi effetti sulla dimensione delle popolazioni, sulle interazioni sociali e sulla genetica dei primi gruppi umani moderni, e potrebbe spiegare anche come i Sapiens abbiano vinto la competizione con gruppi umani arcaici come i Neanderthal”.
 L’antropologa prosegue illustrando i suoi studi su alcune popolazioni Neanderthal vissute tra i 130.000 e i 600.000 anni fa, da cui si deduce che gli individui di quella specie non superavano in media  i 30-35 anni. Per parafrasare le parole del filosofo Thomas Hobbes, la vita preistorica era misera, brutale e breve. La studiosa e i suoi collaboratori sono passati a studiare comparativamente popolazioni di australopitechi, di membri del genere Homo vissuti 50.000 anni fa, poi i Neanderthal vissuti fino a 30.000 anni fa e infine i Sapiens che vissero tra 35.000 e 20.000 anni fa.
Benché ci aspettassimo ritrovare un aumento di longevità nel tempo, non eravamo preparati a risultati spettacolari come quelli che abbiamo ottenuto. La differenza fra i primi Homo e gli umani moderni del Paleolitico superiore ha rivelato un drastico aumento di 5 volte nel rapporto OY (Old/Young rapporto fra adulti anziani e giovani adulti). La sopravvivenza in età adulta è aumentata nettamente solo molto tardi nel corso dell’evoluzione umana. I nonni forniscono abitualmente risorse economiche e sociali ai loro discendenti e rafforzano anche complesse connessioni sociali contribuendo alla costruzione di una complessa organizzazione sociale umana. Gli anziani trasmettono anche altri tipi di informazioni culturali, da quelle sull’ambiente (quali specie di piante sono velenose, dove trovare l’acqua in tempi di siccità e così via) a quelle tecnologiche (come intrecciare un cesto o costruire un coltello di ossidiana).”
 Studi condotti da Pontus Strimling dell’Università di Stoccolma hanno dimostrato che la ripetizione è un fattore di importanza cruciale nella trasmissione di regole e tradizioni in una cultura. Le famiglie multigenerazionali hanno più membri che si occupano di inculcare  nei giovani le nozioni più importanti. In questo modo  è presumibile,  la longevità ha stimolato l’accumulo e il trasferimento intergenerazionale di informazioni, incoraggiando la formazione di quegli intricati rapporti di parentela e delle altre reti sociali che ci permettono di aiutare e di essere aiutati quando i tempi si fanno duri.  Secondo Adam Powell (University College di Londra) e molti altri ricercatori, l’ampliamento delle popolazioni dovuto alla presenza di folti gruppi di anziani, promosse lo sviluppo di grandi reti commerciali, di sistemi complessi di cooperazione e dell’espressione materiale dell’identità individuale e di gruppo. In questa prospettiva, i fattori che più caratterizzano il Paleolitico superiore, per esempio l’esplosione dell’uso di simboli o l’inserimento di materiali esotici nella manifattura di strumenti, potrebbero essere stati la conseguenza dell’accrescimento del’età media delle popolazioni. La presenza di anziani sembra inoltre aver favorito a livello genetico sia il presentarsi di mutazioni sia la diffusione di mutazioni vantaggiose attraverso le popolazioni, via via che i loro membri si riproducono. Sono state descritte diverse varianti genetiche –ad esempio quelle che determinano la tolleranza al latte vaccino- che sono apparse e si sono diffuse rapidamente nell’arco degli ultimi 10.000 anni grazie al numero sempre più grande di individui fertili di età superiore alla media. Apparsa inizialmente come sottoprodotto di qualche cambiamento culturale, la longevità è divenuta un prerequisito per il comportamento unico e complesso che contraddistingue la modernità. Queste innovazioni, a loro volta, hanno  promosso la sopravvivenza e l’importanza degli adulti anziani, portando a quella tipologia di popolazione che ha podotto effetti culturali e genetici così profondi sui nostri predecessori. Che, diventando più vecchi, divennero davvero più saggi.  (Molte delle notizie sopra riportate sono tratte da un articolo di Le Scienze, ottobre 2011, pag. 69).
L’articolo dell’antropologa Rachel Caspari smentisce le tesi dei pro-natalisti che lamentano il danno sociale ed economico dovuto alle culle vuote. Oggi possiamo vedere che le culle piene non portano i benefici che i natalisti sognano. Tutti i paesi arretrati e con economie di sussistenza hanno alti tassi di natalità. Dove c’è benessere la popolazione è stabile o tende alla lenta riduzione (al netto dei fenomeni immigratori). L’espansione degli anziani, lungi dal determinare effetti negativi, porta ad una maggiore stabilità sociale, ad una protezione delle giovani generazioni, al mantenimento delle proprie tradizioni, allo sviluppo culturale e persino ad una maggiore creatività sia dal punto di vista sociale, scientifico ed artistico. La combinazione tra esperienza, cultura e stabilità sociale fa sviluppare l’intera società. Inoltre le società con forte prevalenza dei giovani sono aggressive, in preda al fanatismo e poco prudenti; molte delle guerre che si sono combattute nei secoli scorsi sono avvenute in società con le culle piene. Le società con molti anziani sono in genere società pacifiche e prudenti, con poca presa del fanatismo politico o religioso. Con un buon uso della tecnologia le società con alte percentuali di anziani possono offrire una vita migliore e una gestione più oculata delle risorse.



