Dal Corriere della Sera:
La strage (del mare) di Natale
Due chilometri di spiaggia piena di pesci, arselle e granchi morti in un tratto della costa a due passi dall’area industriale
SCARLINO (GROSSETO) - Una strage di pesci, arselle e granchi: è questo lo scenario che ha presentato la spiaggia di Scarlino lunedì mattina. I resti degli animali, alcuni ancora agonizzanti, erano distesi in due file parallele lunghe quasi due chilometri, in un tratto della costa a due passi dall’area industriale del comune, dove sono presenti industrie chimiche e l’inceneritore. Un fatto che ha fatto gridare gli ambientalisti al «disastro ecologico». I rilevamenti e le analisi da parte delle autorità sono iniziati immediatamente. Arpat e polizia provinciale hanno effettuato prelievi di campioni di acqua e hanno raccolto vongole, crostacei e muggini, alcuni morti altri agonizzanti, per farli analizzare all’Istituto zooprofilattico di Pisa e accertarne le cause della moria.
Stando alle prime ricostruzioni, tanti di questi molluschi sono morti a Santo Stefano insieme a molti pesci, soprattutto muggini. Le arselle (l’animale più colpito da questa moria) invece si sono arenate lunedì mattina, insieme a granchi e sogliole. A nulla sono serviti i tentativi di soccorso da parte di alcuni uomini di mare presenti sul posto. «Ho visto che respiravano ancora e le ho rigettate in mare. – racconta Franco Gaggioli, custode di una struttura marina presente in quel tratto – Ma il mio tentativo è stato vano, dato che le arselle tornavano sulla spiaggia. Sembravano rifiutare il mare».
Su quanto avvenuto è esploso il dibattito politico, con gli ambientalisti da una parte e il sindaco Maurizio Bizzarri dall’altra. Il primo cittadino non ha accettato le accuse di chi ha gridato al disastro e dice che prenderà provvedimenti, o in un senso o nell’altro: «Saranno effettuate indagini accurate per l’individuazione delle cause e se saranno individuate cause antropiche, emetterò i provvedimenti; se invece le cause saranno altre o naturali, saranno comunque denunciati tutti quei soggetti che hanno procurato allarme, calunniato o altro, senza neanche il rispetto dei tempi e delle risposte delle indagini e delle analisi».
Afredo Faetti
28 dicembre 2010
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mercoledì 29 dicembre 2010
sabato 25 dicembre 2010
NO AL NATALE DEL DIO ANTROPOMORFO
Tenetevi gli auguri di buon natale. Auguri difficili da sopportare perché formali, imposti dalla routine del calendario, assolutamente ipocriti, da respingere al mittente come indesiderati. Auguri per un fatto di cui nessuno si interessa, volto com'è a consumare e seppellire di sterco e spazzatura un mondo sempre più piccolo sotto il peso della massa umana. Qual'è il fatto di cui tutti si fottono sprofondandosi in disgustosi auguri?
E' tutto qua: circa duemila anni fa nacque in mezzo allo sterco (questa volta di vacca) di una grotta di una valle della Galilea un piccolo dio antropomorfo. Un futuro predicatore, un profeta dei destini dell'uomo. Il figlio di un dio unico. Il fondatore di una religione monoteista fonte di ogni disgrazia per il mondo e per l'uomo. Questo dio unico ha tolto, in quanto unico e simile all'uomo, la sacralità dalla natura, dagli animali, dalle piante, dai luoghi. Ha posto l'uomo al centro di tutto l'universo eleggendolo a fruitore assoluto di tutte le cose viventi e non viventi che (Sic!) sarebbero state create per lui, solo per lui. Questo dio antropomorfo e monolitico ha tolto il sacro dai boschi, dalle sorgenti, dai fiumi, dalle spiagge, ha tolto la residenza degli dei dalla cima dei monti. Ha consegnato il mondo alla distruttività umana. Questo figlio di dio è salito lui sulla montagna lasciata deserta dagli dei e si è messo a predicare agli uomini invitandoli a procreare come conigli, a occupare ogni spazio della Terra, a consumare ogni risorsa che, ha gridato, era stata creata per lui! L'universo sarebbe stato creato per lui! Tutta quella roba per soddisfare le voglie di una scimmietta arrogante. Questo predicatore autoproclamatosi figlio di dio ha esasperato un'antropocentrismo che già aveva la tendenza a fare del mondo la propria discarica. Ma almeno l'uomo greco aveva il senso del divino nella natura, ogni aspetto della quale secondo i greci era pervasa di sacro. Non solo nel politeismo greco ma anche nei primi filosofi presocratici e nel poema di Parmenide il mondo era visto come una manifestazione del divino.L'antico uomo greco sentiva il divino del mondo e leggeva poeticamente le cose. Il cristianesimo e l'Islam hanno distrutto questa sensibilità originaria relegando il mondo a sfondo per l'arrogante agire dell'uomo. Un agire che tende a impossessarsi della natura, dei luoghi, dell'ambiente e a stravolgerlo secondo i propri sconfinati desideri. L'odierno mondo dei diritti (umani, solo umani) è il prodotto di questa visione essendo i diritti null'altro che i desideri senza limiti degli uomini.
E' tutto qua: circa duemila anni fa nacque in mezzo allo sterco (questa volta di vacca) di una grotta di una valle della Galilea un piccolo dio antropomorfo. Un futuro predicatore, un profeta dei destini dell'uomo. Il figlio di un dio unico. Il fondatore di una religione monoteista fonte di ogni disgrazia per il mondo e per l'uomo. Questo dio unico ha tolto, in quanto unico e simile all'uomo, la sacralità dalla natura, dagli animali, dalle piante, dai luoghi. Ha posto l'uomo al centro di tutto l'universo eleggendolo a fruitore assoluto di tutte le cose viventi e non viventi che (Sic!) sarebbero state create per lui, solo per lui. Questo dio antropomorfo e monolitico ha tolto il sacro dai boschi, dalle sorgenti, dai fiumi, dalle spiagge, ha tolto la residenza degli dei dalla cima dei monti. Ha consegnato il mondo alla distruttività umana. Questo figlio di dio è salito lui sulla montagna lasciata deserta dagli dei e si è messo a predicare agli uomini invitandoli a procreare come conigli, a occupare ogni spazio della Terra, a consumare ogni risorsa che, ha gridato, era stata creata per lui! L'universo sarebbe stato creato per lui! Tutta quella roba per soddisfare le voglie di una scimmietta arrogante. Questo predicatore autoproclamatosi figlio di dio ha esasperato un'antropocentrismo che già aveva la tendenza a fare del mondo la propria discarica. Ma almeno l'uomo greco aveva il senso del divino nella natura, ogni aspetto della quale secondo i greci era pervasa di sacro. Non solo nel politeismo greco ma anche nei primi filosofi presocratici e nel poema di Parmenide il mondo era visto come una manifestazione del divino.L'antico uomo greco sentiva il divino del mondo e leggeva poeticamente le cose. Il cristianesimo e l'Islam hanno distrutto questa sensibilità originaria relegando il mondo a sfondo per l'arrogante agire dell'uomo. Un agire che tende a impossessarsi della natura, dei luoghi, dell'ambiente e a stravolgerlo secondo i propri sconfinati desideri. L'odierno mondo dei diritti (umani, solo umani) è il prodotto di questa visione essendo i diritti null'altro che i desideri senza limiti degli uomini.
domenica 19 dicembre 2010
La popolazione cresce in maniera inarrestabile
Siamo ormai vicini a sette miliardi di umani, mentre gli animali regrediscono sia in numero che in varietà e si ritirano in aree sempre più ristrette della Terra. Le città, come un cancro pieno di metastasi, si estendono sempre più nei territori circostanti, divorando ogni giorno ettari su ettari di boschi, campi, prati, colline, sponde di fiumi. La natura regredisce lasciando il campo ad una grigia struttura di cemento che si somiglia in ogni angolo della Terra. L'occhio dell'uomo, che una volta poteva rivolgersi a distese sconfinate di verde, di alberi, di natura, oggi non può guardare da nessuna parte senza incappare in orribili manufatti umani composti di asfalto e cemento. Le città sono non solo un cancro ma portano al cancro: inquinanti di ogni genere riempiono le strade cittadine, i locali delle nostre case. Le gallerie delle metropolitane, le strade, i muri delle case sono imbrattati e pervasi di polveri di amianto, potente cancerogeno di cui sono composte le strutture delle nostre case. Le campagne, le sponde dei fiumi, le acque dei ruscelli, il mare lungo le sue rive sono pervasi da tossici come arsenico, piombo, alluminio, pesticidi, veleni chimici che ormai invadono il nostro corpo e compongono in maniera irreparabile la struttura stessa delle nostre ossa. Di fronte a tutto questo, alcuni imbecilli ancora si lamentano del basso tasso di natalità, propongono politiche per favorire la proliferazione umana, politiche volte a "salvaguardare la famiglia" (Sic!). Preti e iman (pedofili o meno) predicano la natalità in nome di un dio che non ha altro nome di quello di Caos o Distruzione, Nichilismo puro. Impediscono in tutto il mondo l'uso dei contraccettivi, sorridono felici in mezzo a nuguli di bambini in posti dove la fame è il segno che la natura rifiuta l'arroganza umana della proliferazione. Questi predicatori di necrofilia sorridono ebeti di fronte alla morte del mondo, storditi dalla droga della figliolanza. Gli africani stessi oggi ci chiedono di fermarci, di smetterla di inviare aiuti in cibo e materiali (per lo più di scarto) perché gli aiuti stanno uccidendo l'Africa. Popolazioni di zombie vivono in mezzo al deserto della natura, accovacciati tra sacchi di cibo e farina, incapaci di reagire, circondati dall'unico prodotto che sono in grado ancora di fare: figli e fango. Nessuno insegna loro come si lavora la terra, come ci si rimbocca le maniche, come badare a se stessi e migliorare la propria esistenza, come si deve costruire un rapporto con i luoghi, e non come offenderli con altri figli.
domenica 7 novembre 2010
In Italia nel 2010 è nata una nuova città
Dall'inizio dell'anno sono arrivati in Italia 320.000 nuovi immigrati (entro la fine dell'anno saranno probabilmente 400.000). E' come se nel 2010 fosse nata in Italia una nuova città, grande come Firenze o come Bologna. In un paese già sovrappopolato e cementificato, con una pressione antropica tra le più alte al mondo, lo stabilirsi di una popolazione di una intera grande città (tra l'altro in maniera illegale) non può che portare ad ulteriore degrado e cementificazione. Tutto questo in presenza di una lotta alla immigrazione clandestina accentuatasi con le politiche degli ultimi anni, figurarsi se non ci fosse stata. Purtroppo il processo epocale della trasmigrazione di intere popolazioni verso l'Europa e l'Italia continua in maniera inarrestabile in seguito alla bomba demografica che dagli anni '50 del secolo scorso sta travolgendo gran parte del mondo, in particolare l'Asia e l'Africa. I tentativi di controllo demografico attuati in alcuni paesi asiatici sono stati palliativi. Gran parte del medio oriente tra l'altro non solo non ha attuato politiche di controllo, ma ha addirittura incoraggiato l'alta prolificità. Il medio-evo di sovrappopolazione e declino, lungi dall'avviarsi alla conclusione, è destinato a durare ancora a lungo.
mercoledì 3 novembre 2010
Le megalopoli come "destino" della società tecnologica. Un nuovo pensiero per un nuovo mondo.
L'aspetto più caratteristico di un mondo sovrappopolato è la megalopoli. La società basata sulla scienza e sullo strapotere della tecnologia promuove lo sviluppo delle grandi città che si tramutano in megalopoli, cioè in un gigantesco sistema artificiale autonomo che aumenta continuamente e sempre più velocemente le dimensioni e richiama ulteriore concentrazione e crescita demografica. La crescita di queste entità caratterizza sempre più la nostra epoca, l'epoca della tecnica. Il pensiero tecnico scientifico porta infatti ad una sempre maggiore organizzazione demografica funzionale ad una produzione materiale e immateriale che consenta la gestione di grandi masse umane, assicurando al contempo l'alimentazione, la vita culturale, il soddisfacimento dei bisogni materiali e sociali di un mondo sempre più sovrappopolato. Le stesse migrazioni attualmente in atto tra aree con alti tassi di crescita demografica verso zone più ricche ed organizzate è inquadrabile in questo destino di un mondo di megalopoli cui il pianeta si avvia. L'ambiente terrestre viene modificato da questo fenomeno su vasta scala, basta osservare le foto satellitari riguardanti le aree occupate dalle maggiori megalopoli che si espandono come una densa cortina grigia sulle aree prima occupate dal verde dei campi, da corsi d'acqua, da colline boscose. Al tempo stesso le polluzioni di queste aree "tecnicizzate" avvelenano l'ambiente circostante e l'atmosfera dei continenti e delle grandi isole che ospitano le megalopoli. Il concetto di campagna sta sparendo, in quanto le aree verdi rimaste acquistano sempre più il significato di aree di connessione tra le vaste megalopoli. Le aree ancora adibite ad agricoltura si riducono in ampiezza e si marginalizzano dal punto di vista spaziale e da quello culturale. La terra non produce cibo, non è più abitata dalla dea Cibele. E' solo uno spazio in attesa di una futura cementificazione. La megalopoli è metafora di ciò che è diventato il mondo: puro "sfondo" alla crescita umana.
