Finalmente. Ci voleva l'Associazione Salviamo il Paesaggio a rompere il tabù. Per la prima volta in maniera così chiara Gaia Baracetti dice apertamente la verità che nessuno dei verdi ufficiali osa dire: la distruzione del paesaggio italiano e il consumo di suolo è dovuto alla eccessiva densità demografica, alla sovrappopolazione del territorio italiano. Sembrerebbe una verità talmente lapalissiana che neanche c'è bisogno di spiegarla. Eppure, per ragioni di bassa ideologia (la colpa è del capitalismo, dei mercati, delle multinazionali, della grande finanza, ecc. ecc.) per troppi anni nessuno ha detto questa semplice verità, se non quei pochi pochissimi che hanno avuto l'ardire di parlare contro il pensiero unico antropocentrico. Basta un nome per tutti: Luigi De Marchi, psicologo e antropologo, grande pensatore liberale. Ma per i cosidetti verdi, quelli che si autodefiniscono ecologisti e difensori dell'ambiente, l'argomento sovrappopolazione non si può toccare. Si rischia di essere additati come razzisti, anche se i veri razzisti, anzi specisti, sono loro. L'uomo, anche per loro, deve stare al di sopra di tutto e sull'altare dei diritti assoluti degli umani si può procedere alla devastazione del territorio, alla cementificazione massiccia, all'annientamento di tutte le altre specie viventi, magari salvaguardando l'apparenza con qualche piantina messa qua e là in mezzo al cemento. Per questo l'articolo di Gaia mi da molta soddisfazione, vuol dire che la lotta che stiamo conducendo da anni comincia ad avere i risultati sperati.
Molto interessante è anche la discussione che segue all'articolo pubblicato sul blog della Associazione. Ne riporto le parti salienti. Qui si vedono i soliti verdi ortodossi che tentano di ribaltare la verità: non è la sovrappopolazione il problema, ma gli interessi economici, le speculazioni, i centri commerciali. Ovviamente anche questi fattori hanno un ruolo, ma nel senso che fanno anch'essi parte della pressione antropica. Alla base di ogni interesse speculativo c'è una popolazione in crescita.
Aumento della popolazione e consumo di suolo
Perché in Italia ci troviamo oggi ad
affrontare la tragedia del consumo di suolo e della distruzione del paesaggio? Alcuni dei motivi li sentiamo
nominare spesso: speculazione edilizia, lacune nelle norme di tutela o nella
loro applicazione, classe dirigente miope o corrotta, interessi dei grandi
costruttori, cattivo uso degli incentivi alle fonti rinnovabili…
C’è un colpevole che però non
viene mai additato, nonostante sia tra i più importanti: la crescita della
popolazione italiana. Nessuno ricorda che siamo passati dai 22 milioni
di abitanti dell’Unità d’Italia ai quasi 60 attuali, e che non sono
solo i nostri consumi ad essere cresciuti, ma anche il nostro numero.
Dietro alla colata di cemento, dietro ai nuovi
quartieri, strade, parcheggi, centri commerciali, centrali elettriche, ma anche
scuole ospedali, strutture sportive, centri vacanza e chi più ne ha più ne
metta non c’è solo la perversione dell’offerta ma anche, a conti fatti,
l’aumento innegabile della domanda. E la domanda viene determinata da due
fattori: che tenore di vita vogliamo mantenere, e quanti siamo.
Nonostante tutto quello che ci viene detto, la popolazione italiana,
con rarissime eccezioni, non ha mai smesso di crescere. Attualmente il tasso si assesta sullo 0,49
% all’anno – che
nel 2012 ha significato quasi trecentomila persone in più. Davvero possiamo pensare
che incrementi del genere non abbiano nulla a che fare con il consumo di suolo?
Anche il blog di Salviamo il Paesaggio, che leggo
regolarmente e con attenzione, non tratta quasi mai l’argomento. Mi permetto di
fare qualche osservazione sulla base di una ricerca che ho effettuato sul sito,
prendendo in considerazione articoli sia originali che tratti da altri media.
