(In alto una centrale tedesca)
Noto che l’informazione sul nucleare segue molto le opinioni
politically correct che vanno per la maggiore, e così accade che molti giornali
riportino gli strabilianti ( ma in realtà inesistenti…) risultati delle energie
rinnovabili, e annuncino l’abbandono pressoché totale delle centrali nucleari
da parte di quasi tutti i paesi. In realtà basta leggere la stampa
specializzata, oppure i giornali più seri (ma comunque sempre nelle pagine più
interne) per scoprire che le imprese che producono rinnovabili stanno chiudendo
una dopo l’altra, comprese quelle che producono il fotovoltaico cinese,
nonostante i miliardi di dollari di incentivi. E per scoprire inoltre che il
nucleare è tutt’altro che morto, ma anzi vi è una frenetica attività per la
ricerca e per la costruzione di nuove centrali. E, come dirò più avanti, sono
proprio i giapponesi ai primi posti di questa rinnovata corsa al nucleare,
oltre alle tradizionali nazioni che ne fanno un punto di forza delle loro
economie, come Francia, Usa, Cina e India. Una delle ultime notizie montate ad
arte per rilanciare le rinnovabili è quella secondo cui in Germania la
produzione elettrica da eolico e fotovoltaico avrebbe superato quella
da fossili.
L’International Economic Platform for Renewable Energies ha comunicato che
il 18 aprile sorso in Germania, durante la rilevazione della produzione
elettrica del giorno, si è raggiunto un picco di produzione di 36
mila Mega Watt da parte delle rinnovabili, a fronte di una produzione da
fossili –allo stesso momento- di 34 mila Mega Watt . La lobby delle
rinnovabili ha subito gridato al miracolo, senza specificare che “il
sorpasso” non è stato un vero sorpasso perché la stragrande maggioranza
della produzione energetica in Germania continua a provenire dai combustibili
fossili (circa il 54 %), e un buon 25 % dalle centrali nucleari (attualmente 17
attive) ancora in funzione fino al programmato “spegnimento” nel lontano 2035.
Soltanto il 21 % dell’energia totale prodotta in un anno proviene dalle
rinnovabili (dati Eurostat), ma al prezzo di enormi sovvenzioni pubbliche.
Quello del 18 aprile è stato, dunque, un picco durato alcuni minuti in
cui la produzione da rinnovabili ha temporaneamente superato la produzione da
fossili per particolari condizioni del momento: si è trattato di un “lampo”
di pochi secondi, determinato da particolari e momentanee condizioni
ambientali, presto rientrato nella normalità di una produzione assai inferiore
a quella dei fossili e del nucleare. Nessuno dei commentatori, tutti
appartenenti tranne rare eccezioni al politically correct del
“rinnovabile è bello”, ha poi specificato che il picco temporaneo di produzione
è avvenuto come fenomeno estemporaneo e sulla spinta di fortissimi investimenti
e incentivi a eolico e solare, per lo più a carico dei cittadini, e che portano
i costi dell’energia da rinnovabili a livelli non commerciali. Infatti le
scelte del governo tedesco, compresa la chiusura programmata delle centrali
nucleari tra 22 anni, rispondono più a logiche di propaganda politica che a
reali scelte energetiche. Chi può dire cosa avverrà da qui a 22
anni? A che punto sarà, ad esempio, a quel tempo la ricerca sulle nuove
centrali di quarta generazione? E’ chiaro che rimandare il problema ad un lasso
di tempo così lungo chiarisce che l'annuncio della chiusura è più
d'immagine che reale, una mossa esclusivamente politica e propagandistica. Di
fatto la Germania continua ad usare il nucleare. Se tale energia fosse
realmente così pericolosa come si vuol far intendere da alcuni, un rinvio della
chiusura delle centrali di tanti anni non avrebbe alcun senso. Un altro dato
che colpisce è che negli ultimi mesi la quota di importazione di energia della
Germania è arrivata al 70 % dei consumi tedeschi (Eurostat) e quindi la
osannata riconversione alle rinnovabili della Germania, ancora molto
parziale, ha già portato come conseguenza ad un enorme aumento delle
importazioni di energia dall’estero (anche prodotta da nucleare da Francia e
paesi limitrofi dell’est) e ad un forte aumento dei costi dell’energia. Molte
critiche alle sovvenzioni pubbliche alle rinnovabili cominciano a venire dagli
imprenditori tedeschi. Recentemente una parziale riduzione delle sovvenzioni di
stato alle "nuove" energie ha portato alla chiusura di decine di
aziende dell'eolico e fotovoltaico nella sola Germania.