Che cosa ha portato a questo destino il mondo? La risposta è semplice: la civiltà tecnico scientifica e la metafisica occidentale che ci porta a pensare in modo "illuministico", cioè ad appropriarci delle cose, ad utilizzarle, a consumarle e a vedere l'ambiente che ci circonda soltanto come "sfondo" di questa appropriazione. In una parola si tratta di un pensiero antropocentrico basato sulla oggittivazione e sulla presenza. Cosa significa che il pensiero antropocentrico considera il mondo e le cose come presenza, ed in particolare come presenza dell'oggetto?
Il pensiero occidentale è pensiero della presenza, prende in considerazione solo ciò che mi sta davanti, qui-davanti-in-questo-luogo, e che mi sta davanti ora, al momento presente in cui io sono qui e sono in relazione con l'oggetto. Questa visione porta a configurare l'oggetto come qualcosa da utilizzare e, in quanto da utilizzare, qualcosa di cui appropriarsi. Preliminare della utilizzazione dell'oggetto è la sua appropriazione da parte del soggetto. Preliminare della appropriazione è l'oggettivazione della cosa, il suo divenire oggetto mediante il pensiero calcolante che assume la cosa misurandola, classificandola, categorizzandola, inserendola nella "serie" degli oggetti da utilizzare. Serializzata la cosa, essa è merce, oggetto da trasformare ai fini della utilizzazione da parte del soggetto-uomo. Le cose del mondo così si antropizzano, divengono funzionali e al servizio della soddisfazione incondizionata dei bisogni dell'uomo. Per cambiare questo stato di cose non basta la politica. Finché l'uomo vedrà il mondo come campo della sua attività per soddisfare i suoi bisogni non ci sarà alcun regime politico che ci salvi dal destino di un mondo tecnologico e sovrappopolato. Per questo mondo la vita umana non avrà alcuno scopo se non quello di riprodursi all'infinito per fornire materia biologica atta al funzionamento del meccanismo tecnologico che occupa ogni angolo della terra. La terra non avrà più poesia, ma sarà il freddo sfondo dell'appropriazione antropica. Solo un nuovo modo di pensare può farci cambiare prospettiva, può farci tornare a vedere il mondo colorato dal sentimento poetico. E' necessario un passo indietro del pensiero che ci permetta di vedere meglio le cose del mondo senza farne oggetti da misurare e trasformare. Le cose vanno viste non come semplice presenza di oggetti, ma come manifestazione all'interno di un orizzonte di un qualcosa che, solo per il fatto di non essere nulla, ha uno spessore nel tempo e un significato da guardare con rispetto, cioè a distanza e senza alcuna appropriazione. Si tratta di guardare con occhi puri la meraviglia del mondo nel suo darsi originario. Sentire la meraviglia di un paesaggio, percepire il sacro che è in un bosco, guardare l'animale come co-appartenente ad un comune destino. Ciò significa dare un mondo, restituire un senso all'esistenza di cose della natura, agli animali, al cielo che ci sta sopra, al suolo che calpestiamo, all'acqua, alle sorgenti, ai fiumi, al mare, all'aria, alla luce che riempie l'orizzonte, all'orizzonte di quella coappartenenza di tutto ciò che è -solo perché è- insieme a noi stessi che lo comprendiamo con la mente. La presenza delle cose va allora vista non solo come pura presenza, come disponibilità alla fruizione qui e ora. Va sentita la storicità di ogni cosa con cui ci rapportiamo, il suo appartenere al passato, al presente, al futuro. Le cose, la natura, un ambiente, persino una pietra inanimata hanno una storia che parla un linguaggio che noi, prima di agire sul reale trasformandolo, dobbiamo fermarci ad ascoltare. Solo nella loro storicità le cose del mondo hanno un senso. L'uomo non può distruggere tutto nel nichilismo tecnologico, occupando ogni sito con i suoi manufatti, stravolgendo i luoghi, riempiendo di suoi simili ogni angolo del pianeta in un appiattente globalismo antropico. Ri-pensare le cose, tornare alla rammemorazione, rivalutare il tempo con la sospensione, la pausa, l'ascolto, il dialogo poetante che ci riporta, noi e il mondo, all'originaria coappartenenza.
Che cosa ha portato a questo destino il mondo? La risposta è semplice: la civiltà tecnico scientifica e la metafisica occidentale che ci porta a pensare in modo "illuministico", cioè ad appropriarci delle cose, ad utilizzarle, a consumarle e a vedere l'ambiente che ci circonda soltanto come "sfondo" di questa appropriazione. In una parola si tratta di un pensiero antropocentrico basato sulla oggittivazione e sulla presenza. Cosa significa che il pensiero antropocentrico considera il mondo e le cose come presenza, ed in particolare come presenza dell'oggetto?
Il pensiero occidentale è pensiero della presenza, prende in considerazione solo ciò che mi sta davanti, qui-davanti-in-questo-luogo, e che mi sta davanti ora, al momento presente in cui io sono qui e sono in relazione con l'oggetto. Questa visione porta a configurare l'oggetto come qualcosa da utilizzare e, in quanto da utilizzare, qualcosa di cui appropriarsi. Preliminare della utilizzazione dell'oggetto è la sua appropriazione da parte del soggetto. Preliminare della appropriazione è l'oggettivazione della cosa, il suo divenire oggetto mediante il pensiero calcolante che assume la cosa misurandola, classificandola, categorizzandola, inserendola nella "serie" degli oggetti da utilizzare. Serializzata la cosa, essa è merce, oggetto da trasformare ai fini della utilizzazione da parte del soggetto-uomo. Le cose del mondo così si antropizzano, divengono funzionali e al servizio della soddisfazione incondizionata dei bisogni dell'uomo. Per cambiare questo stato di cose non basta la politica. Finché l'uomo vedrà il mondo come campo della sua attività per soddisfare i suoi bisogni non ci sarà alcun regime politico che ci salvi dal destino di un mondo tecnologico e sovrappopolato. Per questo mondo la vita umana non avrà alcuno scopo se non quello di riprodursi all'infinito per fornire materia biologica atta al funzionamento del meccanismo tecnologico che occupa ogni angolo della terra. La terra non avrà più poesia, ma sarà il freddo sfondo dell'appropriazione antropica. Solo un nuovo modo di pensare può farci cambiare prospettiva, può farci tornare a vedere il mondo colorato dal sentimento poetico. E' necessario un passo indietro del pensiero che ci permetta di vedere meglio le cose del mondo senza farne oggetti da misurare e trasformare. Le cose vanno viste non come semplice presenza di oggetti, ma come manifestazione all'interno di un orizzonte di un qualcosa che, solo per il fatto di non essere nulla, ha uno spessore nel tempo e un significato da guardare con rispetto, cioè a distanza e senza alcuna appropriazione. Si tratta di guardare con occhi puri la meraviglia del mondo nel suo darsi originario. Sentire la meraviglia di un paesaggio, percepire il sacro che è in un bosco, guardare l'animale come co-appartenente ad un comune destino. Ciò significa dare un mondo, restituire un senso all'esistenza di cose della natura, agli animali, al cielo che ci sta sopra, al suolo che calpestiamo, all'acqua, alle sorgenti, ai fiumi, al mare, all'aria, alla luce che riempie l'orizzonte, all'orizzonte di quella coappartenenza di tutto ciò che è -solo perché è- insieme a noi stessi che lo comprendiamo con la mente. La presenza delle cose va allora vista non solo come pura presenza, come disponibilità alla fruizione qui e ora. Va sentita la storicità di ogni cosa con cui ci rapportiamo, il suo appartenere al passato, al presente, al futuro. Le cose, la natura, un ambiente, persino una pietra inanimata hanno una storia che parla un linguaggio che noi, prima di agire sul reale trasformandolo, dobbiamo fermarci ad ascoltare. Solo nella loro storicità le cose del mondo hanno un senso. L'uomo non può distruggere tutto nel nichilismo tecnologico, occupando ogni sito con i suoi manufatti, stravolgendo i luoghi, riempiendo di suoi simili ogni angolo del pianeta in un appiattente globalismo antropico. Ri-pensare le cose, tornare alla rammemorazione, rivalutare il tempo con la sospensione, la pausa, l'ascolto, il dialogo poetante che ci riporta, noi e il mondo, all'originaria coappartenenza.
domenica 24 ottobre 2010
Un mondo di megalopoli
Nel 2010, per la prima volta dalle origini della civiltà umana, gli abitanti delle zone urbane hanno superato quelli delle zone rurali.I vincoli energetici, l'alto costo dei trasporti, i fenomeni immigratori, l'alto tasso di nascite nel terzo mondo, ma anche fenomeni come l'attrazione dei giovani per i consumi culturali hanno incrementato l'esodo dalle campagne verso le metropoli in tutto il mondo. Presto New York raggiungerà i 20 milioni di abitanti, Tokio i 36 milioni. Londra e Parigi supereranno i 10 milioni. In Cina e in India il binomio sviluppo-urbanizzazione produrrà enormi megalopoli nel giro di pochi decenni. A Mumbai sono previsti 26 milioni di cittadini, Dehli 23 milioni, Calcutta 20 e Madras oltre i 10. Già oggi Pechino sfiora i 20 milioni con sei anelli di raccordo anulare. Chongquing sul fiume Yangzè è già oggi la mega-metropoli numero uno mondiale con 30 milioni. In Africa Kinshasa, Lagos e il Cairo sono tutte ai vertici mondiali, in America Latina San Paolo e Città del Messico sono proiettate oltre la soglia dei 20 milioni.Nel 2050 è previsto che dei 10 miliardi di umani, ben 6,4 miliardi vivranno nelle città. Il balzo più prodigioso lo farà proprio l'Africa con 1,2 miliardi di residenti nelle sue metropoli. Il continente nero concentrerà quasi un quinto di tutta la popolazione urbana del pianeta. Dal punto di vista delle generazioni assisteremo ad un invecchiamento rapido: nei prossimi 40 anni l'età media in Messico e in Iran aumenterà di 15 anni, in India di 14, in Cina di 10 anni. Il Canada avrà una crescita della popolazione sei volte più veloce della Cina a causa della immigrazione, e così anche gli Usa. Nelle società avanzate le mega-metropoli sono la soluzione di gran lunga più efficiente per un uso razionale delle risorse (il consumo pro capite di energia ed acqua è inferiore al modello dei sobborghi rurali). "The World in 2050" invita a non farsi illusioni: "Le fonti rinnovabili come l'energia eolica e solare non basteranno a soddisfare quei bisogni energetici". I poli demografici ed economici delle mega-metropoli saranno i nuovi protagonisti nella competizione mondiale per l'approvigionamento di petrolio, gas, acqua potabile. Un interrogativo politico: " Un mondo dove la popolazione sarà concentrata nelle mega-metropoli vedrà prevalere il modello di Singapore o il modello di Lagos?". Ovvero: simili concentrazioni di abitanti potranno essere governate socialmente solo da sistemi paternalistico-autoritari? O invece prevarrà uno sviluppo caotico, gravido di instabilità politica, come in molte nazioni africane? In un mondo avviato verso quel tipo di migrazioni di massa dalle campagne verso le città, il modello autoritario cinese eserciterà il suo fascino anche su altri continenti. ( Gran parte di quanto riportato fin qui è tratto da un articolo del Corriere della Sera del 25 ottobre 2010).Del resto la concentrazione delle attività produttive, la mancanza di una rete funzionale di trasporti, la marginalizzazione economica delle periferie, lo scoppio dei consumi usa e getta, l'enorme spaventosa crescita dei rifiuti da smaltire, rendono le condizioni di vita degli abitanti sia delle città che delle campagne limitrofe infernali con condizioni ambientali insostenibili. La necessità di assicurare prodotti agricoli alle mega-metropoli porta a coltivazioni intensive con uso di enormi quantità di fertilizzanti chimici, diserbanti e antiparassitari. Veleni che poi diffondono ovunque inquinando terreni, falde acquifere, corsi d'acqua, fiumi e mari. L'uso di materiali tossici e il loro ricircolo una volta in disuso altera profondamente l'ambiente con inquinanti quali polveri d'asbesto, amianto, micropolveri e cancerogeni prodotti dalle combustioni per la produzione di calore ed energia e dagli scappamenti delle auto, scarti di materiali tossici da fabbriche di prodotti chimici, metallici, residui di lavorazioni e di materiali da costruzione, cementi, ecc. Per non parlare dei fumi industriali, gas di scarico, sversamenti in terreni e in corsi d'acqua, smaltimento di rifiuti ospedalieri con farmaci, materiali radioattivi, chemioterapici ormai prodotti e smaltiti in migliaia di tonnellate ogni anno. Di fronte alle nuove realtà sovrappopolate delle mega-metropoli il mondo perde il significato di natura, di ambiente originario e puro, di equilibrio e armonia tra uomo e biosfera, per assumerne uno nuovo in cui l'artificialità, lo stravolgimento del senso stesso della vita raggiunge il suo culmine. E' ancora vita umana storicamente intesa quella delle mega-metropoli? Non è solo un problema di tossicità dell'ambiente. E' il senso stesso delle cose che cambia inesorabilmente. Penso con malinconia al senso della parola "cittadino" durante la Rivoluzione Francese. Un'epoca di grandi speranze, di rinnovamento, di nuova visione dei diritti verso una vita che tutti si aspettavano migliore e felice. Può ancora essere valido un simile significato nel concetto di "cittadino" che riguarda l'abitante delle mega-metropoli odierne e del prossimo futuro?
