Translate
domenica 15 gennaio 2023
L'Affare del carbonio. (Parte Prima)
Nella più completa sopraffazione delle voci discordi, senza alcuna libertà di dibattito, con l'arroganza delle nuove ideologie, nella mistificazione dei dati e degli studi, prosegue il lavaggio del cervello a tutta la popolazione in particolare nei paesi occidentali, sul cosidetto cambiamento climatico che sarebbe dovuto alle emissioni del carbonio. Poche sono le voci libere che reclamano almeno un franco dibattito alla luce di dati scientifici corretti liberamente discussi. Una importante voce libera è il nuovo libro a cura del professor Prestininzi uscito alla fine del 2022 dall'Editore Rubettino: "Dialoghi sul Clima" tra emergenza e conoscenza. Riporto di seguito alcuni passi dell'importante capitolo sull'Economia e finanza delle politiche climatiche, ad opera di Mario Giaccio, già professore di Tecnologia ed Economia delle Fonti di Energia all'Università G. D'Annunzio di Pescara. A parte la contraddittorietà e la non univocità dei dati sul riscaldamento climatico e soprattutto i dubbi più che giustificati dai dati scientifici sulla sua origine dalle emissioni antropiche, l'articolo rivela i giganteschi interessi economici e politici in gioco, e il ruolo delle potenze geopolitiche emergenti che vogliono togliere all'Europa e all'intero occidente il primato economico e tecnologico, sottrarre risorse e reindirizzarle, dietro lo schermo e la scusa dei cambiamenti climatici, verso i nuovi interessi e centri di potere. Gli argomenti sono sempre gli stessi: le emissioni dei paesi occidentali enfatizzate ipocritamente, in quanto i dati esposti nell'articolo mostrano una realtà ben diversa, e il silenzio completo sul vero fronte che pone a rischio la biosfera, e cioè la sovrappopolazione della specie Homo e i suoi inauditi tassi di crescita che vedono i paesi emergenti (alcuni dei quali ex -terzo mondo, attualmente in forte sviluppo) , in prima linea. Purtroppo il cancro pseudoecologista alberga principalmente in occidente, e gli ideologi del carbon free sono protagonisti della politica in casa nostra, e stanno distruggendo le economie dei paesi democratici approfittando della uniformizzazione del pensiero e della repressione del dibattito da parte dei poteri finanziari e delle autocrazie che guidano la politica mondiale. Gli utili idioti seguaci di Greta e gli esperti prezzolati dell'Onu hanno la coda di paglia, perché nei vari studi sulle emissioni (tutta colpa ovviamente dei paesi democratici occidentali) non inseriscono mai il dato sulla popolazione e sul numero di nascite per donna, che porterebbe a guardare in tutt'altra direzione per spiegare l'origine dell'inquinamento ambientale - compresa la CO2- e sulla causa del disastro della biodiversità e l'esaurimento delle risorse naturali. Ma veniamo all'articolo.
PREMESSA
"Si ricorda che l'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è stato fondato nel 1988. Pubblica report scientifici e "Istruzioni per i politici" sull'argomento clima. Elabora modelli per dimostrare che l'anidride carbonica, emessa con l'uso dei combustibili fossili, produce un riscaldamento globale.
Il protocollo di Kyoto è un accordo internazionale, firmato nel 1997, per limitare le emissioni ritenute responsabili dell'effetto serra. E' entrato in vigore nel 2005. I partecipanti al protocollo si impegnarono a ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 5 % rispetto ai livelli del 1990.
In atmosfera vi sono 3000 Gt (miliardi di tonnellate) di CO2, negli strati superficiali dell'oceano ve ne sono 3600 Gt. La CO2 emessa dall'uomo nel 1990 ammontava a 22,3 Gt, quindi l'incidenza era dello 0,74 %. Pertanto, la riduzione proposta , sulla quantità globale di CO2, è dello 0,037% (il 5% dello 0,74 %).
Nel 2019 la cO2 emessa dall'uomo è stata di 34,2 Gt, pertanto dal 1990 al 2019 si è avuto un incremento delle emissioni del 53% (dal 22,3 a 34,2) (altro che riduzione del 5%!-ndr). Sono di seguito riportati i sei emettitori che forniscono il 68,5 % delle emissioni globali nel 2019:
CINA 9,92 Gt. (29,0%)
USA. 4,97 Gt. (14,5%)
EU (28 stati). 3,47 Gt. (10,0%)
INDIA. 2,48 Gt. ( 7,2%)
FEDERAZIONE RUSSA. 1,53 Gt. ( 4,5%)
GIAPPONE. 1,12 Gt. ( 3,3%)
L'Europa , nella conferenza di Parigi (Cop 25) del 2015, dichiarò di voler ridurre del 20% le proprie emissioni entro il 2020 e del 40% entro il 2030 (rispetto ai dati del 1990). Si noti che le emissioni europee, dal 1990 al 2007, per 17 anni sono rimaste praticamente le stesse. Dal 2009 al 2019 le emissioni europee si sono ridotte dell'11 %, quindi una media dell'1 % all'anno. La riduzione non è dovuta alle politiche green, bensì alla grave crisi economica iniziata nel 2008 e innescata dai mutui subprime americani e del trasferimento delle produzioni industriali fuori dall'Europa, segnatamente in Cina. Pertanto, la produzione industriale e i consumi di energia europei sono diminuiti. L'Europa acquista i beni dalla Cina e quindi risparmia le proprie emissioni. Quanta CO2 produce la Cina come conseguenza della produzione di beni esportati verso l'Europa?
A fronte della diminuzione dell'1,0 % all'anno, l'Europa "emette" , tramite la Cina, il 16,6% all'anno in più delle emissioni proprie. Quindi la diminuzione delle emissioni europee è di gran lunga superata dal surplus di CO2 incorporata nei beni importati dalla Cina. L'Europa continuerà a finanziare con le proprie importazioni l'industria fortemente emissiva dei Paesi extra UE. Una rassegna sulla circolazione "commerciale" dell'anidride carbonica a livello mondiale è riportata da Peters et al. (2012).
Le stesse produzioni, se fossero attuate in Europa, produrrebbero molta meno anidride carbonica; infatti, se si esamina e si confronta il mix energetico delle fonti energetiche primarie in Europa e in Cina, si nota una differenza molto evidente: il mix energetico cinese è fortemente spostato verso i combustibili fossili (carbone principalmente). Pannelli e pale eoliche sono in produzione, ma esportate in quasi totalità in occidente (evidentemente sono i primi a non crederci).
Anche se l'Europa riducesse del 40 % le proprie emissioni per il 2030, il risultato sarebbe "invisibile", infatti l'Europa (nel 2019) ha prodotto 3,47 Gt di CO2, ossia il 10% delle emissioni globali, ossia lo 0,11% di tutta l'anidride carbonica presente in atmosfera: il risparmio del 40% sulle attività considerate dall'Europa (il 45%) influirebbe sul quantitativo totale do CO2 atmosferica per lo 0,020% (il 40% del 45% dello 0,11%) in 10 anni! Se in atmosfera ci sono 400 ppm di CO2, lo 0,020% di 400 è= 0,080 ppm (ossia 8 parti per miliardo all'anno!) quantità difficilmente apprezzabile, infatti le oscillazioni naturali dell'anidride carbonica sono quasi 1000 volte superiori a tale quantità: variano da 3 a 6 ppm (giorno/notte, primavera/autunno). Quindi, supponendo che la presenza di CO2 in atmosfera sia dovuta esclusivamente alle azioni dell'uomo, la finalità dell'Europa è ridurre la CO2 atmosferica da 400 ppm a 399,92 ppm in dieci anni.
IL MERCATO DELL'ANIDRIDE CARBONICA
Tenendo conto delle suddette quantità, l'apparato economico-finanziario messo in atto sembra spropositato per un risultato che appare privo di significato. Da ciò si evince che non vi è attinenza con le fluttuazioni climatiche, le azioni proposte sembrano più verisimilmente indirizzate a delle politiche finanziarie. Vediamo quindi quali sono i mezzi proposti e/o utilizzati dall'Europa per raggiungere tale risultato. L'accordo di Kyoto propone due sistemi per sensibilizzare le Nazioni verso il ruolo del carbonio:
1) ETS= Emission Trading System: è il sistema di scambio commerciale delle quote, o permessi di emissione, di anidride carbonica emessa. Si basa sul cosidetto cap end trade: si fissa un limite (cap) alla quantità totale di emissioni che ciascun paese può emettere; le aziende soggette all'accordo, se superano la quota assegnata, possono acquistare sul mercato (trade) i permessi di emissione da quelli che emettono di meno.
