La sovrappopolazione non è solo un
semplice dato numerico. La sovrappopolazione non sta solo profondamente alterando il
pianeta sia sotto l’aspetto ambientale, dei sistemi fisici come il clima, la
composizione dell’atmosfera, lo stato delle acque e del territorio. La sovrappopolazione sta alterando profondamente il pianeta anche sotto
l’aspetto geo-politico, economico e delle nostre libertà . Molti processi in atto vedono alla base l'effetto determinato dalla sovrappopolazione della Terra anche sotto l’aspetto sociale e politico. La
pressione antropica di sette miliardi di umani è enorme su tutti gli aspetti della
nostra vita: ad esempio le modifiche riguardanti l'alimentazione, la fruizione delle bellezze naturali, la mobilità, il sistema sanitario, quello
pensionistico, l’accentramento della popolazione nelle città, gli aspetti
culturali. Lo sviluppo globale e
uniforme di infrastrutture e di modelli sociali e culturali su tutto il pianeta
sarebbero incomprensibili senza considerare l’aspetto sovrappopolazione. La
disumanizzazione dell’conomia, la creazione di gigantesche bolle finanziarie
staccate dalla realtà produttiva, la globalizzazione dell’economia senza più radici nei luoghi e nelle singole nazioni,
sono tutti effetti di una massa di individui enormemente più grande rispetto a
quella esistente ancora pochi decenni fa di uno o due miliardi di persone, che permetteva la differenziazione di
modelli produttivi e sociali nei singoli territori e nelle diverse zone del
pianeta. Oggi una merce deve essere progettata e prodotta non per soddisfare le
esigenze di alcuni milioni di individui, ma di miliardi. Una moda, una tendenza
culturale misura il suo successo su numeri enormemente grandi e attraverso la
comunicazione informatizzata deve essere diffusa ed accettata in tutto il
pianeta, senza confini nazionali o locali. Questo fenomeno sta interessando
campi sempre più ampi della vita economica e culturale, ed anche politica e sociale.
Nel mondo sovrappopolato non c’è solo la cappa chimica dello smog e della CO2,
c’è anche una cappa culturale e sociale. Gli obblighi legislativi imposti ai singoli paesi da organizzazioni politiche o economiche (pubbliche e private) internazionali sono un esempio della pressione antropica globalizzata. Dietro la falsa multiformità virtuale,
c’è una spaventosa uniformizzazione del mondo. Oltre la retorica della varietà
multiculturale c’è la realtà di una cultura globale che spiana e rende sempre più uniforme il
mondo grazie alla tecnologia, al controllo centralizzato dell'economia, e alla massa umana sempre più grande e
interconnessa.
Di questo aspetto di uniformizzazione è
parte determinante la diminuzione ad una velocità impressionante delle riserve
di risorse e di bellezza fornite dalla natura, parallelamente all’esplosione
demografica e alla conseguente produzione industriale di beni e servizi per una
massa di individui sempre maggiore. Di questo tema parlava già nel 1974 un
grande studioso di scienze naturali ed esperto di sovrappopolazione, Lester R.
Brown, in un testo famoso e divenuto un classico e un antesignano delle denunce
sul fenomeno sovrappopolazione e dei pericoli per il pianeta ad esso connessi:
“I Limiti della Popolazione Mondiale”.
