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domenica 15 gennaio 2023

L'Affare del carbonio. (Parte Prima)

Nella più completa sopraffazione delle voci discordi, senza alcuna libertà di dibattito, con l'arroganza delle nuove ideologie, nella mistificazione dei dati e degli studi, prosegue il lavaggio del cervello a tutta la popolazione in particolare nei paesi occidentali, sul cosidetto cambiamento climatico che sarebbe dovuto alle emissioni del carbonio. Poche sono le voci libere che reclamano almeno un franco dibattito alla luce di dati scientifici corretti liberamente discussi. Una importante voce libera è il nuovo libro a cura del professor Prestininzi uscito alla fine del 2022 dall'Editore Rubettino: "Dialoghi sul Clima" tra emergenza e conoscenza. Riporto di seguito alcuni passi dell'importante capitolo sull'Economia e finanza delle politiche climatiche, ad opera di Mario Giaccio, già professore di Tecnologia ed Economia delle Fonti di Energia all'Università G. D'Annunzio di Pescara. A parte la contraddittorietà e la non univocità dei dati sul riscaldamento climatico e soprattutto i dubbi più che giustificati dai dati scientifici sulla sua origine dalle emissioni antropiche, l'articolo rivela i giganteschi interessi economici e politici in gioco, e il ruolo delle potenze geopolitiche emergenti che vogliono togliere all'Europa e all'intero occidente il primato economico e tecnologico, sottrarre risorse e reindirizzarle, dietro lo schermo e la scusa dei cambiamenti climatici, verso i nuovi interessi e centri di potere. Gli argomenti sono sempre gli stessi: le emissioni dei paesi occidentali enfatizzate ipocritamente, in quanto i dati esposti nell'articolo mostrano una realtà ben diversa, e il silenzio completo sul vero fronte che pone a rischio la biosfera, e cioè la sovrappopolazione della specie Homo e i suoi inauditi tassi di crescita che vedono i paesi emergenti (alcuni dei quali ex -terzo mondo, attualmente in forte sviluppo) , in prima linea. Purtroppo il cancro pseudoecologista alberga principalmente in occidente, e gli ideologi del carbon free sono protagonisti della politica in casa nostra, e stanno distruggendo le economie dei paesi democratici approfittando della uniformizzazione del pensiero e della repressione del dibattito da parte dei poteri finanziari e delle autocrazie che guidano la politica mondiale. Gli utili idioti seguaci di Greta e gli esperti prezzolati dell'Onu hanno la coda di paglia, perché nei vari studi sulle emissioni (tutta colpa ovviamente dei paesi democratici occidentali) non inseriscono mai il dato sulla popolazione e sul numero di nascite per donna, che porterebbe a guardare in tutt'altra direzione per spiegare l'origine dell'inquinamento ambientale - compresa la CO2- e sulla causa del disastro della biodiversità e l'esaurimento delle risorse naturali. Ma veniamo all'articolo.
PREMESSA
"Si ricorda che l'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è stato fondato nel 1988. Pubblica report scientifici e "Istruzioni per i politici" sull'argomento clima. Elabora modelli per dimostrare che l'anidride carbonica, emessa con l'uso dei combustibili fossili, produce un riscaldamento globale. Il protocollo di Kyoto è un accordo internazionale, firmato nel 1997, per limitare le emissioni ritenute responsabili dell'effetto serra. E' entrato in vigore nel 2005. I partecipanti al protocollo si impegnarono a ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 5 % rispetto ai livelli del 1990. In atmosfera vi sono 3000 Gt (miliardi di tonnellate) di CO2, negli strati superficiali dell'oceano ve ne sono 3600 Gt. La CO2 emessa dall'uomo nel 1990 ammontava a 22,3 Gt, quindi l'incidenza era dello 0,74 %. Pertanto, la riduzione proposta , sulla quantità globale di CO2, è dello 0,037% (il 5% dello 0,74 %). Nel 2019 la cO2 emessa dall'uomo è stata di 34,2 Gt, pertanto dal 1990 al 2019 si è avuto un incremento delle emissioni del 53% (dal 22,3 a 34,2) (altro che riduzione del 5%!