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martedì 31 ottobre 2017

L'ennesima inutile denuncia degli esperti Onu

Sorpresa: nonostante l'applicazione degli accordi di Parigi la CO2 atmosferica continua a salire. Lo dice l'Organizzazione meteorologica mondiale (ONU), e specifica che in un anno -dal 2015 al 2016- il livello di CO2 nell'aria è passato da 400 ppm ai 403 ppm, un salto mai visto prima in un periodo così breve. Purtroppo per gli analisti ambientali Onu, democratici e progressisti, della cosa non si può incolpare Trump, infatti la rilevazione riguarda il 2016 ancora troppo presto perché la politica ambientale ed energetica del presidente americano possa aver sortito effetti.
Si passa allora ad incolpare generiche "attività umane" e addirittura "la forte presenza di El Nino". Cioè traducendo un po' semplicisticamente il pensiero degli esperti Onu: l'anidride è cresciuta perché "ha tirato vento...". Il segretario generale del Wmo, Petteri Taalas, dopo aver riferito questi dati, senza fare alcuna autocritica, passa alle solite previsioni: "Se non saranno ridotte drasticamente le emissioni di CO2 andremo incontro a un rapido aumento della temperatura entro la fine del secolo e ben oltre la soglia stabilita dagli accordi di Parigi sul clima". La verità è che tutti gli accordi fatti alle conferenze Cop che si sono succedute negli ultimi anni dal protocollo di Kyoto all'accordo di Parigi si sono dimostrati incapaci di influire minimamente sulla salita quasi verticale delle concentrazioni, anno dopo anno, della CO2 - come dimostra la grafica (visibile sotto il titolo di questo post) rilasciata dagli stessi analisti del Wmo.
E perché - ci si deve chiedere- tutti questi accordi e protocolli non hanno sortito effetto alcuno?
La risposta è di una semplicità disarmante: perché in nessuno di questi accordi si è preso in considerazione il centro del problema, l'origine da cui scaturiscono tutti gli effetti, ossia la spaventosa e inusitata crescita demografica della specie Homo che dalla seconda metà del 1700 fino ad oggi ha portato la Terra sull'orlo del collasso ambientale. Questo argomento è un tabù assoluto per gli esperti Onu interessati molto ai diritti di Homo, e per nulla ai diritti delle specie animali e vegetali e alla reale salvaguardia della natura. La visione antropocentrica che pone l'uomo al centro dell'Universo come padrone assoluto e incontrastato, ereditata dalle religioni e fatta propria dalla ideologia pseudodemocratica del politicamente corretto che oggi imperversa e domina sulla politica planetaria - vera e propria ideologia totalitaria che distrugge tutte le altre specie viventi e avvelena moralmente e fisicamente la natura del pianeta - ha impedito agli analisti Onu di vedere la verità che avevano davanti ma non volevano vedere. Si sono così limitati a volgere lo sguardo, come i dannati di Dante che camminano col collo torto, accusando solo gli effetti ma non guardano la causa: ecco allora che la colpa sono gli eccessi dei consumi, l'eccessivo uso degli idrocarburi in campo energetico, il capitalismo, il mercato, le guerre, le multinazionali, l'industria, le armi, il cibarsi di carne ( oggi i democratici e progressisti dell'Onu consigliano di mangiare vermi e cavallette...). E poi l'incredibile cieco richiamo ripetuto ossessivamente sia dall'Onu che dai vari governi "democratici" dei diritti solo diritti. Secondo costoro l'uomo è depositario assoluto di tutti i diritti lasciando al resto della natura tutti i doveri: quello delle specie viventi di scomparire per far posto al cancro umano in continua crescita, quello della natura e dell'ambiente di far da magazzino e risorsa fruibile secondo il piacere e la necessita dell'unico dominus: Homo. Purtroppo per gli esperti delle Nazioni Unite intervenire sugli effetti (i consumi) senza toccare l'origine dei problemi (la sovrappopolazione) non è solo molto difficile, è impossibile. Come dice Sartori in un suo articolo sul Corriere di qualche anno fa i consumi non si possono realisticamente ridurre se non riduciamo i consumatori: "i paesi poveri giustamente pretendono sviluppo, chi non ha mai visto la luce elettrica , ora la vuole; chi ha sofferto il freddo dell'inverno e il caldo dell'estate ora vuole riscaldamento e condizionatori; chi va in bicicletta aspira ad una motocicletta; chi mangiava solo riso ora vuole anche carne. Quindi l'aumento demografico comporta aumenti moltiplicati di cibo e comodità".