Scriveva Brown nel 1974:
“Rispetto al 1960, nel 1970 la
popolazione globale è cresciuta di 700 milioni e per ciascuno di noi vi era
circa un quinto in meno di acqua dolce, di riserve minerali, di terra
coltivabile, di riserve di combustibile fossile, di spazio vitale, di capacità
di assorbimento dei rifiuti, di proteine provenienti dal mare e di zone
ricreative naturali. L’importanza di questa drammatica diminuzione di beni
naturali, che continua con un ritmo che non accenna a diminuire durante gli
anni Settanta (ed ancor più oggi, ndr),
trascende la semplice aritmetica della diminuzione in sé stessa. Questa trasformazione del rapporto
tra l’uomo e il sistema naturale finito entro cui egli vive non è soltanto un
fenomeno ecologico, ma ha profonde conseguenze economiche, politiche e sociali
che cominciamo appena ora (1974) a percepire. Oggi si avverte una situazione in
cui la crescita demografica comincia a influire sotto vari aspetti sui nostri
modi di vita, riducendo le scelte aperte all’individuo…Via via che ci
avviciniamo ai limiti delle risorse della Terra, appare sempre più necessario
regolare la crescita esponenziale dell’attività umana. L’aumento della
popolazione comincia a controbilanciare l’effetto dello sviluppo economico, il
quale, per definizione, tende ad aumentare le scelte di cui l’individuo può
disporre. Tali scelte comprendono le attività che costituiscono la nostra vita
quotidiana, ivi compreso quello che mangiamo, il sito dove viviamo e i luoghi
in cui ci rechiamo…Il pericolo sempre maggiore è che la nostra attuale
astensione da qualsiasi forma di azione urgente sul fronte demografico crei per
il futuro una necessità ancora più forte di intervenire nelle attività umane in
modo limitativo. Allorché i sistemi politici, sociali ed economici cercheranno
di far fronte alle conseguenze della pressione demografica, non vi sarà altra
scelta che quella di limitare sempre più le libertà individuali. E’ oggi che
dobbiamo fare lo sforzo di comprendere più a fondo le alternative che abbiamo
davanti: dovremo scegliere tra un mondo con un numero sempre maggiore di esseri
umani, in cui le comunità saranno obbligate ad adottare misure indesiderabili,
e un mondo meno popolato in cui le comunità saranno in grado di conservare una maggiore
libertà nel determinare i modi di vita e le strutture sociali…Alcune delle
alternative implicheranno conflitti tra governi locali e nazionali, tra
interessi nazionali e internazionali. Ad esempio, è bene che la terra
dell’Africa orientale che è oggi adibita a riserve naturalistiche sia
conservata, oppure la si deve gradualmente utilizzare per la produzione di
alimenti, in modo da soddisfare il fabbisogno delle popolazioni in continua
crescita dei paesi in cui sono situate tali riserve? Può darsi che gli abitanti
del Delaware decidano che la costruzione di altre raffinerie di petrolio non
sia nell’interesse del loro stato. Il governo nazionale di Washington potrà
forse decidere che è
nell’interesse nazionale di usare la costa del Delaware per costruire altre
raffinerie di petrolio. Le risorse d’acqua nelle grandi pianure dell’America
settentrionale possono essere usate o per scopi agricoli, come avviene oggi, o
per la gassificazione del carbone e per ripristinare le zone in cui sono stati
eseguiti lavori estrattivi. Poiché esse non possono essere sfruttate
illimitatamente in vista di questi due scopi, una scelta è inevitabile ( la
stesa problematica la abbiamo oggi in Italia sulle coste della Sicilia circa l’estrazione di petrolio, ndr). Se gli esseri umani nel mondo saranno
più numerosi, ciò significherà che vi saranno meno specie di vita animale nelle
aree selvagge. Il conflitto sarà essenzialmente fra chi preferisce conservare
più specie selvagge possibili, e chi pensa al mantenimento adeguato di un
numero maggiore di individui umani. Una delle scelte più difficili che si
dovranno compiere a livello nazionale è la misura in cui si dovrà sacrificare
l’individuo a vantaggio della società. In quale misura i governi sono
moralmente giustificati quando ricorrono a disincentivi economici come la
limitazione del numero dei figli per i quali sono concesse deduzioni nelle
imposte sul reddito, o tessere di razionamento? Fino a che punto l’interesse
della società nel suo complesso può prevalere sull’interesse degli individui,
giustificando sanzioni individuali? (basti pensare oggi il fenomeno
immigratorio –effetto della sovrappopolazione in vaste aree del pianeta- e ai
conseguenti controlli e le sanzioni alla libera circolazione delle persone,
ndr)...
