Ci racconta Tacito che al suo tempo
l’Europa era una grande distesa di foreste. I barbari di Germania guardavano
alle foreste come alla culla del loro popolo. Questi boschi, sempre secondo
Tacito, erano anche i luoghi delle teofanie.
La scomparsa delle foreste
dall’Europa è uno dei cambiamenti
più drammatici e tragici dovuti alla eccessiva antropizzazione. Lo sfruttamento
intensivo del legno per secoli e secoli, l’espandersi delle colture e dei
pascoli, l’edificazione massiccia di borghi e città, le necessità delle
comunicazioni, l’installazione di grandi masse di umani sul territorio,
l’inquinamento dei suoli e delle acque ed infine le pioggie acide hanno
distrutto le grandi foreste europee . Ma la scomparsa delle foreste, delle
grandi foreste che hanno ricoperto l’Europa per milioni di anni non è solo un dato fisico, materiale, essa
colpisce forse alla radice la nostra umanità e la nostra storia. Non si tratta
solo della fine di un “polmone”
del pianeta, cioè di quel sistema che riassorbe l’anidride per fissarla nelle
piante secolari grazie alla fotosintesi clorofilliana. Con la scomparsa delle
foreste europee viene meno un
aspetto essenziale del rapporto
tra uomo occidentale e natura, quello che ha messo a confronto per secoli la
nostra presenza con il
selvaggio (dal latino Silva, germanico Wald), quell’aspetto non umano della natura che ci ha
sempre affascinato come il lato
oscuro, il lato misterioso e meraviglioso
della vita sul pianeta.
La perdita delle foreste riguarda tutto
il pianeta, ed è uno degli aspetti principali dell’antropocene, l’era geologica
caratterizzata dalla presenza devastante dell’uomo e dalla sua esplosione
demografica. Negli ultimi tre-quattro secoli, un periodo temporale insignificante dal
punto di vista geologico, il processo ha subito una accelerazione spaventosa.
Oggi delle foreste europee rimane ben poco, ed anche quel poco è attualmente in
pericolo mortale.
Si perde un rapporto, quello con le foreste, che ha riempito di significato e di
simboli la vita dell’uomo per decine di migliaia di anni. La foresta è sempre
stato il contrappunto alla presenza umana, si è identificata sempre con
l’originario non-umano, e per questo veniva percepita come abitata da spiriti,
elfi, divinità, bestie selvatiche, lupi, uomini strani e diversi. Le selve
erano luoghi della meraviglia e dei miracoli, dove si può incontrare di tutto,
dalle divinità benigne, come l’antico dio Silvano, al male assoluto come Satana
e i demoni. L’alto medioevo si caratterizza in Europa per la storie di monaci ed
eremiti che si sono stabiliti nelle allora vastissime e impenetrabili foreste.
Dagli irlandesi del VI secolo Colombano e
Ronan, a San Bernardo, a Pietro l’eremita, è tutto un cercare la
solitudine e la contemplazione da parte del primo monachesimo all’interno delle
foreste medioevali.
Per Gastone Roupnel, nella sua
celebre “Histoire del la campagne francaise”, la foresta è stata per l’uomo,
dal Neolitico alla fine del Medioevo, ad un tempo lo spazio indispensabile
oltre il suo campo, e il luogo delle sue paure leggendarie: “su questa soglia
sacra che tutto proteggeva, il dissodatore primitivo arrestò una volta per
tutte le sue imprese profane”. (Tra spazio civile e foresta era il limite,
limite umano e limite naturale allo stesso tempo). Essa è servita da frontiera,
da rifugio per i culti pagani, per gli eremiti che sono venuti a cercarvi il
deserto (eremum), per i vinti e gli emarginati: servi fuggitivi, assassini,
avventurieri, briganti; ma anche è stata utile, preziosa, riserva di
selvaggina, terreno di raccolta, compreso il miele con cui si produceva la
bevanda più diffusa e la cera per illuminare le chiese, luogo di estrazione del
legno, dell’industria vetraria, della prima metallurgia, territorio di pascolo per gli animali
domestici. Marc Bloch aveva già segnalato il doppio volto della foresta
medioevale, che copriva spazi molto più grandi di oggi. Essa era a un tempo
respingente e desiderabile. Egli evoca la folla poco rassicurante dei
lavoratori della foresta: tutto un mondo di boiselleurs la percorreva e vi
costruiva le sue capanne: cacciatori, carbonai, fabbri, cercatori di miele e di
cere selvagge (le bigres dei testi antichi) fabbricatori di ceneri che venivano
impiegate per fare il vetro e il sapone, strappatori di cortecce che servivano
a conciare i cuoi. Un documento di Lamberto di Hersfeld del 1073 evoca la
profonda foresta germanica, immensa e vuota, difficilmente penetrabile,
inospitale, spaventosa salvo che per un cacciatore esperto. Un altro documento
di Gaufredus Grossus (XII secolo) descrive le vaste solitudini che si trovano
ai confini del Maine e della Bretagna, popolate da una moltitudine di eremiti.