Pensare che tutto si risolva con il paradigma del ricorso alle rinnovabili è pura illusione. La curva della concentrazione della CO2 dataci dagli esperti Onu sta lì a dimostrarlo: nonostante il ricorso massiccio dell'occidente a queste tecnologie, costoso e poco produttivo (la crisi economica ha molto a che vedere con l'aumento dei prezzi dell'energia), la CO2 continua a salire anzi si impenna. Del resto Cina , India e gli altri grandi paesi questo lo sanno bene: nei vari accordi Cop hanno sempre rimandato di decenni l'abbandono di carbone e petrolio adducendo motivi economici.
La soluzione è lontana e forse è già troppo tardi. Nel frattempo gli esperti democratici e progressisti dell'Onu, specializzati nel politicamente corretto, continuano ad essere ciechi e sordi. Mentre il pianeta soffoca sotto otto miliardi di umani, gli esperti Onu vanno a misurare i fumi delle ciminiere e ad analizzare le fogne delle città. Dicendo che sono essi che inquinano. Non gli otto miliardi di umani...

mercoledì 4 ottobre 2017

La società eccitata

Ripropongo a distanza di cinque anni questo articolo, pubblicato in questo blog nel 2012. Nonostante la crisi economica abbia un poco spento alcuni entusiasmi della società “eccitata” lo ritengo ancora valido a cogliere certi aspetti della nostra società occidentale produttivista e iperconsumistica. Aspetti che fanno parte dell’essenza di questa società e che spiegano la piega distruttiva verso l’ambiente e che pongono a rischio la sopravvivenza del pianeta. Poiché i fondamenti della cultura e dell’economia contemporanea hanno assunto sempre di più i caratteri di una eccitazione consumistica fine a se stessa, come ben descritto nel libro di Christoph Turcke, prendere coscienza di questa distorsione autodistruttiva può contribuire a ricondurre la nostra società nei limiti dello sviluppo, come chiedeva il club di roma quaranta anni fa. L’articolo che qui ripropongo ha un piglio “letterario” e tuttavia non si può negare che esprime meglio di tanti testi “scientifici” alcune verità sgradevoli del nostro modo di vivere.
Ormai tutto avviene come in uno spot pubblicitario. In politica si parla per spot. In televisione si comunica per spot. Le vecchie lettere di una volta non esistono più; oggi ci sono le email o i post di facebook o i messaggi watsapp, che sono per lo più brevi spot comunicativi. Tutto l’agire umano è divenuto, come sostiene Habermas, un “agire comunicativo” che implica sempre meno uno scambio di contenuti e di "comprensioni", e sempre più apparenze e semplificazioni a base di spot. Il ragionamento, tra tutti questi spot, sta perdendo importanza ed è ormai sempre più raro. Le argomentazioni lunghe sono considerate noiose. La nostra società, afferma Christoph Turcke nel suo illuminante libro “LA SOCIETA’ ECCITATA”, è basata sulla Sensation che in tedesco corrente designa ciò che desta scalpore, interesse, curiosità. Tutto è basato sulla sensazione, e poiché le sensazioni predominanti in un mondo dove la cultura è principalmente televisiva e informatica, sono essenzialmente estetiche, tutto diviene estetica della sensazione, virtualità. La sensazione ha bisogno di automantenersi, non può mai ridurre la tonalità di funzione, pena la caduta in uno stato di depressione. La società contemporanea oscilla tra eccitazione eccessiva e depressione. La moderazione di pensiero e l’espressione basata sul ragionamento pacato è noiosa, fa vendere poco, non è competitiva, ed è quindi rapidamente eliminata dalla libera concorrenza. Per mantenersi a livelli alti, la sensation ha bisogno di nutrirsi di consumi e quindi trasforma il mondo in un televisore virtuale, in Werbung con cui la lingua tedesca designa la pubblicità, ma anche l’indaffaramento continuo, un lavorio continuo. Così la pubblicità delle merci diventa la pubblicità in assoluto e la percezione di ciò che desta sensazione diventa la percezione in assoluto. La società contemporanea oscilla tra la frenesia consumistica e la discarica, tutto ciò che sta in mezzo è azzerato. Il bello è acquistare la merce, utilizzarla stanca subito: il prodotto è già vecchio il giorno dopo averlo acquistato, è già un rifiuto potenziale. La velocità è un aspetto essenziale, la “sensation” si mantiene solo accelerando i messaggi e rinnovandoli continuamente. L’eccitazione è richiesta in tutti i campi. Tutti parlano in pubblico concitatamente, ci si esprime per spot, la tv, la radio, la politica è fatta di cose gridate, sensazionali, spot stupefacenti. L’attacco al nemico politico non è argomentato ma gridato, la manifestazione di una posizione politica è l’urlo.