Effettivamente di popolazione ogni tanto si parla,
ma per dire quasi sempre che non sta crescendo: a Nuoro (qui
è vero, è in leggero calo), nella provincia di
Bologna (falso: secondo l’Istat nel 2012 è aumentata di 14 mila
unità rispetto all’anno precedente), a Osoppo e Pozzuolo in
provincia di Udine (ni: nel comune cala leggermente od oscilla, ma nella
provincia continua a crescere), Laigueglia nel Savonese (idem)… È fuorviante
prendere in considerazione il raro centro in cui la popolazione cala appena,
quando nell’intera provincia questa aumenta, facendo magari sperare agli
amministratori di attirare nel proprio comune i nuovi abitanti della zona.
Il punto è proprio questo: se
le città si svuotano e si riempiono le campagne intorno o i comuni limitrofi,
il consumo di suolo nella zona nel complesso aumenta.
Non corrette anche le affermazioni fatte per quanto
riguarda la Lombardia e Roma:
nella prima il “documentato calo
demografico” in realtà è un aumento (nel 2001 la regione risultava
popolata da 9032554 persone;
da 9794525 alla
fine del 2012). Lo stesso discorso si può fare per la capitale: se c’era stato
un decremento negli anni ’90, nell’ultimo decennio la popolazione non ha fatto
che crescere, e risulta attualmente maggiore di ben 92038 unità rispetto al
2001. Chiunque dubiti di questi dati può consultarli sulla pagina demografica
dell’Istat; il censimento del 2011 ha corretto al ribasso le stime del
precedente decennio, ma non nega la tendenza di fondo. Senza contare che,
secondo i dati raccolti da wikipedia, la situazione sarebbe grave anche se
stabile: la
densità di abitanti in Italia è di quasi 200 per chilometro quadrato, molto al
di sopra della media dell’Unione Europea, 116 per chilometro quadrato.
Perché la menzogna viene
ripetuta ossessivamente? Perché si dice che la popolazione cala quando invece
aumenta?
Una possibile risposta è la più semplice:
perché il saldo naturale in Italia, nel complesso, è negativo: muoiono più
persone di quelle che nascono. La
popolazione però cresce a causa dell’immigrazione: la differenza tra il saldo
migratorio e quello naturale dà un aumento molto consistente, che non si ferma
nemmeno davanti alla crisi. Curiosamente, però, i media considerano
‘popolazione’ solo quella italiana e fanno finta di non sapere che anche gli
immigrati, in quanto persone, abitano, vivono, consumano sul territorio.
Più complessa forse è la risposta alla
domanda: perché ogni volta che si parla di consumo di suolo non si ricorda
anche uno dei suoi motori, cioè l’aumento della popolazione? Forse è più facile mobilitare
l’opinione pubblica se si pensa che il nemico sia uno solo, cioè l’avidità dei
costruttori e la complicità dei politici. Aggiungere all’equazione anche
l’effettivo aumento della popolazione e della conseguente richiesta di
antropizzazione del territorio significa complicare le cose e fare domande
molto scomode.
Inoltre, si potrebbe sostenere che non necessariamente
le due cose sono legate: il nostro paese è pieno di case sfitte e capannoni
vuoti. Vero: però
la soluzione proposta, cioè di utilizzare prima l’inutilizzato, ha senso solo
se la crescita della popolazione si arresta. Se continua, arriverà per forza di
cose un momento in cui anche tutti gli edifici inutilizzati saranno riempiti e
ne serviranno di nuovi. È una questione matematica. Ogni successo ottenuto nel
recuperare un edificato o un pezzo di città in disuso è automaticamente
vanificato dall’aumento della domanda di case, strade, negozi, parcheggi,
servizi… Questo vale, per inciso, per qualsiasi risparmio di risorse.
Il tema è tabù, probabilmente, anche perché
ammettere che la popolazione italiana è in crescita e anche per questo si
costruisce ha come conseguenza logica la domanda: cosa si può fare per
fermare questa crescita? Dato
che essa è dovuta interamente all’immigrazione, si capisce che si entra in un
territorio minato in cui già è scomodo porre domande, figurarsi offrire
soluzioni. Se non lo facciamo, però, non possiamo sperare di risolvere davvero
il problema del consumo di suolo in Italia.