domenica 18 novembre 2012

PARMA APPROVA LO STOP AL CONSUMO DI SUOLO


  Il consiglio comunale  di Parma ha approvato all'unanimità nei giorni scorsi  la mozione del consigliere Savani del Movimento 5 Stelle per fermare la cementificazione di ulteriore territorio nel comprensorio del Comune di Parma, uno dei più edificati e devastati dal cemento in Italia. Ormai anche la produzione del famoso formaggio parmigiano e di altri tipici prodotti della zona è in pericolo, in seguito al continuo consumo di territorio agricolo. E' infatti fortissima la pressione antropica in tutto il territorio di Parma,  con la continua edificazione di capannoni, edifici abitativi, strutture viarie, impianti industriali e dei servizi. L'agricoltura e gli allevamenti non trovano più spazi adeguati e continuano ogni giorno ad  essere circoscritti ad aree sempre più piccole e residuali. Il problema riguarda ovviamente  tutto il territorio nazionale e sarebbe necessario che il governo intervenisse con leggi apposite e organismi deputati al controllo di tutta l'attività edilizia. Un primo segnale è venuto dal governo Monti con il  Disegno di Legge proposto dal Ministro Catania per contenere il consumo di suolo agricolo, che dopo essere stato approvato in settembre dal Consiglio dei Ministri ha superato anche la fase istruttoria della Conferenza Stato-RegioniIl paesaggio naturale italiano si sta degradando giorno per giorno e non si può più attendere. La cosa più urgente è una anagrafe nazionale dei territori verdi e dei suoli non edificati, per poter poi procedere ad un monitoraggio delle attività edilizie con repressione delle illegalità e con la salvaguardia legislativa dei terreni agricoli e di interesse paesaggistico. 

Riporto l'articolo seguente sulla situazione di Parma, apparso su Repubblica.it nel mese di settembre scorso. 

