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domenica 26 febbraio 2012

ALDOUS HUXLEY: LA SOVRAPPOPOLAZIONE SCHIACCIA L'INDIVIDUO



DAL "RITORNO AL MONDO NUOVO" di Aldous Huxley

La via più breve e più larga che conduce al mondo nuovo passa, come già accennato, per una tappa fondamentale: l'eccesso di popolazione, l'accresciuto ritmo di incremento demografico: due miliardi e ottocento milioni oggi (1958), cinque miliardi e cinquecento milioni al volgere del secolo, sì che all'umanità si pone la scelta fra l'anarchia e il controllo totalitario. Ma la crescente pressione del numero sulle risorse disponibili non è la sola forza che ci spinge verso il totalitarismo. Questo cieco nemico biologico della libertà si allea ad altre forze potentissime, generate dai progressi tecnologici di cui più andiamo orgogliosi...Questi progressi ammirevoli, stupendi, si scontano. Storici, sociologi, psicologi hanno scritto molto sul prezzo che l'uomo d'Occidente ha pagato e sta pagando per il progresso tecnologico. Affermano, per esempio, che difficilmente può sperarsi che fiorisca la democrazia nelle società in cui il potere economico si concentra e si centralizza sempre più.Ma il progresso della tecnologia ha portato, e sta portando, proprio a questa centralizzazione del potere. L'apparato della produzione di massa (necessario a sostentare l'eccesso demografico, n.d.r.) migliorando la sua efficienza,tende a farsi sempre più complesso e costoso, meno accessibile quindi all'imprenditore che abbia mezzi limitati. Non solo: la produzione di massa non sta in piedi senza distribuzione di massa, e la distribuzione di massa crea problemi che soltanto i grossi produttori possono risolvere adeguatamente. Dove la produzione e la distribuzione divengono fenomeni di massa, grave è lo svantaggio dell'Uomo Piccolo, che non possiede una sufficiente riserva di capitale operante. Se entra in concorrenza con l'Uomo Grosso, perde prima i quattrini, e poi anche la qualità sua medesima di produttore indipendente; l'Uomo Grosso lo ha ingoiato. E scomparendo l'Uomo Piccolo, una quantità sempre maggiore di potere economico si riduce nelle mani un numero sempre minore di individui. Sotto la dittatura la Grande impresa, resa possibile dal progresso tecnologico e dalla conseguente rovina della Piccola Impresa, cade sotto il controllo dello Stato; cioè, di un piccolo gruppo di dirigenti politici e militari, di poliziotti, di funzionari che eseguono certi ordini. In una democrazia capitalista, come gli Stati Uniti, la Grande Impresa cade sotto il controllo di quella che il professor C. Wright Mills definisce "elite al potere". Questa elite impiega direttamente la forza lavorativa di milioni di cittadini nelle sue fabbriche, nei suoi uffici, nei suoi negozi, altri milioni controlla, e anche meglio, prestando loro i soldi perché comprino i suoi prodotti; ed essendo proprietaria dei mezzi di comunicazione di massa, influenza pensieri, sentimenti e azioni di tutti, in pratica. Parodiando una frase di Churchill potremmo dire che mai è accaduto che tanti uomini si lasciassero manipolare da un così ristretto gruppo. Siamo assai lontani dall'ideale jeffersoniano di una società veramente libera ... Noi vediamo dunque che la tecnologia moderna ha portato alla concentrazione del potere economico e politico, e alla formazione di una società controllata (spietatamente negli stati totalitari, pulitamente, nascostamente nelle democrazie) dalla Grande Impresa e dal Gran Governo. Ma le società sono composte di individui e sono buone solo nella misura in cui aiutano gli individui a realizzare le proprie possibilità, e a condurre una vita felice e creativa. Ebbene i progressi tecologici di questi ultimi anni in che senso hanno agito sull'individuo? Ecco la risposta del filosofo e psichiatra Erich Fromm:

"La nostra società occidentale contemporanea, nonostante il progresso materiale, intellettuale e politico, è sempre meno capace di condurre alla sanità mentale, e tende a minare invece la sicurezza interiore, la felicità, la ragione, la capacità d'amore dell'individuo; tende a trasformarlo in un automa che paga il suo insuccesso di uomo con una sempre più grave infermità mentale, con la disperazione di chi si cela sotto la frenetica corsa al lavoro e al cosiddetto piacere".

Questi milioni di individui abnormemente normali, che vivono senza gioia in una società a cui, se fossero pienamente uomini, non dovrebbero adattarsi, ancora carezzano l'illusione della individualità ma di fatto sono stati in larga misura disindividualizzati. Il loro conformismo da luogo a qualcosa che somiglia all'uniformità...Qui la riduzione teoretica della molteplicità a unità comprensibile si muta in pratica in riduzione della diversità umana a uniformità subumana, della libertà a servitù. L'organizzazione (in presenza di masse umane enormi) può anche essere letale. L'eccessiva organizzazione trasforma gli uomini in automi, soffoca lo spirito creativo, toglie ogni possibilità di liberazione...Gli effetti disumanizzanti della superorganizzazione si aggravano, sommandosi agli effetti disumanizzanti della sovrappopolazione. L'industria, ampliandosi, attrae nelle grandi metropoli una porzione sempre più grande dell'umanità, che cresce. Ma la vita nelle grandi metropoli sovrappopolate non da luogo alla salute mentale (ecco infatti che la più alta incidenza della schizofrenia, depressione, uso di droghe, si ha proprio nei formicai dei quartieri urbani poveri); né sollecita quel tipo di libertà responsabile entro un gruppo capace di autogovernarsi, che è la condizione prima della democrazia effettiva. La vita di città è anonima e per così dire, astratta. Gli individui entrano in rapporto l'uno con l'altro , non come personalità totali, ma come incarnazioni di altrettante funzioni economiche; o, quando sono fuori dal lavoro, come cacciatori irresponsabilidi divertimento. Soggetto ad una vita simile, l'individuo si sente sempre più solo e insignificante. La sua esistenza cessa d'avere un qualche scopo, un qualche senso.
(Aldous Huxley: ROTORNO AL MONDO NUOVO, 1958, Mondadori oscar ristampa 1991 pag. 250-255).

La lucidissima analisi di Huxley sugli effetti della sovrappopolazione umana e della tecnica moderna sull'individuo e sulla coscienza umana nel suo complesso, rimane un classico per tutti coloro che si occupano del problema sovrappopolazione. Insieme ai grandi precursori della filosofia antropologica come Hobbes e come Malthus, Huxley individua nella spaventosa esplosione demografica unita al potere deviante della tecnica, la causa prima della creazione di quell'apparato, quella grande macchina che costituisce la società moderna, in cui lo strapotere della massa umana annienta l'individuo e la sua libertà, facendone un automa condizionato dalla nascita alla morte, con pensieri e comportamenti che non hanno più un senso proprio ma sono indotti dai grandi midia manipolati a loro volta da poteri della superorganizzazione. Per l'uomo moderno è definitivamente perduto ogni rapporto con la natura, e tutto diviene artificiale: dai ritmi delle vita ai valori, ai consumi, agli svaghi. Tutto è regolato ed eterodiretto: ogni aspetto della propria intimità ed anche i contenuti di coscienza, sono imposti agli individui dal potere di una superorganizzazione. Forze sempre più lontane e indifferenziate gestiscono l'economia, i prodotti della cultura, l'orizzonte di vita e le speranze degli individui, ormai soli e indifesi nella loro libertà, schiacciati da una massa umana cresciuta al di là di ogni limite, di cui quelle forze sono l'oscura e inafferrabile espressione.






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