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sabato 23 marzo 2013

DAL NOMOS DELLA TERRA AL RISCHIO PLANETARIO GLOBALE




Carl Schmitt nel suo testo “Il Nomos della Terra” identificava nel suolo le radici non solo della   identità di un popolo , ma il fondamento di ogni diritto.
Tutta la storia del mondo moderno, successiva alla fine dell’impero romano-cristiano, è basata sullo jus publicum europaeum ossia sul diritto nato dal suolo europeo in seguito alle linee di confine terrigne tra poteri locali contrapposti, nati dopo la fine e la disgregazione  dell’impero.

"Dal punto di vista filosofico il significato di una linea di confine è una linea che rappresenta originariamente la dicotomia amico-nemico che ha effettivamente aperto un abisso tra la libertà, ovvero l’assenza del diritto tipica dello stato di natura, e l’ambito di uno stato civile ordinato…Per Hobbes lo stato di natura è un regno di lupi mannari. L’uomo è qui un lupo per l’altro uomo, non diversamente da come “al di là della linea” l’uomo diventa per l’altro uomo un animale selvatico…Lo stato di natura di Hobbes è sì una terra di nessuno, ma non per questo un non-luogo. Esso è localizzabile, e Hobbes lo localizza, tra l’altro, anche nel nuovo mondo… Anche in Locke le rappresentazioni dello stato di natura sono legate, nella prospettiva storica del tempo, a quelle del nuovo mondo. Solo che questo stato di natura è già divenuto uno stato sociale assolutamente sopportabile, ben diverso dall’antico beyond the line. Il significato delle linee d’amicizia del XVI e XVII secolo per il diritto internazionale stava nel fatto che grandi spazi di libertà furono allora delimitati quali zone belliche in cui poteva aver luogo la lotta per la spartizione del nuovo mondo. La giustificazione pratica che si poteva addurre era che attraverso la delimitazione di una libera zona di lotta veniva sgravato il campo al di qua della linea, ovvero il campo del diritto pubblico europeo. Esso diventava una sfera della pace e dell’ordine e non era più posto in pericolo in modo troppo diretto dagli avvenimenti che si svolgevano al di là della linea, come sarebbe invece successo in mancanza di una tale delimitazione. La delimitazione di una zona di lotta extraeuropea servì insomma a limitare la guerra europea…"
(Da Carl Schmitt: Il Nomos della Terra. Adelphi, 1991)

"Mentre dal lato terrestre degli eventi storici si realizzava un’immane conquista di terra, in mare si compì l’altra, non meno importante metà della nuova spartizione del nostro pianeta. Questa avvenne con la conquista britannica del mare, che è, dal lato marittimo, il risultato del generale risveglio europeo di quei secoli. Con essa è stabilita la linea fondamentale del primo ordinamento spaziale planetario, la cui essenza risiede nella separazione fra terra e mare. La terraferma appartiene ora a una dozzina di Stati sovrani, mentre il mare appartiene a tutti o a nessuno o in definitiva soltanto ad uno: l’Inghilterra. L’ordinamento della terraferma consiste nella suddivisione in Stati; il mare aperto è invece libero, cioè esente da confini nazionali e non soggetto ad alcuna sovranità territoriale. Sono questi, per quanto riguarda lo spazio, i dati di fatto fondamentali da cui si è sviluppato il diritto internazionale cristiano-europeo degli ultimi trecento anni. E’ questa la legge fondamentale, il nomos della terra in quell’epoca. Solo alla luce del fatto originario della conquista britannica del mare e della separazione fra terra e mare si chiarisce il vero senso di molte frasi e formule celebri. Così la massima di Sir Walter Raleigh: “Chi domina il mare domina il commercio del mondo, e a chi domina il commercio del mondo appartengono tutti i tesori del mondo e il mondo stesso”. A partire dalla conquista britannica del mare, gli inglesi e i popoli che ne hanno subito l’influenza si sono abituati al nuovo ordinamento e al nuovo modo di vedere il mondo. Secondo la loro visione, il pensiero che una potenza terrestre potesse esercitare una supremazia mondiale in grado di abbracciare l’intero globo era inaudito e insopportabile. Diversamente si guardava invece alla possibilità di un dominio mondiale che fosse costruito su un’esistenza marittima separatasi dalla terra, e che comprendesse gli oceani del pianeta. Una piccola isola situata al margine nord-occidentale dell’Europa diventò così, vogendo le spalle alla terraferma e decidendosi per il mare, il centro di un impero mondiale."
(Da Carl Schmitt: Terra e Mare. Adelphi, 2002).