In pratica, il produttore di CO2 non necessariamente deve ridurre le proprie emissioni, ma può comprare i permessi di emissione in modo da rientrare nei limiti assegnatigli. Un esempio di tale meccanismo è l'acquisto, da parte della FIAT Chrysler Automobiles, di permessi di emissione da altre società del settore, in particolare da Tesla e da Toyota. La FIAT, poiché supera il limite assegnatole, dovrebbe pagare una multa intorno ai 2 miliardi di dollari. Pertanto, ha acquistato crediti di carbonio: nel 2017 ha acquistato da Tesla crediti per un valore di 279,7 milioni di dollari; nel 2018 per ulteriori 103,4 milioni di dollari. Tesla ha permessi in esubero perché produce automobili elettriche: ha fatto della vendita di permessi di emissione un vero affare e inoltre gode di incentivi pubblici per la sua produzione.
2) CDM: Clean Development Mechanism. E' il sistema della "compensazione" (offset), che permette ai produttori di CO2 di finanziare progetti di compensazione o di riduzione di emissioni in altri paesi, invece di ridurre le proprie emissioni. Una delle tipologie più comuni è quella di piantare eucalipti in un luogo lontano dal quale è localizzato l'impianto che emette CO2: gli alberi, crescendo, dovrebbero assorbire l'anidride carbonica emessa dall'opificio industriale, ad esempio la British Petroleum ha impiantato alberi a Sao Josè do Buriti in Brasile, per compensare le emissioni di una delle più grandi raffinerie di petrolio d'Europa, localizzata nelle vicinanze di Grangemouth in Scozia. E' ovvio che quando gli alberi muoiono restituiscono tutta l'anidride precedentemente sottratta all'atmosfera, solo in modo diluito. Inoltre vengono alterati i sistemi naturali dove questi alberi vengono impiantati.
In questo modo le aziende dei Paesi industrialmente avanzati possono rinviare i costi necessari per adeguarsi a casa loro. L'utilizzo degli offset per ridurre (?) le emissioni di gas serra è come cercare di perdere peso pagando qualcun altro per fare la dieta. I gravi danni umani e ambientali prodotti dal Clean Development Mechanism, con la letteratura specifica, sono riassunti in Giaccio, 2019.
.....
Il mercato mondiale del carbonio si è aggirato, nel 2020, intorno ai 220 miliardi di euro, l'Europa detiene il 90 % di questo mercato.Uno studio di Bruyn S. et al. (2010), effettuato nei primi anni di attuazione dell'ETS, ha evidenziato che il costo di acquisto dei permessi di emissione è stato trasferito interamente sui consumatori attraverso l'aumento dei prezzi in fattura. Nel 2008-2012 si è consentito ai produttori di energia elettrica di accollare ai consumatori il futuro costo dell'adeguamento attraverso l'aumento dei prezzi in bolletta, consentendo accumuli di risorse finanziarie che oscillano tra i 23 e i 71 miliardi di euro. Inoltre: per erogare sussidi alle rinnovabili i consumatori italiani hanno pagato, con le bollette elettriche, 13,4 miliardi di euro netti all'anno (Rapporto GSE, 2014).
......
LA TRASFORMAZIONE DEL MERCATO
Dopo la crisi economica si è avuta una riduzione dei prezzi della compravendita delle emissioni. La Comunità Europea è interventuta ritirando delle quote, il che ha contribuito a risollevare i prezzi del carbonio, ma la loro tenuta sembra essere dovuta principalmente a due fattori:
1) La trasformazione progressiva del mercato del carbonio in un mercato finanziario che attrae operatori, non soggetti all'ETS, aventi finalità speculative o interessati a offrire servizi finanziari legati ai permessi di emissione.
2) L'aspettativa di una nuova regolamentazione del mercato, che ha creato attesa per il rialzo dei prezzi e ha indotto gli operatori finanziari a non abbandonare il mercato del carbonio.
La maggior parte del mercato dei crediti che rappresentano i permessi di emissione di CO2 nell'ambito del sistema di scambio istituito a livello comunitario (ETS), è diventato un mercato a termine: in teoria si può contrattare anidride carbonica non ancora prodotta.La maggior parte delle contrattazioni sul mercato a termine riguarda i prodotti Future ad un anno. I Future possono essere negoziati con tre finalità: copertura dei rischi, speculazione e arbitraggio. Dice il rapporto GSE: gli andamenti dell'ultimo anno hanno mostrato come l'interesse del mondo finanziario abbia costituito un elemento di continuità per il mercato dei crediti e quindi del meccanismo ETS (2014). In pratica, se non ci fossero stati gli operatori esterni e la speculazione, il sistema ETS sarebbe crollato.
I PARADOSSI DELLE POLITICHE EUROPEE SUL CLIMA ED ENERGIA
I due sistemi proposti hanno degli inconvenienti. Il meccanismo dell'ETS ha provocato l'effetto contrario a quanto si proponeva: i permessi costavano poco quindi alle imprese forti consumatrici di energia non conveniva investire per ridurre le emissioni.
La Germania per esempio, ha incrementato la sua produzione di energia elettrica dal carbone: nel 2013 ha raggiunto 162 miliardi di chilovattora, il livello più elevato dal 1990.
Il meccanismo CDM ha contribuito scarsamente a limitare le emissioni a livello globale. I due sistemi sono risultati convenienti per i movimenti finanziari speculativi.
Da uno studio Nomisma Energia (2016) , risulta che la crescita delle rinnovabili in Europa è avvenuta a discapito delle centrali a gas (-30%) , piuttosto che di quelle a carbone o a lignite (-12 %). Questo andamento ha ridotto di oltre la metà i benefici che si sarebbero potuti ottenere se la quota di gas fosse rimasta quella di prima: le emissioni si sarebbero ridotte di 180 milioni di tonnellate annue, invece dei 70 milioni regisdtrati.
Si è detto prima degli inconvenienti del basso valore dei prezzi delle quote carbonio; tali prezzi hanno subito un forte incremento a partire dal 2018: si è passati dai 5,5 euro del 2016 ai 60 euro del 2021. La produzione termoelettrica italiana (con una quantità di CO2 emessa di 600g a KWh) ha avuto un incremento del costo di produzione di 5,5miliardi di euro. Non è sicuro che l'alto livello dei prezzi sosterrà le fonti rinnovabili. E' sicuro invece che l'aumento del costo di produzione industriale dell'energia elettrica, di 5,5 miliardi di euro , si riverserà totalmente sul consumatore. Se si fa riferimento all'esperienza storica , le produzioni europee diventeranno ancor meno competitive a vantaggio dei produttori extra UE, dove si ricorre a fonti energetiche poco costose e altamente emissive. Sono inoltre allo studio da parte della commissione europea altre misure come i finanziamenti per il clima di 18 miliardi di euro l'anno (a favore di paesi che utilizzano idrocarburi e hanno alti tassi di natalità -ndr). L'intenzione dell'Europa di spendere 10 miliardi l'anno per utilizzare una parte della CO2 dell'atmosfera per il recupero secondario del petrolio 8operazione che una volta le industrie facevano a spese loro).
