Sembra che il tema della sovrappopolazione, finalmente,
cominci a trovare spazio anche nei grandi giornali italiani. Fino a qualche
anno fa era un tabù, semplicemente
non se ne parlava, oppure il problema era l’esatto contrario: le culle vuote.
Il primo a scrivere sul Corriere dell’eccessiva pressione demografica in Italia
fu il grande giornalista Alberto Ronchey, denunciò il problema fin dai tempi
del Club di Roma. Giovanni Sartori è spesso tornato sull’argomento, e dai suoi
tanti articoli sul Corriere ha tratto recentemente il libro “La
Terra scoppia. Sovrappopolazione e sviluppo”. Le prese di coscienza sui
giornali si moltiplicano negli ultimi mesi, e nei settimanali come Panorama e
l’Espresso il termine sovrappopolazione ricorre sempre più frequentemente con
le denuncie sui rischi planetari in termini di inquinamento e cambiamento
climatico.
Finalmente sulla Stampa il 22 luglio scorso compare un
articolo a firma Luca Mercalli, noto ambientalista, che denuncia i pericoli
crescenti dell’Antropocene così definito:
“...a
significare come gli oltre sette
miliardi di umani freneticamente intenti a divorare le risorse globali, stiano
rivaleggiando con i processi naturali: muoviamo più suolo dell’erosione dei
fiumi e ghiacciai, ci appropriamo del 25 % della produttività netta primaria
della fotosintesi, che è il vero prodotto interno lordo terrestre,
deforestiamo, estinguiamo specie,
sovrasfruttiamo la fauna ittica, inquiniamo aria acqua e suoli con oltre
140.000 sostanze chimiche di sintesi, alteriamo il ciclo dell’azoto, del
fosforo e del carbonio, cambiamo il clima e acidifichiamo gli oceani.”
Per coloro che, come il sottoscritto, si sono occupati da
anni del problema demografico spesso nella più completa indifferenza, se non
ostilità, delle opinioni altrui, la lettura di questi articoli è un fatto nuovo
e sorprendente. Ma è soprattutto il quotidiano la Repubblica che,
inaspettatamente e per la prima volta in maniera così esplicita, affronta il
problema sovrappopolazione in un articolo del 20 luglio scorso, rompendo così
un tabù della sinistra che impediva di parlare dell’eccesso demografico in
quanto espressione di interessi “egoistici” e dei “paesi ricchi”. La catastrofe
incombente ha evidentemente fatto cambiare parere anche ai progressisti
antropocentrici della Repubblica
(e della sinistra italiana) che fino a poco tempo fa parlavano di un futuro
mondo democratico ed egualitario fatto di megalopoli sovrappopolate ma senza
diseguaglianze sociali, con gli abitanti multietnici stipati in megaedifici
riscaldati da pannelli solari, che viaggiano su auto elettriche e mangiano
cereali, che passano le vacanze andando a cercare il verde residuo rimasto in
isolate riserve “indiane” come futuribili musei. Peccato che questo idilliaco
scenario si vada guastando già oggi con la comparsa della cappa di anidride che
surriscalda e soffoca il pianeta e lo scoppio della violenza nelle periferie
sovrappopolate e inquinate delle megalopoli. Non parliamo della sempre più
accentuata corsa ad appropriarsi delle risorse (non solo petrolio e gas, ma
soprattutto acqua e suolo fertile) via via più scarse per una popolazione
sempre maggiore. L’articolo che
riconduce alla realtà i lettori di Repubblica è talmente importante che lo
riporto qui di seguito quasi integralmente:
L'Onu rivede i dati
demografici:
nel 2100 l'Africa supererà Cina e India
Secondo le stime gli africani saranno
4 volte di più. Gli europei quasi scomparsi, 1 su 10. Lagos, Kinshasa, Addis
Abeba, Dar es Salaam e Niamey le metropoli boom dei prossimi anni. Dati che, incrociati
con il riscaldamento globale, fanno ipotizzare una crescita esponenziale dei
flussi migratori
di MAURIZIO RICCI
C'è l'Africa nel nostro passato. Centomila anni fa, l'umanità è
partita dagli altopiani del continente nero per colonizzare il mondo. E c'è
l'Africa nel nostro futuro. Entro questo secolo, il grosso degli uomini e delle
donne che popolano il pianeta sarà originario dell'Africa. Un extraterrestre
che, nel 2100, facesse una visita mordi-e-fuggi sul nostro pianeta e ci dovesse
descrivere brevemente riferirebbe che, per lo più, i nostri nipoti e pronipoti
hanno la pelle nera e i capelli crespi. Almeno quattro persone su dieci, di
quelle che avrebbe incontrato sarebbero africane. Molto più che cinesi e
indiane. E gli europei? Be', l'extraterrestre dovrebbe aver fortuna per
trovarli. Praticamente invisibili, una sparuta minoranza: uno su dieci.
