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martedì 20 marzo 2012

LA RIVOLUZIONE ECOPRAGMATISTA: MEGALOPOLI, NUCLEARE E GENETICA




LA RIVOLUZIONE ECOPRAGMATISTA: MEGALOPOLI ,  NUCLEARE E OGM.
(I VERDI STANNO SBAGLIANDO TUTTO!).

La strana scimmia  che negli ultimi centomila anni ha invaso la Terra  e la sta portando attualmente alla distruzione ha alcune peculiarità. Il Sapiens (così si autodefinisce lo scimmione spelacchiato) è fornito, rispetto agli altri animali, di una vivace intelligenza con una straordinaria capacità di astrazione (creazione di concetti). Purtroppo l’intelligenza del Sapiens ha un altro lato della medaglia: creati i concetti, se ne lascia facilmente dominare. Alla vivacità subentra rapidamente la rigidità della mente dello scimmione, intorno a pochi concetti-guida.  Le ideologie sono un esempio di questo: il novecento è stato il secolo in cui milioni di umani si sono sparati addosso in ragione di poche idee rigidamente strutturate che monopolizzavano la mente.
L’antidoto a questo difetto del Sapiens è il pragmatismo: adattare continuamente il pensiero al mutare degli eventi, lasciando la mente aperta per capire il reale e  poter gestire i cambiamenti. A vincere l’ultimo conflitto mondiale fu la potenza angloamericana, basata sul pensiero pragmatico. Ma la rigidità mentale dello scimmione è sempre in agguato e risorge continuamente dalle ceneri. Oggi l’ideologia  si veste di verde, e porta avanti concetti divenuti veri “Idola “ che non possono essere neanche messi in discussione senza generare rumorosi  gridi di disapprovazione nei consessi di scimmioni che si ritengono investiti del dovere di salvare il pianeta.

Poiché il vasto e articolato mondo del pensiero ecologista non sta dando risultati concreti e il mondo è sempre più in pericolo, in America alcuni rappresentanti del movimento hanno scelto il pragmatismo per dare risposte ecologiche più incisive. L’ecopragmatista più importante è certamente  Stewart Brand, allievo di Lovelace, professore e consulente per lo stato della California, che ha scritto nel 2009 il  libro “Una cura per la Terra. Manifesto di un ecopragmatista”.
Nel libro Brand invita il movimento verde a prendere atto di ciò che è inevitabile. Ad esempio nessun movimento politico e culturale riuscirà a fermare la concentrazione della popolazione del pianeta nelle grandi città. Già oggi più del 50% della popolazione vive nelle città e in pochi anni diventerà l’80%. Sperare in un ritorno alla campagna è una invenzione della mente, una pia illusione di chi si lascia dominare dalla rigidità di  idee  piuttosto che dalla realtà.  Cerchiamo invece di sfruttare i lati positivi del processo di inurbamento massiccio. L’inurbamento, dice Brand, minimizza l’impatto ambientale della sovrappopolazione, permette un miglior controllo delle emissioni, dello smaltimento dei rifiuti e inoltre  “chi vive in città ha meno figli” contribuendo così a gestire la crescita demografica.  La centralizzazione dei servizi e le opportunità offerte dalla coabitazione di tante persone in spazi ristretti offre vantaggi economici , migliora le opportunità di lavoro, aumenta la creatività e gli scambi culturali. Brand elogia addirittura le bidonville delle moderne periferie delle grandi metropoli come quelle di India e Cina come punti di forza di innovazione e sviluppo insieme a una migliore compatibilità ambientale. Nelle bidonville dei paesi arretrati crescono vere e proprie economie di scala, incentrate sul localismo e sui piccoli scambi, capaci di assicurare sviluppo in popolazioni che altrimenti sarebbero tagliate fuori da ogni progresso economico.