Ma il senso simbolico profondo della foresta si espresse nella produzione
dell’immaginario, come stanno a provare alcune delle maggiori testimonianze
della letteratura in francese antico: il Tristam di Béroul e i romanzi di
Chrètien de Troyes, in particolare Yvain e Perceval. In queste ed altre
testimonianze la foresta simboleggia la fuga fuori dal mondo di una
aristocrazia guerriera minacciata da una nuova società. Alla tradizione
giudaica ed orientale del deserto è venuta così ad aggiungersi una tradizione
barbarica, celtica , ma anche germanica e scandinava, della foresta-deserto.
Ritroviamo in tutta la letteratura alto-medioevale i temi della foresta-rifugio, foresta-deserto ma anche
centro della avventura cavalleresca, luogo di pericoli e di meraviglie. Gli
uomini della foresta, i “forestieri” come i contadini chiamavano gli estranei,
erano vissuti come cattivi, pericolosi, sconosciuti.
(Brano tratto da Jacques Le Goff: Il meraviglioso e il
quotidiano nell’Occidente medievale”- Laterza, 1983).
Tutto quel mondo stava rapidamente per
scomparire, con l’avvento della modernità e della tecnologia, con
l’antropizzazione massiccia del suolo europeo, la storia delle foreste europee
era destinata ad una fine devastante.
Robert Harrison nel suo “Foreste-
L’ombra della civiltà” ci da una descrizione poetica di questa fine e del
sentimento che ci ispira ancora la foresta, nonostante tutto quello che abbiamo
fatto al nostro ambiente originario. L’idea stessa di foresta e della sua
perdita ci può insegnare a vivere e ritrovare un senso come uomini in un rapporto con la natura che è
stato perduto.
Attualmente il “grande possedimento”
tedesco sta letteralmente morendo. Quei sani “alberi e tronchi ben radicati,
ricchi di linfa, che assimilano organicamente aria, acqua, luce e terra per
mantenere la propria forma e la vita individuale” si stanno trasformando nei
“rami secchi e caduti” della povertà, in un lento processo di decadenza
biologica. Nonostante tutti gli sforzi dei Verdi tedeschi per far passare le
foreste come l’eredità della patria e le custodi del suo spirito, non c’è molto
che la Germania possa fare per ciò che essi chiamano il Waldsterben, la morte
della foresta, perché la morte degli alberi è provocata dalla pioggia acida. La
pioggia acida non sa nulla di confini nazionali, di unità culturale o di
possedimenti comuni.
Nel frattempo, la nazione tedesca è
stata rimessa insieme, come i fratelli a cui le teste recise vengono
riattaccate al tronco. Che la riunificazione politica possa rianimare le
antiche foreste tedesche è dubbio; altrimenti, bisognerebbe concludere che tale
rianimazione dipende da qualcosa di più di una radice miracolosa o della
bacchetta di una strega.
Non furono soltanto i boschi
preistorici della Germania settentrionale a ospitare gli dei. Anche in epoche
storiche la maggior parte dei templi greci era circondata da un bosco che si
estendeva nelle immediate vicinanze. Talvolta il bosco stesso era un tempio.
Dall’iconografia apprendiamo che un singolo albero, o un gruppo d’alberi, era
talvolta circondato da un muro che delimitava lo spazio del tempio.( I templi
di pietre non furono che imitazioni di questi templi originari). I devoti vi giungevano in processione e
invitavano la loro dea ad apparire danzando estatici intorno all’albero sacro.
Al culmine della loro estasi la dea avrebbe rivelato la sua presenza. Rituali
come questi testimoniano l’esistenza di un culto degli alberi molto diffuso
nelle varie religioni pagane. Grazie alle ricerche svolte da Sir Arthur Evans
sappiamo che a Creta, per esempio, lo spirito degli alberi sacri era custodito
da pilastri di legno o di pietra. Nel saggio intitolato “Mycenean Tree and Pillar
Cult”, Evans ricostruisce i rituali con cui lo spirito di un albero veniva
trasferito ad una colonna, o fatto dimorare in essa.