-ndr). Sono di seguito riportati i sei emettitori che forniscono il 68,5 % delle emissioni globali nel 2019:
CINA 9,92 Gt. (29,0%)
USA. 4,97 Gt. (14,5%)
EU (28 stati). 3,47 Gt. (10,0%)
INDIA. 2,48 Gt. ( 7,2%)
FEDERAZIONE RUSSA. 1,53 Gt. ( 4,5%)
GIAPPONE. 1,12 Gt. ( 3,3%)
L'Europa , nella conferenza di Parigi (Cop 25) del 2015, dichiarò di voler ridurre del 20% le proprie emissioni entro il 2020 e del 40% entro il 2030 (rispetto ai dati del 1990). Si noti che le emissioni europee, dal 1990 al 2007, per 17 anni sono rimaste praticamente le stesse. Dal 2009 al 2019 le emissioni europee si sono ridotte dell'11 %, quindi una media dell'1 % all'anno. La riduzione non è dovuta alle politiche green, bensì alla grave crisi economica iniziata nel 2008 e innescata dai mutui subprime americani e del trasferimento delle produzioni industriali fuori dall'Europa, segnatamente in Cina. Pertanto, la produzione industriale e i consumi di energia europei sono diminuiti. L'Europa acquista i beni dalla Cina e quindi risparmia le proprie emissioni. Quanta CO2 produce la Cina come conseguenza della produzione di beni esportati verso l'Europa? A fronte della diminuzione dell'1,0 % all'anno, l'Europa "emette" , tramite la Cina, il 16,6% all'anno in più delle emissioni proprie. Quindi la diminuzione delle emissioni europee è di gran lunga superata dal surplus di CO2 incorporata nei beni importati dalla Cina. L'Europa continuerà a finanziare con le proprie importazioni l'industria fortemente emissiva dei Paesi extra UE. Una rassegna sulla circolazione "commerciale" dell'anidride carbonica a livello mondiale è riportata da Peters et al. (2012). Le stesse produzioni, se fossero attuate in Europa, produrrebbero molta meno anidride carbonica; infatti, se si esamina e si confronta il mix energetico delle fonti energetiche primarie in Europa e in Cina, si nota una differenza molto evidente: il mix energetico cinese è fortemente spostato verso i combustibili fossili (carbone principalmente). Pannelli e pale eoliche sono in produzione, ma esportate in quasi totalità in occidente (evidentemente sono i primi a non crederci). Anche se l'Europa riducesse del 40 % le proprie emissioni per il 2030, il risultato sarebbe "invisibile", infatti l'Europa (nel 2019) ha prodotto 3,47 Gt di CO2, ossia il 10% delle emissioni globali, ossia lo 0,11% di tutta l'anidride carbonica presente in atmosfera: il risparmio del 40% sulle attività considerate dall'Europa (il 45%) influirebbe sul quantitativo totale do CO2 atmosferica per lo 0,020% (il 40% del 45% dello 0,11%) in 10 anni! Se in atmosfera ci sono 400 ppm di CO2, lo 0,020% di 400 è= 0,080 ppm (ossia 8 parti per miliardo all'anno!) quantità difficilmente apprezzabile, infatti le oscillazioni naturali dell'anidride carbonica sono quasi 1000 volte superiori a tale quantità: variano da 3 a 6 ppm (giorno/notte, primavera/autunno). Quindi, supponendo che la presenza di CO2 in atmosfera sia dovuta esclusivamente alle azioni dell'uomo, la finalità dell'Europa è ridurre la CO2 atmosferica da 400 ppm a 399,92 ppm in dieci anni.