Alinovi: stop cementificazione incontrollata

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Il Comune di Parma aderisce al Forum nazionale “Salviamo il paesaggio – Difendiamo i territori” – che comprende già circa 70 associazioni di tutto il Paese tra cui Wwf, Slow Food, Legambiente, e 700 organizzazioni locali – e si avvia a realizzare un censimento di tutti gli edifici disabitati e non utilizzati sul territorio, col l’obiettivo di calcolare con precisione il livello di espansione edilizia della città e limitare le nuove costruzioni, recuperando invece quelle esistenti.
La dichiarazione d’intenti questo pomeriggio in conferenza stampa in municipio. Al tavolo l’assessore all’Urbanistica Michele Alinovi, il consigliere comunale del Movimento 5 Stelle Fabrizio Savani, insieme al presidente di Wwf Parma Rolando Cervi e il coordinatore provinciale e portavoce del Forum Massimo Gibertoni.
Savani è autore della mozione che verrà presentata nel corso del prossimo Consiglio comunale, giovedì 20 settembre. Se approvata, come tutto fa supporre, il Comune avrà sei mesi di tempo per pianificare il censimento. “L’obiettivo – ha affermato il consigliere – è di porre un freno alla cementificazione che negli ultimi anni ha interessato l’Italia e Parma. La salvaguardia del territorio è una tematica molto cara al Movimento 5 Stelle, per questo proponiamo la riqualificazione degli edifici sia da un punto strutturale che energetico, senza aggiungere metri cubi in più. Il fine è quello di far capire ai cittadini che una città è vivibile se la qualità della vita in essa è equilibrata anche da un punto di vista urbanistico”.
Parola poi all’assessore Michele Alinovi: “L’attività edilizia spesso non è stata attuata in funzione delle vere esigenze del territorio – ha spiegato – ma per motivi legati al altre spinte. Parma ha delle  piattaforme commerciali in essere e in previsione assolutamente sproporzionate rispetto alla popolazione residente.
Il fatto di pensare al raddoppiamento della popolazione insediata in un possibile futuro ha fallito, provocando una spinta speculativa evidente”, ha aggiunto, citando come esempio il reparto commerciale fantasma a fianco dell’Ikea, già rivelato da Repubblica Parma . “Il modello di crescita illimitata non ha avuto esiti felici – ha poi proseguito – la grande scommessa è quella del ripensamento del modello urbano grazie a un contenimento dell’espansione della città. Non bisogna andare oltre alle previsioni del piano vigente. È necessario attuare un programma di riqualificazione del recupero sull’esistente con sistemi virtuosi. La strategia sarà quella di approntare un percorso condiviso in questo senso”.
I DATI - A riprova della “imperiosa urbanizzazione” – sempre Alinovi – sul suolo comunale, ecco alcuni dati raccolti che verranno discussi nella Conferenza di pianificazione “da convocare in tempi brevi”. Nel 2008 il territorio urbanizzato della provincia Parma era pari al 7,1%, con una crescita di 9 metri quadrati per abitante all’anno, pari a 385,6 ettari. La maggior velocità di espansione dell’Emilia Romagna insieme a Piacenza. “A livello nazionale si stima che ci siano tra i 2 e 10 milioni di stabili vuoti – ha aggiunto Cervi del Wwf – a Parma, dal 1976 ad oggi, la superficie della città è raddoppiata.
Si tratta di un modello che non è fisicamente sostenibile. L’obiettivo è quello di frenare un andamento insostenibile senza fermare l’edilizia, lavorando su riqualificazione energetica e sismica”. Come rende noto poi Massimo Gibertoni, coordinatore provinciale del Forum, oltre al Comune di Parma sono già venti gli enti della provincia che hanno risposto ai questionari inoltrati da “Salviamo il paesaggio”, e che quindi attueranno lo stesso censimento per mettere in luce gli edifici produttivi e le abitazioni già costruite ma non utilizzate o sfitte.
Per maggior informazioni http://www. salviamoilpaesaggio. it/blog/
(alessandro trentadue)

venerdì 16 novembre 2012

LA GROSSA CODA DI PAGLIA DEI VERDI ITALIANI


  Le vittime e i gravi danni prodotti dall'alluvione di alcuni giorni fa in Italia centrale sono attribuiti dai Verdi italiani alla eccessiva cementificazione, legale ed illegale, che ha riguardato questa povera penisola dal dopoguerra ad oggi. Come non essere d'accordo? In una intervista a Radio 1 il segretario dei Verdi, Angelo Bonelli, ha ribadito questi concetti:


