Translate
mercoledì 9 novembre 2011
CHARLES BUKOWSKI: LE CITTA' INVIVIBILI
Amo Bukowski. Bukowski non è uno che puoi leggere tutto messo per bene, in biblioteca e nemmeno su una poltrona delle nostre comode case iperriscaldate. Lo devi leggere quando ti senti incazzato, sei trasandato, magari con un bicchiere in mano di rosso o di grappa. Lo devi leggere quando sei pronto a "percepire" un livello di realtà più profondo o più alieno. Bukowski è un ermeneuta, uno che va giù al nocciolo della vita, ma non ci va da filosofo con i ragionamenti astratti. Ti porta davanti i fatti, spesso quelli più banali e volgari, spesso visti attraverso la lente di una psiche tormentata. Ma se intendi bene quel fatto, se sai leggerlo ti si apre l'orizzonte della mente, un'esplosione di galassie. Si tratta in fondo di fenomenologia, di interpretazione dei fenomeni per come essi sono portandosi dietro tutta una interpretazione del mondo. Bukowski non fa analisi psicologiche, non costruisce niente, lascia parlare la realtà. Va nel centro di tutto senza bussare alla porta, passando per quella di servizio, anzi per quella che porta alla toelette, ai cessi dell'esistenza. Però ci va dentro fino a tirarne fuori l'essenza. I versi di Bukowski hanno un po' di follia? Forse, ma è quella follia che nasce dalla lucida presa di atto che è il mondo ad essere impazzito: la società ci costringe ad un mostruoso conformismo, ad una esistenza programmata e incasellata da un meccanismo che stritola le nostre individualità e ci rende tutti replicanti. L'unica possibilità di salvezza è l'estraneità e la follia, la lucida follia visionaria che ci fa vedere quello che gli altri non vedono. Sono versi che ci toccano nell'animo come pochi poeti sanno scrivere.( Poeta? Se Bukowski sentisse questa definizione di se scoppierebbe a ridere con la sua risata rauca, tossigena). La poesia che riporto qui sotto è metafora del nostro mondo. E' interpretazione profonda, sentita, lucidissima del mondo al tempo della sovrappopolazione, del mondo delle megalopoli, delle periferie urbane intossicate dai fumi, dallo stress, dalla depressione, dalla inumanità che solo l'uomo, l'uomo moderno sa mostrare nella sua efferatezza. Onore a un grande poeta. agobit
john dillinger e le chasseur maudit
è un peccato e non è questo il modo, ma chi se ne frega:
le ragazze mi ricordano capelli nel lavandino, le ragazze mi
ricordano intestini,
e vesciche e movimenti escretori; è anche un peccato che
i campanelli dei gelati, i neonati, le valvole dei motori, i
plagiostomi, le palme,
i passi nel corridoio...mi eccitino tutti con la fredda calma
di una pietra tombale; da nessuna parte, forse, trovo rifugio
tranne
nel sentire che c'erano altri uomini disperati:
Dillinger, Rimbaud, Villon; Babyface Nelson, Seneca, Van Gogh,
o donne disperate: donne wrestler, infermiere, cameriere,
poetesse
puttane...sebbene,
immagino che la preparazione dei cubetti di ghiaccio sia
importante
o un topo che annusa una lattina di birra vuota -
due vuoti svuotati che si contemplano,
o il mare notturno bloccato da navi luride
che entrano nella cauta ragnatela del tuo cervello con le loro luci,
con le loro luci salate
che ti toccano e ti lasciano
per l'amore più solido di qualche India;
o guidare per lunghe distanze senza ragione
rimbambito dal sonnocon i finestrini aperti che
ti strappano e ti fanno sventolare la camicia come un uccello
impaurito,
e sempre i semafori, sempre rossi,
fuoco notturno e sconfitta, sconfitta...
scorpioni, brandelli, fardelli:
ex lavori, ex mogli, ex facce, ex vite,
Beethoven nella tomba morto quanto una barbabietola;
carriole rosse, sì, forse,
o una lettera dall'Inferno firmata dal diavolo
o due bravi ragazzi che si pestano a sangue
in uno stadio scalcinato colmo di fumo urlante,
ma più che altro non frega niente a me, che sto qui
con la bocca piena di denti marci,
che sto qui a leggere Herrick e Spencer e
Marvell e Hopkins e Bronte (Emily, oggi);
che ascolto Midday Witch di Dvorak
o Le Chasseur Maudit di Franck,
in realtà, non me ne frega niente, ed è un peccato:
ho ricevuto lettere da un giovane poeta
(molto giovane, sembra) che mi dice che un giorno
sarò certamente riconosciuto come
uno dei migliori poeti del mondo. Poeta!