Tutto il mondo diviene eccitato, l’equilibrio delle cose e la pacatezza non hanno più senso e luogo. Intere civiltà scompaiono dietro l’eccitazione del presente. Il mondo intero è un set in continua trasformazione, tutto va prodotto, sviscerato, ribaltato, demolito e ricostruito, fruito, utilizzato, spompato e poi ridotto a rifiuto e scaricato in discarica. Se si sta in casa bisogna accendere luci, televisori, computer, radio, hi-fi, cellulari, telefoni, frullatori, trapani. Ogni sosta è considerata sospetta. Una casa silenziosa allarma l’inquilinato: si chiamano i vigili del fuoco e la polizia. Un fracasso che ricomincia è un ritorno alla norma civile. Fuori ci si sposta correndo con gipponi come si fosse in guerra, o auto sportive, o moto rombanti, correndo vorticosamente da un posto all’altro. Il clacson non serve a chiedere strada ma a dimostrare l’esistenza, è una fenomenologia esistenziale. L’automobilista moderno ha corretto Cartesio: Cogito ergo suono. La frenesia eccitatoria non consente soste neanche quando si guida. Al volante si compulsa freneticamente lo schermo colorato del cellulare o, in alternativa, si scambiano sguardi aggressivi ai guidatori vicini, pronti alla lite. I nostri nonni facevano le vacanze raggiungendo lentamente paesi a pochi chilometri dalle città. Oggi si parte con aerei giganti per raggiungere velocemente ogni parte del globo alla ricerca di eccitazioni che distanze più brevi non assicurano.
Se si resta in città bisogna divertirsi, eccitarsi (pena la depressione): ed ecco allora stadi, teatri con urlatori, comici, guitti. Luna park sempre in attività, centri commerciali, piscine, scivoli, macchine volanti, piste da corsa, notti bianche, megaconcerti, fuochi artificiali. Le nostre città nelle notti estive lampeggiano per megaconcerti o fuochi artificiali come sotto bombardamenti virtuali. In inverno si raggiunge la montagna ed invece di rilassarsi e godersi la natura maestosa delle vette innevate, ecco la gente che sale su funivie, seggiovie, canestri sospesi nel vuoto, poi giù a capofitto in discese forsennate con sci ultratecnologici sulla neve per poi, raggiunta la valle, risalire velocemente per ributtarsi giù di nuovo alla ricerca di sensazioni sempre più forti. In ogni stagione ci si lancia con miniapparecchi parapendii e tutti a volteggiare mai sazi di Sensation. Sul mare motoscafi, yacht, aliscafi, sci d’acqua, moto d’acqua, pesca subacquea, windserf e via stimolando. Le spiagge sono diventate un parossismo espositorio di corpi, unti, massaggiati, spruzzati, curati, corpi rigorosamente eccitati. In questo delirio somatocentrico il corpo è il mezzo per mantenere sempre alto il livello sensitivo-sensoriale eccitatorio. Poiché l’invecchiamento raffredda gli spasimi, ecco che tutti cercano farmaci antiossidanti, conservanti, vitaminici, rassodanti. Si vedono vecchietti già affetti da stupor senile che cercano in farmacia pillole per effimere tumescenze. Anche le vecchine non rinunciano alla sensation e, tinte le chiome e vestite con colori abbaglianti, partono per mete esotiche fornite di creme emollienti per le pelli incartapecorite e di dollari che facciano dimenticare le ere trascorse.