La crescita demografica non è l’unico
fattore che fa salire la domanda di risorse. L’aspirazione dell’umanità a
livelli più elevati di consumo appare universale (di lì a poco sarebbe crollata
l’Unione sovietica e i paesi socialisti, ndr), e non sappiamo quali saranno i
rispettivi ruoli di queste due forze in futuro; sappiamo però che più saranno le
risorse occorrenti per soddisfare i maggiori bisogni dovuti alla crescita
demografica, meno saranno quelli disponibili per elevare i livelli di consumo
pro capite, la qualità della vita, gli investimenti su tecnologie a minor
impatto ambientale. Se analizziamo le attuali pressioni ecologiche e sociali e
la scarsità delle risorse, anche il semplice raddoppio della popolazione
mondiale, in assenza di qualsiasi aumento dei consumi pro capite, diventa una
prospettiva terrificante, alla luce delle tensioni sociali e dei potenziali
conflitti politici che probabilmente lo accompagnerebbero. Analogamente, un
raddoppio dei livelli mondiali di
consumo pro-capite, che porterebbe il mondo solo a una frazione del livello nordamericano,
imporrebbe un grave sforzo alle risorse della Terra, anche nell’ipotesi che non
vi sia un ulteriore aumento della popolazione …In pratica
tutti i più seri problemi dell’umanità si aggraveranno e le loro
soluzioni risulteranno più difficili se la popolazione seguiterà ad
aumentare…Cercando una relazione più armoniosa con la natura, la società
globale che sta nascendo dovrà formulare una nuova etica nel campo della
procreazione. Per gran parte del tempo in cui l’uomo è esistito, è stato
necessario avere un elevato numero di figli per assicurare la sopravvivenza
della specie, a causa degli alti tassi di mortalità infantile. Oggi che i tassi
di natalità minacciano proprio i sistemi di sostentamento da cui dipende la
vita dell’uomo, questi deve abbandonare la vecchia etica del “crescete e
moltiplicatevi” sostituendola con un’etica volta a stabilizzare la popolazione.
La nuova etica deve considerare socialmente uguali uomini e donne, e la
maternità non deve essere più una funzione assunta in modo automatico, ma una
scelta che una donna può fare o non fare, secondo la coscienza personale. Un
altro fattore centrale dell’etica attuale è l’importanza quasi esclusiva data
alla produzione e all’acquisto delle ricchezze come fini a sé stesse. Sottoprodotto
di migliaia di anni di privazioni materiali, tale preoccupazione deve lasciare
il posto a una maggiore importanza data alla distribuzione dei beni e alla
partecipazione di tutti…L’importanza data ad un benessere eccessivo non deve
trovare più posto in un ecosistema già sottoposto a gravi tensioni con gli
attuali livelli di attività economica. "
(Lester R. Brown: I Limiti della
Popolazione Mondiale. Una strategia per contenere la crescita demografica. 1974
Biblioteca dell’Est- Mondadori. Pag. 160-170, 213).
<< Un altro fattore centrale dell’etica attuale è l’importanza quasi esclusiva data alla produzione e all’acquisto delle ricchezze come fini a sé stesse. Sottoprodotto di migliaia di anni di privazioni materiali, tale preoccupazione deve lasciare il posto a una maggiore importanza data alla distribuzione dei beni e alla partecipazione di tutti >>
RispondiEliminaCaro Agobit, questo mi sembra molto difficile da ottenere.
L'accumulazione ossessiva non è solo figlia della priovazione atavica, ma anche (forse soprattutto) della spinta alla primazia del gene egoista.
Sarà dura mitigare la nostra bulimia da possesso.
Caro Lumen, si forse è meglio intervenire direttamente sulla demografia, diminuendo così il numero dei "competitors" sia a livello di individui che di geni egoisti. Ma il testo di L. Brown da te sottolineato appartiene alla metà degli anni 70, anni in cui si credeva molto alla "redistribuzione" in un senso un poco utopistico.
RispondiEliminaSto leggendo in questi giorni uno dei testi più recenti di Lester Brown, ovvero PIANO B 4.0, ed anche in questo caso ho trovato (forse giustamente) un pizzico di ottimismo di troppo nelle sue pagine.
RispondiEliminaMa è una lettura davvero molto interessante.
Si tratta di uno di quei libri che TUTTI dovrebbero leggere, a partire dai c.d. opinion-maker, per non parlare dei nostri poveri politici.
Seguo il tuo consiglio e ho già ordinato il libro
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