domenica 10 ottobre 2010
La violenza dell'uomo sulla Terra
Una inesauribile violenza dell'uomo sul suo pianeta e oltre, lo porta ad essere una creatura efferata e terrigna, ctonia nel senso più proprio. In questo incessante tentativo di appropriazione e svuotamento l'uomo diviene un essere sotterraneo e scava gallerie, tunnel, condotti, metropolitane, fognature, depositi, cunicoli per fughe e scoli, rifugi. Svuota e trafora montagne, drena laghi, succhia oceani sotterranei di petrolio, aspira vapori, buca, trivella, estrae materiali, marmi, zolfo, minerali, metalli. Scava enormi depositi per veleni e caustici, stiva auto e macchine nel sottosuolo, estrae uranio e sotterra scorie, inscatola terra, smuove terreni, interra rifiuti, scarica liquami. Gli dei ctoni, se sono mai esistiti, hanno prima urlato la propria angoscia al mostro umano, poi hanno abbandonato gli inferi per luoghi meno insicuri. La Terra stessa ferita, si ribella. Comincia a vomitare percolati, sbuffa gas e miasmi, trema, erutta, si smuove, sprofonda o si eleva in cerca di una impossibile requie.Il grido della Terra è sempre più forte, sempre più acuto. Sempre meno uomini sono sordi. Ascoltiamo la Terra ferita che parla.
sabato 2 ottobre 2010
L'Agro Romano distrutto nell'ultimo secolo
Negli ultimi cento anni o poco più si è consumato un disastro ambientale e culturale che ha pochi precedenti nella storia. Uno dei patrimoni ambientali più belli del pianeta, l' agro romano, è stato devastato da una cementificazione a tappeto -peraltro condotta al di fuori delle leggi e dei regolamenti- che ha cancellato un ambiente, un ecosistema, un patrimonio storico unici al mondo. E' così che è sparita una dolce campagna con le sue basse colline, con gli alberi solitari che si stagliano in un cielo unico, con le rovine di acquedotti antichi e di torri medioevali, con le chiesette sperse in contrade agresti, con le strade romane ancora lastricate di blocchi di peperino, con i ruscelli e i fiumicelli che arricchivano di acque verde smeraldo e di una ricca vegetazione un paesaggio sospeso tra la storia e la natura. Al posto di tutto questo nell'ultimo secolo, ma soprattutto nel secondo dopoguerra, sono sorti orrendi caseggiati costruiti in completo abusivismo, senza strade adeguate, senza programmazione, in un caotico sovvertimento di tutte le regole, anche di quelle stesse del caos. Il risultato è un miserabile degrado ambientale e morale in cui gli abitanti sono ridotti a zombie, spaesati e disperati, con anziani soli e giovani tossici o per scelta o per veleni del suolo, dell'acqua, dell'aria. Tutto è stato sacrificato ad un concetto di falsa socialità pervertita in cui hanno giocato un ruolo la mancanza di cultura, di capacità, di governo, di umanità, insieme alla sempre presente corruzione diffusa di politici, costruttori,imprenditori, finanzieri, amministratori, cittadini. Un processo di inurbamento non contrastato, non regolato, non gestito anzi sfruttato ai fini dell'arricchimento personale e in nome di un egoismo illimitato fino a divenire mostruoso, con pochi esempi simili al mondo. L'incommensurabile bellezza dell'Agro Romano -irrimediabilmente perduta- non meritava tutto questo.
mercoledì 1 settembre 2010
La infinita lotta contro gli spermatozoi
"Non c'è potenza militare in grado di battere uno sterminato stuolo di spermatozoi all'attacco" (Guido Ceronetti- Insetti senza frontiere)
Il mondo è malato. Una gigantesca quantità di spermatozoi esonda e stravolge la fauna e la natura in un moto di egoismo antropocentrico che tutto vuole fecondare per farne umani, troppi umani. Così scompaiono le foreste per farne ammennicoli alla bestia umana. I fiumi sono fogne a cielo aperto per gli scarti delle sue attività e le feccie dei suoi intestini. Il sottosuolo, una volta sacro agli dei e agli etruschi, viene vampirizzato estraendone acqua con insaziabili idrovore o fluidi vitali con pompe e pozzi per alimentare gingilli a motore. Pietre rocce e sabbie sono depredate dalla terra per farne orrendi alveari, cellule del cancro umano. Il cielo è svuotato d'ossigeno e ricolmato di fumi e anidridi, esiti di scappamenti e miasmi delle megalopoli. Su tutto si appiccica la lurida colla spermatozoica che penetra anfratti, fessure e otricoli in cerca di ovuli da fecondare. I destini del mondo non si giocano sulla politica o gli ideali; e nemmeno sulle tecnologie militari. La supremazia del cancro umano è un destino che nasce nelle polluzioni e viaggia in miliardi di miliardi di spermatozoi. L'incubo umano si ammanta della proliferazione. Una voluttà antropica che tutto ricopre con un manto di grigio cementizio e liquami di scarico. Allah e Jeowa si sono alleati, Brama e Visnù hanno un solo scopo. Il pianeta finisca con la putrefazione della sua cotenna di umani. Un grande disastro ci attende. Come Zeno nella sua autocoscienza attendiamo tutti, fiduciosi, una grande esplosione.
Il mondo è malato. Una gigantesca quantità di spermatozoi esonda e stravolge la fauna e la natura in un moto di egoismo antropocentrico che tutto vuole fecondare per farne umani, troppi umani. Così scompaiono le foreste per farne ammennicoli alla bestia umana. I fiumi sono fogne a cielo aperto per gli scarti delle sue attività e le feccie dei suoi intestini. Il sottosuolo, una volta sacro agli dei e agli etruschi, viene vampirizzato estraendone acqua con insaziabili idrovore o fluidi vitali con pompe e pozzi per alimentare gingilli a motore. Pietre rocce e sabbie sono depredate dalla terra per farne orrendi alveari, cellule del cancro umano. Il cielo è svuotato d'ossigeno e ricolmato di fumi e anidridi, esiti di scappamenti e miasmi delle megalopoli. Su tutto si appiccica la lurida colla spermatozoica che penetra anfratti, fessure e otricoli in cerca di ovuli da fecondare. I destini del mondo non si giocano sulla politica o gli ideali; e nemmeno sulle tecnologie militari. La supremazia del cancro umano è un destino che nasce nelle polluzioni e viaggia in miliardi di miliardi di spermatozoi. L'incubo umano si ammanta della proliferazione. Una voluttà antropica che tutto ricopre con un manto di grigio cementizio e liquami di scarico. Allah e Jeowa si sono alleati, Brama e Visnù hanno un solo scopo. Il pianeta finisca con la putrefazione della sua cotenna di umani. Un grande disastro ci attende. Come Zeno nella sua autocoscienza attendiamo tutti, fiduciosi, una grande esplosione.
domenica 25 luglio 2010
SUBITO IL NUCLEARE
Con l'immane catastrofe del Golfo del Messico e quella altrettanto grave del Mar della Cina, diviene ormai urgente e improrogabile la diminuzione dei consumi di petrolio e derivati.E' notizia di questi giorni che da anni la BP sta procedendo a trivellazioni nel mare prospiciente la Libia con un gravissimo rischio per il mediterraneo. Prosegue inoltre l'immissione di enormi quantità di anidride carbonica nell'atmosfera in seguito alla combustione di petrolio e derivati da parte dei circa otto miliardi di umani. Le catastrofi ecologiche di questi giorni ci dimostrano che è ormai urgente e indifferibile fermare l'eccesso di sfruttamento di idrocarburi allo scopo di fornire di energia una massa umana incontenibile. Occorre rivolgerci a fonti energetiche che evitino la liberazione eccessiva di carbonio nell'atmosfera, e che impediscano l'inquinamento ormai su scala mondiale dei mari. A tale scopo è necessario accelerare al massimo i programmi di costruzione di nuove centrali nucleari, che permettano di sostituire il petrolio quale principale fonte di energia. Il primo ad essere convinto di ciò è il Presidente Obama che si è trovato a gestire la più grande catastrofe ecologica di tutti i tempi.
sabato 10 luglio 2010
LA COLATA
Come un cancro, osservando le foto satellitari, si osserva l'estendersi della colata di cemento e case intorno alle città, nelle campagne limitrofe, lungo i fiumi, nelle valli. Per molti luoghi il verde è solo un ricordo: tutto è costruito, edificato, e le poche aree verdi recintate come bestie rare allo zoo.I laghi sono bacini di acque inquinate circondate da spaventosi complessi edilizi o insulse villette da impiegato. Le coste marine costituiscono l'emblema di questo sfortunato paese in mano agli imbecilli: una devastazione continua e stupida ormai ininterrotta per tutto il perimetro della penisola. La colata si estende come una cotenna di muffa per tutta la Val Padana dal Piemonte al Veneto, ricoprendo l'Emilia e la Romagna di una patina grigia. Spaventosamente devastante, per la particolare bellezza e storia dei luoghi, è la cementificazione galoppante che sta stravolgendo la campagna toscana. Firenze-Prato-Pistoia e Pisa sono ormai una vasta megalopoli con rare isole verdi. A Siena si discute di creare un nuovo mega areoporto sponsorizzato dagli interessi commerciali di MPS e da quelli palazzinari del suo vicepresidente Caltagirone. L'Umbria è devastata da enormi nuove lottizzazioni che stanno distruggendo il suo ambiente caratteristico e stanno rendendo le sponde del lago Trasimeno una lottizzazione da palazzinari da quattro soldi. Se guardiamo poi al Sud Italia qui lo scempio raggiunge il culmine: una distesa ininterrotta di case per lo più abusive ricopre ogni chilometro quadrato dal sud del Lazio, alla Campania e quelle poche terre verdi residue sono desertificate da discariche abusive di residui industriali tossici, per cui anche i corsi d'acqua sono avvelenati e ridotti a fogne a cielo aperto. L'uso indiscriminato degli insetticidi e antiparassitari sta distruggendo le api e le lucciole, altera la crescita delle piante, avvelena i prodotti agricoli. Le coste del meridione sono ormai un nastro continuo di cemento; in alcuni luoghi un tempo meravigliosi appaiono palazzi mostruosi, veri e propri alveari con uno scempio paesaggistico che in altri più civili paesi comporterebbe la galera per costruttori e amministratori e l'immediato abbattimento. La Sardegna, fino a pochi anni fa ultima oasi di bel mare con acque cristalline, è sotto una gigantesca opera di edificazione delle coste con inquinamento e squallore che si diffondono giorno dopo giorno, mentre l'interno rimane arretrato, poco curato con strade inadeguate e paesi desolati, circondati da aree aride e degradate che li fanno apparire privi di senso.
Questa orrenda colata di cemento sta alterando il paesaggio, l'aria,i corsi d'acqua, i fiumi, le falde acquifere, la flora, la fauna, distruggendo specie animali, uccelli, gli insetti. Tutta la biosfera ne risulta irrimediabilmente devastata.
Tutto questo nella indifferenza generale o con solo poche e isolate proteste. Dietro lo scempio si fanno speculazioni politiche da parte dei soliti movimenti cosidetti ambientalisti che interpretano la cementificazione del paese come semplice effetto del capitalismo e del libero mercato. Nessuno parla nella maniera che sarebbe necessaria della spaventosa crescita demografica degli ultimi decenni. Nessuno riferisce i fenomeni del degrado ambientale alla pressione edilizia dovuta in gran parte all'alto tasso delle nascite che ha dominato per gran parte del novecento e successivamente alla incontrollata e massiccia immigrazione di nuove popolazioni e alla conseguente ulteriore richiesta di infrastrutture e di edifici. La mancanza di leggi adeguate di salvaguardia ambientale e il lassismo in materia di legalità tipico del nostro paese ha ulteriormente aggravato il problema, facendo raggiungere al fenomeno la dimensione della catastrofe. Stiamo uccidendo il futuro del nostro paese e preparando per i nostri figli una vita d'inferno.
Questa orrenda colata di cemento sta alterando il paesaggio, l'aria,i corsi d'acqua, i fiumi, le falde acquifere, la flora, la fauna, distruggendo specie animali, uccelli, gli insetti. Tutta la biosfera ne risulta irrimediabilmente devastata.
