Conferenza di Durban: le poltrone, l'unica cosa che conta in queste conferenze
DAL QUOTIDIANO "LA REPUBBLICA"
DURBAN – C’è un accordo globale per frenare la moltiplicazione di uragani, alluvioni e siccità. Dopo due notti e un giorno di discussione ininterrotta, tra continui colpi di scena, spaccature e appelli disperati, l'assemblea delle Nazioni Unite ha trovato l'intesa sulla road map per difendere la stabilità del clima. Il piano, che impegnerà tutti i paesi, sarà definito entro il 2015 e le misure previste dovranno diventare esecutive a partire dal 2020.
La decisione è stata salutata da un lungo applauso dei delegati, ormai visibilmente provati: tutti senza cravatta, alcuni con lo slogan "Climate deal now" che campeggiava sulla maglietta. E' stata un'ovazione liberatoria che ha segnato la fine dell'incubo del fallimento. Per un’intera notte la conferenza delle Nazioni Unite, dopo due settimane di negoziati e due giorni di trattative ininterrotte, è stata sul punto di chiudere alzando bandiera bianca di fronte alla crescente minaccia del caos climatico che rischia di rendere inabitabili larghe aree del pianeta.
Poi, all’improvviso, la tensione si è sciolta. “Abbiamo preso una decisione storica”, ha commentato la presidente della conferenza, la sudafricana Maite Nkoana-Mashabane. “Un grande successo per la diplomazia europea”, ha aggiunto il ministro dell’Energia inglese Chris Huhne. “Una speranza concreta per la stabilità del clima e per la nostra economia: si apre una piattaforma di intese sulle tecnologie pulite con i paesi di nuova industrializzazione”, ha dichiarato il ministro dell’Ambiente italiano Corrado Clini.
Il gruppo delle piccole isole che minacciano di essere inghiottite dall’oceano avrebbero voluto anticipare i tempi della nascita di un’economia non dipendente dal petrolio e dal carbone. E gli ambientalisti sottolineano che l’accelerazione del cambiamento climatico imporrebbe tempi più rapidi. Ma Durban rappresenta comunque una svolta epocale che si rifletterà sulla nostra vita quotidiana rilanciando le tecnologie green.
All'intesa si è arrivati dopo un crescendo di scontri che aveva portato a una spaccatura verticale dell'assemblea che ha rischiato di sprofondare nel caos. Da una parte una larga maggioranza numerica che sosteneva la linea di rigore e di impegno dettata dall'Europa, dalle piccole isole e da buona parte dei governi africani e dell'America latina, cioè dai paesi più esposti alla minaccia diretta provocata dalle emissioni serra prodotte bruciando petrolio e carbone. Dall'altra il cartello dei maggiori inquinatori (Cina, Stati Uniti, Brasile, India, Filippine) che rifiutavano un rapido impegno vincolante.
"Il protocollo di Kyoto funziona, noi europei lo possiamo testimoniare", aveva dichiarato Connie Hedegaard, il commissario europeo al clima. "Ma ci vuole anche uno strumento legalmente vincolante che impegni tutti, un nuovo protocollo". "Non si può prescindere dall'applicazione del principio di equità, non mi si può chiedere di firmare un assegno in bianco", aveva risposto il ministro dell'Ambiente indiano, la signora Jayanthi Natarajan.
Alla fine è stata trovata la formula che ha messo tutti d’accordo: si arriverà entro il 2015 a definire "un protocollo, uno strumento legale o una soluzione concertata avente forza di legge". Dal 2013 partirà inoltre la seconda fase degli impegni di Kyoto a cui aderiranno l’Europa e una parte dei paesi industrializzati. Infine si renderà operativo un Fondo Verde da 100 miliardi di dollari l'anno per aiutare i paesi più poveri a sostenere il salto tecnologico necessario ad abbattere le emissioni serra.
(11 dicembre 2011)
In cosa consiste l'accordo? Nel rimandare...l'accordo -appunto- al 2015! In cosa consiste effettivamente il (falso) accordo sul controllo delle emissioni? Semplice: nell'ennesimo finanziamento a fondo perduto di 100 miliardi l'anno ai "paesi più poveri". Traduco la locuzione "paesi più poveri" per gli ingenui: quei paesi che hanno un tasso di natalità superiore a due cifre. In pratica l'Europa -perché solo di Europa si tratta!- continuerà a finanziare la crescita demografica africana e indiana, con l'unica finzione da parte di questi paesi di impiantare un po' di pannelli solari per far finta (scusate la ripetitività ma di gioco di finzioni si tratta...) di ridurre le emissioni. Il finanziamento, ovviamente, parte da subito, mentre il montaggio dei pannelli è rimandato al 2020! Bell'accordo, complimenti ai negoziatori europei.
Di una cosa sola non si è parlato a Durban, e sapete quale? Dell'unica vera causa delle emissioni di gas serra e del ritardato sviluppo economico di tante zone del pianeta: la crescita demografica esplosiva che affligge l'Africa e il continente indiano. La crescita eccessiva toglie risorse da investire nella innovazione tecnologica e costringe i paesi interessati a produrre energia con tecnologie arretrate e a basso costo. La Cina, la Corea e altri paesi asiatici che hanno, con successo anche se con ritardo, ridotto i tassi di natalità si sono avviati a un poderoso sviluppo economico che, in parte e non nella maniera auspicabile (e qui ci sarebbe terreno per intervenire da parte di organizzazioni serie e non da queste ridicole conferenze Onu), hanno comunque permesso le prime timide riconversioni industriali con minori emissioni di gas serra e inquinanti. Andare a proporre i pannelli solari ad economie arretrate che hanno il problema di sfamare ogni anno milioni di nuove bocche è solo insulsa irresponsabilità e presa in giro del mondo. Ma, ovviamente, di controllo demografico non si può parlare, è argomento tabù. Non fa comodo a nessuno, né alle politiche di potenza, né alle congregazioni integraliste religiose, né ai dittatori, né alla corruzione al potere, né infine alle multinazionali in cerca di compratori nel mercato globale. Eppure c'era un mezzo semplice semplice per fare un primo intervento: collegare la somministrazione dei cento miliardi di dollari annuali a reali politiche di denatalità e contenimento demografico. Ma la stupidità impera, specie nelle burocrazie dell'Onu e dell'UE. Intanto tutto è rimandato al 2020, noi occidentali continuiamo a gettare soldi nella pattumiera, e il pianeta continua nel suo triste destino di devastazione da parte della specie Homo. agobit
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