una malversazione: oggi ho camminato nel sole e nelle strade
di questa città: senza vedere niente, senza imparare niente,
senza essere
niente, e tornando alla mia stanza
ho incrociato una vecchia che ha sorriso di un sorriso orribile;
era già morta, e dappertutto mi sono ricordato di cavi:
cavi telefonici, cavi elettrici, cavi per facce elettriche
intrappolate come pesci rossi nel vetro che sorridevano,
e gli uccelli erano spariti, nessuno degli uccelli voleva cavi
o il sorriso dei cavi
e ho chiuso la porta di casa (finalmente)
ma dalle finestre era la stessa cosa:
un clacson ha suonato, qualcuno ha riso, un water ha scaricato,
e stranamente in quel momento
ho pensato a tutti i cavalli con i numeri,
che sono passati tra le urla,
passati come Socrate, passati come Lorca,
come Chatterton...
preferirei immaginare che la nostra morte non sarà molto
importante
se non per un problema di smaltimento, un problema,
come gettare la spazzatura,
e anche se ho conservato le lettere del giovane poeta,
non credo in esse
ma così come guardo
le palme malate
e la fine del sole
a volte le guardo.
(Charles Bukowski, 1966: so benissimo quanto ho peccato. Guanda 2011. Pag.87-91)
martedì 8 novembre 2011
RICONOSCERE IL PROBLEMA DEMOGRAFICO
Non c'è nessuna base ragionevole per affermare che il problema della fame sia "soltanto" un problema di distribuzione, anche se è vero che oggi una ridistribuzione delle risorse alimentari allevierebbe enormemente la fame. Purtroppo, una verità importante- che la maldistribuzione è attualmente una causa della fame- è stata usata per eludere una verità ancora più importante: che la sovrappopolazione è cruciale oggi e può mettere in discussione la questione della distribuzione domani.
Il problema alimentare, tuttavia, desta poca preoccupazione immediata per i ben nutriti americani, che non hanno nessuna ragione per essere consapevoli della sua gravità ed estensione. Ma altri fatti che potrebbero porre chiunque di fronte alla gravità del dilemma demografico sono attualmente intorno a noi, poiché i problemi alla cui gravità contribuiscono in misura notevole la sovrappopolazione e la crescita demografica stanno peggiorando molto rapidamente. Essi appaiono spesso nei telegiornali, anche se non sono quasi mai posti in relazione con il problema demografico. Prendiamo le immagini televisive di navi cariche di rifiuti che vagano per i mari...esse mostrano i risultati dell'interazione fra troppe persone che vivono nell'opulenza e le tecnologie ambientalmente distruttive che la rendono possibile. La crescente probabilità di nuotare in una miscela di spazzatura e rifiuti sanitari lungo le spiagge americane si può far risalire alle medesime cause. Le moltitudini che muoiono di fame nell'Africa subsahariana sono le vittime di siccità, di politiche agrarie fallimentari e di una sovrappopolazione, con la guerra che spesso da il colpo finale. Tutti questi sono sintomi del massiccio e crescente impatto negativo dell'umanità sui sistemi di sopravvivenza della Terra. L'uomo medio, persino lo scienziato medio, raramente coglie la connessione tra questi eventi apparentemente disparati e il problema demografico, e quindi non si preoccupa. In certa misur, questa incapacità di mettere assieme i vari pezzi è dovuta ad un tabù, che vige in molti settori, di discutere francamente della crisi demografica - un tabù in parte generato dalle pressioni della gerarchia cattolica, in parte da altri gruppi che temono che trattare dei problemi demografici produca dei risultati socialmente dannosi...Tutti noi tendiamo naturalmente a osservare il tabù di non occuparsi della crescita demografica. Le radici della nostra avversione a limitare la consistenza numerica della popolazione umana sono altrettanto profonde e diffuse delle radici del comportamento sessuale umano. Per miliardi di anni di evoluzione biologica, la regola del gioco è stata quella di riprodurre il maggior numero possibile di altri individui della specie. Questa è la base stessa della selezione naturale, la forza motrice del processo evolutivo. Ciononostante il tabù deve essere sradicato e respinto.