L'inutile lotta per il clima fa diminuire la spesa per finalità sociali, infatti nel bilancio UE del 2020 è previsto un aumento della spesa destinata a "lottare contro la CO2" fino a un totale di 30 miliardi di euro. Ma a questo aumento dei fondi destinati a salvare il climaa, corrisponde una diminuzione dei fondi destinati all'agricoltura, una volta considerata da proteggere per motivi sociali. Riassumendo: il volume di denaro messo in movimento in Europa, direttamente o indirettamente, per la lotta contro la CO2 è di oltre 500 miliardi di euro all'anno, tutto questo per far diminuire di 8 parti per miliardo, all'anno, la quantità di CO2 in atmosfera. Vi è da ricordare un ulteriore movimento di euro, è quello delle frodi fiscali. Il mercato dell'anidride carbonica si presta bene a questo tipo di frode perché non vi è movimentazione materiale: il tutto avviene senza emettere bolle di accompagnamento, senza un effettivo trasporto, senza una logistica, in altre parole non vi è traccia materiale dell'operazione. Il passaggio di proprietà di una quota, tra le due controparti, è tecnicamente realizzato con il trasferimento di un data base elettronico dal venditore a quello dell'acquirente. I conti sono iscritti nel cosiddetto Registro delle Quote.L'Europol stima che la perdita fiscale, dovuta alle frodi dei crediti di carbonio nel periodo compreso tra giugno 2008 e il dicembre 2009 si è aggirata intorno ai 5 miliardi di euro. La percentuale di scambi legata ad attività illecite dovrebbe aggirarsi intorno al 90 % (Ufficio Europeo di polizia 2012). Si noti che il succitato rapporto non è stato mai aggiornato e, a oggi, se si va sul sito Europol, si ritrova ancora il dato del 2012. O non si sono più verificate frodi dopo quel periodo o le frodi non vengono più segnalate.
IL CLIMA E IL RILANCIO DELLA FINANZA MONDIALE
A livello mondiale si riscontra la tendenza al disinvestimento dai combustibili fossili, ad esempio le compagnie di assicurazione ed i fondi pensione non inestono più nel comparto carbone, petrolio gas. E' ovvio che questi disinvestimenti non hanno niente a che vedere con la riduzione delle emissioni di carbonio, infatti se c'è qualcuno che vende ci deve essere qualcuno che acquista e quindi gli investimenti nel settore fossile restano gli stessi (in verità aumentato perché siamo in una fase di espansione dell'utilizzo fossile). Ci guadagnano ovviamente le imprese di altri settori. La Banca Mondiale ha stimato nel 2017 che gli investimenti nel settore energetico debbono essere incrementati a 700 miliardi di dollari all'anno fino al 2030 per limitare l'aumento della temperatura globale sotto a 2 gradi Celsius. Così concludeva Nicholas Stern alla Cop 21 di Parigi: " Gli investitori vedono nel cambiamento climatico la nuova svolta economica da cui estrarre valore". Le stime sulla spesa sono tuttavia in aumento. Nel dicembre 2017 Macron ha ospitato un Summit per un patto Finanza- Clima. Nel rapporto finale si denunciava il caos climatico e finanziario verso il quale si dirige l'umanità.
I promotori chiedono di riorientare la politica monetaria per finanziare la transizione energetica (transizione....parola magica delle nuove elites ecoideologiche -ndr). La corte Europea stima che occorrano poco più di 1110 miliardi di dollari d'investimenti privati e pubblici all'anno, assicurando che questi investimenti daranno molti profitti. Per reperire tali fondi si propone una Tassa sulle Transazioni Finanziarie e una Tassa sulla CO2. Si propone inoltre che: l'emissione di nuova moneta debba essere messa al servizio della lotta contro gli "Sconvolgimenti climatici"e che il dumping fiscale europeo deve essere contrastato, creando una Contribuzione Clima del 5 %, che è semplicemente una ulteriore tassa (i cui profitti dovranno essere destinati ai paesi che risentirebbero dei cambiamenti climatici, tutti -guarda caso- ad alta nalatiltà e in crescita demografica - ndr).
Supponendo che si debba ancora emettere (o ritirare) la moneta per le sue funzioni classiche (ad esempio per equilibrare la domanda e l'offerta di danaro nelle fase espansive - recessive dell'economia), le nuove emissioni per gli sconvolgimenti climatici finanzierebbero l'intera economia o andrebbero ai settori esposti agli sconvolgimenti? L'espansione monetaria avverrebbe per prevenire lo sconvolgimento o dopo che l'evento si è verificato? Se si verificasse uno sconvolgimento climatico dannoso chi dovrebbe decidere l'intervento della banca di emissione? Un comitato di climatologi o di economisti o di finanzieri? (L'emissione di nuova moneta non porterebbe ad un'alta inflazione a carico delle popolazioni europee? Sul fatto che le nuove Economie Green comportino pesanti ricadute a carico diretto dei cittadini europei e a vantaggio invece delle banche e della finanza è ben evidente dalla nuova legislazione europea sulla case, che porteranno entro il 2030 ad affrontare ingenti spese per realizzare il salto di qualifica energetica agli appartamenti, una vera patrimoniale i cui reali vantaggi sono ancora da dimostrare-ndr)
Continua nella seconda parte
domenica 25 dicembre 2022
Si alla fusione
Sul pianeta terra ci sono rinnovabili da centinaia di milioni di anni. Sono le piante ,che catturano la luce solare e la trasformano in costituenti strutturali (cellulose, la scorza degli alberi, fibre vegetali) o in idrocarburi ( zuccheri, resine) i quali vanno poi a costituire le riserve energetiche degli organismi viventi (piante e animali ). Anche i venti e le correnti marine, o l’energia dei corsi d’acqua fa parte dei cicli che assicurano il buon funzionamento della biosfera, il che consente alle specie di sopravvivere e di assicurare là variabilità delle forme di vita e l’equilibrio dell’intero sistema biologico e ambientale. Da alcune decine di anni gli umani stanno cercando di sostituire rinnovabili artificiali a quelle naturali. Questo, a differenza di quello che credono gli ambientalisti, non è senza prezzo, un prezzo che paga la terra è il suo sistema biologico. La distruzione di ampie superfici verdi e la loro sostituzione con distese di pannelli fotovoltaici, lo sfruttamento dei venti e delle acque con sistemi altamente impattanti sull’ambiente fisico e sulle specie viventi, comportano una violenta alterazione dei sistemi naturali che ha conseguenze devastanti sulla biosfera. Mentre le rinnovabili naturali come le piante, catturano la gran parte del carbonio libero in atmosfera , le rinnovabili artificiali non catturano carbonio e non entrano quindi nel ciclo di fissazione di esso nelle strutture viventi: con i sistemi artificiali creati dall'uomo viene meno quindi un elemento centrale della biosfera e della biodiversità, che si basa sul ciclo naturale di fissazione del carbonio. A ciò si aggiunga che le quantità di energie ricavabili dai pannelli fotovoltaici e dalle torri eoliche sono limitate, e non esistono tuttora sistemi di accumulo che consentano una continuità energetica adatta a tutte le necessità di otto miliardi di umani. I quantitativi di energia necessari a certe produzioni, si pensi alle acciaierie e agli altiforni, comporterebbero una tale distruzione di ambienti naturali, per installare pannelli solari, torri eoliche, bacini idroelettrici ecc. che qualsiasi altra fonte di energia avrebbe un costo ambientale più sostenibile. L'estrazione dei minerali, del silicio, delle terre rare, necessari alla costruzione dei sistemi ad energia rinnovabile è inoltre fortemente impattante. Di fatti gli stessi Verdi sono quelli che, pur predicando a favore delle rinnovabili, si oppongono quando queste vanno a modificare e devastare gli ambienti e i paesaggi che li riguardano ( not in MyNimby…).Le rinnovabili hammo dimostrato, in concreto, il loro totale fallimento nell'attuale crisi dei prezzi degli idrocarburi: nessun paese al mondo è stato in grado di sostituire il gas , il petrolio o il nucleare con le rinnovabili. Durante la crisi è molto indicativo il veloce ritorno al carbone come principale fonte di energia, come ad esempio è accaduto di recente in Germania e , da tempo, accade in Cina ed India.
Lo stesso avviene nei paesi in via di sviluppo, dove l’economia viene implementata ai fini dello sviluppo solo con energia da idrocarburi, per lo più del tipo a maggiori emissioni (carbone e petrolio). La continua crescita della popolazione mondiale non fa che sostenere l’aumento altrettanto continuo del consumo da fonti fossili, tanto che le statistiche elaborate dall’ASPO certificano un consumo di idrocarburi nel 2022 in quantità senza precedenti, al di là delle chiacchiere inconsistenti e del tutto avulse dalla realtà delle varie conferenze Cop dedicate alla illusoria frenata sulle emissioni.