IL MERCATO DELL'ANIDRIDE CARBONICA
Tenendo conto delle suddette quantità, l'apparato economico-finanziario messo in atto sembra spropositato per un risultato che appare privo di significato. Da ciò si evince che non vi è attinenza con le fluttuazioni climatiche, le azioni proposte sembrano più verisimilmente indirizzate a delle politiche finanziarie. Vediamo quindi quali sono i mezzi proposti e/o utilizzati dall'Europa per raggiungere tale risultato. L'accordo di Kyoto propone due sistemi per sensibilizzare le Nazioni verso il ruolo del carbonio:
1) ETS= Emission Trading System: è il sistema di scambio commerciale delle quote, o permessi di emissione, di anidride carbonica emessa. Si basa sul cosidetto cap end trade: si fissa un limite (cap) alla quantità totale di emissioni che ciascun paese può emettere; le aziende soggette all'accordo, se superano la quota assegnata, possono acquistare sul mercato (trade) i permessi di emissione da quelli che emettono di meno. In pratica, il produttore di CO2 non necessariamente deve ridurre le proprie emissioni, ma può comprare i permessi di emissione in modo da rientrare nei limiti assegnatigli. Un esempio di tale meccanismo è l'acquisto, da parte della FIAT Chrysler Automobiles, di permessi di emissione da altre società del settore, in particolare da Tesla e da Toyota. La FIAT, poiché supera il limite assegnatole, dovrebbe pagare una multa intorno ai 2 miliardi di dollari. Pertanto, ha acquistato crediti di carbonio: nel 2017 ha acquistato da Tesla crediti per un valore di 279,7 milioni di dollari; nel 2018 per ulteriori 103,4 milioni di dollari. Tesla ha permessi in esubero perché produce automobili elettriche: ha fatto della vendita di permessi di emissione un vero affare e inoltre gode di incentivi pubblici per la sua produzione.
2) CDM: Clean Development Mechanism. E' il sistema della "compensazione" (offset), che permette ai produttori di CO2 di finanziare progetti di compensazione o di riduzione di emissioni in altri paesi, invece di ridurre le proprie emissioni. Una delle tipologie più comuni è quella di piantare eucalipti in un luogo lontano dal quale è localizzato l'impianto che emette CO2: gli alberi, crescendo, dovrebbero assorbire l'anidride carbonica emessa dall'opificio industriale, ad esempio la British Petroleum ha impiantato alberi a Sao Josè do Buriti in Brasile, per compensare le emissioni di una delle più grandi raffinerie di petrolio d'Europa, localizzata nelle vicinanze di Grangemouth in Scozia. E' ovvio che quando gli alberi muoiono restituiscono tutta l'anidride precedentemente sottratta all'atmosfera, solo in modo diluito. Inoltre vengono alterati i sistemi naturali dove questi alberi vengono impiantati. In questo modo le aziende dei Paesi industrialmente avanzati possono rinviare i costi necessari per adeguarsi a casa loro. L'utilizzo degli offset per ridurre (?) le emissioni di gas serra è come cercare di perdere peso pagando qualcun altro per fare la dieta. I gravi danni umani e ambientali prodotti dal Clean Development Mechanism, con la letteratura specifica, sono riassunti in Giaccio, 2019.
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Il mercato mondiale del carbonio si è aggirato, nel 2020, intorno ai 220 miliardi di euro, l'Europa detiene il 90 % di questo mercato.Uno studio di Bruyn S. et al. (2010), effettuato nei primi anni di attuazione dell'ETS, ha evidenziato che il costo di acquisto dei permessi di emissione è stato trasferito interamente sui consumatori attraverso l'aumento dei prezzi in fattura. Nel 2008-2012 si è consentito ai produttori di energia elettrica di accollare ai consumatori il futuro costo dell'adeguamento attraverso l'aumento dei prezzi in bolletta, consentendo accumuli di risorse finanziarie che oscillano tra i 23 e i 71 miliardi di euro. Inoltre: per erogare sussidi alle rinnovabili i consumatori italiani hanno pagato, con le bollette elettriche, 13,4 miliardi di euro netti all'anno (Rapporto GSE, 2014)
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LA TRASFORMAZIONE DEL MERCATO
Dopo la crisi economica si è avuta una riduzione dei prezzi della compravendita delle emissioni. La Comunità Europea è interventuta ritirando delle quote, il che ha contribuito a risollevare i prezzi del carbonio, ma la loro tenuta sembra essere dovuta principalmente a due fattori:
1) La trasformazione progressiva del mercato del carbonio in un mercato finanziario che attrae operatori, non soggetti all'ETS, aventi finalità speculative o interessati a offrire servizi finanziari legati ai permessi di emissione.
2) L'aspettativa di una nuova regolamentazione del mercato, che ha creato attesa per il rialzo dei prezzi e ha indotto gli operatori finanziari a non abbandonare il mercato del carbonio.