La spinta di libertà dai vecchi ordinamenti e di libertà per il singolo cittadino dovuta in gran parte alle nuove conquiste dei territori oltremare e alla Riforma, doveva culminare con la dichiarazione di indipendenza americana e di seguito nella Rivoluzione Francese. Il luteranesimo prima, poi soprattutto il calvinismo e il puritanesimo furono le forze fondamentali della   determinazione e aspirazione alla libertà e all'affermazione individuale. Dal punto di vista filosofico e culturale fu l’Illuminismo a portare avanti le nuove istanze universaliste e razionaliste che avevano però dentro di sé alcuni pericoli presto implementati e portati in evidenza dalle successive vicende storiche.
La grande organizzazione del mondo moderno  che aveva portato alla diffusione del diritto civile europeo e occidentale in gran parte del mondo, pur con gli aspetti deleteri del colonialismo i cui elementi fondamentali erano già apparsi fin dai primi momenti della conquista del nuovo mondo nei secoli   XVI e XVII, doveva volgere ad una fine traumatica nel XX secolo.
Nel “Viaggio al termine della notte” di Celine c’è, oltre le vicende narrative,  magnificamente espressa l’atmosfera cupa della fine di un mondo. Con la Grande Guerra finiva l’ordinamento giuridico e politico che aveva retto il pianeta per quasi cinque secoli, il mondo del diritto fondato sul suolo e le potenze terrigne, sulle nazioni, sui confini, sulla dialettica amico-nemico, sul riconoscimento reciproco basato sugli stati secondo lo jus publicum europaeum, sulla separazione di influenza basata sul suolo. Alle fondamenta  del nuovo sistema non c’erano solo l’Universalismo evoluto in una forma acritica di impronta illuminista, ma soprattutto il mercantilismo e l’ideologia del libero commercio così come sviluppatasi negli Stati Uniti, vincitori della Guerra europea 1915-1945 e nuovi dominatori del mondo. Ma lo sviluppo tecnologico ormai inarrestabile con la diffusione del controllo politico e tecnologico anche all’aria e i nuovi potenti mezzi di distruzione, l’avvento di nuove potenze economiche e commerciali in zone estranee alla tradizione occidentale, la fine delle appartenenze e dei valori tradizionali, hanno relegato l’Europa in posizione sempre più marginale e portato al trionfo del consumismo su scala planetaria. E’ tragica metafora del mondo contemporaneo che la ricerca della felicità evocata come fine supremo dell’individuo libero dalla dichiarazione dì indipendenza americana sia finita, nelle rappresentazioni pubblicitarie odierne (ma significative di un modo d’essere…) nell’acquisto di un fustino di detersivo o di un’auto di lusso.
Nel mondo contemporaneo  gli uomini con la loro storia e le loro tradizioni perdono progressivamente di importanza a favore delle merci e del mercato, un sistema in cui conta il prezzo e non più l’identità del compratore o la sua appartenenza ad un territorio e ad una storia, alla tradizione culturale di un popolo.  Il processo di disintegrazione è stato talmente rapido da lasciare stupiti tutti gli osservatori. Ma la perdita di tutti i punti di riferimento non è il solo dato drammatico principale: c’è di peggio. Insieme al crollo delle ideologie occidentali tradizionali si assiste al cambiamento traumatico di tutto l’ambiente del pianeta. La Terra non vede solo sconvolti tutti gli ordinamenti tradizionali, ma viene soffocata dagli scarti della produzione industriale delle merci, dalle emissione di gas carboniosi, da polluzioni tossiche in grado di alterare rapidamente il clima e la vivibilità ambientale. Soprattutto si assiste all’esplosione demografica incontrollata che sta alterando rapidamente tutti i rapporti  tra le varie specie viventi  e le risorse naturali, portando ad un cambiamento sostanziale di tutti gli equilibri su cui la Terra si è sempre retta.  Non si tratta più solo di un cambiamento epocale del nomos della Terra, ormai si tratta di pura e semplice distruzione della Terra stessa.

3 commenti:

  1. << La delimitazione di una zona di lotta extraeuropea servì insomma a limitare la guerra europea >>

    Teoria molto interessante quella di Schmitt, ma credo che fosse più una conseguenza della spinta conolonizzatrice europea, che non una scelta razionale e voluta.

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  2. Credo anche io che tutto il processo della modernità fosse il portato di scelte non volute. I grandi cambiamenti, come dice Hayek, sono frutto di conseguenze imprevedibili di scelte fatte per altri scopi.

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  3. Sono d'accordo. Ho la sensazione che la storia venga sempre fatta da uomini inconsapevoli, che non si rendono letteralmente conto delle forze che li stano guidando.
    Forze che saranno visibili, a posteriori, solo nell'analisi degli storici.

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