Tutto questo nella indifferenza generale o con solo poche e isolate proteste. Dietro lo scempio si fanno speculazioni politiche da parte dei soliti movimenti cosidetti ambientalisti che interpretano la cementificazione del paese come semplice effetto del capitalismo e del libero mercato. Nessuno parla nella maniera che sarebbe necessaria della spaventosa crescita demografica degli ultimi decenni. Nessuno riferisce i fenomeni del degrado ambientale alla pressione edilizia dovuta in gran parte all'alto tasso delle nascite che ha dominato per gran parte del novecento e successivamente alla incontrollata e massiccia immigrazione di nuove popolazioni e alla conseguente ulteriore richiesta di infrastrutture e di edifici. La mancanza di leggi adeguate di salvaguardia ambientale e il lassismo in materia di legalità tipico del nostro paese ha ulteriormente aggravato il problema, facendo raggiungere al fenomeno la dimensione della catastrofe. Stiamo uccidendo il futuro del nostro paese e preparando per i nostri figli una vita d'inferno.
domenica 20 giugno 2010
Cambiare il pensiero per cambiare il pianeta -2° parte
La sovrappopolazione esprime l'essenza del mondo moderno attraverso una rottura. Ciò che la sovrappopolazione viene a rompere nel suo manifestarsi negli ultimi secoli, è il rapporto tra genere umano e natura. Non si tratta semplicemente della interruzione di un equilibrio, ma di un vero e proprio stravolgimento di senso, una alterazione profonda e costitutiva di un significato originario. L'uso della ragione oggettivante è l'aspetto essenziale della tecnica, quel tipo di pensiero che ha trasformato il mondo. Attraverso la razionalità scientifica l'uomo si è allontanato dal mondo animale, dal concetto che egli stesso come ente biologico appartiene al mondo animale. Il cristianesimo, ponendo al centro del cosmo un dio umano, antropomorfo, aveva posto le premesse per questa lontananza tra intelletto e biologia. L'uomo ha così conquistato il centro del mondo, perdendo il senso del limite, perdendo il pensiero risonante con la natura circostante che è, già da sempre, il contesto e l'orizzonte cui l'animale uomo coappartiene con gli altri enti biologici. Questa rottura originaria, simboleggiata magnificamente dal mito di Adamo ed Eva e la loro cacciata dal Paradiso Terrestre, viene rappresentata peculiarmente dal fenomeno della sovrappopolazione come si è venuto verificando nell'ultimo secolo. Nella sovrappopolazione non si manifesta infatti soltanto un superare un certo limite, non si esprime solo un concetto di sovrappiù, di eccesso numerico puro. Nel fenomeno sovrappopolazione va visto e compreso un concetto di rottura, rottura di un fondamento, di un rapporto originario ed essenziale. Con la sovrappopolazione umana si verifica una fuoriuscita dell'ente-uomo dalla natura, uno stravolgimento della sua natura animale, della sua appartenenza alla physis. Questa rottura coinvolge tutto l'essere dell'uomo: il suo pensiero , i suoi sentimenti, la sua visione del mondo, la sua organizzazione sociale, il suo agire, il suo produrre, il suo corpo e la concezione del suo corpo, il suo patrimonio genetico, la sua cultura, il suo futuro nel mondo. La sovrappopolazione determina in primo luogo la perdita del rapporto umano diretto tra uomo e uomo. L'accentramento della vita sociale nelle grandi città costituisce una alienazione profonda del significato della vita umana. E' attraverso la vita della grande città che la modernità trasforma l'essenza dell'uomo da animale fornito di intelletto (compartecipe della divinità) in un consumatore fruitore di diritti, la cui esistenza è un interagire artificiale mediato da un impianto tecnologico: la struttura della città contemporanea. Il primitivo rapporto diretto tra la persona e le cose trova una intermediazione artificiale che ne altera il significato. Cambia così il rapporto con il cibo, sempre più inscatolato e preconfezionato; con l'acqua, che non viene più trovata e raccolta ma acquistata già incapsulata in contenitori di plastica; con l'ambiente circostante che perde ogni spontaneità naturale per trasformarsi in strutture di cemento e in spazi artificiali; con l'aria sempre più inquinata; con l'uomo stesso che vede il meraviglioso dell'incontro con l'altro mutarsi nella competizione stressante verso un potere e un produrre privo di senso. Questa alienazione raggiunge il culmine nel campo dei sentimenti. La perdita da parte dell'uomo cittadino di alcuni comportamenti tipici del campo animale quali il corteggiamento, il sacrificio, la capacità di sopportare il dolore, il senso della morte (sostituito dal nascondimento e dalla rimozione di essa nelle nostre città), sono tutti indizi di una indifferenza che costituisce ormai un modo fondamentale di porsi verso i fatti della vita che la sovrappopolazione e il conseguente accentrarsi nelle città dell'esistenza umana hanno prodotto. E' quel nichilismo che sottende tutti gli aspetti della vita contemporanea, determinando l'angoscia che è lo sfondo comune -insieme alla competizione stressante- delle persone che vivono nei paesi sviluppati dell'occidente.
Paradossalmente nelle nostre megalopoli sovrappopolate viviamo come in un deserto, perché le persone e le cose della natura hanno perso ogni valore. La profondità dello sguardo dell'uomo. quel che una volte si definiva il "sacro", è andata perduta nell'indifferenza di un guardare disincantato e calcolante.Gli unici sentimenti rimasti, il pensiero non oggettivante, il dare un senso all'esistere, sono ormai confinati in isole di vegetazione, vere oasi di terra selvaggia (come le definisce Junger) in mezzo ad un deserto: la morte, l'eros, l'amicizia, l'arte. Leggo con orrore che alcuni stupidi affermano che il problema non è la sovrappopolazione umana, in quanto la terra avrebbe la possibilità di nutrire -ove le risorse fossero equamente distribuite- il doppio e il triplo della popolazione attuale. Per costoro il mondo sarebbe un puro vuoto da riempire. Ma riempire di cosa? Sarebbero ancora persone quella mostruosa massa disumana che abiterebbe un territorio stravolto e devastato da un apparato tecnico-industriale che avrebbe il solo scopo di assicurare la sopravvivenza di una insensatezza biologica e fisica? Che cosa sarebbe l'uomo? Avrebbe ancora un senso la sua vita in un mondo sovrappopolato e invivibile?
Paradossalmente nelle nostre megalopoli sovrappopolate viviamo come in un deserto, perché le persone e le cose della natura hanno perso ogni valore. La profondità dello sguardo dell'uomo. quel che una volte si definiva il "sacro", è andata perduta nell'indifferenza di un guardare disincantato e calcolante.Gli unici sentimenti rimasti, il pensiero non oggettivante, il dare un senso all'esistere, sono ormai confinati in isole di vegetazione, vere oasi di terra selvaggia (come le definisce Junger) in mezzo ad un deserto: la morte, l'eros, l'amicizia, l'arte. Leggo con orrore che alcuni stupidi affermano che il problema non è la sovrappopolazione umana, in quanto la terra avrebbe la possibilità di nutrire -ove le risorse fossero equamente distribuite- il doppio e il triplo della popolazione attuale. Per costoro il mondo sarebbe un puro vuoto da riempire. Ma riempire di cosa? Sarebbero ancora persone quella mostruosa massa disumana che abiterebbe un territorio stravolto e devastato da un apparato tecnico-industriale che avrebbe il solo scopo di assicurare la sopravvivenza di una insensatezza biologica e fisica? Che cosa sarebbe l'uomo? Avrebbe ancora un senso la sua vita in un mondo sovrappopolato e invivibile?
domenica 30 maggio 2010
Da "La fragilità del pensare" di Guido Ceronetti
“ I boschi sono sempre più preziosi, più malati,più sacri. Una legge che per chi li distrugge non prevede i massimi di pena è una legge che ignora il peso di certi crimini e non protegge dal male. Gli antichi, infinitamente più ricchi di noi di boschi,amministravano agli incendiari anche la pena capitale.Quando siamo diventati cristiani, abbiamo subito cominciato a lordare e distruggere i boschi sacri,e insieme la sacralità latente del bosco. Credevamo di poter fare a meno di queste forme inferiori di religiosità. Il risultato è più che niente è sacro: nessuna forma di vita,né una sorgente d’acqua né l’oceano,né un pesce-gatto né l’intimità del pensiero umano. Il cuore che non sente la presenza degli Dei in un bosco è già un cuore incendiario. Il verso leopardiano “ Vissero i boschi un dì” piglia, alla luce di questi mostruosi incendi,tutta la sua straziante pregnanza di verità. Che riparo possono essere anche cento aerei innaffiatori contro una distorsione mentale,un errore essenziale del cuore ? “
I Verdi cotti al fotovoltaico
Tratto dal Corriere della Sera del 30 maggio 2010
IN PROVINCIA DI VITERBO - GLI INVESTIMENTI SUL TURISMO, LA PROTEZIONE DELL’UNESCO. E ORA ETTARI DI SCHERMI TRA LA RISERVA DEL MONTE RUFENO E IL PARCO DELLA VAL D’ORCIA
L’energia verde che inquina
il paesaggio della valle etrusca
Abitanti in rivolta, lite tra sindaci
Tutta colpa dei pannelli fotovoltaici
Acquapendente. 3 Aprile 2010. «O’ che fai?». «Spiano ». «Per la vigna?». «Noo. Pannelli solari. Tredici ettari ». La storia della vallata ferita inizia così. Con la ruspa che mastica in zolle una distesa di fiori gialli. E con l’operazione di intelligence di Carletti Finaldo, contadino. È lui a lanciare l’allarme, in quella porzione di verde e di pace annessa all’antico borgo medievale immerso in un’atmosfera senza tempo: le viuzze del centro, battute per secoli dai pellegrini della via Francigena; i ruderi delle mura che videro soggiornare in città Ottone il Grande di Sassonia; la cripta romanica di San Sepolcro con la leggendaria pietra segnata dal sangue di Gesù. Ma il grido di Finaldo arriva il giorno di sabato santo. E i vicini, tutti intenti a sfornare pizze di Pasqua, non prendono troppo sul serio quell’omone dal volto scolpito che gira con un codazzo di dodici minuscoli cani. Una distesa di pannelli solari? Proprio in questa vallata etrusca stretta tra due parchi: la riserva naturale del monte Rufeno e il Parco della Val d’Orcia patrimonio dell’Umanità protetto dall’Unesco? «Suvvia, non è possibile», gli risponde Aimone Bisacchi, allevatore di cavalli. «Ma se ci fanno una testa così con la vocazione del turismo naturale. Ci hanno dato i fondi per restaurare i ruderi. E adesso fanno una bruttura là in mezzo?», aggiunge scuotendo la testa. Il tarlo però comincia a diffondersi tra gli abitanti di Acquapendente, località Trevinano, podere San Luca: due agriturismi, un paio di fattorie, qualche antico casale, prati a perdita d’occhio pettinati dal vento, farfalle, un piccolo stagno con polifonia di rane, e, quando il sole affonda dietro il monte Amiata, un passeggio di istrici, cinghiali e caprioli.
Tempo di ripensarci e la scampagnata di Pasquetta si trasforma in riunione operativa. La verità viene fuori pian piano. Ed è quella temuta da Finaldo: l’impianto fotovoltaico si farà. Il progetto prevede un grande lago di schermi neri di 5 chilometri di lato prodotto dalla Green Consulting srl di Terni. Il più infuriato è il signor Ivano che si scopre «collaborazionista». A lui avevano solo chiesto di far passare un cavo sul proprio terreno. Nessuno aveva spiegato perché. E lui si era fidato del vicesindaco presente, Claudio Colonnelli. Chiederà indietro il permesso. Intanto scatta l’allarme rosso. E alla testa del neonato comitato spontaneo si mette Andrea Bonsignori, ex sindaco di Radicofani e ora consigliere comunale, che spiega: «Questa parte di terra aveva cominciato a configurarsi come perfetta per investimenti agrituristici: vicina al territorio toscano ed umbro, campagna con vista mozzafiato, strade sterrate difficili per le automobili ma perfette per le camminate». Lesley Bowles, guida turistica inglese, mostra lo sterrato indignata: «C’è gente che ha investito denaro. E ora viene beffata senza essere nemmeno avvisata?». Tutti si domandano chi ha autorizzato l’avvio dei lavori. Sindaco e vicesindaco della frazione fanno a scaricabarile. Anche l’assessore all’Ambiente del Comune di Acquapendente, Claudio Speroni, dice di non saperne niente. A guardare le carte, invece, questa vicenda comincia il 25 settembre del 2009 quando la Green Consulting richiede all’Ufficio Amministrativo Pubblicazione Albo Pretorio del Comune di Acquapendente (Viterbo) di pubblicare un avviso pubblico per un’istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale di un impianto fotovoltaico da realizzarsi in località San Luca. La pubblicazione termina il 12 novembre. Nessuno si fa vivo. Del resto nessuno ne sa nulla. Il 15 dicembre c’è una prima conferenza servizi. Lo stesso giorno il sindaco di Acquapendente, Alberto Bambini, in un fax alla Provincia di Viterbo esprime parere favorevole. Con una sola condizione (già offerta nel progetto): un perimetro di rampicanti per mitigare l’impatto visivo.