Per questi motivi è una buona notizia la comunicazione dell’amministrazione americana sull’avvenuta fusione a bilancio energetico positivo nell’esperimento del Lawrence Livermore National Laboratory , in cui sono stati concentrati numerosi potenti laser su minuscoli contenitori di deuterio e trizio. Dagli stessi partecipanti all'esperimento viene consigliata cautela: l'utilizzo pratico della fusione è di la da venire e richiederà ancora decenni. Intanto prosegue la costruzione del grande prototipo a confinamento magnetico del plasma di Caradache in Francia, insieme alla progettazione e realizzazione di nuovi modelli su scala più ridotta, in cui il plasma di protoni viene isolato con sistemi di campi magnetici a geometria variabile: uno di questi ultimi prototipi è in via di realizzazione in Italia al Cern di Frascati. La Cina sta assumendo, al riguardo, un ruolo di primo piano, in particolare nei reattori a fusione piccoli e pratici che possano servire localmente dove è necessario e diffusi su larga scala. Gli esperti parlano di un periodo di transizione per arrivare alla fusione commerciale di circa trent'anni, durante i quali gas, petrolio, nucleare a fissione e rinnovabili potranno assicurare le quantità di energia necessarie.
Dice Federico Rampini nel suo ultimo libro sul problema energetico: " La fusione nucleare e' un sogno che la scienza insegue fin dagli anni Cinquanta. L'amministratore dell'Eni pensa che stavolta le probabilita' di successo siano incoraggianti, sente che una svolta e' vicina. Considera enormi i benefici per l'ordine globale: il mondo non sarebbe piu diviso tra chi ha e chi non ha accesso a risorse rare, che siano il petrolio o il gas o i minerali per le batterie dell'auto elettrica. L'acqua pesante ce l'hanno tutti. Le centrali sarebbero piccole (senza consumo di suolo verde o distruzione di paesaggio). L'elettrificazione low cost diventerebbe accessibile perfino alle zone piu povere dell'Africa, dove per centinaia di milioni di persone la corrente e' ancora un lusso. Avremmo centrali piccole, diffuse, alla portata di chi finora e' dipendente dalle materie prime altrui" (Federico Rampini: Il lungo Inverno. Pag. 80. 2022 Mondadori. )
Ma le conseguenze del salto tecnologico della fusione non sarebbero solo economiche. Lo sviluppo porterebbe, come accaduto in occidente, ad una riduzione spontanea dei tassi di natalita' anche nelle aree dove, per la mancanza di risorse, l'unica risorsa e' la prole. Non sarebbero piu necessarie le migrazioni epocali per cause economiche, e si ridurrebbero anche quelle generate da guerre e carestie. Lo sviluppo tecnologico sarebbe diffuso a tutte le aree del pianeta, anche a quelle oggi arretrate economicamente e socialmente: si aprirebbero nuove opportunità in cui il numero di popolazione non servirebbe più per dare sostegno economico in economie arretrate, ma diverrebbe un problema per gli alti costi della crescita dei figli, come accade in occidente. Le necessità generate dallo sviluppo tecnologico sottrarrebbe risorse che oggi vanno alla crescita della popolazione sotto forma di assistenza e alimentazione. Le tradizioni delle famiglie numerose, come in certe zone dell'Africa e dell'India verrebbero meno spontaneamente, per banali motivi economici, e non per imposizioni di legge che, nella maggior parte dei casi, hanno dimostrato di non funzionare. Le politiche di potenza e le guerre basate sulla competizione per le risorse, avrebbero meno influenza sulla geopolitica globale e potrebbero essere meglio controllate da istituzioni sovranazionali. Le grandi distorsioni geopolitiche generate dalla diversa disponibilità di gas e petrolio delle varie nazioni, di cui abbiamo ai nostri giorni un clamoroso esempio nella guerra in Ucraina, scomparirebbero o perderebbero di importanza.
A difendere il vecchio mondo resterebbero solo le forze politiche che hanno scelto la via della scarsita' e delle decrescita economica ( ma assolutamente non demografica!) : i verdi e i loro sodali. Tanto più impraticabile in quanto la decrescita dei consumi e dell'economia dovrebbe essere imposta da uno stato che non potrebbe non essere autoritario e antidemocratico, come la storia insegna. Un mondo che esiste solo nella loro testa e in quella dei creatori dello spot pubblicitario sul "mulino bianco". Un modo di vedere utopico che ci porterebbe dritti alla distruzione ambientale e alla morte dela pianeta devastato dal cancro della crescita umana.
sabato 19 novembre 2022
Otto miliardi
Mentre la Cop 27 che si e' tenuta in Egitto la settimana scorsa andava incontro al suo ennesimo fallimento, senza che nessuno dei partecipanti abbia mai accennato al boom demografico, l'Onu ha comunicato che il pianeta ha raggiunto e superato gli 8 miliardi di umani. La cosa sorprendente e' che i 7 miliardi erano stati raggiunti soltanto 12 anni fa. Un miliardo di umani in piu in cosi breve tempo significa una cosa sola:l'esplosione demografica degli ultimi decenni e' in piena salute e continua senza limiti e senza dare tregua al pianeta. Tutti i nuovi nati saranno futuri consumatori, sia se rimarranno nel paese di nascita sia se emigreranno in aree economicamente sviluppate. Tacere sul fenomeno demografico e' la strategia sia dei verdi che dei governi piu o meno autoritari e corrotti che amministrano le aree del pianeta con alta natalita', che non fanno nulla contro il boom demografico, anzi ne approfittano per politiche di potenza e per lucrare sul fenomeno tramite l'emigrazione e i rientri delle rendite. Lo stallo demografico da tanti ritenuto prossimo, non si vede ancora e non se ne hanno tracce. Si puo dire che la famosa transizione demografica e' come l'araba fenice " che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa". Di fatto la specie umana prosegue la sua crescita cancerosa, di cui le migrazioni rappresentano le metastasi, una crescita che sta soffocando la biosfera, distruggendo l'ecosistema, cioe' la base della vita e della varieta' delle specie viventi. L'antropocentrismo dominante e' preoccupato del cosidetto riscaldamento climatico o dell'inquinamento ambientale solo per le ripercussioni sulle popolazioni umane e per la sopravvivenza e i diritti della sola specie umana. Di fronte ai diritti di Homo passano in secondo piano la fine delle specie animali e vegetali, come ad esempio l'Elefante africano, il rinoceronte di cui restano poche migliaia di esemplari, la tigre delle indie e tante altre rare specie viventi, finora miracolosamente sopravvissute al cancro umano. Eppure questa e' di gran lunga la prima emergenza planetaria, tutte le altre seguono. Il riscaldamento climatico, l'immissione di carbonio in atmosfera, l'inquinamenti da altri gas e sostanze quali i nitrati e i solfuri, da particolati, da prodotti chimici, da pesticidi, da plastiche ecc. non e' legato a particolari civilta' o a sistemi economici come il libero mercato e il capitalismo, ma semplicemente al numero di abitanti perche' nel mondo globalizzato ogni esemplare di homo e' un produttore - consumatore, sia esso americano, indiano, cinese o africano, sia esso stanziale o migrante. Piu alto e' il numero degli homo piu alta e' la produzione di merci, il commercio, ,le eiezioni di gas e sostanze inquinanti, piu alta la crescita di rifiuti e discariche. Non nego la necessita di ridurre i consumi e il consumo di idrocarburi, nego che la cosa abbia una qualche rilevanza senza la riduzione della natalita' umana e la decrescita demografica.