La ripresa dell'interesse sul nucleare si vede da tanti
segnali in tutto il mondo. I test della commissione europea sulle centrali
esistenti stanno confermando la sicurezza della stragrande maggioranza delle
centrali in Europa. In Giappone il nuovo Governo di Abe, dopo i
tentennamenti di quello precedente successivi all’incidente, ha ripreso in
pieno il programma di sviluppo e costruzione di nuove centrali. In Turchia Erdogan
ha in programma la costruzione di un sistema di centrali di ultima
generazione supersicure anche riguardo ai terremoti, frequenti nel suo paese.
La Turchia si avvale storicamente della collaborazione dei russi, ma
recentemente ha scelto l’expertise giapponese per la costruzione della seconda
centrale nucleare: il 3 maggio il premier Erdogan ha presieduto ad Ankara, con
il premier giapponese Shinzo Abe, alla cerimonia per la firma dell’intesa
preliminare che assegna il progetto di costruzione – del valore stimato in 22
miliardi di dollari- a un consorzio guidato da Mitsubishi Heavy con la francese
Areva. Si tratta della prima commessa estera ottenuta da giapponesi –e
francesi- dopo la crisi successiva a Fukushima. La centrale sarà
realizzata nella provincia di Sinop, sul Mar Nero, e gestita da Gdf Suez;
dovrebbe comprendere quattro reattori ad acqua pressurizzata con una capacità
complessiva di circa 45 Megawatt. Abe si è recato nel suo lungo giro
anche in Russia e Medio Oriente, facendosi promotore dell’export di tecnologia
nucleare, firmando in proposito una intesa preliminare in Arabia Saudita e un
accordo-quadro negli Emirati Arabi. Gli stessi paesi produttori, coscienti del
possibile prossimo superamento del picco del petrolio e del possibile esaurimento
di parte dei giacimenti, si stanno attrezzando per lo sviluppo di nucleare
pulito. Del resto i dati dell’effetto serra, tra cui il recente raggiungimento
di 400 ppm di CO2 in atmosfera, contribuiscono a ridurre le emissioni e
spingere in tutto il mondo verso la produzione nucleare. Abe ha
sottolineato che la tecnologia nucleare nipponica “è la più sicura nel mondo”.
Sul fronte interno, in Giappone, l’”Abenomics” intende completarsi con la
riattivazione di altri impianti atomici (oltre ai due già rimessi in funzione)
al fine di limitare la bolletta energetica. La nuova Nuclear Regulation
Authority ha da poco approvato norme più puntuali sulla sicurezza che
entreranno in vigore a luglio: altri reattori torneranno a funzionare in
autunno. Anche altri paesi come gli Usa, Brasile, India, Corea e
soprattutto Cina, hanno in programma la costruzione di nuove centrali, mentre
le resistenze al nucleare –almeno da parte degli esperti- vengono meno ogni
giorno di più in seguito alle preoccupazioni per il global warming. Il nucleare
è completamente privo di emissioni di anidride carbonica, ed inoltre le
statistiche ufficiali dicono che il numero di vittime da incidenti per
teravattora di energia prodotta è inferiore a tutti gli altri sistemi, comprese
le rinnovabili (inferiori ad esempio all’idroelettrico). Il nucleare del resto
ha un impatto ambientale e sul paesaggio minimo, occupando aree più o meno
corrispondenti alle centrali a combustione tradizionali. L’eolico e il
fotovoltaico al contrario richiedono grandi estensioni di terra, enormi
infrastrutture di cemento, aree di stoccaggio, elettrodotti, centraline e reti
diffuse, ecc. ed hanno un impatto paesaggistico devastante, cosa che anche in
Germania ed in Europa ha portato alla nascita di numerosi comitati e
associazioni di cittadini che si oppongono in maniera sempre più determinata
alla devastazione del territorio (anche acustica, oltre che paesaggistica, per
quanto riguarda l’eolico). Cresce inoltre l’opposizione alle spese
ingenti a carico dei cittadini per le sovvenzioni e gli incentivi, senza i
quali le rinnovabili sarebbero fuori mercato. Il fatto che la Germania abbia
posticipato al 2035 lo smantellamento effettivo delle sue centrali la dice
lunga sulla demagogia politica che sta dietro gli annunci di governo e
opposizione. In realtà le centrali nucleari tedesche, a parte le più antiquate
che avranno un ciclo di vita di ulteriori otto anni, continueranno a
funzionare, nel frattempo che una nuova generazione di centrali nucleari
più sicure sarà messa a punto e sarà pronta per sostituire le vecchie centrali
alla data della prevista dismissione. Sul nucleare quindi nessuna retromarcia
effettiva della Germania, se non a parole. Il governo tedesco, senza dirlo
esplicitamente, conta poi sul fatto che intorno al 2040 dovrebbero essere
pronti sul mercato i primi reattori a fusione calda, il cui prototipo
funzionante è in avanzata fase di costruzione a Cadarache nel sud della
Francia, per conto del consorzio internazionale Iter.