Gaia Baracetti
COMMENTI POSTATI SUL BLOG
Finalmente,
dopo tanti anni di “silenzio stampa” ( a parte Sartori e Levy Strauss e tanti
altri..scherzo ovviamente….) una voce come quella di Gaia che nella sua lucida
analisi prevede quello che ormai da 30 e più anni ho cercato di spiegare in
tanti convegni e luoghi “politici”, ricevendo solo fraintendimenti (talvolta
pelosi e voluti), sul necessario concetto di “carico” sostenibile di
popolazione umana nei diversi ecosistemi e nelle diverse situazioni
agro-territoriali e urbane,che sarebbe urgentemente auspicabile promuovere, in
relazione anche alla presenza di tanti altri “viventi” che non dovrebbero da
noi umani che siamo liberi di farlo, venire “suicidati” ed eliminati senza
averne nessuna consapevolezza e contezza.
Insomma
il diritto del riccio a poter attraversare una strada… a cui nessuno pensa ….le
future TAV del mondo, in Asia, Sudamerica e Africa, oltre a frammentare tutti
gli ecosistemi con tracciati invalicabili, sono strettamente connesse ad una
visione di antropizzazione e sovvrapopolazione , senza limiti ed indirizzo
Noi
siamo solo una delle tante specie e dato che ne abbiamo coscienza, avremmo il
dovere morale ed esistenziale, di rispettare le altre, anche l’ultima
formichina, nei limiti dei rapporti biologici e di predazione, senza sentirci
investiti da missioni divine che ci giustificano in ogni nefandezza verso gli
altri viventi.
Inoltre,
a volte penso che forse saremmo troppi, anche solo in 2 miliardi, con gli stili
di vita che il modello anglosassone e turbo-capitalista propone nel suo dominio
mediatico e culturale mondiale, con la lucida e suicida corsa verso le
megalopoli del mercato globale che implicano i ghetti interni e l’agricoltura
intensiva e mortifera, all’esterno.
Senza
contare che ormai le miniere di rame e di altri minerali si stanno esaurendo e
che l’eccesssiva richiesta, anche dei minerali rari per l’informatica, stanno
facendo dilagare guerre e contrasti, di cui la sovvrapopolazione mondiale
costituisce il brodo di coltura.
Solo
l’esistenza di “biospazi” socio-industriali e di reti di imprese cooperative
internazionali, in un ottica di equilibrio ( meglio del confusivo termine di
decrescita) nei rapporti con gli spazi degli altri viventi, potranno forse
rallentare la corsa verso il “grande fratello del disastro prossimo venturo”.
Esso
vive di boom demografici,guerre conseguenti, migrazioni incentivate per
incrementare l’offerta di manodopera e per far fare i lavori che non vogliamo
facciano i nostri figli, disoccupati con tre masters.
Ed
inoltre a ciò concorre il buonismo spray di tutte le forze politiche, a caccia
di voti ma incapaci di analisi…Per fortuna solo un mese fa, 2 insigni
economisti indiani ( di quelli che non invitano nei salotti buonisti), hanno
recentemente detto a tutti i ciechi benpensanti del mondo (che non vogliono
sentir parlare di sovvrapopolazione), che se continua l’attuale trend
demografico ( non bastano lievi rallentamenti), solo in India ci saranno a
breve circa 500 milioni di persone che non hanno NESSUNA possibilità di
integrazione sia in agricoltura che nei servizi che nell’industria.
L’automazione
dilagante,dall’agricoltura all’industria, congiuntamente alla quasi assoluta
mancanza di politiche reali sulla maternità consapevole, renderanno a breve la
situazione fuori controllo come sta già succedendo in Egitto , in cui NON UNO ,
dei nostri politici, sociologi, economisti, ecc. ha il coraggio di dire che
l’incremento demografico egiziano, spinto anche culturalmente da forze
religiose , porterà ai disastri prossimi venturi, come quelli a cui assistiamo
in Brasile e dintorni, alla faccia dei cosiddetti BRICS emergenti.