Walden richiama alla nostra mente
questa perdita. Di fatto, vivere la perdita significa vivere poeticamente,
sapendo che non possediamo il mondo che abitiamo proprio perché non abbiamo
ancora trovato il cane da caccia. Dove, se non nella natura, possiamo imparare
a sottomettere la natura e a conseguire quindi la nostra umanità – la nostra
trascendenza finita, eppure aperta nel suo esito? Thoreau parla di “vivere con
saggezza”, di vivere la vita per quello che è e non per quello che non è.
Questo richiede che ci si pianti davanti alla realtà, e poi si concluda la
propria carriera mortale. La
conclusione di una carriera mortale non giunge alla fine di essa, ma è già
implicita in essa fin dall’inizio. Tale conclusione non appartiene al genere
delle rapide conclusioni di coloro che immaginano che il Walden Pond sia senza
fondo, o che nella loro incertezza assumono che il nostro principale fine sulla
terra sia quello di rendere gloria a qualche altro mondo. Essa consiste nella
consapevolezza del fatto che si è già perso tutto quello che c’era da perdere e
che perciò la vita è data, o condonata, a titolo gratuito.
Quando pone termine a una carriera
mortale, un fatto della vita ci rende consapevoli che c’è qualcosa invece di
niente, che la natura è senza una ragione umana per essere,
e che abitiamo nella datità della perdita. Questa conoscenza di sé, e solo
questa, è la libertà.
(Da Robert Harrison, “Foreste – L’ombra
della civiltà”, Garzanti, 1992)
La foresta è Gaia in piccola scala.
RispondiEliminaLa biosfera vivente viene distrutta dal tumore umano che comporta la distruzione di boschi e foreste che rappensenta ed è la distruzione.
L'uomo e' tolto al selvatico, sradicato dalla Terra e nel suo delirio di onnipotenza tecnoteistica, acquisisce, giorno per giorno, maggiori conoscenze, tecniche, mezzi ed energia per attuare la distruzione.
In effetti la distruzione delle foreste esprime in termini quasi matematici il potere della tecnica nelle società umane. Ma più che la tecnica in sé, che in teoria è neutra rispetto alla natura, è il suo uso in senso antropocentrico che distrugge la natura. L'onnipotenza tecnoteista è metafora dell'onnipotenza che si autoattribuisce il pensiero dell'uomo nella soddisfazione illimitata dei suoi bisogni egoici. Una onnipotenza distaccata da ogni rapporto oggettivo con il pianeta e i suoi limiti.
RispondiEliminaUn perfetto esempio di autodistruzione di una civiltà legato all'eccessivo disboscamento, è quello paradossale dell'Isola di Pasqua, dove, in un delirio di stupidità umana, TUTTI gli alberi disponibili vennero abbattuti, per poi accorgersi che il luogo era diventato invivibile ad abbandonarlo.
RispondiEliminaLo racconta, tra gli altri, Jared Diamond nel suo bellissimo libro COLLASSO.
Grazie della segnalazione, caro Lumen, vedrò di procurarmelo
RispondiEliminaEccessiva antropizzazione??
RispondiEliminaagobit,ma che dici?
Leggi qui: http://www.uccronline.it/2012/11/13/la-cina-vuole-piu-figli-per-avere-piu-ricchezza-e-leuropa/
(sotto trovi altri articoli correlati, tutti volti a dire che bisogna fare più figli e che il vero dramma è che se ne fanno pochi)
Ti confesso che non ci capisco più niente....vengono riportati persino pareri di premi Nobel pro-aumento delle nascite (e che dicono che,mannaggia,stiamo calando!)!!
Non credo che la Cina abbanconerà il controllo delle nascite stabilizzato su un solo figlio a coppia. Il motivo è semplice: non lo faranno i cinesi. Ormai hanno assaporato il benessere e il prezzo dell'allevamento dei figli. Non torneranno indietro. Anche perché hanno di fronte agli occhi i disastri della sovrappopolazione. Per averne un'idea vai al sito:
RispondiEliminahttp://www.dailymail.co.uk/news/article-2139914/A-rare-insight-Kowloon-Walled-City.html
Cosa ne pensi degli articoli che ti ho citato??
RispondiElimina(a dire il vero te ne ho citato solo 1,ma sotto ci sono altri link su articoli simili, TUTTI volti a dire che bisogna fare più figli e che il vero dramma è che se ne fanno pochi............)