A domanda precisa ora il sindaco Bambini dice di aver sospeso il giudizio: «Verificheremo. Non credo sia devastante. Certo un cambio di paesaggio c’è. Ma non è invasivo. E poi tecnicamente è difficile dire di no. Si punta sulle energie rinnovabili. Ma abbiamo già rifiutato l’eolico, e le biomasse. I Comuni e le Regioni, come la Puglia, che ci hanno provato hanno avuto torto alla Corte Costituzionale. E poi è un investimento da 3 milioni di euro: dà posti di lavoro». L’ingegner Francesco Saverio Guarino, della Green Consulting, concorda e fornisce una stima francese allettante: «Ogni 10 Mgw, pari a 20 ettari di terreno impegnati, danno lavoro fino a 18 persone, tra giardinieri, personale di manutenzione eccetera. Ogni ettaro, che oggi ai contadini rende 500 euro scarsi l’anno, col solare rende tra i 3.000 e i 3.500». Per non parlare di chi acquisterà l’impianto. OgniMgw vale 3 milioni di euro. In 7 anni l’investitore si rifà dell’intera somma investita e comincia a guadagnare con la vendita dell’energia. Altro che Bot e Cct, le percentuali di rendita sono pari al 15-20%». È proprio quel ricco margine di guadagno che in tutta Italia non è sfuggito a speculatori, truffatori e criminalità organizzata. Tutti al lavoro a reinventarsi maghi della green economy. Per tipi senza scrupoli rende di più e fa più chic di altri traffici meno politically correct. Ognuno ci ha messo del suo. C’è chi ha fatto incetta di terreni agricoli per un pugno di euro, rivendendoli a prezzi maggiorati ai produttori di energia, senza avere uno straccio di permesso. E c’è chi ha lucrato sugli incentivi per le energie rinnovabili. Nettamente superiori alla media europea. Nel 2009 avrebbero superato i 2 miliardi di euro. Quest’anno i 3. Nel 2015 dovrebbero salire a 5. A 7 nel 2020. Tutti pagati dai contribuenti in bolletta. Un affare che ha scatenato anche appetiti mafiosi come testimoniano clamorose inchieste recenti. Così si è scoperto che il business «pulito », tutto raggi di sole e soffi di vento, nasconde insidie pesanti e possibili giri di mazzette per far chiudere gli occhi ad amministratori distratti o compiacenti pronti a sposare la tesi (che convince però anche molti in buonafede) dell’urgenza delle energie rinnovabili ad ogni costo. Anche di devastare il paesaggio.
Ma lassù, aldilà del crinale verde punteggiato da fiori rubino, c’è chi la vede in modo opposto. E Acquapendente si riscopre terra di frontiera. Lì, dove finiva lo Stato Pontificio e iniziava il Granducato di Toscana, è provincia di Siena. E la musica è totalmente diversa. Il sindaco di Radicofani è già sul piede di guerra. Teme che quella distesa di schermi neri possa mettere a rischio il patrocinio dell’Unicef. E in una lettera di fuoco inviata al sindaco di Acquapendente lo mette nero su bianco chiedendo garanzie: «Ci troviamo nei fatti nella paradossale situazione di scontare gli effetti». E, ritenendo che in un territorio «di grande pregio ma particolarmente vulnerabile » il fotovoltaico vada limitato all’autoconsumo o collocato in zone extragricole, chiede una «valutazione interregionale sull’impatto ». L’ingegner Guarino minimizza: «L’impianto potrebbe anche essere di minori dimensioni. Consente all’erba di crescere sotto i pannelli e agli animali di passarci tranquillamente. Siamo agli sgoccioli delle procedure. Aspettiamo la valutazione di impatto ambientale che per questo genere di opere è semplificata. Contiamo per giugno di avere il via libera». Ma un assaggio di ciò che accadrà in località San Luca si può avere a un paio di chilometri dal centro di Acquapendente. Basta porsi sul patio della signora Caterina Bartolini. Sotto tranquillanti da venti giorni. Da quando, a ridosso del suo muro di cinta, sono giunte le ruspe. Manco a dirlo: fotovoltaico senza preavviso. Invano ha chiesto aiuto ai vigili. Ora si dispera: «Sono dei pazzi. Montano questi schermi neri di silicio che si vedono benissimo nonostante la recinzione. E possono raggiungere una temperatura di 70 gradi: gli animali che passeranno sotto li faranno fritti e noi arrosto ».
Virginia Piccolillo
IN PROVINCIA DI VITERBO - GLI INVESTIMENTI SUL TURISMO, LA PROTEZIONE DELL’UNESCO. E ORA ETTARI DI SCHERMI TRA LA RISERVA DEL MONTE RUFENO E IL PARCO DELLA VAL D’ORCIA
L’energia verde che inquina
il paesaggio della valle etrusca
Abitanti in rivolta, lite tra sindaci
Tutta colpa dei pannelli fotovoltaici
Acquapendente. 3 Aprile 2010. «O’ che fai?». «Spiano ». «Per la vigna?». «Noo. Pannelli solari. Tredici ettari ». La storia della vallata ferita inizia così. Con la ruspa che mastica in zolle una distesa di fiori gialli. E con l’operazione di intelligence di Carletti Finaldo, contadino. È lui a lanciare l’allarme, in quella porzione di verde e di pace annessa all’antico borgo medievale immerso in un’atmosfera senza tempo: le viuzze del centro, battute per secoli dai pellegrini della via Francigena; i ruderi delle mura che videro soggiornare in città Ottone il Grande di Sassonia; la cripta romanica di San Sepolcro con la leggendaria pietra segnata dal sangue di Gesù. Ma il grido di Finaldo arriva il giorno di sabato santo. E i vicini, tutti intenti a sfornare pizze di Pasqua, non prendono troppo sul serio quell’omone dal volto scolpito che gira con un codazzo di dodici minuscoli cani. Una distesa di pannelli solari? Proprio in questa vallata etrusca stretta tra due parchi: la riserva naturale del monte Rufeno e il Parco della Val d’Orcia patrimonio dell’Umanità protetto dall’Unesco? «Suvvia, non è possibile», gli risponde Aimone Bisacchi, allevatore di cavalli. «Ma se ci fanno una testa così con la vocazione del turismo naturale. Ci hanno dato i fondi per restaurare i ruderi. E adesso fanno una bruttura là in mezzo?», aggiunge scuotendo la testa. Il tarlo però comincia a diffondersi tra gli abitanti di Acquapendente, località Trevinano, podere San Luca: due agriturismi, un paio di fattorie, qualche antico casale, prati a perdita d’occhio pettinati dal vento, farfalle, un piccolo stagno con polifonia di rane, e, quando il sole affonda dietro il monte Amiata, un passeggio di istrici, cinghiali e caprioli.
Tempo di ripensarci e la scampagnata di Pasquetta si trasforma in riunione operativa. La verità viene fuori pian piano. Ed è quella temuta da Finaldo: l’impianto fotovoltaico si farà. Il progetto prevede un grande lago di schermi neri di 5 chilometri di lato prodotto dalla Green Consulting srl di Terni. Il più infuriato è il signor Ivano che si scopre «collaborazionista». A lui avevano solo chiesto di far passare un cavo sul proprio terreno. Nessuno aveva spiegato perché. E lui si era fidato del vicesindaco presente, Claudio Colonnelli. Chiederà indietro il permesso. Intanto scatta l’allarme rosso. E alla testa del neonato comitato spontaneo si mette Andrea Bonsignori, ex sindaco di Radicofani e ora consigliere comunale, che spiega: «Questa parte di terra aveva cominciato a configurarsi come perfetta per investimenti agrituristici: vicina al territorio toscano ed umbro, campagna con vista mozzafiato, strade sterrate difficili per le automobili ma perfette per le camminate». Lesley Bowles, guida turistica inglese, mostra lo sterrato indignata: «C’è gente che ha investito denaro. E ora viene beffata senza essere nemmeno avvisata?». Tutti si domandano chi ha autorizzato l’avvio dei lavori. Sindaco e vicesindaco della frazione fanno a scaricabarile. Anche l’assessore all’Ambiente del Comune di Acquapendente, Claudio Speroni, dice di non saperne niente. A guardare le carte, invece, questa vicenda comincia il 25 settembre del 2009 quando la Green Consulting richiede all’Ufficio Amministrativo Pubblicazione Albo Pretorio del Comune di Acquapendente (Viterbo) di pubblicare un avviso pubblico per un’istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale di un impianto fotovoltaico da realizzarsi in località San Luca. La pubblicazione termina il 12 novembre. Nessuno si fa vivo. Del resto nessuno ne sa nulla. Il 15 dicembre c’è una prima conferenza servizi. Lo stesso giorno il sindaco di Acquapendente, Alberto Bambini, in un fax alla Provincia di Viterbo esprime parere favorevole. Con una sola condizione (già offerta nel progetto): un perimetro di rampicanti per mitigare l’impatto visivo.
A domanda precisa ora il sindaco Bambini dice di aver sospeso il giudizio: «Verificheremo. Non credo sia devastante. Certo un cambio di paesaggio c’è. Ma non è invasivo. E poi tecnicamente è difficile dire di no. Si punta sulle energie rinnovabili. Ma abbiamo già rifiutato l’eolico, e le biomasse. I Comuni e le Regioni, come la Puglia, che ci hanno provato hanno avuto torto alla Corte Costituzionale. E poi è un investimento da 3 milioni di euro: dà posti di lavoro». L’ingegner Francesco Saverio Guarino, della Green Consulting, concorda e fornisce una stima francese allettante: «Ogni 10 Mgw, pari a 20 ettari di terreno impegnati, danno lavoro fino a 18 persone, tra giardinieri, personale di manutenzione eccetera. Ogni ettaro, che oggi ai contadini rende 500 euro scarsi l’anno, col solare rende tra i 3.000 e i 3.500». Per non parlare di chi acquisterà l’impianto. OgniMgw vale 3 milioni di euro. In 7 anni l’investitore si rifà dell’intera somma investita e comincia a guadagnare con la vendita dell’energia. Altro che Bot e Cct, le percentuali di rendita sono pari al 15-20%». È proprio quel ricco margine di guadagno che in tutta Italia non è sfuggito a speculatori, truffatori e criminalità organizzata. Tutti al lavoro a reinventarsi maghi della green economy. Per tipi senza scrupoli rende di più e fa più chic di altri traffici meno politically correct. Ognuno ci ha messo del suo. C’è chi ha fatto incetta di terreni agricoli per un pugno di euro, rivendendoli a prezzi maggiorati ai produttori di energia, senza avere uno straccio di permesso. E c’è chi ha lucrato sugli incentivi per le energie rinnovabili. Nettamente superiori alla media europea. Nel 2009 avrebbero superato i 2 miliardi di euro. Quest’anno i 3. Nel 2015 dovrebbero salire a 5. A 7 nel 2020. Tutti pagati dai contribuenti in bolletta. Un affare che ha scatenato anche appetiti mafiosi come testimoniano clamorose inchieste recenti. Così si è scoperto che il business «pulito », tutto raggi di sole e soffi di vento, nasconde insidie pesanti e possibili giri di mazzette per far chiudere gli occhi ad amministratori distratti o compiacenti pronti a sposare la tesi (che convince però anche molti in buonafede) dell’urgenza delle energie rinnovabili ad ogni costo. Anche di devastare il paesaggio.
Ma lassù, aldilà del crinale verde punteggiato da fiori rubino, c’è chi la vede in modo opposto. E Acquapendente si riscopre terra di frontiera. Lì, dove finiva lo Stato Pontificio e iniziava il Granducato di Toscana, è provincia di Siena. E la musica è totalmente diversa. Il sindaco di Radicofani è già sul piede di guerra. Teme che quella distesa di schermi neri possa mettere a rischio il patrocinio dell’Unicef. E in una lettera di fuoco inviata al sindaco di Acquapendente lo mette nero su bianco chiedendo garanzie: «Ci troviamo nei fatti nella paradossale situazione di scontare gli effetti». E, ritenendo che in un territorio «di grande pregio ma particolarmente vulnerabile » il fotovoltaico vada limitato all’autoconsumo o collocato in zone extragricole, chiede una «valutazione interregionale sull’impatto ». L’ingegner Guarino minimizza: «L’impianto potrebbe anche essere di minori dimensioni. Consente all’erba di crescere sotto i pannelli e agli animali di passarci tranquillamente. Siamo agli sgoccioli delle procedure. Aspettiamo la valutazione di impatto ambientale che per questo genere di opere è semplificata. Contiamo per giugno di avere il via libera». Ma un assaggio di ciò che accadrà in località San Luca si può avere a un paio di chilometri dal centro di Acquapendente. Basta porsi sul patio della signora Caterina Bartolini. Sotto tranquillanti da venti giorni. Da quando, a ridosso del suo muro di cinta, sono giunte le ruspe. Manco a dirlo: fotovoltaico senza preavviso. Invano ha chiesto aiuto ai vigili. Ora si dispera: «Sono dei pazzi. Montano questi schermi neri di silicio che si vedono benissimo nonostante la recinzione. E possono raggiungere una temperatura di 70 gradi: gli animali che passeranno sotto li faranno fritti e noi arrosto ».