Finora non e'stato ancora inventato un uomo non consumatore e non produttore, anche se persiste nella mente degli ecologisti mainstream l'utopia dell'Homo abstinens, contemplativo, sostenibile, che vive di assistenza statale e bonus, senza emissioni, appiedato o al massimo fornito di bicicletta, mangiatore di insetti e piantatore d'alberi. Nella realta' Homo e' un grande emettitore, inquinatore, vorace consumatore di energia, estrattore ed utilizzatore di acqua, deforestatore, cementificatore e costruttore, mobile e mobilizzabile con i mezzi piu' inquinanti come aerei, navi, auto, treni, porti, ferrovie, gallerie, aeroporti, rampe, funivie, seggiovie, piloni ed altre amenita' ecologicamente insostenibili e incompatibili. L'unica possibilita' di salvezza e' il controllo demografico, non esistono altre vie o scorciatoie. Intanto i verdi del politically correct continuano a strepitare contro i consumi della societa occidentale, proprio mentre milioni di persone dall'asia e dall'africa cercano in tutti i modi di divenire consumatori occidentali violando ogni limite e confine e traversando mari ed oceani (come in Australia ed in America). Anche le popolazioni che restano nei paesi poveri, cercano lo sviluppo secondo un modello occidentale d'annata, basato su consumi energetici e produzione, consumi e cementificazione. Oggi il paese piu inquinante non e' piu un paese dell'occidente capitalistico, il maggiore emettitore di carbonio, produttore di rifiuti e inquinamento planetario e' l'antioccidentale Repubblica Popoplare Cinese, guidata dal Partito Comunista e abitata da un miliardo e mezzo di umani. Con il raggiungimento del "traguardo" degli otto miliardi cade il velo di maia dei movimenti verdi. Il loro silenzio e' una accusa alla loro fede ambientalista, un'auto condanna alla marginalita' e alla irrilevanza in questa cruciale fase di storia del pianeta. A volte l'incomprensione dei verdi riguardo al vero problema del pianeta sfocia nella stupidita', come quando , con somma irresponsabilita' e cecita', affermano che per l'uomo c'e' ancora tanto spazio da occupare sulla Terra.
martedì 26 luglio 2022
Riscaldamento: non solo l'uomo
Riporto questo articolo di Monica Panetto dell'Università di Padova sulla posizione critica del professor Scafetta della Duke University,sulle posizioni dell'IPCC a proposito del riscaldamento climatico. Rispetto alla divulgazione ormai totale dei media sulla causa antropica come causa unica e principale del riscaldamento, ritengo utile valutare le posizioni che offrono prospettive diverse. Le lobby che sostengono le cause antropiche, guarda caso ridotte alla sola emissione di carbonio da idrocarburi, sono sospette, tanto più sospette quanto più rifiutano ogni discussione e criminalizzano chi la pensa diversamente. In particolare queste lobby, supportate dai verdi ormai politicamente schierati a favore dei paesi in via di sviluppo e contro l'occidente, negano e silenziano ogni discorso sulla pressione eccessiva sul pianeta di otto miliardi di Homo, e riportano ogni problema ad una unica causa: il sistema del libero mercato e e dei consumi di idrocarburi, invocando una redistribuzione delle risorse che non prevede la "pace demografica" da parte dei paesi emergenti. Il sistema capitalistico, pronto ad adeguarsi al nuovo credo, si sta rapidamente trasformando per assicurare i nuovi prodotti e i nuovi consumi necessari alla economia senza carbonio. Allo stesso tempo le nuove potenze economiche emergenti: Cina, India e presto l'Africa, premono sullo sfruttamento di ogni tipo di energia, dal carbone al nucleare, dal gas al petrolio per assumere il ruolo che fu dell'occidente. La Cina, principale produttore delle cosiddette rinnovabili, e altri paesi asiatici vendono il prodotto a Europa e Usa, utilizzandolo solo marginalmente in casa propria (vista la scarsa efficienza e gli alti costi). Gli stessi paesi emergenti utilizzano il boom demografico come strategia di questo nuovo ruolo, mentre l'occidente affonda e con esso il pianeta, ridotto a discarica di Homo.
"RISCALDAMENTO GLOBALE: L'UOMO COLPEVOLE SOLO A META'"
Secondo l’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) le emissioni globali di gas serra sono in aumento a un ritmo doppio rispetto a dieci anni fa e la temperatura media continua a crescere rispetto ai livelli pre-industriali. In tutto questo l’uomo avrebbe causato più del 90% del riscaldamento globale sin dal 1900 e praticamente il 100% dal 1970. Da qui tutta una serie di politiche di intervento che vanno dalla riduzione delle emissioni di gas serra ad azioni di riforestazione, dal ricorso alle energie rinnovabili a una gestione più sostenibile delle città. Eppure, a fronte di questa situazione, c’è chi sostiene che gli scenari di previsione dell’Ipcc non siano del tutto corretti perché basati su modelli climatici che considerano solo in minima parte le variabili naturali accanto al contributo antropico. Di conseguenza anche le responsabilità attribuite all’uomo sarebbero state sovrastimate. A esserne convinto è Nicola Scafetta, docente alla Duke University in North Carolina, che ha esposto i suoi studi nei giorni scorsi a Padova.
“Il clima è influenzato certamente dal fattore antropico, ma anche da fattori naturali che possono essere interni alla terra, come nel caso dei vulcani, e astronomici. La critica che io muovo all’Ipcc è di non sapere modellare bene la componente astronomica del clima. I modelli dell’Ipcc parlano solo di irradianza solare che, tra l’altro, si ritiene dia un contributo esiguo ai cambiamenti climatici e ignorano altri aspetti”. Il sole, ad esempio, non emette solo luce, ma anche un forte campo magnetico. Questo influenza i raggi cosmici che a loro volta incidono sulla nuvolosità e quindi sulla quantità di luce che raggiunge la superficie terrestre con conseguenti ripercussioni anche sul clima. E non vengono presi in considerazione nemmeno gli effetti lunari: accanto alle maree giornaliere esistono infatti cicli molto più lunghi che influiscono sugli oceani e sul trasferimento di calore dall’equatore ai poli. Producendo anche in questo caso cambiamenti climatici.
Scafetta aggiunge che i modelli dell’Ipcc si basano dal 2001 su una ricostruzione della temperatura globale degli ultimi 1000 anni, conosciuta come hockey stick, elaborata da Michael E. Mann nel 1998 su cui tuttavia sono stati avanzati dei dubbi. Secondo lo studio, il pianeta sarebbe stato caratterizzato da una temperatura costante prima del 1900 e successivamente da un riscaldamento anomalo. Il risultato tuttavia è in contrasto con quanto sostenuto da storici e geologi, secondo i quali i primi secoli del millennio dovevano essere piuttosto caldi, al contrario dei secoli dal 1400 al 1800, ritenuti invece molto freddi e conosciuti come la “piccola era glaciale”. In effetti già dal 2004-2005 l’hockey stick comincia a essere criticato. Tra gli altri Anders Moberg e Fredrik Charpentier Ljungqvist propongono ricostruzioni alternative del clima. E anche Scafetta dà il proprio contributo.
“Negli ultimi 400.000 anni – spiega – si sono alternati sul nostro pianeta periodi caldi e periodi freddi di cui i modelli dell’Ipcc non riescono a dare conto”. E continua: “Se la temperatura presenta cicli periodici naturali, l’unica spiegazione ragionevole è che il sistema climatico sia modulato da cicli astronomici”. Le oscillazioni naturali del clima sarebbero dunque sincronizzate con oscillazioni astronomiche, cioè con oscillazioni del sistema solare indotte dal movimento dei pianeti. Sole, luna e pianeti sono caratterizzati da numerosi cicli a diverse scale temporali: di 11 e 12 anni quelli del sole e di 18,6 e 8,85 anni i cicli maggiori della luna. Giove ha un periodo orbitale di circa 12 anni e Saturno di 30 anni cui se ne aggiungono altri tre: i dieci anni dell’opposizione dei due pianeti, i 20 della congiunzione e i 60 anni necessari per essere allineati con la Terra attorno al sole. Scafetta avrebbe individuato, ad esempio, una corrispondenza ciclica di 60 anni nei periodi 1880-1940 e 1940-2000, durante i quali le temperature hanno dimostrato un andamento simile. Consentendo anche di fare previsioni per il futuro.
Gli studi del docente della Duke University aprono dunque scenari differenti rispetto a quelli proposti dall’Ipcc. “Secondo i miei calcoli l’uomo contribuisce al riscaldamento globale per circa il 50% e non per il 100% come vorrebbe l’Ipcc. L’altra metà può essere attribuita a oscillazioni astronomiche”. E continua: “Se non si è in grado di modellare la componente del clima condizionata dai fenomeni astronomici, non si può nemmeno quantificare con esattezza la componente antropica”. Anche le previsioni relative alla temperatura per il prossimo secolo si discostano da quanto sostenuto finora. Sembra infatti che fino agli anni 2030-2040 si assisterà a una stasi o addirittura a un raffreddamento.