Ghetti,
sofferenze e fame nelle baraccopoli,guerre, ecco i risultati del silenzio
totale, da tutti condiviso, sulla sovvrapopolazione pilotata e sulla visione
del mondo che la sottende, ecco il futuro del mondo ….anzi con un futuro,
quello di disperati che si affidano a religioni e sistemi economici che hanno bisogno
di carne da cannone, anche informatica, di voli su Marte per galvanizzare le
folle……in un mondo sempre più invivibile,in cui la presenza degli altri viventi
viene inserita contabilmente nei bilanci ambientali…
p.s.
a fronte della chiarezza dell’intervento ed analisi della Baracetti, mi
stupisco come si possa equivocare o dire cose che assolutamente non si
evincono. Ma mi rendo conto che questo ed altri argomenti tabù, sono difficili
da digerire, se non si adotta una visione fortemente laica comunitaria,
autogestita ed internazionale, realmente solidale e biocentrica nonchè
alternativa sia al modello mercatistico anarco-liberale che a quello
religioso-ecclesiale ..nei fatti strettamente connessi
paolo debernardi — AGER
Nel mio paese Canale a iniIo ’900 gli abitanti erano 5500 ,più o
meno quelli di adesso.Il perimetro urbano
Intanto è aumentato da sei a dieci
volte come nella media dei paesi e città italiane.L’articolo rischia
di
giustificare la colossale abbuffata che ha stravolto un intero territorio.
GUNO
Cara Gaia, è utile e doveroso dibattere sulla questione e far
emergere tutti i risvolti che un fenomeno ha – in questo caso – sull’ambiente,
la società etc. Urge doveroso però farti notare che l’aumento della
popolazione, attualmente e qui da noi in Italia, non giustifica lo spreco
(oltre che consumo) di suolo cui stiamo assistendo. Lo dico riportando
solamente alcuni dati relativi al Veneto (li trovi in numerosi lavori del prof.
Tiziano tempesta): 1. mediamente esistono dieci (10!!!) aree produttive per
singolo comune. Il sistema di gestione del territorio così non è certo
efficiente. Non è nemmeno efficace, visti i risultati che abbiamo in termini di
crescita economica/qualità della vita etc. 2. I permessi di costriure case in
Veneto, tra il 2001 e il 2009 sono stati pari a 127 milioni di mc, a fronte di
un aumento di popolazione di 370 mila persone il cui fabbisogno, stando agli
standard di 120-150 mc su abitante, si attesta a 44-55 milioni di mc. 3.
Infine, nello stesso periodo le concessioni edilizie rilasicate per costruire
capannoni sono state oltre 111 milioni di mc, ma nello stesso periodo l’occupazione
nell’industria è diminuita per oltre il 6% e la ricchezza per oltre il 14%.
NICOLA
Dopo
aver fatto le considerazioni precedenti
sono anche ovviamente sconcertato
da
questa strenua difesa “dell’ingresso ” degli stranieri a prescindere
dal
numero delle persone che potrebbero essere accolte compatibilmente
con la
densità di abitanti del territorio che le dovrebbe ospitare.
E’ illusorio
pensare che i figli degli stranieri, che
stanno frequentando le scuole
italiane, vorranno fare i lavori umili dei loro
genitori, perché, ovviamente,
ambiscono a diventare ingegneri,
professori, ecc. Quindi mi domando perché
si
difenda la necessità di fare entrare tanti stranieri (quanti? Si
intravede
un limite?) adducendo come motivazione
quella che essi saranno indispensabili
in futuro per fare
lavori umili. Ma se i loro figli, che stanno studiando
e
sono nelle stesse condizioni dei ragazzi italiani, vorranno diventare
(tra
qualche anno ) insegnanti o ingegneri, diremo allora che
avremo bisogno
che vengano a stabilirsi in Italia tanti altri stranieri perché continuino a
fare i
lavori più umili ? Così saremo da capo, ma con milioni di persone in
più.
E’ LA DENSITA’ ASSOLUTA DI PERSONE NEL NOSTRO PAESE LA COSA CHE DOVREBBE
PREOCCUPARE TUTTI !Questo è a mio parere il dato più importante che si deve
prendere in considerazione quando si vogliono fare valutazioni sulle risorse
che un paese è in grado di offrire ai propri abitanti, e sulla QUALITA’ della
vita.