“Bisogna smetterla con le lacrime di coccodrillo ma varare immediatamente un Piano Nazionale straordinario per la difesa del Suolo perche’, e’ ormai evidente che la lotta al dissesto idrogeologico e’ una priorita’ nazionale completamente ignorata dalla politica”. Lo dichiara il Presidente dei Verdi Angelo Bonelli che aggiunge: “Il problema non e’ la deroga al patto di stabilita’ ma l’irresponsabilita’ di chi ha autorizzato (e che continua ad autorizzare) la costruzione lungo i fiumi, di chi ha asfaltato e cementificato il territorio”. ”La speculazione edilizia ha cannibalizzato e portato l’Italia nel fango e cattivi amministratori, in modo trasversale, con piani urbanistici ed edilizi che hanno alterato il reticolo idrografico e consentito la cementificazione sono stati stata complici di un disastro di stato che negli ultimi 60 anni e’ costata piu’ di 3500 vittime e oltre 52 miliardi di euro di danni – continua il leader ecologista -. Il dissesto idrogeologico e’ un’emergenza nazionale dimenticata dalle istituzioni: quando piove si susseguono gli allarmi mentre quando rispunta il sole le proposte ritornano nei cassetti fino al nubifragio successivo”. “Da anni – inascoltati – diciamo che per l’Italia e’ necessario un Piano straordinario per la difesa del suolo e la messa in sicurezza del territorio. Un Piano che imponga il rispetto rigoroso del territorio prevedendo uno stop al consumo del suolo (con una legge), che destini risorse alla difesa del suolo con decine di migliaia di piccoli cantieri per affrontare le 500 mila frane dei nostri comuni – conclude Bonelli -. Inoltre e’ necessario prevedere immediatamente il commissariamento dei comuni che continuano con pianificazioni urbanistiche e edificatorie fuori legge”.

Bonelli ha ragione, si continua a cementificare  territorio verde, in ragione di centinaia di ettari al giorno, con edifici assurdi, brutti, privi di coefficienti termici. Tuttavia, nelle parole di Bonelli c'è un qualcosa di non detto. Non so perché ma glielo leggo nello sguardo, quando con convinzione parla alla Tv dei disastri della cementificazione italiana. Gli occhi girano di qua e di là come se sentisse dentro di se una contraddizione che però non può esprimere. Glielo leggo in certi intoppi nel discorso, in certe esitazioni nel dire. "La cementificazione del corso dei fiumi....il consumo di 480-500 chilometri quadrati di suolo ogni anno...le speculazioni dei costruttori....". Si, tutto vero. Ma se i costruttori speculano c'è evidentemente qualcuno che compra, c'è una richiesta di case. Se i borghi di una volta si estendono come macchie d'olio ai territori intorno invadendo alvei di fiumi, coste, colline, montagne non è solo per un raptus edilizio di politici e costruttori; c'è una richiesta, quel che i demografi chiamano "pressione antropica" sul territorio. Nelle esitazioni di Bonelli si intravede una grande coda di paglia che lui e i verdi italiani si trascinano dietro. Cos'è quel non detto che rende poco credibile il discorso di Bonelli e soci? Semplice, un dato istat. Quel dato dice che la popolazione italiana è passata dai 37 milioni del 1940 agli attuali 62 milioni (ultimo dato istat per il 2012). Quasi il doppio in pochi decenni. Ma se uno va a cercare il dato nei discorsi di Bonelli e degli altri verdi italiani non trova nulla. Il raddoppio della popolazione in un territorio già sovrappopolato viene taciuto con imbarazzo. Di questo non si può parlare, non è politicamente corretto. Anzi, su giornali e tv ci si continua a lamentare della scarsa natalità italiana. Sul Corriere on line del 14 novembre scorso, un articolo delirante denunciava come una catastrofe nazionale il basso tasso di natalità in Italia, e ci si compiaceva dell'aumento della natalità portato dalle donne immigrate. Per fortuna, diceva l'articolista, che ci sono gli immigrati che fanno aumentare la popolazione italiana di centinaia di migliaia ogni anno. In puro stile politically correct. Ma allora di che si lamenta Bonelli? Le coste e gli alvei dei fiumi continueranno ad essere cementificati, le residue zone verdi continueranno a scomparire. L'agricoltura continuerà a veder diminuiti i suoli coltivati, il paesaggio italiano lo potremo ammirare solo nelle vecchie foto e nei quadri del passato. L'ingombrante coda di paglia dei verdi continuerà a percepirsi negli sguardi vuoti e perplessi dei loro esponenti, mentre pronunciano le solite frasi fatte che non portano a nulla.