La maggior parte del mercato dei crediti che rappresentano i permessi di emissione di CO2 nell'ambito del sistema di scambio istituito a livello comunitario (ETS), è diventato un mercato a termine: in teoria si può contrattare anidride carbonica non ancora prodotta.La maggior parte delle contrattazioni sul mercato a termine riguarda i prodotti Future ad un anno. I Future possono essere negoziati con tre finalità: copertura dei rischi, speculazione e arbitraggio. Dice il rapporto GSE: gli andamenti dell'ultimo anno hanno mostrato come l'interesse del mondo finanziario abbia costituito un elemento di continuità per il mercato dei crediti e quindi del meccanismo ETS (2014). In pratica, se non ci fossero stati gli operatori esterni e la speculazione, il sistema ETS sarebbe crollato.
I PARADOSSI DELLE POLITICHE EUROPEE SUL CLIMA ED ENERGIA
I due sistemi proposti hanno degli inconvenienti. Il meccanismo dell'ETS ha provocato l'effetto contrario a quanto si proponeva: i permessi costavano poco quindi alle imprese forti consumatrici di energia non conveniva investire per ridurre le emissioni. La Germania per esempio, ha incrementato la sua produzione di energia elettrica dal carbone: nel 2013 ha raggiunto 162 miliardi di chilovattora, il livello più elevato dal 1990. Il meccanismo CDM ha contribuito scarsamente a limitare le emissioni a livello globale. I due sistemi sono risultati convenienti per i movimenti finanziari speculativi. Da uno studio Nomisma Energia (2016) , risulta che la crescita delle rinnovabili in Europa è avvenuta a discapito delle centrali a gas (-30%) , piuttosto che di quelle a carbone o a lignite (-12 %). Questo andamento ha ridotto di oltre la metà i benefici che si sarebbero potuti ottenere se la quota di gas fosse rimasta quella di prima: le emissioni si sarebbero ridotte di 180 milioni di tonnellate annue, invece dei 70 milioni regisdtrati. Si è detto prima degli inconvenienti del basso valore dei prezzi delle quote carbonio; tali prezzi hanno subito un forte incremento a partire dal 2018: si è passati dai 5,5 euro del 2016 ai 60 euro del 2021. La produzione termoelettrica italiana (con una quantità di CO2 emessa di 600g a KWh) ha avuto un incremento del costo di produzione di 5,5miliardi di euro. Non è sicuro che l'alto livello dei prezzi sosterrà le fonti rinnovabili. E' sicuro invece che l'aumento del costo di produzione industriale dell'energia elettrica, di 5,5 miliardi di euro , si riverserà totalmente sul consumatore. Se si fa riferimento all'esperienza storica , le produzioni europee diventeranno ancor meno competitive a vantaggio dei produttori extra UE, dove si ricorre a fonti energetiche poco costose e altamente emissive. Sono inoltre allo studio da parte della commissione europea altre misure come i finanziamenti per il clima di 18 miliardi di euro l'anno (a favore di paesi che utilizzano idrocarburi e hanno alti tassi di natalità -ndr). L'intenzione dell'Europa di spendere 10 miliardi l'anno per utilizzare una parte della CO2 dell'atmosfera per il recupero secondario del petrolio 8operazione che una volta le industrie facevano a spese loro). L'inutile lotta per il clima fa diminuire la spesa per finalità sociali, infatti nel bilancio UE del 2020 è previsto un aumento della spesa destinata a "lottare contro la CO2" fino a un totale di 30 miliardi di euro. Ma a questo aumento dei fondi destinati a salvare il climaa, corrisponde una diminuzione dei fondi destinati all'agricoltura, una volta considerata da proteggere per motivi sociali. Riassumendo: il volume di denaro messo in movimento in Europa, direttamente o indirettamente, per la lotta contro la CO2 è di oltre 500 miliardi di euro all'anno, tutto questo per far diminuire di 8 parti per miliardo, all'anno, la quantità di CO2 in atmosfera. Vi è da ricordare un ulteriore movimento di euro, è quello delle frodi fiscali. Il mercato dell'anidride carbonica si presta bene a questo tipo di frode perché non vi è movimentazione materiale: il tutto avviene senza emettere bolle di accompagnamento, senza un effettivo trasporto, senza una logistica, in altre parole non vi è traccia materiale dell'operazione. Il passaggio di proprietà di una quota, tra le due controparti, è tecnicamente realizzato con il trasferimento di un data base elettronico dal venditore a quello dell'acquirente. I conti sono iscritti nel cosiddetto Registro delle Quote.L'Europol stima che la perdita fiscale, dovuta alle frodi dei crediti di carbonio nel periodo compreso tra giugno 2008 e il dicembre 2009 si è aggirata intorno ai 5 miliardi di euro. La percentuale di scambi legata ad attività illecite dovrebbe aggirarsi intorno al 90 % (Ufficio Europeo di polizia 2012). Si noti che il succitato rapporto non è stato mai aggiornato e, a oggi, se si va sul sito Europol, si ritrova ancora il dato del 2012. O non si sono più verificate frodi dopo quel periodo o le frodi non vengono più segnalate.