IL SUPERAMENTO DEL TABU'. Non c'è più tempo da perdere; in effetti non ce n'era nemmeno nel 1968, quando fu pubblicato The Population Bomb. L'inazione umana ha già condannato altre centinaia di milioni di individui a morire prematuramente di fame e di malattie. Bisogna che l'opinione pubblica si convinca della connessione demografica. L'azione per arrestare umanamente l'esplosione demografica e avviare un graduale declino demografico deve diventare una priorità assoluta; il tasso di natalità deve essere abbassato al più presto possibile un po' sotto il tasso di mortalità. Può darsi che ci sia ancora tempo per limitare la portata della catastrofe incombente, ma non molto tempo. Porre termine all'esplosione demografica controllando le nascite è necessariamente un processo lento. Solo il modo crudele della natura di risolvere il problema può essere rapido. Ovviamente se ci destiamo e riusciamo a controllare le dimensioni della nostra popolazione, ci rimarranno da risolvere tutti gli altri problemi spinosi. Limitare il numero degli esseri umani non porrà da solo fine alla guerra, al deterioramento ambientale, alla povertà, al razzismo, al pregiudizio religioso, o al sessismo: ci darà soltanto la possibilità di porvi fine. Come dice il vecchio adagio, qualunque sia la tua causa, senza controllo demografico è una causa persa.
L'America e gli altri paesi ricchi sono attualmente di fronte ad una scelta chiara. Possono continuare a ignorare il problema demografico, allora saranno intrappolati in una spirale discendente. Siccità più frequenti, cattivi raccolti, carestie, una maggiore deforestazione, più inquinamento, più conflitti internazionali, più epidemie, più ingorghi stradali, più droga, più criminalità, una massa crescente di rifiuti e altre cose spiacevoli segneranno il nostro cammino. Oppure possiamo mutare la nostra mentalità collettiva e prendere le misure necessarie per abbassare drasticamente il tasso di natalità mondiale. La gente può imparare a trattare la crescita come quella malattia cancerosa che è, e a muoversi nella direzione di una società sostenibile.
(P.R. Ehrlich: Un pianeta non basta, ed. Franco Muzzio, 1991 pag.15-18)
Nota del curatore del Blog: sono passati più di venti anni da quando Ehrlich scriveva queste parole. Il mondo ha continuato la sua folle corsa. Qualche giorno fa i midia hanno riportato la notizia del raggiungimento di sette miliardi di umani, spesso rallegrandosene. Quando Ehrlich scriveva ce n'erano 5,3 miliardi. La bomba non si è fermata. L'esplosione continua. I chiechi continuano a essere ciechi, i sordi a fare i sordi. La vita si avvia ad essere invivibile, il mondo a perdere la sua bellezza, l'uomo a perdere la sua umanità per divenire un numero, un pollo in batteria. Viviamo in mezzo ai tossici. Il richiamo di Ehrlich continua ad essere un grido nel deserto.
lunedì 7 novembre 2011
ELOGIO DELLA FRUGALITA'
L'eccesso è la cifra dell'uomo delle megalopoli. Insieme alla concentrazione demografica, alla ricerca continua di stimoli, di divertimenti, di relazioni, la vita dell'uomo delle megalopoli è centrata sul corpo e sul cibo. Il corpo viene allenato, stressato, curato, vestito, abbigliato, massaggiato, abbronzato, alimentato. Nelle megalopoli non c'è via di mezzo: o si sottopone il corpo ad una gratificazione a ripetizione e continua, oppure si cade nella depressione. Il tempo per fermarsi a riflettere o per stare con se stessi si è perso. In questa dualità tra l'ego inteso come corpo e il nulla della depressione, c'è in mezzo la metafisica del cibo. Il cibo è esaltato dovunque. In TV pullulano le trasmissioni culinarie. Salcicce, dolci e arrosti sono ormai nell'immaginario collettivo come le immagini sacre lo erano per i nostri antenati.Se non si mangia cibi elaborati, complessi, ricchi di grassi ed in quantità esagerata ci si sente infelici. Mac Donald e la Nestlè ci hanno fondato un impero. Ormai anche le altre culture, perfino antiche civiltà si stanno