Che avviene riguardo al nucleare, nel paese più retrivo e
ideologico dell’Euro-area e forse del mondo intero, cioè l’Italia? Qui
l’eco-demagogia è riuscita a far passare un referendum che stoppa il nucleare,
condannando il paese a restare tra i principali bruciatori di fossili in Europa
e ad avere l’energia al prezzo più alto del mondo. Produciamo più carbonio
atmosferico di Francia e Inghilterra messe insieme e tuttavia facciamo i
paladini della green economy, come se fossimo la Svezia. Paghiamo l’energia
elettrica il doppio rispetto a Francia, Inghilterra e Germania e ovviamente, in
queste condizioni, l’economia italiana continuerà a boccheggiare e la
disoccupazione a crescere. La nave Italia si è data una politica energetica che
la sta portando ad un declino del sistema industriale e produttivo e viaggia
più o meno allegramente verso il terzo mondo arretrato. Timidi segnali di
inversione di tendenza cominciano ad esserci, ma con rapide marcie indietro o
tentennamenti, insomma all’italiana. Il ministro dello Sviluppo Zanonato
ha aperto un piccolo spiraglio: “Nucleare? Perché no, se avessimo i siti
adatti…”. E ancora ha dichiarato: “ Non mi piace quando si enfatizzano le cose
demonizzandole. L’energia nucleare è una forma di energia, se si può gestire
non è sbagliata di per sé…”. Poca cosa, anche se è un segnale. Ovviamente le
trombe e i tromboni dell’eco-demagogia si sono subito messi a strombazzare
gridando allo scandalo. I trinariciuti hanno smesso l’eskimo di gloriosa
memoria e hanno indossato le tute bianche anticontaminazione. Intanto, come
frutto dell’ideologia antinuclearista terzomondista, all’Enea si danno un sesto
dei soldi che si davano nel 1980, e i ricercatori –appena formati- prendono il
via per l’estero dove non ci sono tanti fessi come in Italia e sul nuclerare si
investe e si studia e si progettano centrali di nuova generazione, più sicure
ed efficienti. Per fortuna che non tutto è negativo, all’Enea si svolgono
ancora ricerche sul nucleare, sia per quanto riguarda i reattori a fissione di
nuovissima generazione (per lo più studi teorici), sia per i futuri
reattori a fusione –su cui anzi esiste una concreta collaborazione con
l’industria- e i progressi sono rapidi e incessanti.
Decenni
di studi d'avanguardia sul nucleare infatti, secondo gli scienziatidella
«cittadella» di Frascati, spingono nonostante tutto all'ottimismo: «L'industria italiana ha la
leadership nel settore della produzione di componenti per la fusione nucleare, un settore di nicchia, che attrae
però
importanti
finanziamenti da tutto il mondo». Lo conferma il progetto internazionale Iter per la
costruzione a Cadarache, in Provenza, del primo impianto a fusione di dimensioni paragonabili a quelle di
una centrale elettrica convenzionale.