IL CLIMA E IL RILANCIO DELLA FINANZA MONDIALE
A livello mondiale si riscontra la tendenza al disinvestimento dai combustibili fossili, ad esempio le compagnie di assicurazione ed i fondi pensione non inestono più nel comparto carbone, petrolio gas. E' ovvio che questi disinvestimenti non hanno niente a che vedere con la riduzione delle emissioni di carbonio, infatti se c'è qualcuno che vende ci deve essere qualcuno che acquista e quindi gli investimenti nel settore fossile restano gli stessi (in verità aumentato perché siamo in una fase di espansione dell'utilizzo fossile). Ci guadagnano ovviamente le imprese di altri settori. La Banca Mondiale ha stimato nel 2017 che gli investimenti nel settore energetico debbono essere incrementati a 700 miliardi di dollari all'anno fino al 2030 per limitare l'aumento della temperatura globale sotto a 2 gradi Celsius. Così concludeva Nicholas Stern alla Cop 21 di Parigi: " Gli investitori vedono nel cambiamento climatico la nuova svolta economica da cui estrarre valore". Le stime sulla spesa sono tuttavia in aumento. Nel dicembre 2017 Macron ha ospitato un Summit per un patto Finanza- Clima. Nel rapporto finale si denunciava il caos climatico e finanziario verso il quale si dirige l'umanità. I promotori chiedono di riorientare la politica monetaria per finanziare la transizione energetica (transizione....parola magica delle nuove elites ecoideologiche -ndr). La corte Europea stima che occorrano poco più di 1110 miliardi di dollari d'investimenti privati e pubblici all'anno, assicurando che questi investimenti daranno molti profitti. Per reperire tali fondi si propone una Tassa sulle Transazioni Finanziarie e una Tassa sulla CO2. Si propone inoltre che: l'emissione di nuova moneta debba essere messa al servizio della lotta contro gli "Sconvolgimenti climatici"e che il dumping fiscale europeo deve essere contrastato, creando una Contribuzione Clima del 5 %, che è semplicemente una ulteriore tassa (i cui profitti dovranno essere destinati ai paesi che risentirebbero dei cambiamenti climatici, tutti -guarda caso- ad alta nalatiltà e in crescita demografica - ndr). Supponendo che si debba ancora emettere (o ritirare) la moneta per le sue funzioni classiche (ad esempio per equilibrare la domanda e l'offerta di danaro nelle fase espansive - recessive dell'economia), le nuove emissioni per gli sconvolgimenti climatici finanzierebbero l'intera economia o andrebbero ai settori esposti agli sconvolgimenti? L'espansione monetaria avverrebbe per prevenire lo sconvolgimento o dopo che l'evento si è verificato? Se si verificasse uno sconvolgimento climatico dannoso chi dovrebbe decidere l'intervento della banca di emissione? Un comitato di climatologi o di economisti o di finanzieri? (L'emissione di nuova moneta non porterebbe ad un'alta inflazione a carico delle popolazioni europee? Sul fatto che le nuove Economie Green comportino pesanti ricadute a carico diretto dei cittadini europei e a vantaggio invece delle banche e della finanza è ben evidente dalla nuova legislazione europea sulla case, che porteranno entro il 2030 ad affrontare ingenti spese per realizzare il salto di qualifica energetica agli appartamenti, una vera patrimoniale i cui reali vantaggi sono ancora da dimostrare-ndr)
Continua nella seconda parte

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