I dati sul boom
demografico africano correggono, in parte, la previsione che la stessa Onu
aveva fornito un anno fa, quando si pensava che la crescita della popolazione
fosse destinata ad arrestarsi nei prossimi decenni. Invece no: andrà avanti
anche dopo il 2050. Succede, con le proiezioni. Quelle demografiche si basano,
sostanzialmente, su due fattori.
Il primo è l'aspettativa di vita. Salvo catastrofi imprevedibili
(una pandemia? Il cambiamento climatico?) è molto probabile che uomini e donne,
grazie ai miglioramenti igienici e sanitari, vivranno più a lungo: 89 anni, in
media, nei paesi ricchi, 81 in quelli che lo sono un po' meno. L'altro fattore
è molto più volatile. È la fertilità delle donne: quanti bambini ognuna di loro
mette al mondo. Il problema, più che fisiologico, è culturale: dipende
soprattutto dall'età del primo parto. Scolarizzazione, urbanizzazione, aumento
del reddito, di solito, la ritardano. Ma gli esperti dell'Onu avevano, a quanto
pare, sopravvalutato questi fattori. La fertilità è più alta del previsto. Il
risultato è che, oggi, siamo un po' più di sette miliardi e, con nuovi conti,
saremo un po' più di otto nel 2025, appena meno di dieci nel 2050, circa undici
nel 2100. Miliardo più, miliardo meno (10,9-11,3 miliardi è il range medio
ipotizzato).
Lagos, Kinshasa, Addis Abeba, Dar es Salaam, anche Niamey. Sono
queste le metropoli-boom dei prossimi decenni. I paesi destinati a una più
rapida crescita di popolazione sono, in effetti, paesi di cui parliamo poco, se
non mai: Nigeria, Congo, Etiopia, Tanzania, Niger. L'Africa che ha oggi, sparsi
fra savane, foreste e deserti, poco più di un miliardo di abitanti, ne avrà,
prevede l'Onu, più del doppio (2,4 miliardi) nel 2050 e quattro volte tanto
(4,2 miliardi) a fine secolo. Più di Cina e India messe insieme. La politica
del "figlio unico" di Pechino si prepara, infatti, a dispiegare i suoi
effetti: dal 2030, la popolazione cinese comincerà a diminuire e potrebbe
assestarsi poco sopra il miliardo di persone a fine secolo.
Quando, invece, gli indiani saranno, più o meno, un miliardo e
mezzo. Oltre il doppio degli europei, destinati a restare, grossomodo, come
oggi (640 milioni contro gli attuali 740 milioni).
Grazie all'allungamento delle aspettative di vita, l'età media
di uomini e donne, nei prossimi decenni, è destinata a salire. Anche i paesi in
via di sviluppo, più che paesi di bambini e adolescenti, saranno paesi di
giovani adulti. Solo l'Europa sarà terra di vecchi, con età medie degli
abitanti vicine ai cinquant'anni. Nel 2050, in Italia, ci saranno cinque
milioni e mezzo di bambini sotto i dieci anni e oltre quattro milioni e mezzo
di over 85. Nel 2100, il sorpasso sarà compiuto: 5,2 milioni di bambini, contro
oltre sei milioni di "nonni" (compreso mezzo milione di gagliardi
centenari).
Basterebbe questo squilibrio per indicare che il grande fenomeno
dei prossimi decenni saranno le possenti correnti di migrazione attraverso il
globo. L'Onu prevede che, da qui al 2050, ogni anno trecentomila persone
lascino il Bangladesh, e altrettante la Cina e l'India. Dal Messico partiranno
in oltre duecentomila e dal Pakistan centosettantamila l'anno. Dove andranno?