Un
colossale sforzo finanziario e scientifico paragonabile solo, dicono gli esperti, allo sbarco sulla Luna:
se avremo energia sicura lo vedremo lì. Bene: del miliardo e 300 milioni
di euro finora assegnati per i lavori, 750 milioni sono andati a imprese
italiane produttrici di magneti superconduttori, sistemi di controllo,
scambiatori di calore speciali... «Imprese che si sono qualificate lavorando con noi»,
spiega l'ingegner Giovanni Lelli, che dell'Enea è il commissario, «in
pratica l'Italia partecipa a Iter col 13 per cento delle risorse e ha già
acquisito oltre il 50 per cento degli ordini. Gli altri Paesi sono seccatissimi per questa
nostra leadership».
Eppure,
a Frascati si sentono un po' come il tenente Drogo nella fortezza Bastiani di Dino Buzzati. Lontani,
estranei, dimenticati. Circondati dal nulla.
Te lo
dicono arrossendo d'imbarazzo, come se si scusassero loro per la
cecità altrui: «Sono anni che non vediamo un ministro. Anni. Siamo una
voce nel bilancio ma di cosa facciamo, di come collaboriamo con le
imprese, di come riusciamo nonostante tutto a recuperare soldi per
continuare a lavorare e scoprire e fare brevetti pare che non importi a
nessuno». Ogni tanto, racconta Lelli, qualche ministro lo incrocia: «Gli
dico: posso spiegarle cosa potremmo fare per aiutare operativamente il
rilancio dell'Italia? Mi rispondono: ha ragione, bisogna che ci
vediamo...». E poi? «E poi il vuoto...». (Da un’intervista di Gian Antonio
Stella sul Corriere).
Ma i
politici italiani ormai seguono la corrente “verde” dettata dalle lobby delle
rinnovabili, ben finanziate e col favore dei principali mezzi di informazione,
con un pubblico facile preda di mitologie, tra le quali quella di un
ritorno ad un paese rurale e felice, in cui un paesaggio tappezzato di pale
eoliche e un suolo elettrificato ricoperto da un mare di pannelli solari
siano gli unici scotti da pagare alla modernità.
Purtroppo
gli eco-stupidi ci vogliono portare, non alla decrescita come declamano
continuamente, che sarebbe un concetto plausibile se finalizzato ad
alcuni obiettivi, ma al declino puro e semplice, alla inefficienza e alla
devastazione ambientale determinate dall’uso ideologico dell’eolico e
fotovoltaico. Il povero, già ampiamente devastato, paesaggio italiano verrebbe
ulteriormente stravolto dagli impianti stesi a tappeto sul paesaggio rimasto
dopo settant'anni di cementificazione, per darci tra l’altro energia ad
altissimi costi, inefficiente, inaffidabile, in quantità e modalità
insufficienti al funzionamento di una moderna economia tecnologicamente
avanzata. Ovviamente, corollario di tanta eco-demagogia, non sono solo
disoccupazione, crisi economica, chiusura ed espatrio delle imprese. C’è anche
l’obbligo per il paese, per tirare avanti, di aumentare la combustione di
fossili come gas, petrolio e carbone (cosa che sta avvenendo in tutti i paesi
che puntano esclusivamente sulle utopie rinnovabili) e contribuire così al
riscaldamento globale e alla minaccia di disastro ambientale globale che
incombe sul pianeta.
Salve, penso che l'argomento sia un poco più complesso per questioni strategiche,militari e di esaurimento di ogni minerale esistente. Nonchè dell'infernale piano di stoccaggio. Inoltre confidare nell'intelligenza umana oggi come oggi la trovo impresa ardua.
RispondiEliminaLeggere ancora termini come 4a generazione, supersicure, nuovissima generazione mi creda danno all'articolo un velo di scontato e obsoleto.
Se manca petrolio manca qualsiasi piattaforma per lo sviluppo di ulteriori energie. E le guerre come quella francese per il controllo dell'uranio si fanno con molto petrolio. Questa società non sta in piedi e mi chiedo se saremo davvero in grado di mantenere questo enorme scheletro infratrutturale. Che si sta sgretolando sotto il già innescato meccanismo del cambiamento climatico.
http://ugobardi.blogspot.it/2013/02/il-canto-del-gallo.html
La ringrazio per le critiche costruttive. Su gran parte di quel che dice concordo. Che il petrolio sarà ancora la base per ogni strategia energetica del presente e del futuro mi sembra indubitabile. Almeno per mezzo secolo ancora.
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