Un settantenne che è appena andato in pensione consuma tanta energia
nella sua abitazione quanto un giovane, e tanto gas per riscaldamento ( anzi di
più perché sopporta meno bene il freddo ). Egli ha la possibilità (giustamente)
di spostarsi quotidianamente molte volte con l’automobile, mentre un giovane va
al lavoro e torna una sola volta o due al massimo.
Quindi i calcoli energetici
sulla idoneità di uno stato di poter sopperire alle esigenze di una popolazione
devono sempre fare riferimento al numero degli abitanti di un territorio a
prescindere se sono più o meno giovani.
E lo spazio ? Dopo il cibo è a mio
parere l’esigenza più insopprimibile di ogni essere vivente, animale o umano
che sia. E lo spazio è un’altra cosa che non si può modificare ed inoltre è
DECISIVO nel determinare la qualità della vita di tutti.
Chi vi racconta che
l’Italia ha bisogno di tanti stranieri lo fa solo
per il secondo fine di avere
il consenso politico nei prossimi anni,
(quindi più sono meglio è ), oppure
vuole sfruttarli economicamente,
trascurando che in Italia ci sono anche gli
italiani !
Non ho comunque risentimenti nei loro confronti, li ho solo nei
confronti di coloro i
quali fanno credere di essere altruisti
e invece vogliono
perseguire esclusivamente altri obiettivi ! ROBERTO
L’articolo
di Gaia Baracetti è cristallino e pone un dilemma etico a semplicità
elementare, artimetica che è quello della ovvia correlazione tra
cementificazione e distruzione del territorio, del paesaggio e delle risorse
naturali e degli spazi selvatici ed agricoli e la crescita demografica alla
quale, sciaguratamente, hanno contribuito gli immigrati (si veda nel grafico
l’impennata nel decennio 2001 – 2011) invertendo un salvifico principio di
decrescita, purtroppo.
La
popolazione nel 1881 era di poco inferiore ai 29M homo (dati Istat
qui) e non di 45M, come afferma Roberto.
Il
criterio politico fondamentale è e dovrebbe essere quello di una decrescita
radicale dell’impronta ecologica (consistenza numerica della popolazione e suo
tenore di consumi) fino a rientrare ad un certo margine di sicurezza inferiore
per una certa quota alla biocapacità complessiva nazionale (qui i dati
riassuntivi).
E questo si deve ottenere agendo sia sulla consistenza
numerica della popolazione di homo sia sui consumi di questa (il problema è
drammatico ed è necessario attaccarlo su entrambi i fattori).
La
decrescita demografica non è assolutamente compatibile con l’immigrazione di
massa, specie considerando che gli immigrati hanno compulsioni consumistiche e
riproduttive fortissime e, quasi sempre, nessun anticorpo intellettuale,
cognitivo, culturale e negli usi rispetto al peggio della società
liquido-consumistica.
La crescita (esponenziale) della popolazione annullerebbe
molto velocemente qualsiasi meritevole sforzo di uso di edifici vuoti. Anche
questo è estremamente chiaro, matematico.
La
cementificazione e la distruzione dei sistemi biotici sono ovviamente correlati
anche con la consistenza numerica della popolazione: a parità di condizioni, 6M
homo consumeranno ca. un millesimo di 60M homo.
In realtà è peggio perché si ha
una sensibile correlazione tra aumento della popolazione e diminuzione assoluta
della biocapacità (l’aumento della popolazione non solo comporta un aumento dei
consumi delle risorse ma comporta anche una *diminuzione* della produzione
biologica rinnovabile ed annuale di risorse, una riduzione delle capacità di
biodegradazione dei rifiuti prodotti da homo).
Gaia
Baracetti ha scritto in modo chiaro e ha esposto in maniera limpida il problema
del disastro del carico antropico anche in termini di distruzione del
territorio (sua artificializzazione, cementificazione, infrastrutturazione,
inquinamento irreversibile, riduzione e scomparsa dei francobolli di aree non
ancora antropizzate, etc.).