Gli Stati Uniti devono prepararsi ad assorbire un milione di nuovi immigrati
l'anno, circa duecentomila ognuno per Canada e Gran Bretagna. In Italia se ne
aspettano oltre centotrentamila l'anno, fino al 2050. In questa fiumana, l'Africa
ha un posto di primo piano. Fino a oltre metà secolo, mezzo milione di persone
abbandonerà, ogni anno, il continente, per più di metà dai paesi al di sotto
del Sahara. La pressione a emigrare dovrebbe attenuarsi negli ultimi anni del
XXI secolo, fino ad azzerarsi all'inizio del XXII. L'Onu non ne spiega il
motivo, ed è un peccato, perché non si capisce. Altri dati, dello stesso
rapporto, infatti, indicano una pressione demografica sempre meno sostenibile:
in Nigeria, in viaggio verso il miliardo di abitanti, la densità di
popolazione, oggi di duecento persone circa per chilometro quadrato, a livello
del-l'Italia, dovrebbe passare a un incredibile 989 persone per chilometro
quadrato. Pare inverosimile che questa pressione non si riversi all'esterno.
Non è la sola ragione per cui le previsioni Onu in materia di
migrazioni appaiono ottimistiche. Il rapporto si limita a considerare i numeri
della demografia. Incrociateli con quelli del riscaldamento globale e il
risultato è una miscela esplosiva. A fine secolo - secondo gli
ultimi dati - la temperatura potrebbe essere salita di quattro o
cinque gradi. Ma questa è una media mondiale. Ai Tropici sarà di più. Sei o
sette miliardi di persone vivrebbero in paesi largamente desertificati, con
un'agricoltura distrutta: migrazione, a questo punto, è un eufemismo. La parola
giusta, probabilmente, è esodo. Milioni di persone in marcia, senza più niente
alle spalle: su scala globale. L'umanità non ha probabilmente mai dovuto
affrontare una prova più difficile.
Il brutto è che, anche a voler essere
ottimisti per forza, non si arriva molto lontano. Immaginiamo, infatti, che
l'effetto serra venga, invece, sconfitto e la diffusione di un generale
benessere spenga l'ansia di migrare. Un mondo abitato da serene classi medie.
Cosa pensate che mangeranno? È bastato che i cinesi benestanti cominciassero a
manifestare interesse per bistecche e latte per far saltare gli equilibri
alimentari mondiali. Non ci sono abbastanza vacche e abbastanza spazio per
mettercele. Peraltro, non ci sono neanche abbastanza cereali per dare una birra
a ogni cinese. Prima o poi, bisognerà pure far di conto sulle risorse
disponibili. Non sarà un secolo facile.
Beh, certo il finale buonista ed utopico fa un po' sorridere (ma la sinistra non è forse la figlia scapestrata di una grande utopia ?).
RispondiEliminaPerò che un giornalone come Repubblica si metta a pubblicare certe cose, accidenti, mi pare un sogno !
Abbiamo bisogno che questi problemi escano dalla clandestinità e la strada è solo quella dei grandi media.
mentre leggevo questo post tremavo, e provavo rabbia.
RispondiEliminatremavo,perchè è uno scenario orrendo.
provo rabbia,perchè se esco di casa è facile trovare qualcuno (soprattutto vecchi e i genitori del mio ragazzo che mi pressano per dargli un nipote) dire che "in italia non si fanno più figli",
o ancora "ah ma se non facciamo più figli gli stranieri ci battono" (e chissenefrega,dico io),
"ah ci stiamo estinguendo".
Questo è terribile.
E molti ammirano i popoli dove la donna fa figli a tutto andare, dove l'immagine del post sopra (donna africana con bebè sulle spalle) sta diventando quotidianità anche qui, dato che ogni donna immigrata che vedi è facile che abbia più bambini (e un pancione).
Li ammirano, molti, e dicono come invece noi italiane pensiamo solo alle scarpe e alla moda...anzichè ai bambini.
L'utopia del giovane Marx, in cui vagamente accennava anche a temi proto-ambientalisti e alla alienazione dei ritmi di lavoro del capitalismo e delle megalopoli, potrebbe essere accettabile. Ma quella successiva totalitaria e repressiva, specie nella interpretazione Leninista, è abominevole. Oggi la sinistra con il suo acritico terzomondismo basato sui diritti assoluti dell'uomo a scapito del pianeta e della natura è altrettanto nichilista del bolscevismo originario.
RispondiEliminaPer Laura aggiungo che tassi di natalità così alti in alcune zone del pianeta non sono dovuti solo a eredità religiose e di culture ataviche. Ci sono dietro anche interessi e strategie. Chi vuole distruggere la società occidentale e la democrazia liberale ha trovato una bomba ben più potente di quella nucleare: la bomba demografica. essa è in grado di stravolgere le leggi del mercato e di aprire la strada a nuovi poteri globali, e di distruggere assetti geo-politici considerati fino a pochi decenni fa intoccabili e inamovibili.