accodando alle nuove divinità: il corpo inteso materialmente come fruitore di consumi, e il cibo come manifestazione del proprio egocentrismo. Se non mangi al ristorante e non compri l'automobile vistosa non sei nessuno. L'anonimo non-consumatore non è previsto nel bestiario della megalopoli. E' sconvolgente come nel mondo sovrappopolato delle megalopoli si assista alla distruzione sistematica degli antichi valori, delle antiche credenze religiose, delle tradizioni sopravvissute per secoli. Le grandi migrazioni del XX-XXI secolo non sono che epifenomeno della civiltà delle megalopoli. Gli alti tassi di natalità sono funzionali ai grandi produttori di cibo e merci.Attratti dai richiami pubblicitari tutti abbandonano le famiglie, i luoghi, i rapporti, le culture tradizionali e si spostano alla ricerca di un miglior tenore di vita, cioè di una vita che curi il corpo, che dia le risorse per farlo star bene (automobile, casa accogliente, riscaldamento, vestiti, accessori,ecc.) e cibo per nutrirlo, cibo di ogni tipo, in quantità smisurata. La bibbia che esalta questo nuovo Eden è la TV, e più recentemente la rete. Il tempio della nuova trimurti è il supermercato, il nuovo luogo sacro delle megalopoli. Se l'uomo antico poteva avere ancora una porzione della mente per la spiritualità, l'uomo nuovo delle megalopoli l'ha eliminata del tutto. Persino il credente, l'osservante, ha relegato il sacro ai rimasugli di tempo, per poi dedicare tutto se stesso e tutta la vita a corpo e cibo. Attraverso i midia vengono gonfiati i desideri, le aspettative. Tutto questo genera insoddisfazione, e l'insoddisfazione viene curata con cibo, tanto cibo. L'ossessione per il cibo ha il suo rovescio nella mania per le diete. Le diete esistono per essere trasgredite. L'obesità è diffusa, e anche i bambini ne soffrono sempre di più. Gran parte delle malattie nella civiltà delle megalopoli sono da eccesso di alimentazione: obesità, diabete, aterosclerosi, malattie degenerative. Il circolo vizioso dello stress e del cibo è senza uscita: lo stress porta ad iperalimentarsi, ma il troppo cibo è a sua volta fonte di malessere e stress. I centri per dimagrire lavorano a pieno ritmo, come i ristoranti. La carne degli animali è l'apoteosi del cibo voluttuario. Abbiamo messo su veri e propri lager per animali, dove vengono fatti crescere in modo innaturale e tra i tormenti poveri animali che poi vengono uccisi per darci il piacere del cibo abbondante e colesterolico. Per procurare i mangimi alle vittime vengono affamate popolazioni e distrutti milioni di ettari di foresta ogni anno. Giusta punizione a questa crudeltà è l'infarto, il segno che un dio forse esiste. La bravura del Netter ci rende un drammatico quadretto ma veritiero dell'infarto nell'immagine riportata sotto il titolo. L'uomo, cicciottello, sta uscendo da un ristorante dove ha pasteggiato in abbondanza. Sta salendo le scale -un piccolo sforzo- e fa freddo. Ha una valigia e sta forse per prendere un treno: i ritmi frenetici della città lo stressano. Il dolore lo attanaglia all'improvviso e lo sguardo angosciato ci dice dell'abbisso che vede di fronte a se. Stress e iperalimentazione come prodotto della megalopoli e della sovrappopolazione.
Per combattere l'eccesso è utile la frugalità. La frugalità è un valore che può ridarci un equilibrio. Meno cibo può contribuire a ridarci una identità umana secondo natura. Mangiare meno, mangiare poco. Preferire i cereali, i legumi, le verdure, la frutta. Scegliere i cibi magri. Ridurre o meglio abolire la carne. Le proteine meglio se vegetali o di pesce. Coltivare il digiuno come esercizio di spiritualità. Bere l'acqua; riservare il vino, poco, alla festa. Dal cibo poi passare a curare gli altri eccessi: l'auto inutilmente grande, le spese inutili, i vestiti costosi, le case troppo grandi troppo scaldate d'inverno, troppo condizionate d'estate. I troppi viaggi. I troppi aerei. I troppi consumi. E' un piccolo passo verso un mondo migliore.