Le palestre pullulano di aspiranti alla incorruttibilità e alla venustà perenne: i corpi sono costantemente ancorati a macchinari semoventi, a bilancieri oscillanti, ad aste pendenti, a pesi alternanti, a piombi gravanti, come in un inferno dantesco, sempre ingaggiati per un turgore muscolare che sconfina spesso nella tumefazione. Questa paranoia del corpo conduce poi gli eccitati a percorsi di vera espiazione attraverso tormenti sanitari che consistono in innesti, lembi, scorrimenti, infiltrazioni, sclerosi, filling, massovibrazioni, scuotimenti, tatuaggi e successive rimozioni con ustioni e piaghe, spaventosi interventi chirurgici con ablazioni sanguinarie e altrettanto violenti spostamenti di pezzi anatomici, oppure impianti protesici per lo più di masse siliconiche volte a surrogare ormai rinsecchite protuberanze esauste dal secondo principio della termodinamica e dallo scorrere del tempo, con finale inesorabile pendenza e mosceria irreversibile. Tutta la società contemporanea è un agitarsi infruttifero, un affaccendamento inoperoso che termina spesso nelle rianimazioni ospedaliere per infarti e collassi da stress. Siamo nell’era degli stent: ogni ostruzione di arterie esauste dai continui eccitamenti viene impiantata con stent volti ad assicurare la perenne vitalità di organi che chiedono solo riposo. La morte non rientra nel narcisismo agitatorio e consumistico, ed allora ecco la necessità di nasconderla, di non nominarla ( tizio …non è più, caio è scomparso…), di velocizzarla nelle sue necessità di rottamare la salma il più in fretta possibile, nel modo che dia meno nell’occhio. Unica licenza concessa alla contemporaneità: la pubblicità sulle pompe funebri, anch’essa a spot. Mogli e mariti si consumano come le altre cose, si fruiscono per il tempo necessario, poi vengono a noia e si cambiano. L’importante è consumare, consumare, consumare spinti dalla pubblicità e dall’eccitazione, e soddisfarsi nella polluzione finale di rifiuti come in una frenesia masturbatoria. Tutto si risolve in un ciclo continuo: vendita, consumo, rifiuto e discarica. Ma il pezzo forte è la vendita, tutto ruota sulla vendita, e l’acquisto è divenuto il rito più praticato dalle masse, che si recano –come una volta si recavano durante le festività nei templi della religione- nei centri commerciali, i nuovi templi del moderno dio: la merce.
Denaro e merce, tutto l’universo della società eccitata gira intorno a questo Giano bifronte. Il mondo si è così trasformato in un centro commerciale. E il supermercato è la metafora del mondo. Qui l’eccitazione è alle stelle: gli occhi cercano vogliosi nelle file disordinate di scatolette o tra gli imballi di plastica che a malapena lasciano riconoscere il contenuto. Anche le verdure o i prodotti della campagna non hanno più nulla di naturale. Ciò che conta è il colore delle confezioni. I clienti si affollano e si spintonano eccitati dalla merce come tanti topi intorno al formaggio. Gli ultimi prodotti tecnologici alla moda richiamano una eccitazione che ricorda quella religiosa. Masse roteanti si incanalano in file interminabili a vedere l'ultimo Iphone come le folle di fedeli alla Mecca intorno alla Ka'ba. A questa eccitazione generale non esiste scampo. Anche la cultura e l’ambiente diventa pubblicità e vendita. Tutti i luoghi del mondo che in passato destavano meraviglia sembrano divenuti set pubblicitari, finzioni sceniche, villaggi turistici artificiali. Nei luoghi più appartati e un tempo adatti alla riflessione meditativa, trovi ormai le luci sgargianti della pubblicità, hotel cinque stelle, piste artificiali, megastore, punti vendita, premi al miglior consumatore, e via virtualizzando. Le fiere imperversano ovunque al solo scopo di vendere cianfrusaglie o cibi preconfezionati. Se un luogo è ancora tranquillo e silenzioso è subito preda di speculatori eccitati dalla prospettiva di impiantarvi un centro commerciale o una trovata turistica. Mi trovavo tempo fa in un paesino della toscana con un piccolo centro termale. Lo avevo raggiunto di sera ed ero andato a dormire dopo una pizza, pregustandomi il giorno successivo la quiete del posto. Venni svegliato di primo mattino dal terribile perforante rumore di un trapano gigantesco: mi affacciai alla finestra e nella campagna davanti l’albergo vidi macchine scavatrici all’opera con rumori infernali. Era in costruzione l’ennesimo centro commerciale. Addio pace, pensai. Di fronte alla finestra un gigantesco cartellone pubblicitario con una ragazza in veste succinta che annunciava la “eccitante” novità.