Semplicemente
esercitate il sistema al contorno, immaginatevi che paradiso potrebbe essere
un’Italia con 6M di homo in termini di sostenibilità totale, di margini di
sicurezza, di restauro del selvatico, di recupero degli spazi vuoti da homo e
lasciati alla natura, etc. .
Viceversa immaginate il pessimo stato attuale di
molte zone o l’inferno che sarebbe l’Italia, con, ad esempio, 120M di homo.
UOMO IN CAMMINO
IL
PIU’ GRANDE GUAIO (tutti gli altri sarebbero risolvibili quasi istantaneamente),
e quello dal quale derivano praticamente tutti I problemi più gravi, è proprio
che siamo in troppi. Se fossimo rimasti qualche centinaio di milioni potremmo
vivere ora TUTTI da nababbi ! E la salute della Terra sarebbe indubbiamente
migliore.
In Italia, al contrario di quello che sostengono anche giornalisti
come Piero Angela, che contraddice quello che ha detto in decine di anni di
trasmissioni che iniziavano con il monito di non consumare il territorio
naturale , la situazione è fra le peggiori .
In Italia nel 1870 morivano 4
bambini su 10 prima dei 5 anni e l’età media era di circa 45 anni anni. Oggi,
se muore un solo bambino per cause naturali è una catastrofe, lo si dice
addirittura al telegiornale perché fa notizia
Ci
avviamo quasi tutti a raggiungere l’età di 100 anni e non ci sono per il
momento più guerre (per fortuna).
Quindi
è ovvio che
la percentuale di persone tra i 45 e i 100 anni nel prossimo futuro
sarà sempre preponderante su quella dei giovani dai 20 ai 45 che entrano nel
mondo del lavoro, o se vogliamo dirlo in altro modo la società sarà composta da
più vecchi che da giovani
L’unico
modo per sovvertire ciò sarebbe immettere decine di milioni di giovani coppie
prolifiche istantaneamente che per qualche decennio riporterebbe i giovani a
prevalere .
Ma
dopo qualche decennio la situazione ritornerebbe come prima per quanto riguarda
la proporzione giovani e longevi
E
questa volta sì sarebbe la catastrofe perché saremmo diventati magari 100
milioni o più invece dei 60 che eravamo
Ogni
anno in Italia nascono circa cinquecentomila bambini
L ”
‘intera gamma dei lavori più faticosi ” che in tutta l’estensione del
territorio dell’ Italia possono essere svolti solo da giovani intorno ai
vent’anni , richiederebbe solo qualche decina di migliaia di lavoratori ogni
anno ; quasi tutti gli altri possono essere al giorno d’oggi svolti a qualsiasi
età, ( esempio : ho fatto il facchino insieme a sessantenni che lavoravano
benissimo )
Quindi
è una fortuna che almeno per un po’ la popolazione italiana (mi rivolgo al
giornalista Piero Angela se gli capita di leggere su questo sito) diminuisca e
il rapporto nati morti sia momentaneamente alterato (ricordo che nel 1880 la
popolazione in Italia era più o meno di 45 milioni)
altrimenti
la densità di abitanti aumenterebbe sempre , e questa è una cosa di cui doversi
preoccupare in una nazione già sovraffollata
a meno che
qualcuno non spieghi come farebbero , ad esempio 120 milioni di persone in
Italia , a : lavorare tutti – farsi la doccia ogni giorno – guidare la macchina
– avere gas , corrente elettrica – avere a diposizione i materiali per produrre
tutti i beni di cui facciamo uso – spazio per una qualità di vita come quella
odierna ROBERTO
Secondo
me andrebbero confrontate le curve di crescita della popolazione, con quella
consumo di suolo durante lo stesso periodo. Confrontare queste due curve
aiuterebbe a dare una risposta a questo articolo.
Negli ultimi 20-30 anni mi
aspetterei una crescita del consumo di suolo molto piu’ pronunciata rispetto
alla crescita di popolazione. Anche perche’a guardar bene, dal 1980 la crescita
si e’ridotta di molto.
