"Il tentativo di dirigere l’intera attività economica secondo un piano unico solleverebbe innumerevoli problemi ai quali potrebbe fornire risposta solo una regola morale. Ma per i problemi in questione, i principi morali esistenti non hanno risposta alcuna e non esiste una veduta comune su ciò che dovrebbe essere fatto…Non solo noi non possediamo una simile onnicomprensiva scala di valori, ma sarebbe impossibile per qualsiasi mente umana comprendere l’infinita varietà dei differenti bisogni dei diversi individui che competono per le risorse disponibili, e attribuire a ciascuno un peso determinato.Per il nostro problema è di poca importanza che i fini che stanno a cuore a ciascuna persona comprendano soltanto i propri bisogni individuali o essi includano anche i bisogni dei suoi familiari o persino quelli dei suoi simili più lontani. Ha cioè poca importanza, per il nostro problema, che una persona sia egoista o altruista, nel senso ordinario di questi termini. Quel che è davvero importante è il fatto basilare che è impossibile per qualsiasi uomo occuparsi di un campo che non sia limitato, avvertire l’urgenza di un numero di bisogni che non sia limitato. Che i suoi interessi si concentrino sulle proprie necessità materiali o che egli nutra un forte interesse per il benessere di ogni essere umano che conosce, i fini dei quali può occuparsi saranno sempre e soltanto un’infinitesima frazione dei bisogni di tutti gli uomini."
(Friedrich A. Von Hayek: La via della schiavitù. Rubettino editore 2011 pag. 105-106)
Nessuno ci ha spiegato meglio di Hayek perché le visioni totalitarie sono destinate al fallimento, perché il fascismo e il comunismo sono falliti. E sono falliti prima di tutto sul piano morale più che su quello materiale. Ogni visione semplificata del mondo è una visione sbagliata, che conduce all’errore e alla catastrofe. La realtà, sia per quel che riguarda l’economia che la vita degli uomini, è infinitamente più complessa di quanto il pensiero razionale possa immaginare. Oggi, con l’enorme sviluppo tecnologico, questo assunto del grande economista è ancora più vero.
Secondo alcuni politici la complessità della nostra moderna civiltà tecnologica crea nuovi problemi che non è possibile sperare di affrontare con efficacia se non per mezzo della “pianificazione” centralizzata dell’economia da parte di una sorta di illuminati che avrebbero il monopolio della visione morale e materiale del mondo. Costoro vogliono costringere la libertà dei rapporti economici entro un rigido schema che porti tutta la società verso i fini che loro ritengono giusti. Ma il mondo là fuori funziona diversamente dalla loro mente particolare. Solo nella competizione e nella concorrenza delle idee e delle azioni può scaturire una strategia capace di cambiare la realtà. Il pensiero irrigidito degli schemi studiati a tavolino non funziona.
“Questa argomentazione si basa su di una valutazione completamente sbagliata del funzionamento della concorrenza. Difatti, essa è lungi dall’essere appropriata solo per condizioni relativamente semplici; ed è proprio la grande complessità della divisione del lavoro nelle condizioni moderne che fa sì che la concorrenza sia l’unico metodo per mezzo del quale può venir adeguatamente ottenuta tale coordinazione. Non ci sarebbe nessuna difficoltà per un controllo o una pianificazione efficace, qualora le condizioni fossero così semplici che una sola persona o una sola commissione potesse avere sott’occhio tutti i fatti rilevanti. E’ soltanto quando i fattori che debbono venir presi in considerazione diventano tanto numerosi che è allora impossibile giungere ad una visione sinottica di essi”.
E’ dunque solo la libertà di ciascun individuo e il libero gioco che si instaura tra gli interessi e le competenze di ciascuno, nell’ambito di regole formalmente stabilite, che si possono trovare le soluzioni ai problemi che via via si prospettano. La libertà dunque rimane il bene fondamentale, ma bisogna stare attenti all’uso che si fa delle parole. Dobbiamo diffidare dei “pianificatori di libertà” che ci promettono una “libertà collettiva di gruppo” in cui l’uso della parola libertà è altrettanto mistificante quanto lo è nella bocca dei politici totalitari. Al pari della loro libertà, la libertà collettiva che ci offrono non è la libertà dei membri della società, ma la illimitata libertà dei pianificatori di fare della società ciò che più gli aggrada".
“Questa argomentazione si basa su di una valutazione completamente sbagliata del funzionamento della concorrenza. Difatti, essa è lungi dall’essere appropriata solo per condizioni relativamente semplici; ed è proprio la grande complessità della divisione del lavoro nelle condizioni moderne che fa sì che la concorrenza sia l’unico metodo per mezzo del quale può venir adeguatamente ottenuta tale coordinazione. Non ci sarebbe nessuna difficoltà per un controllo o una pianificazione efficace, qualora le condizioni fossero così semplici che una sola persona o una sola commissione potesse avere sott’occhio tutti i fatti rilevanti. E’ soltanto quando i fattori che debbono venir presi in considerazione diventano tanto numerosi che è allora impossibile giungere ad una visione sinottica di essi”.
E’ dunque solo la libertà di ciascun individuo e il libero gioco che si instaura tra gli interessi e le competenze di ciascuno, nell’ambito di regole formalmente stabilite, che si possono trovare le soluzioni ai problemi che via via si prospettano. La libertà dunque rimane il bene fondamentale, ma bisogna stare attenti all’uso che si fa delle parole. Dobbiamo diffidare dei “pianificatori di libertà” che ci promettono una “libertà collettiva di gruppo” in cui l’uso della parola libertà è altrettanto mistificante quanto lo è nella bocca dei politici totalitari. Al pari della loro libertà, la libertà collettiva che ci offrono non è la libertà dei membri della società, ma la illimitata libertà dei pianificatori di fare della società ciò che più gli aggrada".
Hayek ha posto l’individuo al centro del concetto di libertà. Non è il popolo, la massa o il gruppo sociale che può essere libero: la libertà è sempre individuale, del singolo. E’ il singolo individuo che deve confrontarsi con mondo e con gli altri individui in concorrenza tra loro, è dal gioco tra le intelligenze dei singoli che nasce il progresso, la cultura, la ricchezza. Ogni ritorno al collettivo è un appiattimento e un impoverimento, il collettivo non può capire il mondo, non può cambiarlo. E’ l’individuo, (il genio è sempre individuale), che ha la forza di sognare e creare il cambiamento, il progresso. Gli individui in libera competizione tra loro sono il motore del mondo.
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