L’ecopragmatista Brand non si fa illusioni: individua chiaramente nel riscaldamento del clima il rischio più  grave  e incombente dell’umanità. Non ci resta molto tempo, ci sono tutti i segni di una grave catastrofe ambientale in preparazione, il cui aspetto più preoccupante è il rapido e ingravescente scioglimento dei ghiacci polari.  Brand, che vive in California, non sottovaluta il problema e crede fermamente al rischio, tanto che vive in un vecchio rimorchiatore nella baia di San Francisco per poter fronteggiare il prossimo  innalzamento del livello del mare. Egli è incredulo sul modo in cui i verdi reagiscono al dramma in atto sul clima. Pur essendone coscienti e informati –come dimostrano i vari  recenti consessi internazionali-  continuano a  lavorare di fatto per il proseguimento dell’attività delle centrali a carbone (sia sporco che pulito) e per la combustione di gas di carbonio e petrolio. Purtroppo le rinnovabili non hanno l’impatto atteso su produzione di energia e riduzione dei consumi di idrocarburi. Le economie di Cina e India continuano a immettere ogni anno  gigatonnellate di carbonio in atmosfera. L’unica tecnologia pulita senza emissioni di carbonio disponible è quella nucleare, ma i verdi continuano ad opporvisi. Eppure la salvezza del pianeta richiederebbe una immediata conversione al nucleare di tutte le economie in via di sviluppo e sviluppate, prima che i cambiamenti climatici siano irreversibili.
“L’industria nucleare, in realtà, è oggi molto meno pericolosa di quanto credano gli ambientalisti, e i progetti per la costruzione di nuovi reattori sono di gran lunga più vantaggiosi di quanto possa apparire.  Il climatologo Hansen ha ragione: il nucleare è verde, e il nuovo nucleare lo è ancora di più”. Le città in espansione avranno sempre più bisogno di energia e di una rete elettrica che fornisca continuamente energia; entro la fine del secolo le città mondiali in via di sviluppo e i miliardi di persone che stanno uscendo dalla povertà e salendo la “scala energetica”, richiederanno un carico minimo di energia di gran lunga superiore. Non possiamo  aspettare e bruciare più carbone con quello che sta succedendo. Se il clima è la principale minaccia verde e le città sono una benedizione verde, il nucleare sembra essere doppiamente verde.  Il solare e l’eolico non garantiscono continuità, restano una risorsa supplementare, in genere per le centrali a gas.  Gwyneth Cravens  (ex attivista antinucleare ora convertita ed ex direttrice del   “New Yorker” )  fa notare  che una centrale nucleare da 1 gigawatt occupa meno di un chilometro quadrato, mentre per ottenere lo stesso risultato una centrale eolica dovrebbe ricoprire 500 chilometri quadrati e una centrale solare ne dovrebbe occupare un centinaio.  La resa delle rinnovabili è discontinua, difficile da immagazzinare; gli impianti sono mal tollerati dagli agricoltori, sottraggono territorio, hanno un alto impatto. La realtà è che si continuerà a bruciare carbone e idrocarburi con danni sempre più irreversibili. I sistemi per fissare e sotterrare il carbonio sono costosi, dispersivi, richiedono grosse movimentazioni, altro consumo di energia, insicuri. Le scorie nucleari occupano poco spazio: l’elettricità consumata da una persona nell’arco di una vita generata con il nucleare produrrebbe rifiuti di dimensioni pari a quelle di una lattina di Coca Cola, mentre con i combustibili fossili si parla di 62 tonnellate di materiali solidi e 70 di biossido di carbonio a testa.  Lo smaltimento delle scorie nucleari, se visto con pragmatismo, non è un problema. Oggi non è necessario progettare faraonici depositi di scorie a centinaia di metri di profondità.  La Francia, La Svezia e la Finlandia incapsulano le scorie in contenitori di vetro e rame e li mettono a pochi metri nel sottosuolo.  La radioattività di fondo nel prato sopra di esse è inferiore a quella delle nostre case.  Inoltre sono in studio sistemi per riutilizzare le scorie come combustibile nelle nuove centrali o nel renderle non radioattive.   I concetti assoluti sono molto potenti per le menti ideologiche: se una soluzione è vista come male assoluto ogni cosa che la riguarda, vantaggi compresii, non può interferire con il fatto che dobbiamo opporci ad essa.  E non ammettono la visione positiva, quella che vede nel nucleare un potenziale strumento utile a prevenire il cambiamento climatico e a porre fine alla povertà nel mondo. Uno dei fattori che in soli vent’anni ha permesso ai francesi di costruire 56 reattori che forniscono al paese quasi tutta l’elettricità di cui ha bisogno è stato un efficiente processo di concessione delle licenze.  Il risultato è che la Francia vanta l’aria più pulita d’Europa, le bollette elettriche più economiche e un guadagno annuale di 4 miliardi di dollari dall’esportazione di energia verso i paesi vicini.  La Francia ha chiuso l’ultima centrale a carbone nel 2004, e rispetto agli Stati Uniti emette il 70% in meno di biossido di carbonio pro capite.
Per gli ambientalisti i nuovi reattori di maggiore interesse potrebbero essere i microreattori, che rispondono direttamente all’appello di Amory Lovins per una microgenerazione distribuita (ricordate? “ In genere, l’energia più economica e più affidabile è quella prodotta in loco o vicino agli utenti”).  I costi del capitale e i tempi di costruzione di questi reattori corrispondono ad una frazione di quelli necessari per le grandi centrali nucleari.  In questo momento la Russia sta cotruendo reattori galleggianti da 35 megawatt e Toshiba ha inventato una batteria nucleare da 50 megawatt.  I laboratori Lawrence Livermore in California hanno progettato un reattore da 20 megawatt autonomo, trasportabile piccolo e sigillato. Le minicentrali non necessitano di immissione di combustibile o fuoriuscita di rifiuti, e dopo decenni possono essere semplicemente sostituite.