Insomma,
i capannoni, i centri commerciali, le strade, gli outlet, gli expo non sono realizzati
solo in funzione della crescita di popolazione, ma soprattutto in funzione di
interessi economici. Secondo me questo articolo e’ fuorviante ed incompleto
nella sua analisi.
Tanto per
fare un esempio vorrei ricordare la soluzione berlusconiana di incentivare il
settore delle costruzioni come rimedio alla crisi..
Oppure ai numerosi ettari
consumati nei dintorni di Pisa in un solo colpo per rilanciare l’industria
nautica e construire l’IKEA. Quelli non sono per niente legati all’aumento di
popolazione GUIDO
Cosa c’è
nel mio articolo che giustifica la cementificazione in Italia?
È vero che
alcuni piccoli paesi nel corso del Novecento si sono spopolati o hanno
mantenuto la stessa popolazione, ma spesso si trattava di paesi dove i giovani
non riuscivano a trovare lavoro e dovevano emigrare (quindi la popolazione era
eccessiva rispetto alle risorse e possibilità di allora), dove si viveva con
pochissimo e le famiglie, numerose, stavano tutte in una sola casa. Quasi
nessuno aveva la macchina, si comprava poco (niente centri commerciali) e
sicuramente non si facevano ferie. Molti, me compresa, pensano che si debbano
ridurre i consumi: ma fino a che punto? Il passato non è perfetto. GAIA
Rispondo a
Guido e alle altre obiezioni. Non sostengo, come precisato esplicitamente
nell’articolo, che l’unica causa del consumo di suolo sia la crescita della
popolazione. Quello che volevo dire è che non ci si può concentrare solo sullo
sfitto e sulla speculazione dimenticando il fatto che la domanda effettivamente
è in aumento: questo significherebbe trovarsi prima o poi nella situazione in
cui lo sfitto è tutto occupato ma la popolazione continua a crescere e bisogna
edificare ancora. La crescita demografica, che era rallentata (senza però fermarsi)
dagli anni ’80, è ripartita dopo il 2000 e non si sta arrestando. L’anno scorso
sono state aggiunte all’Italia quasi trecentomila persone: come una città di
dimensioni medio-grandi con tutto il suo corredo non solo di abitazioni, ma di
infrastrutture di ogni tipo.
Ricordo infatti che il consumo di suolo legato
alla crescita della popolazione non è solo quello di case, o di grandi opere.
C’è l’edilizia che è uno dei settori principali dell’economia italiana e uno
dei grandi datori di lavoro (più popolazione significa anche più richiesta di
lavoro), c’è la produzione di energia e di merci per soddisfare i bisogni, ci
sono i tanti piccoli parcheggi e parcheggetti costruiti continuamente sul
territorio italiano anche (non solo) perché ce n’è sempre domanda, le case vacanza,
i negozi, gli uffici, le nuove strade locali e gli allargamenti delle strade
perché il traffico aumenta, e così via. Per non parlare di asili, ospedali…
dire: “ci sono tante case vuote quindi il problema non esiste” significa
pensare che l’unica esigenza materiale delle persone sia quella di dormire da
qualche parte, e tutto il resto non conti nulla.
Certo, si può pensare di
potenziare settori dell’economia che non siano quello edile, ma comunque chi
lavora ha bisogno di spazio e strutture, che siano uffici (che occupano
spazio), campi (idem), scuole, negozi… il problema rimane.
Per quanto riguarda
il fatto che gli stranieri spesso occupano edifici abbandonati vivendoci in
molte famiglie, io non credo che sia qualcosa di cui rallegrarsi: l’affollamento
non piace a nessuno. Inoltre, nel momento in cui il tenore di vita aumenta
aumentano anche le richieste di consumi e di spazio. L’ambiezione di ogni
immigrato di tipo economico, a lungo andare, è raggiungere un tenore di vita
simile a quello dell’italiano medio.
Concludo dicendo che una piccola parte di
sfitto è fisiologico: certo non ai livelli a cui siamo abituati, ma dobbiamo
mettere in conto una bassa percentuale di abitazioni temporaneamente vuote
perché alla ricerca di un affittuario o un acquirente. GAIA BARACETTI