Virginia Piccolillo
sabato 29 maggio 2010
Cambiare il pensiero per cambiare il pianeta -1° parte
Chi ritiene che la sovrappopolazione sia dannosa soltanto perché genera inquinamento, per l'esaurimento della terra e dell'acqua, per gli effetti dell'anidride carbonica, non ha ancora capito l'essenza del problema "sovrappopolazione". L'essenza del problema non sta negli effetti della sovrappopolazione, essa è invece qualcosa di più profondo e radicale: essa è un sintomo di un agire sbagliato dell'uomo. La sovrappopolazione esprime una perdita di senso. Il mondo, la vita, la realtà sono stravolte nella loro essenza da un agire e da un pensare dell'uomo che ha perso ogni senso. Alla base della perdita di senso del mondo per l'uomo c'è il pensiero scientifico, la tecnica moderna. Per il pensiero che è alla base della scienza il mondo è un oggetto, un insieme di oggetti. Il modo di agire del pensiero tecnico-scientifico è quello di appropriarsi degli oggetti, misurarli, pesarli, dividerli nei costituenti, modificarli, trasmutarli. stravolgerli. Utilizzarli ed infine gettarli come rifiuti. Questa è l'essenza del metodo scientifico. Il mondo si trasforma così in enorme pattumiera e lo spazio residuo in un contenitore di prodotti da consumo. Gli uomini non sono più uomini ma "consumatori". Ma in questo loro essere consumatori, essi divengono anche prodotti, il Minotauro della tecnica si appropria anche di loro.Il pensiero oggettivante della scienza, oggettivizza anche l'uomo stesso. Come tutti gli altri prodotti tecnologici anche le persone divengono, nella loro essenza, veri e propri "prodotti umani". La loro vita diviene perfettamente riproducibile come quella di qualsiasi altro prodotto. Vivono stipati nei pressi dei luoghi di consumo, incapsulati in caseggiati e casermoni per assicurare in maniera funzionale la fruizione dei prodotti da consumare. I "diritti del consumatore" sono la nuova bibbia laica e la base di ogni diritto della società tecnologica. Ogni ente esistente è trasformato in prodotto tecnologico, subisce cioè una trasformazione tecnica atta a renderlo idoneo alla fruizione consumistica.I bambini e i ragazzi non hanno più contatti con piante e animali (se non quelli da compagnia trattati anch'essi come prodotti da consuno). Le piante commestibili, gli animali da cortile, ma perfino le acque stesse -una volta vissute nella meraviglia e nella magia di acque sgorganti dalle sorgenti in mezzo alle piante- ci appaiono oggi impacchettate nella plastica sui banchi dei supermercati. I rapporti tra umani e animali sono esemplificati dalla cultura del "safari": una cultura museale in cui l'animale è virtuale nel senso che la sua esistenza viene percepita e vissuta come in un film. La natura ha, in questo scenario, una funzione residuale: i ruscelli e le pozze delle campagne sono fogne marroni, prive di vita, con la poca acqua maleodorante e coperta di schiuma. Le spiagge non sono più l'orizzonte azzurro cristallino luogo di estatico smarrimento, ma opaco schiumeggiare di detersivi e galleggiare di plastiche. Le campagne sono campi aperti a pesticidi e fertilizzanti chimici o ridotti a discariche. Quei pochi luoghi naturali non devastati dal cemento, dalle industrie o dall'agricoltura industrializzata, servono ad attrarre un turismo di massa sciocco e innaturale.Ricordano i parchi giochi o gli sfondi paesaggistici elaborati al computer per i telefilm. Tutto il resto della campagna che ancora sopravvive è ridotta a periferia: luogo sospeso in attesa di una prossima immanente cementificazione. L'asfalto è pronto, ammassato nei bidoni ai margini delle città con il suo odore vagamente afrodisiaco, ad essere riversato per spianare ancora ettari ed ettari di campagna. Quei pochi luoghi che mantengono ancora una vegetazione e una fauna che vagamente ricorda quella originaria sono ormai talmente rari che vengono etichettati "patrimoni dell'umanità" o "parchi naturalistici" come se fossero pezzi da museo o riserve indiane. Tutto ciò non è il frutto del capitalismo o di un certo sistema economico. Anche i paesi che hanno tentato le strade del socialismo reale sono stati devastati, spesso in misura superiore a quelli di libero mercato. Il capitalismo e il socialismo sono anch'essi la conseguenza di un agire e non la causa. Questo agire è il portato di un modo di pensare dell'uomo moderno, di quel pensiero oggettivante che trova le sue origini nella metafisica come si è andata sviluppando in europa e poi nel mondo occidentale.La ragione illuministica è l'ultimo sviluppo di questa metafisica e all'origine dell'attuale dominio illimitato della tecnica. Una metafisica che ha eliminato la natura dalla realtà per lasciarci solo l'uomo con le sue esigenze. L'uomo concepito al centro dell'Universo, in parte "divino"nella sua essenza e "calato" nel mondo imperfetto della natura. Un mondo imperfetto da perfezionare con l'attività e l'intelletto umano, al fine di renderlo adatto a soddisfare tutti i bisogni (denominati diritti) egoistici e senza freni dell'uomo. La metafisica come antropizzazione del mondo, la tecnica come esecutore materiale di questa antropizzazione. La sovrappopolazione non è che il prodotto di questo modo di pensare ed è parte essenziale della tecnica.La sovrappopolazione è l'essenza del pensiero tecnico, suo prodotto come fine, ma anche suo presupposto. V'è una co-appartenenza tra tecnica e sovrappopolazione in quanto l'una è fine e allo stesso tempo origine della potenza dell'altra. Fa parte della essenza della tecnica pensare il mondo come contenitore per l'uomo da utilizzare e sfruttare. Ma è anche essenza della sovrappopolazione pensare il mondo come sfondo della tecnica e della sua potenza. Un mondo sovrappopolato è in maniera assoluta un mondo tecnico (antropizzato).Per un mondo diverso è necessario un pensiero diverso, un pensiero che per prima cosa deve tornare a pensare il mondo, ri-pensare il mondo. Per questo pensare che ritrovi se stesso è necessario un nuovo linguaggio e un nuovo metodo. Il linguaggio che ha prodotto la metafisica occidentale non è adeguato al nuovo pensare. Il pensiero tecnico scientifico ha portato ad un mondo che è vicino alla sua distruzione. Se oggi incombe su di noi l'annichilimento atomico, la gasificazione dell'atmosfera, l'alienazione delle megalopoli che genera una vana ricerca di valori naturali in una campagna anch'essa stravolta, la perdita di senso di masse sterminate di uomini che hanno perso ogni stupore di fronte al mistero del mondo per divenire produttori e consumatori senza scopo, dobbiamo tornare a porci domande fondamentali ed originarie. Domande che abbiamo dimenticato. E' necessario un nuovo interrogare, che torni a chiedere l'essenza delle cose, e smettere la violenza del pensiero oggettivante e tecnologico.Vi sono segni evidenti di una natura ostile a questo nostro agire. La sofferenza della natura intorno a noi, e il sentimento di una alienazione dentro di noi, ci chiamano ad una responsabilità. Il mistero dell'essere ci interpella. C'è bisogno di fermarci, di tornare a pensare, di fare un passo indietro, di abbandonare un agire che non porta a niente, anzi porta al Nulla (segue nella 2° parte)
giovedì 22 aprile 2010
La sovrappopolazione e la Terra come sistema
Il nostro pianeta era, fino a pochi decenni fa, l'unico sistema «troppo grande per collassare». Per secoli ne abbiamo sfruttato le risorse e ci siamo spostati ogni volta che una sorgente si prosciugava o un terreno diventava troppo inquinato. Mitica fu l'emigrazione da un'Inghilterra già sovrappopolata verso il nuovo mondo a Occidente. Oggi però questa strategia non funziona più. La possibilità delle popolazioni di spostarsi da un luogo all'altro del pianeta, una volta che le risorse di quel luogo siano esaurite, è oggi svalutata dalla uniformizzazione demografica del pianeta e dalla sua trasformazione in una unica grande fabbrica antropizzata che consuma natura e produce scarti. La migrazione che una volta era gioia della scoperta e salvezza in un nuovo orizzonte, è uno spostarsi dalla miseria a un luogo degradato. E' divenuta uno spostamento senza valore in un mondo uniforme. Dobbiamo tornare ad una Terra vista come sistema complesso che alterni zone di insediamenti intensivi e zone vergini o di insediamenti ridotti. Sono necessarie politiche demografiche attive volte a disegnare un nuovo pianeta.
martedì 20 aprile 2010
Il Vulcano erutta e affumica i Verdi
Il Vulcano Eyjafjallajokull in eruzione è un bello scacco per le "magnifiche sorti e progressive" del movimento ecologista sempre impegnato a denunciare il riscaldamento del pianeta per l'emissione della CO2 da parte delle nazioni occidentali (dimenticandosi che oggi il primo emettitore di CO2 nell'atmosfera è la Cina post-comunista). Infatti in pochi giorni il Vulcano cattivo ha emesso più tonnellate di CO2 nell'atmosfera di quante ne abbia emesse l'intera comunità delle nazioni negli ultimi anni. All'anima del protocollo di Kyoto! Inoltre il gentile Vulcano ha emesso nell'atmosfera milioni di tonnellate di polveri e gas radioattivi, con tanti saluti a tutte le proteste per le, al confronto insignificanti, scorie radioattive prodotte dalle centrali nucleari e prontamente smaltite in depositi sotterranei profondi. Queste del Vulcano invece sono immesse direttamente nell'atmosfera e pare che...non siano da addebitare all'odiato sistema capitalista occidentale.
sabato 3 aprile 2010
Il "fruitore di diritti"
L'uomo non è più l'uomo. La modernità ci ha consegnato una nuova visione dell'uomo e di conseguenza una nuova visione del mondo. La Storia non esiste più, se non come freddo oggetto di studi. La persona con la sua complessità è sempre più schiacciata sul presente. La razionalità scientifica, nella sua furia analitica, dimentica la dimensione temporale delle cose e delle persone: l'analisi razionale porta tutto al presente riducendo la profondità del reale ad un foglio bidimensionale fitto di numeri e misure. I luoghi non sono più luoghi ma spazio misurabile. La città perde la dimensione storica e i suoi "luoghi" divengono coordinate geografiche, al massimo prospettive architettoniche. Gli abitanti della città, come di ogni altro luogo, non sono più chiamati con il loro nome: romani, torinesi, italiani, parigini, newyorchesi...il cittadino diviene un puro "fruitore di diritti" e come tale identificato. Non conta più la sua storia, cosa ha fatto nella vita, chi era suo padre o suo nonno, la lingua che parlava, i luoghi che frequentava e che ha contribuito a creare. I diritti annullano ogni altra cosa. Soprattutto i doveri, che sono sempre meno nominati. Il mondo così perde la sua profondità nel tempo e nel significato: diviene uno spazio vuoto. Uno spazio da occupare dal "fruitore di diritti", in quanto spazio materiale senza significato se non quello di consentire al fruitore di fruire dei suoi diritti, di consumare a piacimento, di occupare secondo il proprio egocentrismo, di stravolgere tutto l'ambiente circostante secondo le proprie necessità, di riprodursi e generare altri fruitori. Il fruitore di diritti non ha più limiti nel suo fruire, né di tempo né di spazio né di senso, se non quelli di non intralciare gli altri fruitori. I diritti del fruitore si limitano a vicenda come in una enorme mangiatoia dove gli animali sono stipati a mangiare ciascuno nel proprio spazio ridotto. I doveri sono scomparsi. Il mondo non ha storia, i luoghi non hanno senso.Le parole stesse perdono di significato. Il linguaggio si semplifica in un grigio burocratese che enumera i diritti, li analizza, li reclama, li usa come filtro interpretativo del mondo. Il fruitore di diritti è un grigio burocrate rivendicativo. Il mondo perde i suoi colori e il suo senso.
martedì 23 marzo 2010
La critica di Heidegger a Marx
Marx criticava la filosofia in quanto capace solo di interpretare il mondo senza cambiarlo. Ora si tratta, diceva Marx, di cambiare il mondo. Heidegger rispose a questa affermazione che per cambiare il mondo è necessaria una concezione nuova del mondo. E per questa nuova concezione è necessaria una interpretazione nuova del mondo. Una nuova interpretazione del mondo richiede un nuovo modo di pensare, e quindi ancora filosofia, una filosofia in grado di elaborare questo nuovo pensiero. Qui Marx ha sbagliato: credeva che bastasse intervenire razionalmente sulla società e sulla politica con la vecchia logica e il vecchio pensiero. I quali inevitabilmente hanno riprodotto i vecchi errori e le stesse disfunzioni. Invece bisognava pensare in modo nuovo, andando oltre la scienza, per ritrovare una trascendenza capace di restituire un senso al mondo.
"Con Marx", dice Heidegger, "si è raggiunta la posizione del nichilismo estremo". Nella riflessione di Marx l'uomo è alla radice del mondo: "la radice per l'uomo è l'uomo stesso". Ancora in Marx si legge: "la critica della religione finisce con la teoria per cui
l'uomo è per l'uomo l'essere supremo"Ma se l'uomo è l'essere supremo per l'uomo, viene dato fondamento al fatto che tutto il resto non ha senso, che oltre l'uomo e la sua produzione non vi sia niente (nihil).