“I modelli dell’Ipcc stanno fallendo – argomenta Scafetta – Anche se la quantità di anidride carbonica è aumentata molto, dal 2000 la temperatura è rimasta costante. E sebbene l’Ipcc lo riconosca e ammetta che i modelli climatici utilizzati stanno presentando dei problemi, utilizza poi quegli stessi modelli per le previsioni climatiche del ventunesimo secolo”.
Monica Panetto
mercoledì 6 luglio 2022
La bufala riscaldamento
(La recente conferenza di unificazione tra sinistra e verdi)
Mi convinco sempre di più che la storia del riscaldamento climatico sia una colossale bufala dietro cui ci sono interessi costituiti potenti. Troppo potente il bombardamento mediatico sulla gente, troppo uniforme il messaggio, troppo violenta la espulsione dal contesto civile di chi pone dei dubbi. L'allineamento dei governi al fideismo sul global warming è impressionante, pressoché totale, ma i comportamenti poi sono molto differenti dai declami. La Cina è il primo produttore al mondo di rinnovabili, ma sono anche il primo consumatore al mondo di carbone e petrolio. Anche sul merito del riscaldamento non ci sono certezze. I dati che vengono diffusi sono per lo più manipolazioni, come dimostra in numerose pubblicazioni e convegni il geologo e metereologo Prestininzi dell'Università di Roma, con i suoi studi sulla rilevazione delle temperature degli ultimi secoli o come afferma il più importante climatologo italiano a livello internazionale, Franco Prodi: “Nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell'uomo ed il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato ". Le oscillazioni del clima ci sono sempre state, Carlo Rubbia in un noto discorso al Senato ricordò quelle degli ultimi duemila anni, con punte di caldo ben più corpose di quelle attuali. Questo non significa che le emissioni di carbonio e l'inquinamento da combustibili non esista, esiste e contribuisce alla irrespirabilità dell'aria e al degrado chimico dei suoli e delle acque. Ma ogni discorso sul contenimento delle emissioni è inficiato dall'oblio e dal silenziamento del fattore popolazione, vero tabù dei movimenti verdi. Se il riscaldamento fosse una vera emergenza, il problema popolazione dovrebbe essere al primo posto. Eppure nessuno ne parla: né i governi, né le istituzioni, né gli studiosi del problema che accettano acriticamente il cambiamento climatico,, né tantomeno i movimenti politici che si richiamano alla difesa ambientale.
La storia del riscaldamento globale del resto è un ottimo argomento per permettere ai verdi di sopravvivere e di contare politicamente a livello mondiale, ma sono loro stessi a non crederci, per lo meno nei termini catastrofici che strombazzano su tutti i media. Se ci credessero veramente, la loro battaglia anticonsumista e per una economia della redistribuzione basate solo sulle rinnovabili, verrebbe messa in secondo ordine rispetto al primo fattore all'origine del disastro ambientale: la sovrappopolazione umana del pianeta terra. L'equazione di Ehrlich I = PxAxT mette al primo posto nell'Impatto sull'ambiente la popolazione umana. Ehrlich è molto chiaro al proposito: "L'immissione in atmosfera dei principali gas serra, anidride carbonica e metano, che possono modificare il clima e rovinare la produzione agricola, non è facile da correggere. La concentrazione atmosferica di questi gas è strettamente legata alle dimensioni della popolazione. Conseguentemente, non c'è nessun metodo pratico per ottenere la necessaria riduzione dell'emissione di questi gas senza un controllo demografico " (P. e A. Ehrlich: Un pianeta non basta 1991, pag.61).
Dunque i verdi tacciono sul fattore principale della immissione di gas serra, metre spingono l'acceleratore sul cambiamento politico ed economico: socialismo, carbon tax solo contro i paesi occidentali, redistribuzione a favore dei paesi emergenti e stop ai consumi dei paesi occidentali. Non si accenna minimamente ai tassi di natalità di alcuni paesi dell'Africa o dell'oriente, i quali determinano un accrescimento medio dei consumatori ed emettitori di carbonio sul pianeta di circa 90 milioni ogni anno. Chi è nato negli anni 50 del novecento è nato in un altro pianeta: allora c'erano due miliardi di umani, oggi ce ne sono otto. Tutto questo nel volgere di una sola generazione: una esplosione demografica mostruosa che non si era mai vista per nessuna altra specie sulla terra. Una esplosione che è la causa della scomparsa di migliaia di specie viventi ogni anno con perdita della biodiversità e di interi ambienti naturali. Ciascuno dei nuovi nati della specie Homo cerca benessere e consumi e tutti i discorsi alla Greta servono solo a punire gli occidentali del passato sviluppo. Anzi i movimenti tipo Friday for Future chiedono a gran voce che cinesi, indiani ed africani si allineino ai consumi dei paesi ricchi (o ex ricchi) e che vengano abolite le differenze economiche e sociali su tutto il pianeta. Il risultato pratico di tutto questo si può leggere consultando i grafici delle emissioni di carbonio in atmosfera: nonostante le varie conferenze basate sul nulla (COP nelle varie declinazioni geografiche- Kyoto, Parigi ecc.- e numeriche)e i pareri dei soloni dell'Onu, le emissioni crescono senza mai deflettere, conferenza dopo conferenza.
Cina, India, Pakistan, Africa, ecc. accelerano sui consumi ricorrendo al carbone, petrolio, nucleare ecc. e tutto quello che assicura energia a basso costo, badando al proprio tornaconto e profittando dello stallo occidentale. Nessuno dei paesi in questione adotta più politiche di contenimento demografico, complici gli interessi politici e le politiche di potenza regionale o globale. In questo scenario i verdi vengono a dirci che il futuro del pianeta dipende dallo stop ai consumi in Europa e in Usa (paesi in rapido declino economico, la fine di un mondo dove tra l'altro sono situati i paesi con regime democratico e liberale), ed alla adozione - ma solo da parte occidentale- di energie costose e poco efficienti come le pale eoliche o i pannelli solari. Sul primo fattore di Ehrilch, la popolazione planetaria, silenzio assoluto e chi osa soltanto accennarvi è condannato all'inferno politico, al rigetto morale e all'isolamento dal contesto "civile"del pensiero unico politically correct. Chi accenna al problema è attaccato e deriso, i dati scientifici pubblicati su riviste rigorose considerati carta straccia se non allineati alla nuova ideologia del cocomero verde. L'Antropocentrismo è verde, il pianeta può divenire immensa discarica e cimitero di tutte le altre specie viventi purché si pensi ai diritti di una sola specie: Homo. L'importante è l'uomo verde e progressista, il cocomero verde fuori e rosso dentro, come mostrato al termine della recente conferenza di unione politica tra sinistra e verdi.
domenica 5 giugno 2022
La distruzione verde del paesaggio italiano
Pare che il progetto stia per passare, con il beneplacido degli ambientalisti doc. Sette torri eoliche di 200 metri sulle colline tra Orvieto e Bolsena, uno dei paesaggi piu' belli e incontaminati d'Italia. Oltre all'inquinamento acustico dei rotori, al degrado dell'ambiente naturale che ospita specie aviarie e animali da tempo in pericolo, c'e' lo sfregio al paesaggio che neanche il piu' infame speculatore avrebbe osato realizzare. E' appena immaginabile lo sbancamento di terreno di alto valore naturalistico necessario all'impianto di queste torri, le colate di cemento, le strade di collegamento, gli elettrodotti e tutte le devastazioni ambientali per le strutture collegate. Ma i verdi sono entusiasti. Abbiamo l'energia pulita grazie alle rinnovabili. Davanti all'idolo delle rinnovabili, cosa vuoi che contino il Duomo di Orvieto o le verdi colline intorno al lago di Bolsena? Con la nuova energia si potranno realizzare nuovi condomini di dieci piani che vadano ad accrescere la gia' orrenda periferia di quella che un tempo Freud considerava una delle piu belle cittadine storiche del belpaese e ne aveva fatto uno dei suoi luoghi preferiti di vacanze. Antropos viene sempre per primo, dicono i verdi, avanti con i rotori.