Addirittura vengono riportati pareri di premi Nobel pro-aumento delle nascite...........ma è informazione fasulla questa?
E se sì (come sospetto...)come fanno a dire queste cose?
E perchè?
p.s. i loro pareri non sono solo un pochino discordanti.......no.........Sono proprio Totalmente diversi, riportano numeri e dati del tutto diversi!!!!! Arrivano a dire che il pineta può contenere persino 40 MILIARDI di persone!!
(vedi per esempio un parere scritto sotto l'articolo sulla Cina: L’economista americano, David Osterfeld, specialista in crescita economica, sviluppo ed intervento dello Stato, docente di scienze politiche presso l’Università di Cincinnati, nel 1992 ha realizzato uno studio in cui ha mostrato che (allora) senza nessun avanzamento nella scienza o nella tecnologia si potevano sfamare adeguatamente, su basi sostenibili, 40 o 50 miliardi di persone: http://digilander.libero.it/cssc/libertarissima/98/sovrapop.htm)
agobit, per favore, delucidami.
che tristezza: http://www.uccronline.it/2013/01/25/welfare-migliore-la-cina-incentiva-le-nascite/
RispondiEliminahttp://www.uccronline.it/2011/08/25/il-canada-teme-il-sottopopolamento-pronti-ad-incentivare-laumento-demografico/
Da notare che si parla solo di ECONOMIA e di come garantire le pensioni agli anziani presenti e futuri....................
Che tristezza..............
Del "come " si vive, che tipo di persone,adulti diventeranno le future generazioni e di che razza di posto sarà diventata la Terra....chissenefrega.....
Cara Laura, della politica demografica che vuole la Chiesa ce ne possiamo ampiamente disinteressare. Sono chiacchiere tra di loro cattolici, che hanno -per fortuna- scarsa influenza in una società ampiamente secolarizzata come la nostra. Mi preoccupano di più i politici che prospettano leggi per favorire la natalità, mentre per salvare il pianeta ci vorrebbero leggi che imponessero tasse più alte per ogni figlio in più. Noi non possiamo far altro che diffondere la coscienza del primo problema che affligge l'umanita' e tutte le specie viventi sullaTerra: la sovrappopolazione della specie umana e gli spaventosi effetti sulla biosfera. La battaglia è lunga ma la nostra volontà è forte.
RispondiEliminaCaspita, agobit, non mi ero resa conto che era il sito di UCCR- Unione Cristiani Cattolici Razionali !
RispondiEliminaChe svista!
E...che vergogna,come si possono scrivere simili cose, come fossero dati scientifici poi?
Che interesse hanno?
mah........
Guarda, piuttosto avrei preferito (si fa per dire) che avessero scritto cose del tipo:
"fate figli perchè il creatore vuole così....perchè sono il dono della vita..." bla bla bla...
piuttosto che dire che: "se arriviamo anche a 50 miliardi è tutto ok, chi parla di sovrappopolazione già oggi è solo un visionario, il mondo va bene per 50 miliardi, la povertà e la crisi attuale sono causati dai pochi figli in giro....ah,lo dicono anche eminenti premi Nobel, gente!!!"
:-(
Ho citato questa pagina in alcune mie considerazioni sul tema in ambito (mio) locale.
RispondiEliminaCollaso di Jared Diamond è un lavoro scientifico di eccellente livello che studia con rigore i pattern (i più ricorrenti e importanti/gravi sono cinque) di collasso di culture nel tempo e nello spazio.
Leggerlo significa aumentare la consapevolezza sulla dinamica necrofila,distruttiva del tumore umano e del suo modello attuale e capire che il potere è in mano ad un gruppo di criminali conniventi con il_bobbolo che li ha espressi e che è sodale con il cresci consuma produci krepa!
Dei pazzi come quelli che evacuano come sostenibili/auspicabili un teraformicaio umano da 40G homo.
In un post di un blog segnalato da Laura tenuto da una secidente Unione Cristiani Cattolici Razionali si dice chiaramente che il pianeta può ospitare benissimo 50 miliardi di umani. Abbiamo a che fare con questa mentalità...La lotta è ancora lunga.
RispondiEliminaagobit, sarebbe molto semplice.
RispondiEliminaQuesti invasati della crescita tumorale umana dovrebbero essere internati in luoghi come Kowloon per un periodo rieducativo di qualche mese.
Passo n° 2: interrogarli al termine del periodo.