Il mondo non è un semplice contenitore di umani, un campo da trasformare e sfruttare a nostro piacimento. Il mondo ha un senso che va oltre l'uomo e le sue necessità, che richiede rispetto e cura in tutti i suoi aspetti. L'antropizzazione sfrenata del mondo è la nostra prima colpa, il nostro errore più grande.
sabato 27 febbraio 2010
Lettera ai verdi
Non si potrà mai invertire la direzione in cui sta andando il mondo se non si cambia il pensiero dell’uomo. L’errore che fanno i verdi è di credere che intervenendo sulle cose si possa salvare il mondo. Heidegger direbbe che si cerca di capire gli enti senza comprendere l’essere. In altre parole si cerca di intervenire sulla superficie del mondo (il mondo come oggetto) ma non si interviene sul modo di pensare dell’uomo, su come l’uomo vede e vive il suo mondo e il mondo in generale. Così i verdi tentano di cambiare il modello di sviluppo della società o il sistema economico capitalistico sperando di recuperare o meglio di creare, rifacendosi al marxismo o a modelli di decrescita, una società che rispetti l’ambiente. Ma se l’uomo continuerà a pensare come pensa non si creerà nessuna nuova società. Sia il marxismo che le visioni che propaganda Latouche non affrontano il rapporto tra l’uomo e il suo modo di essere nel mondo, il modo cioè in cui l’uomo pensa il mondo. La logica stessa del pensiero occidentale (ed orientale) è una logica di appropriazione e di produzione. Il rapporto dell’uomo con la natura è di puro utilizzo, la natura per l’uomo è cosa, cosa tra le cose. Anche per le ideologie anticapitaliste il mondo serve a l’uomo, come cosa da utilizzare per i propri bisogni (“a ciascuno secondo i suoi bisogni…”). La logica stessa è logica della appropriazione, della trasformazione e del produrre. Produrre il prodotto del lavoro umano, ma non solo. In questa logica il mondo è un mondo da trasformare a immagine dell’uomo, un puro ambiente da “antropizzare”. L'ambiente naturale è un puro sfondo, un magazzino per l'attività e la produzione umana. L'uomo non "pensa" la natura per quello che è, la oblia nel proprio fare. La produzione è un valore assoluto, è la misura dell'antropizzazione e oggettivazione del mondo. Produrre quindi cose per l’uomo, ma anche produrre altri uomini. Anche la produzione incondizionata e senza fine di altri umani serve ai bisogni dell’uomo (chi ci pagherà le pensioni?). Così il mondo si riempie di miliardi di persone e di miliardi di oggetti, si cementifica e si asfalta per i bisogni dell’uomo. Bisogni infiniti. I soli limiti sono sempre per e in favore dell’uomo. Secondo il pensiero "politicamente corretto" non bisogna creare diseguaglianze ma tutti debbono esercitare i propri diritti in favore dei propri bisogni. Anche per gli ecologisti l'uomo rimane seduto sul trono, al centro dell'universo, libero di fare per i propri bisogni. Basta che non sporchi troppo. Che prolifichi pure, e per acquietare la coscienza i figli vadano in bicicletta o piantino gli alberelli nel giardino. E così il mondo prosegue la sua folle corsa e la natura viene stravolta per l’uomo e per i suoi incondizionati bisogni….
giovedì 18 febbraio 2010
Una pessima notizia
Al 1° gennaio 2010 i residenti in Italia erano 60.387.000 e hanno fatto registrare un tasso di incremento del 5,7 per mille. Lo comunica l'Istat. Al censimento del 21 ottobre 2001 i residenti erano risultati essere 56.995.744. In nove anni, quindi, la popolazione presente in Italia è aumentata di 3,4 milioni di unità.
Per chi combatte la sovrappopolazione del pianeta questa è una pessima notizia. Questo nostro povero paese sovrappopolato e massacrato dalla cementificazione e dall'asfalto, stravolto nei secoli da una presenza umana che ha determinato una pressione antropica eccessiva su luoghi e natura, continua a veder aumentare la popolazione residente con ulteriore futura inevitabile devastazione.
Per chi combatte la sovrappopolazione del pianeta questa è una pessima notizia. Questo nostro povero paese sovrappopolato e massacrato dalla cementificazione e dall'asfalto, stravolto nei secoli da una presenza umana che ha determinato una pressione antropica eccessiva su luoghi e natura, continua a veder aumentare la popolazione residente con ulteriore futura inevitabile devastazione.
mercoledì 17 febbraio 2010
Obama per il SI al nucleare
L'amministrazione Usa ha dato il via libera a prestiti garantiti per 8,3 miliardi di dollari (6,1 miliardi di euro) per la costruzione di due centrali nucleari a Burke, in Georgia. L'annuncio è stato ufficializzato dal presidente Barack Obama in visita in un centro per lo sviluppo di energie pulite presso Washington. «Dobbiamo costruire una nuova generazione di impianti energetici puliti e sicuri», ha detto Obama, ricordando che si tratta dei primi investimenti per l'energia nucleare dopo 30 anni di stop. Verrà utilizzata una legge del 2005 che autorizza il dipartimento dell'Energia a emettere prestiti in garanzia fino a 18,5 miliardi di dollari per progetti che aiutino la riduzione del gas serra. Gli impianti saranno ultimati tra il 2016 e il 2017. I due reattori dovrebbero generare energia per 1,4 milioni di persone e creare 3 mila nuovi posti di lavoro di cui 850 permanenti.
FUTURO -«So bene che quest'annuncio verrà accolto da qualcuno con favore da qualcun'altro con forti dissensi», ha detto il capo della Casa Bianca. «Ma voglio mettere l'accento su un punto: anche se ci sono opinioni diverse, queste non possono impedirci di fare passi avanti. Su una questione come quella energetica che condiziona la nostra economia, la nostra sicurezza e il futuro del nostro pianeta, non possiamo continuare a essere bloccati nel vecchio dibattito tra destra e sinistra, tra ambientalisti e imprenditori». Obama ha spiegato che «una sola centrale atomica consente di tagliare 16 milioni di tonnellate di CO2 rispetto a un impianto a carbone. È come togliere dalla strada 3,5 milioni di auto» (Barack Obama).
FUTURO -«So bene che quest'annuncio verrà accolto da qualcuno con favore da qualcun'altro con forti dissensi», ha detto il capo della Casa Bianca. «Ma voglio mettere l'accento su un punto: anche se ci sono opinioni diverse, queste non possono impedirci di fare passi avanti. Su una questione come quella energetica che condiziona la nostra economia, la nostra sicurezza e il futuro del nostro pianeta, non possiamo continuare a essere bloccati nel vecchio dibattito tra destra e sinistra, tra ambientalisti e imprenditori». Obama ha spiegato che «una sola centrale atomica consente di tagliare 16 milioni di tonnellate di CO2 rispetto a un impianto a carbone. È come togliere dalla strada 3,5 milioni di auto» (Barack Obama).
lunedì 1 febbraio 2010
Rovesciare una tendenza
L'umanità,dalle sue origini alla nostra nascita, è cresciuta nella stessa misura in cui è cresciuta dalla nostra nascita ad oggi. In milioni di anni dalla sua comparsa l'umanità è passata da 0 a 3 miliardi di abitanti. E in soli quarant'anni è raddoppiata, è passata a 6 miliardi. Negli ultimi ottant'anni l'umanità è addirittura triplicata. Detto così, non resta che la castrazione chimica mondiale, la sterilizzazione universale. Non è catastrofismo. Non viviamo in un'epoca come un'altra. Siamo i primi a vivere tra campi elettromagnetici gremiti di onde e di messaggi, in un etere stracolmo; siamo i primi a vivere un consumo di risorse ed energie come mai era accaduto nella storia umana, abbiamo estenuato il mondo più noi che tutta l'umanità dalle sue origini alla nostra nascita...è finito il rispetto per il creato e la natura, l'evocazione delle cose genuine e antiche, i borghi e le tracce del passato, l'amore per l'agricoltura e le attività naturali, il legame con la terra e le radici, il senso del limite e il profumo della realtà. Soffriamo il disagio per le metropoli invivibili, la paura del progresso senza freni, il fastidio per il rumore e l'aria inquinata, i cibi manipolati, il mare sporco e la terra...
tratto da Marcello Veneziani: "Rovesciare il '68" Oscar Mondadori
tratto da Marcello Veneziani: "Rovesciare il '68" Oscar Mondadori
lunedì 18 gennaio 2010
Technology and Overpopulation
Overpopulation – Technology Solution
Posted on January 18, 2010
Filed Under 1 |
By
Fred Westmark
Many futurists and modernists believe that technology can solve all of mankind’s problems. The panacea for humans, they believe, is in the hands of technology, the savior of mankind. But can technology overcome every human problem?
Technology has helped humans overcome many of its problems. Technology has improved human society in many ways: faster transportation, better food, greater access to information, and so on. These tools and machines made technology have vastly improved people’s lives. Today, a messenger doesn’t have to run twenty six miles to bring the news of the Greeks victory over the Persians (Marathon); he could send a message by cell phone in an instant.
Mankind can travel to the moon. Mankind can wash and dry clothes in an hour. Technology has been beneficial for us. Scientists try to push technology to its feasible limits. But what are the limits?
Has technology provided food for everyone? Has technology made humans smarted? Has technology prevented war? Has technology stopped hatred and bigotry? Has technology shown us how to love each other? Will technology control our breeding habits?
Humans act and feel the same as they did thousands of years ago. Machines have improved and changed, but we haven’t. We still hate getting up on Monday morning. We still need to eat every day. And we still breed and produce more human beings. Will technology be used in the future to stop people from breeding?
We are humans, not machines. We can’t improve by adding another widget. No one can simply push a lever and turn us off. Humanists would warn us that some technology is dangerous and could destroy us. Will human beings allow technology to tell us when and how to have children? The answer is an empathic ‘NO’!
We need to use technology wisely, but we need to control technology. It is only as means to an end, it is not the end. Humans need information and knowledge to answer overpopulation questions. Technology can help us. A machine won’t solve overpopulation on the earth, machines can only control and manipulate.
We, humans, have the capacity to respond to dangerous situations and we will respond to the overpopulation threat. We have no choice. We need commitment and determination from the entire planet.
Posted on January 18, 2010
Filed Under 1 |
By
Fred Westmark
Many futurists and modernists believe that technology can solve all of mankind’s problems. The panacea for humans, they believe, is in the hands of technology, the savior of mankind. But can technology overcome every human problem?
Technology has helped humans overcome many of its problems. Technology has improved human society in many ways: faster transportation, better food, greater access to information, and so on. These tools and machines made technology have vastly improved people’s lives. Today, a messenger doesn’t have to run twenty six miles to bring the news of the Greeks victory over the Persians (Marathon); he could send a message by cell phone in an instant.
Mankind can travel to the moon. Mankind can wash and dry clothes in an hour. Technology has been beneficial for us. Scientists try to push technology to its feasible limits. But what are the limits?
Has technology provided food for everyone? Has technology made humans smarted? Has technology prevented war? Has technology stopped hatred and bigotry? Has technology shown us how to love each other? Will technology control our breeding habits?
Humans act and feel the same as they did thousands of years ago. Machines have improved and changed, but we haven’t. We still hate getting up on Monday morning. We still need to eat every day. And we still breed and produce more human beings. Will technology be used in the future to stop people from breeding?
We are humans, not machines. We can’t improve by adding another widget. No one can simply push a lever and turn us off. Humanists would warn us that some technology is dangerous and could destroy us. Will human beings allow technology to tell us when and how to have children? The answer is an empathic ‘NO’!
We need to use technology wisely, but we need to control technology. It is only as means to an end, it is not the end. Humans need information and knowledge to answer overpopulation questions. Technology can help us. A machine won’t solve overpopulation on the earth, machines can only control and manipulate.
We, humans, have the capacity to respond to dangerous situations and we will respond to the overpopulation threat. We have no choice. We need commitment and determination from the entire planet.
sabato 16 gennaio 2010
SOVVRAPPOPOLAZIONE E SVILUPPO ECONOMICO
Una popolazione del pianeta che era di meno di un miliardo nel 1900 (impiegando qualche milione di anni per arrivare a tanto) e che oggi va per i sette miliardi, in soli cento anni. Chi non riconosce un questo la tragedia del pianeta terra è cieco o fa finta di non vedere. La redistribuzione delle ricchezze è una chimera per allocchi: non farebbe che aumentare la produzione di rifiuti e di CO2, la deforestazione, la fine del pianeta.Né si può costringere gli uomini all'indigenza come predicano gli utopisti della Decrescita Felice: che senso ha ridurre i consumi se non creare disoccupazione, degrado sociale, dittature autoritarie per impedire lo sviluppo. Marxisti e verdi degli specchietti solari spacciano castronerie. La verità è che l'unica soluzione è la politica del contenimento demografico mediante contraccettivi, incentivi fiscali per le famiglie con un solo figlio, sterilizzazioni, aiuti condizionati alla riduzione della natalità.
Chi afferma che lo sviluppo demografico aiuta lo sviluppo economico?
Potrebbe essere ben vero il contrario. Come spiegato da Ansley Coale della Princeton University, nei paesi del sottosviluppo c’è un rapporto di proporzionalità diretta tra tassi rapidi di incremento della popolazione e condizioni economiche declinanti. Le economie di molti paesi in via di sviluppo, ad esempio quelli dell’Africa e dell’America Latina, vengono frenate dal fatto che un’alta percentuale del reddito personale e di quello nazionale venga spesa per rispondere a necessità di consumo immediate, per cibo, alloggio e vestiti - ci sono, infatti, troppi bambini per ogni lavoratore adulto. Così rimane poco reddito disponibile, a livello personale e nazionale, per accumulare capitale da investire. La mancanza di capitali d’investimento deprime la crescita di produttività dell’industria e porta ad un’alta disoccupazione (che è esacerbata dalla rapida crescita del numero di persone in cerca di prima occupazione). La mancanza di capitale contribuisce anche all’incapacità, da parte di un paese, di investire in educazione, amministrazione, infrastrutture, nelle necessità ambientali e in altri settori che potrebbero contribuire al miglioramento della produttività a lungo termine dell’economia e degli standard di vita della gente.