Riporto l'articolo di un opinionista del Corriere che non ha nulla a che fare con l'ambientalismo ufficiale, per fortuna.
di E. Galli della Loggia
"Una multinazionale progetta di piazzare sette pale eoliche per la produzione elettrica — di duecento metri di altezza — sul crinale delle colline prospicienti il lago di Bolsena, tra Orvieto (con il suo miserabile duomo alto appena 50 metri) e Castel San Giorgio
In Italia è sempre così. C’è un’ emergenza, il tempo stringe, bisogna fare in fretta e allora avanti ad autorizzare e a permettere anche ciò che non potrebbe esserlo. Naturalmente per la gioia di chi ha qualche interesse in ballo e che così può farsi meglio gli affari propri. Con l’emergenza Covid ad esempio, bar e ristoranti sono stati a autorizzati a mettere qualche tavolo all’aperto senza pagare nulla per l’occupazione del suolo pubblico. Risultato: in cento città praticamente la metà dei posti macchina disponibili in centro sono stati mangiati dai dehors e dovunque i marciapiedi e perfino il centro delle piazze sono invasi quasi per intero dai tavolini. Se mai verrà il momento ci vorrà la Folgore per far tornare le cose come prima.
Nel caso di Orvieto oggi basterebbe invece molto meno. Basterebbe che il Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani desse uno sguardo al progetto delle «Rwe Renewables Italia» e dicesse un semplice no. Grazie questa volta all’emergenza Ucraina, infatti, e all’ulteriore allentamento delle regole del settore, la suddetta multinazionale progetta di piazzare a breve sette pale eoliche per la produzione elettrica — sette cosucce di duecento metri di altezza — sul crinale delle colline prospicienti il lago di Bolsena, tra Orvieto (con il suo miserabile duomo alto appena 50 metri) e il comune di Castel Giorgio. Rovinando così uno dei paesaggi più belli dell’Italia centrale e colpendone la vocazione turistica: con un progetto che tra l’altro potrebbe essere tranquillamente spostato in mezzo al mare. È mai possibile, mi chiedo, dovere stare ancora a ripetere queste cose? Da decenni essere costretti a battere e ribattere sempre le stesse cose perché in Italia lo Stato centrale e i suoi politici non sembrano accorgersi mai di nulla, muovendosi spontaneamente per primi in difesa del Paese che governano?
Coraggio ministro Cingolani, ci dia l’illusione che con lei le cose vanno diversamente!
ENERGIE ALTERNATIVE
ORVIETO
mercoledì 11 maggio 2022
Verdi e popolazione: il muro non cade
Riporto questo articolo del Fatto Quotidiano perché esprime in maniera paradigmatica il pensiero del movimento verde (caduto nell’antropoegoismo assoluto) attraverso quelli che attualmente ne rappresentano esponenti di primo piano, come Fridays for Future e l’ecogiornalista inglese Monbiot. Le frasi estratte dal pensiero verde antropoegoico sono caratteristiche: non contano le specie viventi diverse da Homo ma solo i diritti di Homo. Il lento e sotterraneo movimento per i diritti degli animali e per un visione non antropocentrica, sembra ancora non scalfire il muro che separa gli ecologisti dalla presa di coscienza della principale criticità del pianeta: la sovrappopolazione umana. Nel pezzo vengono continuamente citati i diritti (di Homo), tra cui quello di figliare a piacimento. Si nega che la crescita demografica sia un problema, anzi:
“l’impatto globale di essa è molto più esiguo di quanto molti possano immaginare”.
“La crescita demografica non è, come molti sostengono, esponenziale. Anzi il tasso è in rapido calo”.
“Considerare i figli come un grave errore di cui vergognarsi…è piuttosto desolante, sintomo di una società vecchia e reazionaria”.
Poi si riportano le posizioni di George Monbiot, un giornalista ecologista che era partito bene in passato, contribuendo insieme ad altri (Wilson et al.)a fondare il concetto e la filosofia del Rewilding, cioè di una azione ecologica rivolta non solo a conservare le aree verdi e le specie a rischio, ma anche a reintrodurre il selvaggio, gli ambienti naturali, le specie tipiche, nelle varie zone da cui l’antropocentrismo le ha cacciate e restaurando le aree incontaminate stravolte dalla presenza umana.
Purtroppo Monbiot è caduto anche lui nelle posizioni dei diritti di Homo e nell’antropocentrismo ideologico, dimenticandosi del mondo selvaggio. La giornalista del Fatto, riportandone l’evoluzione del pensiero, parte con la solita sparata dei cannoni con cui i verdi attaccano il pensiero dissenziente:
“…una vena più o meno razzista e colonialista nell’accusa che le nazioni ricche fanno alle nazioni povere (di fare troppi figli senza avere le risorse per mantenerli)”.
Sono infatti le soscietà ricche quelle con la crescita demografica zero, ad essere più inquinanti, consumiste e ad avere impronte carboniche maggiori, commenta la giornalista.
A parte il fatto che a pensarla così non sono le nazioni ricche (molte multinazionali portano avanti il pensiero unico equosolidale...)ma ecologisti che non vogliono adeguarsi al politically correct ma pensare con la propria testa, questo modo di vedere nasconde una presunzione di verità e una omissione.
La presunzione di verità è la seguente: un mondo più povero, con le risorse equamente distribuite, ma senza maggior produzione (e quindi più povero, per una legge matematica), sarebbe meno inquinante anche se sovrappopolato, rispetto ad un mondo più ricco con popolazione stabile o in decrescita. Un mondo più povero e popolato, al di là delle astrazioni ideologiche, è già presente oggi in alcune aree del pianeta: non mi risulta che siano le meno inquinate. Provare per credere: proprio in questo blog ho varie volte accennato a megalopoli sovrappopolate e con tecnologia arretrata per povertà di risorse economiche (come nel mio articolo su Karachi, o su certe megalopoli africane) ridotte a discariche gigantesche e fonti di inquinamento chimico, da particolato, da plastiche, da tossici , con aria irrespirabile e tassi di morbilità e mortalità elevati.
Veniamo all’omissione: si tace , rimuovendola da ogni argomentare, sul fatto che oggi i tassi di natalità non possono più essere considerati appartenenti a certe aree e non ad altre, della superficie terrestre. Quando si dice che i tassi di natalità, ad esempio, sono alti in Africa o in Bangla Desh, ma troppo bassi in Europa si dice una menzogna colpevolmente nascosta dai verdi antropoegoici. E’ vero infatti che la natalità è concentrata in certe aree, dove tra l’altro non vi sono risorse, ma poiché il mondo oggi è globalizzato, l’affermazione che la crescita demografica è riservata a certe zone è falsa. In passato, quando gli spostamenti di popolazione erano più rari e difficoltosi, le risorse locali (acqua, produzione agricola, alimentari, lavoro, sanità ecc.) fungevano da limitazione alla natalità. Oggi questo non costituisce più impedimento alle alte natalità, in quanto i nuovi nati, spesso ancora minorenni, si trasferiscono (o meglio vengono trasferiti con vere e proprie tratte…) nelle aree dove possono trovare risorse adeguate (Europa essenzialmente). La mobilità delle merci, ma in questi ultimi decenni soprattutto delle persone, è divenuta estremanente efficiente e diffusa (nonostante i frequenti incidenti, ma di questi i trafficanti non si preoccupano). Ciò significa che di chi nasce, ad esempio, in Nigeria, solo una parte rimarrà sul luogo, la stragrande maggioranza vivrà in Europa. (Ciònonostante la popolazione della Nigeria cresce a ritmi che la porterà ai 950 milioni a fine secolo. E stiamo parlando solo della Nigeria). E’ palesemente falso quindi che chi nasce in Nigeria inquinerà di meno: inquinerà con gli stessi tassi di tossicità chimica e fisica e le stesse emissioni di chi vive in Europa. A ciò si aggiunga che gli stessi Nigeriani aspirano ad aumentare i consumi e gli inquinanti, non volendo giustamente vivere da poveri e ricercando le vie brevi per lo sviluppo. La frase di Monbiot: “Poiché la crescita demografica riguarda soprattutto i più poveri del mondo, questi hanno un impatto sul pianeta molto più lieve rispetto ai ricchi e quindi la crescita demografica è molto inferiore a un terzo dell’aumento complessivo dei consumi” è quindi un insieme di falsità, un inganno senza se e senza ma. Monbiot tace poi miseramente sulla fine delle specie animali selvaggie africane dovuto alla crescita dell'agricoltura, delle città e delle infrastrutture. Un silenzio di tomba è il termine adeguato su una perdita irreparabile per il pianeta Terra. Altro che ritorno al selvaggio, come predicava Monbiot agli inizi della sua carriera ecologista...