sabato 5 novembre 2011
UN LIBRO STORICO: LA DENUNCIA DI PAUL R. EHRLICH
Uscì in Italia nel 1991, l'edizione americana (The Population Explosion) era del 1990. E' un libro storico e fondamentale, il primo che denuncia l'esplosione demografica come il problema ambientale numero 1, quello da cui tutti gli altri derivano. Il primo che mette in connessione in maniera esplicita il pauroso boom demografico della seconda metà del novecento con la grave situazione in cui si trova l'umanità, l'inquinamento massiccio, il mutamento climatico, l'esaurimento delle risorse non rinnovabili, le crescenti tensioni internazionali, e le nuove epidemie. Il primo libro che affronta con rigore scientifico gli effetti drammatici della bomba demografica che stava interessando in quegli anni e che, purtroppo ancora oggi, interessa il pianeta. P. Ehrlich è uno dei maggiori ecologi del nostro tempo e già nel 1971 sulla rivista Science aveva elaborato la famosa equazione I= P x A x T in cui I sta per l'impatto della specie umana sulla biosfera, P è il numero di esseri umani sul pianeta, A la quantità di beni materiali utilizzati da ciascun individuo, T la quantità di agenti inquinanti sviluppati dalla tecnologia. Come si evince dall'equazione, P è il primo fattore che funge da moltiplicatore di tutti gli altri. Se si vede la foto della copertina dell'edizione italiana, riportata sopra, si nota un fatto straordinario: il libro era sponsorizzato allora dal WWF. Poi la triste parabola degli ecologisti italiani, perdutisi dietro ideologie marxiste e terzomondiste, li hanno portati a rifiutare ogni discorso sulla sovrappopolazione, a divenire ciechi e sordi. Oggi criticano la società liberale e si dedicano agli specchietti solari e ai mulini a vento, illudendosi che il fattore P non esista. Di fatto si sono condannati all'impotenza e al giardinaggio. Alcuni fondamentali brani del libro, mi riprometto di riproporli brevemente sul blog in prossimi interventi.
venerdì 4 novembre 2011
IL MONDO E' UN RECIPIENTE SACRO
Vorresti afferrare il mondo e cambiarlo?
Io vedo che ciò non è possibile.
Il mondo è un recipiente sacro:
non si può cambiare.
Coloro che lo cambiano lo rovinano,
coloro che lo afferrano lo perdono.
In verità gli esseri
a volte precedono, a volte seguono,
a volte sono lamentosi, a volte sono arroganti,
a volte sono forti, a volte sono deboli,
a volte sono distrutti, a volte distruggono.
Per questo il saggio evita l'eccesso,
evita lo spreco, evita l'estremo.
Lao Tzu: Tao Te Ching; VI secolo a.C.
(Feltrinelli 2011, traduzione di Augusto Shantena Sabbadini).
Io vedo che ciò non è possibile.
Il mondo è un recipiente sacro:
non si può cambiare.
Coloro che lo cambiano lo rovinano,
coloro che lo afferrano lo perdono.
In verità gli esseri
a volte precedono, a volte seguono,
a volte sono lamentosi, a volte sono arroganti,
a volte sono forti, a volte sono deboli,
a volte sono distrutti, a volte distruggono.
Per questo il saggio evita l'eccesso,
evita lo spreco, evita l'estremo.
Lao Tzu: Tao Te Ching; VI secolo a.C.
(Feltrinelli 2011, traduzione di Augusto Shantena Sabbadini).
mercoledì 2 novembre 2011
LA SPIANATA DEGLI ULIVI
I Verdi possono gioire, avranno un bell'impianto di pannelli fotovoltaici stesi belli belli su una spianata di ulivi vicino Martano, in Puglia. Anzi di ex ulivi, visto che sono stati espiantati. Ma come, i pannelli fotovoltaici non erano ecologicamente corretti, ambientalmente sostenibili? C'è un piccolo problema: dove li monti si crea il deserto perché la luce che era destinata al terreno e alle piante va a finire sui pannelli di silicio, condannando alla desertificazione il terreno sottostante. Inoltre se ci sono alberi, secolari o meno, come gli ulivi del filmato, fanno una brutta fine. Il tutto poi per produrre una potenza da un Megawatt, che è come dire poco o niente. Ricordiamo che l'energia più pulita dal punto di vista ambientale, quella nucleare, non distrugge ettari di terreni alberati, e produce una potenza di milioni di Megawatt. Ma si sa, i Verdi ragionano con l'ideologia, il modo migliore per produrre disastri ambientali.