Nessun paese, nel ventesimo secolo, ha fatto molti progressi nella transizione da “in via di sviluppo” a “sviluppato”, fino a che non ha messo sotto controllo la crescita della sua popolazione. Per esempio, in Giappone, Corea, Taiwan, Hong Kong, Singapore, nelle Bahamas e nelle Barbados, un rapido sviluppo economico, misurato in prodotto nazionale lordo pro capite, è avvenuto solo dopo che ognuno di questi paesi aveva raggiunto un tasso di crescita naturale della sua popolazione al di sotto dell’1,5% l´anno e un numero medio di figli per donna di 2,3 al massimo. Herman Daly, ex Senior Economist della Banca Mondiale, ritiene che criteri simili potrebbero valere anche per altri paesi. Detto in parole semplici, se quanto affermano Simon e Forbes fosse vero, i paesi a bassa crescita demografica dell’Europa e del Nord America dovrebbero avere economie deboli, mentre le economie dell’Africa sub-sahariana e degli altri paesi dell’Asia e dell’America Latina, caratterizzati da una crescita impetuosa, dovrebbero essere robuste. La Cina è un buon esempio dei giorni nostri di come un cambiamento demografico nella direzione di una riduzione della fertilità possa stimolare il settore manifatturiero e potenziare la crescita economica.
Chi afferma che lo sviluppo demografico aiuta lo sviluppo economico?
Potrebbe essere ben vero il contrario. Come spiegato da Ansley Coale della Princeton University, nei paesi del sottosviluppo c’è un rapporto di proporzionalità diretta tra tassi rapidi di incremento della popolazione e condizioni economiche declinanti. Le economie di molti paesi in via di sviluppo, ad esempio quelli dell’Africa e dell’America Latina, vengono frenate dal fatto che un’alta percentuale del reddito personale e di quello nazionale venga spesa per rispondere a necessità di consumo immediate, per cibo, alloggio e vestiti - ci sono, infatti, troppi bambini per ogni lavoratore adulto. Così rimane poco reddito disponibile, a livello personale e nazionale, per accumulare capitale da investire. La mancanza di capitali d’investimento deprime la crescita di produttività dell’industria e porta ad un’alta disoccupazione (che è esacerbata dalla rapida crescita del numero di persone in cerca di prima occupazione). La mancanza di capitale contribuisce anche all’incapacità, da parte di un paese, di investire in educazione, amministrazione, infrastrutture, nelle necessità ambientali e in altri settori che potrebbero contribuire al miglioramento della produttività a lungo termine dell’economia e degli standard di vita della gente.
Nessun paese, nel ventesimo secolo, ha fatto molti progressi nella transizione da “in via di sviluppo” a “sviluppato”, fino a che non ha messo sotto controllo la crescita della sua popolazione. Per esempio, in Giappone, Corea, Taiwan, Hong Kong, Singapore, nelle Bahamas e nelle Barbados, un rapido sviluppo economico, misurato in prodotto nazionale lordo pro capite, è avvenuto solo dopo che ognuno di questi paesi aveva raggiunto un tasso di crescita naturale della sua popolazione al di sotto dell’1,5% l´anno e un numero medio di figli per donna di 2,3 al massimo. Herman Daly, ex Senior Economist della Banca Mondiale, ritiene che criteri simili potrebbero valere anche per altri paesi. Detto in parole semplici, se quanto affermano Simon e Forbes fosse vero, i paesi a bassa crescita demografica dell’Europa e del Nord America dovrebbero avere economie deboli, mentre le economie dell’Africa sub-sahariana e degli altri paesi dell’Asia e dell’America Latina, caratterizzati da una crescita impetuosa, dovrebbero essere robuste. La Cina è un buon esempio dei giorni nostri di come un cambiamento demografico nella direzione di una riduzione della fertilità possa stimolare il settore manifatturiero e potenziare la crescita economica.
martedì 12 gennaio 2010
ALLARME DEL WWF
In Italia si "consumano" 200
metri quadri di suolo al minuto
Il Wwf ha scritto a Napolitano, al premier e ai ministri: «Serve uno scatto d'orgoglio per salvare la natura»
MILANO - L'11 gennaio, a Berlino, l'Onu ha ufficializzato il lancio mondiale del «2010: Anno internazionale della biodiversità». Dopo l'anno del clima tocca dunque alla salvaguardia delle specie che abitano il pianeta. Il nostro paese è, ancora, un vero e proprio paradiso mondiale di biodiversità. Ma se non ci sarà un'inversione di rotta nella salvaguardia del territorio la situazione è destinata a cambiare radicalmente. Il suolo vergine, in Italia, si perde al ritmo di 110 chilometri quadrati all'anno, pari a 30 ettari al giorno, 200 metri quadrati al minuto. Sono dati contenuti in un resoconto fornito dal Wwf.
I dati offrono un quadro allarmante: attualmente nel nostro paese sono a rischio estinzione il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi, il 69% dei rettili e addirittura l’88% dei pesci d’acqua dolce. La situazione non va meglio per la flora (15%) e le piante inferiori (40%) ovvero alghe, funghi,licheni, muschi e felci. Dalla metà del secolo scorso la biodiversità in Italia ha subito una fortissima riduzione, in particolare a causa del consumo del suolo. Negli ultimi 50 anni sono stati intensamente colpiti alcuni importanti ambienti quali zone umide e boschi di pianura, ma anche altri sono stati compromessi da fenomeni di frammentazione che ne hanno deteriorato la qualità.
LA LETTERA DEL WWF ALLE ISTITUZIONI - Il Wwf ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio e ai ministri competenti in cui chiede uno scatto d'orgoglio al nostro Paese, per confermare un primato internazionale che ha fatto dell'Italia il primo Stato membro dell'Unione Europea che ha sottoscritto il «Countdown 2010», deciso a Malahide (Irlanda) nel 2004, e promosso la Carta di Siracusa nell'aprile 2009, nell'ambito del G8 Ambiente. In Italia, rileva il Wwf, non è stato fatto «nessun passo concreto per difendere la ricchezza di specie e habitat». L'associazione dice il presidente onorario Fulco Pratesi, chiede l'impegno del ministro dell'Ambiente per salvare animali simbolo come l'orso, lo stambecco, il lupo, che rendono unico il nostro Paese. Ci dovrebbe essere da parte di tutti i Paesi, l'impegno per il Countdown 2010 (un'alleanza di governi, Ong e settore privato) con l'obiettivo di intraprendere le azioni per fermare la perdita di biodiversità entro il 2010, l'anno della svolta e del target per tutti i governi del mondo.
I RECORD DELL'ITALIA - Con 57.468 specie animali di cui l'8,6% endemiche, e 12.000 specie di flora, delle quali il 13,5% specie endemiche, l'Italia è il paese Europeo più ricco di biodiversità ma molta della ricchezza si sta perdendo: attualmente sono a rischio di estinzione il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi e addirittura l'88% dei pesci d'acqua dolce. Tra le minacce principali la modifica degli habitat e il consumo del suolo. Non ultime ancora oggi il bracconaggio ai danni si specie sempre più rare e la caccia eccessiva. Rischiamo di perdere, nei prossimi anni, specie come l'orso bruno, la lontra, il capovaccaio, l'aquila del Bonelli, la pernice bianca, la gallina prataiola.È dunque il richiamo alle istituzioni il primo passo che il WWF compie in ambito nazionale per l'Anno della Biodiversità, un 2010 nel quale l'associazione sarà impegnata con iniziative speciali, progetti sul campo e ulteriori interventi istituzionali.
IN ITALIA MANCA ANCORA UN PIANO DI SALVAGUARDIA - Nelle lettera il Wwf indica
come obiettivo prioritario per il 2010 la definizione in un'apposita Conferenza nazionale, aperta al contributo scientifico delle associazioni ambientaliste e dei maggiori esperti italiani, per definire la Strategia nazionale della Biodiversità e un conseguente Piano d'azione, sostenuto da adeguate risorse economiche, ricordando che ad oggi l'Italia non è tra quei 167 Paesi del mondo (l'87% delle parti che hanno sottoscritto la Convenzione internazionale sulla Biodiversità, CBD) che hanno già adottato proprie Strategie e Piani d'azione a tutela della biodiversità. L'emergenza globale del fatto che drammatici sono i dati relativi alla perdita di biodiversità agli habitat e alle specie più minacciate sul nostro Pianeta: insostenibili processi di deforestazione fanno sì che ogni 3-4 anni sparisca per sempre una superficie di foresta pluviale equivalente a tutta la Francia, mentre le specie si estinguono ad una velocità 100 volte superiore a quella dell'era preistorica.
metri quadri di suolo al minuto
Il Wwf ha scritto a Napolitano, al premier e ai ministri: «Serve uno scatto d'orgoglio per salvare la natura»
MILANO - L'11 gennaio, a Berlino, l'Onu ha ufficializzato il lancio mondiale del «2010: Anno internazionale della biodiversità». Dopo l'anno del clima tocca dunque alla salvaguardia delle specie che abitano il pianeta. Il nostro paese è, ancora, un vero e proprio paradiso mondiale di biodiversità. Ma se non ci sarà un'inversione di rotta nella salvaguardia del territorio la situazione è destinata a cambiare radicalmente. Il suolo vergine, in Italia, si perde al ritmo di 110 chilometri quadrati all'anno, pari a 30 ettari al giorno, 200 metri quadrati al minuto. Sono dati contenuti in un resoconto fornito dal Wwf.
I dati offrono un quadro allarmante: attualmente nel nostro paese sono a rischio estinzione il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi, il 69% dei rettili e addirittura l’88% dei pesci d’acqua dolce. La situazione non va meglio per la flora (15%) e le piante inferiori (40%) ovvero alghe, funghi,licheni, muschi e felci. Dalla metà del secolo scorso la biodiversità in Italia ha subito una fortissima riduzione, in particolare a causa del consumo del suolo. Negli ultimi 50 anni sono stati intensamente colpiti alcuni importanti ambienti quali zone umide e boschi di pianura, ma anche altri sono stati compromessi da fenomeni di frammentazione che ne hanno deteriorato la qualità.
LA LETTERA DEL WWF ALLE ISTITUZIONI - Il Wwf ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio e ai ministri competenti in cui chiede uno scatto d'orgoglio al nostro Paese, per confermare un primato internazionale che ha fatto dell'Italia il primo Stato membro dell'Unione Europea che ha sottoscritto il «Countdown 2010», deciso a Malahide (Irlanda) nel 2004, e promosso la Carta di Siracusa nell'aprile 2009, nell'ambito del G8 Ambiente. In Italia, rileva il Wwf, non è stato fatto «nessun passo concreto per difendere la ricchezza di specie e habitat». L'associazione dice il presidente onorario Fulco Pratesi, chiede l'impegno del ministro dell'Ambiente per salvare animali simbolo come l'orso, lo stambecco, il lupo, che rendono unico il nostro Paese. Ci dovrebbe essere da parte di tutti i Paesi, l'impegno per il Countdown 2010 (un'alleanza di governi, Ong e settore privato) con l'obiettivo di intraprendere le azioni per fermare la perdita di biodiversità entro il 2010, l'anno della svolta e del target per tutti i governi del mondo.
I RECORD DELL'ITALIA - Con 57.468 specie animali di cui l'8,6% endemiche, e 12.000 specie di flora, delle quali il 13,5% specie endemiche, l'Italia è il paese Europeo più ricco di biodiversità ma molta della ricchezza si sta perdendo: attualmente sono a rischio di estinzione il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi e addirittura l'88% dei pesci d'acqua dolce. Tra le minacce principali la modifica degli habitat e il consumo del suolo. Non ultime ancora oggi il bracconaggio ai danni si specie sempre più rare e la caccia eccessiva. Rischiamo di perdere, nei prossimi anni, specie come l'orso bruno, la lontra, il capovaccaio, l'aquila del Bonelli, la pernice bianca, la gallina prataiola.È dunque il richiamo alle istituzioni il primo passo che il WWF compie in ambito nazionale per l'Anno della Biodiversità, un 2010 nel quale l'associazione sarà impegnata con iniziative speciali, progetti sul campo e ulteriori interventi istituzionali.
IN ITALIA MANCA ANCORA UN PIANO DI SALVAGUARDIA - Nelle lettera il Wwf indica
come obiettivo prioritario per il 2010 la definizione in un'apposita Conferenza nazionale, aperta al contributo scientifico delle associazioni ambientaliste e dei maggiori esperti italiani, per definire la Strategia nazionale della Biodiversità e un conseguente Piano d'azione, sostenuto da adeguate risorse economiche, ricordando che ad oggi l'Italia non è tra quei 167 Paesi del mondo (l'87% delle parti che hanno sottoscritto la Convenzione internazionale sulla Biodiversità, CBD) che hanno già adottato proprie Strategie e Piani d'azione a tutela della biodiversità. L'emergenza globale del fatto che drammatici sono i dati relativi alla perdita di biodiversità agli habitat e alle specie più minacciate sul nostro Pianeta: insostenibili processi di deforestazione fanno sì che ogni 3-4 anni sparisca per sempre una superficie di foresta pluviale equivalente a tutta la Francia, mentre le specie si estinguono ad una velocità 100 volte superiore a quella dell'era preistorica.
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