Dopo di ché l’articolo vira sulle banalità: se si assicurano i diritti delle donne, se si da istruzione ed emancipazione a donne e bambini, la natalità cala bla bla bla direbbe Greta. (E’ evidente la contraddizione tra il dire che la natalità non conta in quanto contano i consumi dei ricchi, e poi auspicare il calo della natalità per diritti). Sono le posizioni dell’Onu, ma se non si interviene con politiche attive di controllo delle nascite la storia dell’ultimo secolo dimostra che i tassi sono molto lenti a calare, o non calano affatto. A volte la natalità è anzi aumentata con lo sviluppo economico e sociale. Se ad esempio per ragioni politiche o religiose, o per semplici tradizioni secolari,per nazionalismo, o come avviene oggi in certi paesi per interessi economici (rimesse ecc.), si perseguono l’aumento della popolazione e un alto numero di figli, lo sviluppo di economie più floride non arresta la crescita. Si consideri l’inerzia demografica delle popolazioni immigrate: la riduzione, pur presente in certi casi, è molto lenta e i tassi si mantengono alti soprattuto nelle culture poco disposte all’integrazione. C’è infine il discorso della campana demografica: le popolazioni in crescita sono molto giovani, e su una popolazione con alti numeri di giovani la base su cui si applicano le percentuali è più ampia. Alla lunga, anche se il tasso di natalità cala leggermente nelle percentuali, i numeri assoluti dei nuovi nati sono in crescita, pur in presenza di sviluppo economico e di diritti. Il finale di simili articoli sconfina a volte nel patetico e nel politically correct: " Perché i bambini lavorano nei paesi poveri? Perché gli adulti non hanno salari adeguati, perché le multinazionali (e quindi la colpa è sempre dell’occidente…) subappaltano ecc. ecc. Stendo un pietoso velo su questa congerie di corbellerie di cui è difficile fare anche un commento. Come se l’Africa, qualora mancassero le imprese occidentali, sarebbe in rigoglioso sviluppo. Sospetto che, semplicemente, sarebbe preda delle imprese di rapina cinesi, o, bene che vada, russe o indiane.
Come sempre i verdi sono ormai in pieno delirio antropocentrico e , parafrasando il filosofo, forse soltanto un Dio ci può salvare.
Articolo del Fatto Quotidiano (Autrice : Linda Maggiori)Ogni volta che provo a parlare di stili di vita, che testimonio come si possono ridurre i consumi, che parlo di giustizia ecologica e globale, immancabilmente qualcuno mi attacca dicendomi: “Ipocrita, taci, tu vegana e senz’auto, inquini più di me che mangio tutti i giorni la bistecca e che vado sempre col Suv, perché hai fatto 4 figli”. Considerare i figli come un grave errore di cui vergognarsi, o un motivo per accusare e zittire una donna impegnata nell’ambiente, è piuttosto desolante, sintomo di una società vecchia e reazionaria. Non ho mai “sbandierato” questa scelta (la pianificazione familiare è un fatto privato). Mi accorgo però che sul concetto della sovrappopolazione tanti si aggrappano, forse per mettersi a posto la coscienza. Pochi figli (o zero figli) legittimano stili di vita inquinanti? Al contrario è colpa di chi fa più figli se il mondo va a rotoli? Una settimana fa i Fridays for Future Italia hanno sollevato questo tema, scatenando un vespaio. Hanno citato un articolo di Monbiot, giornalista del Guardian, che affermava (2020): “Non c’è dubbio che la crescita demografica sottoponga l’ambiente a uno stress. Ma l’impatto globale è molto più esiguo di quanto molti possano immaginare. La crescita demografica globale (annua) è oggi dell’1,05% e costituisce la metà del tasso di crescita massima, raggiunto nel 1963 (2,2%). In altre parole, la crescita demografica non è, come molti sostengono, esponenziale. Anzi, il tasso è in rapido calo. Di contro, fino alla pandemia, la crescita economica globale si era aggirata per diversi anni intorno al 3% e ci si aspettava che restasse stabile. In altre parole, la crescita era esponenziale. Poiché la crescita demografica riguarda soprattutto i più poveri del mondo, questi hanno un impatto sul pianeta molto più lieve rispetto ai ricchi e quindi la crescita demografica è molto inferiore a un terzo dell’aumento complessivo dei consumi”. George Monbiot sottolineava una vena più o meno consapevolmente razzista e colonialista nell’accusa che le nazioni ricche fanno alle nazioni povere. Sono infatti le società ricche, quelle con crescita demografica zero, ad essere più inquinanti, consumiste e ad avere impronte carboniche maggiori. Prendiamo l’Italia, dove ci sono più morti che nati, dove il cemento avanza imperturbabile la sua corsa e le auto aumentano di anno in anno. Sempre meno persone, sempre più oggetti. Una società vecchia, sempre meno attenta ai bisogni delle nuove generazioni, e piuttosto cinica rispetto al futuro. In Italia i bambini sono 5 volte in meno delle auto (8 milioni contro 39 milioni), i diritti e lo spazio destinato ai bambini in città è sempre più esiguo. Nel Sud del mondo la sovrappopolazione è davvero un problema, ma è un problema soprattutto di diritti. Le donne dei paesi poveri hanno tanti figli non sempre per libera scelta, ma perché non hanno diritti, sono costrette in matrimoni forzati e precoci, hanno scarso accesso ai metodi contraccettivi, alle cure sanitarie, all’istruzione, i bambini sono braccia da lavoro, sfruttati nel lavoro minorile. Con programmi di emancipazione, salute e istruzione per donne e bambini, mettendo al bando lo sfruttamento del lavoro, la crescita demografica naturalmente rallenta. Ma perché i bambini lavorano? Perché gli adulti non hanno salari adeguati, perché le multinazionali subappaltano chiudendo gli occhi sui diritti, perché noi occidentali abbiamo fame di continui vestiti, giocattoli, oggetti a prezzi stracciati. Solo dando maggiori diritti a donne e bambini si riuscirà a rallentare la crescita demografica nei paesi poveri. Al contempo il modello occidentale, consumista ed energivoro non può essere un modello da seguire per chi esce dalla povertà. E siamo noi i primi a dover dare il buon esempio, consumando meno. Il punto è tutto qua. Nel mondo ci sono quasi 2 miliardi di auto (concentrate soprattutto nel nord del mondo), qualcosa come 210 miliardi di animali allevati, (carne destinata per lo più a occidentali ipernutriti – e malati) e una marea di cibo sprecato. Il 5% dei 7 miliardi di attuali esseri umani usa il 25% delle risorse disponibili e il 20% della popolazione mondiale usa l’80% dell’energia. Le Nazioni Unite stimano che la popolazione mondiale toccherà i 9,8 miliardi nel 2050 per poi diminuire. Se tutti vorranno mangiare così tanta carne come mangiamo noi, se vorranno avere un’auto a testa come noi, cementificare, produrre rifiuti, sprecare cibo e comprare vestiti come facciamo noi, cosa diremo loro? “Noi sì, voi no, stateci a guardare e fate meno figli”? Oltre a garantire diritti, istruzione e salute nei paesi del Sud del mondo, dobbiamo ridurre la nostra impronta ecologica, per permettere a tutti gli abitanti del pianeta di raggiungere la stessa dignità e sobrietà. Non c’è pace senza giustizia ecologica. Linda Maggiori
Iscriviti a:
Post (Atom)