Secondo Benedetto XVI prima viene l'uomo, poi il creato...
(Mumbai-India)
Papa Ratzinger stigmatizza l'ecologismo e l'ambientalismo a oltranza e ricorda qual è il posto nella prospettiva cristiana che la natura deve avere, senza ideologismi. Lo fa in uno dei passaggi centrali del messaggio per la Giornata mondiale della pace - che si celebra il primo gennaio - diffuso ieri dal Vaticano. Il testo, intitolato "Famiglia umana comunità di pace", affronta le grandi e urgenti questioni, come quella ambientale, con uno sguardo attento rivolto al problema del divario fra Paesi ricchi e sottosviluppati, al tema delle risorse energetiche, al rischio che il tema ecologico cada, appunto, nell'ideolo gia...
Ma la novità più consistente è la trattazione della questione ambientale. «La famiglia», si legge nel messaggio, «ha bisogno di una casa. Per la famiglia umana questa casa è la terra, l'ambien te che Dio ci ha dato perché lo abitassimo con creatività e responsabilità. Dobbiamo aver cura dell'ambiente: esso è stato affidato all'uomo perché lo custodisca e lo coltivi con libertà responsabile, avendo sempre come criterio orientatore il bene di tutti. L'essere umano, ovviamente, ha un primato di valore su tutto il creato». (Roma 2007, da un articolo di giornale).
Commento del curatore del Blog: è la solita visione della Chiesa. La Terra è un magazzino a disposizione dell'uomo, quello attuale in particolare. Ma l'uomo non deve esagerare però...la rapina dei beni della natura non deve essere totale, altrimenti le generazioni future rimarranno senza bottino, e pure loro sono figli di dio! Poi ci sono i poveri e derelitti, che ora sono impossibilitati a rapinare alla grande ma in futuro, una volta sviluppatasi la condizione economica, potranno partecipare al banchetto, per cui anche per loro qualcosa va lasciato. Quanto alla Natura e al Pianeta...ecchissenefotte, in fondo si tratta del creato che è stato...creato appunto per soddisfare gli appetiti dell'uomo, figlio di dio fatto a sua immagine e somiglianza. All'anima dell'antropocentrismo!
Papa Ratzinger stigmatizza l'ecologismo e l'ambientalismo a oltranza e ricorda qual è il posto nella prospettiva cristiana che la natura deve avere, senza ideologismi. Lo fa in uno dei passaggi centrali del messaggio per la Giornata mondiale della pace - che si celebra il primo gennaio - diffuso ieri dal Vaticano. Il testo, intitolato "Famiglia umana comunità di pace", affronta le grandi e urgenti questioni, come quella ambientale, con uno sguardo attento rivolto al problema del divario fra Paesi ricchi e sottosviluppati, al tema delle risorse energetiche, al rischio che il tema ecologico cada, appunto, nell'ideolo gia...
Ma la novità più consistente è la trattazione della questione ambientale. «La famiglia», si legge nel messaggio, «ha bisogno di una casa. Per la famiglia umana questa casa è la terra, l'ambien te che Dio ci ha dato perché lo abitassimo con creatività e responsabilità. Dobbiamo aver cura dell'ambiente: esso è stato affidato all'uomo perché lo custodisca e lo coltivi con libertà responsabile, avendo sempre come criterio orientatore il bene di tutti. L'essere umano, ovviamente, ha un primato di valore su tutto il creato». (Roma 2007, da un articolo di giornale).
Commento del curatore del Blog: è la solita visione della Chiesa. La Terra è un magazzino a disposizione dell'uomo, quello attuale in particolare. Ma l'uomo non deve esagerare però...la rapina dei beni della natura non deve essere totale, altrimenti le generazioni future rimarranno senza bottino, e pure loro sono figli di dio! Poi ci sono i poveri e derelitti, che ora sono impossibilitati a rapinare alla grande ma in futuro, una volta sviluppatasi la condizione economica, potranno partecipare al banchetto, per cui anche per loro qualcosa va lasciato. Quanto alla Natura e al Pianeta...ecchissenefotte, in fondo si tratta del creato che è stato...creato appunto per soddisfare gli appetiti dell'uomo, figlio di dio fatto a sua immagine e somiglianza. All'anima dell'antropocentrismo!
Iscriviti a:
Post (Atom)