mercoledì 14 novembre 2012

DEMOGRAFIA E DEMAGOGIA

Su alcuni siti della rete, e su certa stampa ideologica, non solo si nega la necessità di ridurre la crescita demografica, ma si denuncia un presunto complotto da parte di grandi poteri sovranazionali con lo scopo di ridurre i tassi di crescita demografica del terzo mondo. A scopo esemplificativo riporto il seguente articolo reperibile su uno dei tanti blog complottisti:




Il controllo demografico nell'agenda globalista


Vaccinazioni di massa per ridurre la popolazione

Si è spesso detto e scritto che uno dei punti nell'agenda globalista è un severissimo controllo demografico che porti alla riduzione della popolazione umana.
Un controllo demografico esercitato sia nei paesi ricchi, attraverso un mascheramento dell'aborto come status simbol dell'emancipazione femminile e "anticoncezionale del giorno dopo", ma soprattutto nei paesi poveri, laddove paradossalmente il controllo delle oligarchie sulla popolazione è più blando per la scarsezza di mezzi moderni a disposizione in quelle aree arretratissime.
Tra i metodi impiegati per il controllo della popolazione si è spesso parlato di sperimentazioni di farmaci, epidemie indotte, guerre continue, carestie.
Ma a fianco di queste supposizioni, comunque sensatissime, abbiamo la documentazione scientifica di un controllo della popolazione riportato da un medico italiano esperto di vaccini (e pertanto scettico verso gli stessi...), Roberto Gava.
Nel suo libro Le vaccinazioni pediatriche, sezione III capitolo 13, Gava segnala un caso in cui una vaccinazione di massa antitetanica sia stata proposta a una popolazione povera sotto la falsa bandiera della filantropia e della solidarietà.
Nel 1994 il Pro Life Committee of Mexico notò che uniche destinatarie di una vaccinazione di massa contro il tetano erano donne in età fertile. I bambini e i maschi in generale erano esclusi dal vaccino. Da questa segnalazione l'Human Life Committe (HLI) del Maryland scoprì che il vaccino in questione conteneva una sostanza capace di bloccare la gravidanza, l'ormone gonadotropo hCG, senza che le donne ne fossero informate.
L'HLI andò a fondo nella questione e scoprì che simili campagne vaccinali erano state promosse anche nelle Filippine e in Nicaragua.
Il promotore principale di queste manovre era l'Organizzazione Mondiale della Sanità con il sostegno, comunque, di altre sigle tra cui vale la pena ricordare la Banca Mondiale e... laFondazione Rockefeller, organizzazione che risponde guarda caso al presidente onorario del Club Bilderberg.


  


Come si può vedere dall'articolo, per quanto riguarda gli autori si può parlare di casi di interesse psichiatrico. Vedono complotti ovunque e ritengono addirittura che l'Organizzazione Mondiale della Sanità sia a capo della mefistofelica operazione di sterilizzazione occulta.
Si tratta in genere degli stessi siti dove si attribuisce al Presidente degli Usa la responsabilità dell'attacco alle torri gemelle e altre castronerie consimili. Stranamente in questi siti non si ricorda che anche il Partito Comunista Cinese combatte la sovrappopolazione da trent'anni con la legge del figlio unico. Evidentemente anche loro sono pagati dai Rockefeller...
Ovviamente, secondo costoro, il pianeta è in ottima forma e adatto ad ospitare altre decine di miliardi di umani nei prossimi anni. Il riscaldamento globale?  La devastazione ambientale? probabilmente non esistono oppure si tratta di complotti  della Fondazione Rockefeller e del Club Bildeberg.