Dice Brand: “a mio giudizio, per intraprendere un percorso ambientalista è necessario che i Verdi si rendano conto che il settore dell’energia nucleare si svilupperà a prescindere da ciò che facciamo.Se la incoraggiassimo  nel modo giusto disporremmo di un’energia in grado di minimizzare le concentrazioni di carbonio nell’atmosfera, interagire con le altre forme di energia pulita, generare altri servizi verdi come la desalinizzazione dell’acqua o la produzione di idrogeno, contribuire all’eliminazione delle armi nucleari, fornire energia alle città riducendo la povertà del mondo, infine uscire di scena in caso si presentasse un’alternativa migliore.  Cinque persone su sei vivono in paesi in via di sviluppo (5,7 miliardi di persone). In un modo o nell’altro i poveri del mondo riusciranno ad avere accesso a una rete elettrica, e la fonte di quell’elettricità determinerà il futuro del mondo. 
Anche dopo Fukushima il Giappone non ha affatto abbandonato il nucleare. Nuove centrali sono allo studio, più sicure e con sistemi di prevenzione di incidenti  più sofisticati. L’errore di costruire una centrale in riva al mare senza una barriera adeguata è servito. L’incidente, seppur drammatico, non ha fatto morti, la radioattività è stata gestita ed è in atto un miglioramento ambientale che renderà presto la zona intorno al reattore di nuovo fruibile e senza rischi.

Brand non si limita a sponsorizzare megalopoli e centrali nucleari per salvare il pianeta. E’ favorevole alle colture geneticamente modificate, in grado di sfamare le popolazioni, assicurare nuove risorse, diminuire il consumo di suolo, lasciare ampi spazi alla biodiversità e al ripopolamento di specie in via di estinzione. Anche l’agricoltura geneticamente modificata è stata oggetto di avversione basata su idee assolute, sulla mente chiusa e sul rifiuto dei dati oggettivi.
L’ecopragmatismo è un invito a tenere aperta la mente, ad ascoltare il linguaggio della realtà e a non crearci pensieri assoluti che ci tolgano la libertà di trovare soluzioni utili al pianeta e alla salvezza del genere umano. L’unico vero pericolo per la scimmia denominata Sapiens è se stessa, la rigidità della propria mente, le scelte fatte a priori in base a idee preconcette, o a ideologie già sconfitte e fallimentari. Una rivoluzione forse è in atto anche tra i verdi.

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