Jonathan Haidt è uno psicologo e
filosofo che nel suo libro “Menti tribali” (Edizioni Le Scienze, 2013) si chiede come si formano e si
strutturano i sistemi morali. Haidt rifiuta l’idea cara ai progressisti che le
idee morali siano derivate dal razionalismo critico, frutto di una visione superiore e intellettualmente illuminata della realtà. Al contrario riconosce nella
molteplicità dei sistemi morali, nel loro variare a seconda della società di
appartenenza, delle aree geografiche e storiche di origine, un sistema assai più “antico” basato sulla intuizione che precede
il ragionamento e sulla formazione della coscienza morale durante il periodo
infantile, sulla trasmissione dei valori da parte degli anziani ai giovani. In
pratica si tratta del vecchio modello “tribale” il quale rende le società umane
spesso impermeabili tra loro e schierate su fronti contrapposti e in conflitto.
Un esempio di sistemi tribali è quello delle religioni, che prevedono
divinità-totem e obblighi morali
diversi e inconciliabili. Qualunque critica, all'interno di questi sistemi totemici, è irricevibile in quanto mina alle fondamenta tutto l'edificio di credenze. Persino all’interno delle nostre società contemporanee, negli
schieramenti politici, si rispecchiano valori morali diversi che si basano su
convincimenti pre-razionali e
riproducono le caratteristiche delle antiche divisioni tribali. Gli odii
e i conflitti tra progressisti e conservatori vengono così a perdere quella
valenza di posizioni razionali che si confrontano dialetticamente, per
rispecchiare invece appartenenze tribali basate su sistemi etici incompatibili
tra loro che portano a vedere in chi appartiene all’altro schieramento un
nemico mortale. La storia dei conflitti religiosi, spesso all’interno di una
stessa appartenenza etnica, o peggio tra gruppi etnici diversi, sono esempi di
queste appartenenze pre-razionali a sistemi tribali. La storia dell’Europa nel
900 è un esempio di questi schieramenti in conflitto alla cui base vi sono
visioni del mondo e dell’uomo incompatibili, in quanto radicati in diversi
sistemi morali, diversi miti di riferimento, diversi "totem e tabù" come erano in
origine quelli che appartenevano a tribù umane diverse tra loro.
Ma nei momenti critici, di fronte a
situazioni che portano a minacciare la sopravvivenza stessa della civiltà,
l’uomo è stato in grado –almeno nel passato- di riorganizzare le proprie
società, di cambiare le visioni del mondo e i sistemi morali, per approdare rapidamente a società in grado di affrontare le crisi. In fondo il
successo evolutivo di Homo si è basato molto su questa possibilità di
cambiamento dei propri sistemi morali e delle visioni del mondo di fronte a situazioni estreme. Questi cambiamenti epocali
dovettero ad esempio accompagnare il passaggio dalle società umane di
cacciatori-raccoglitori a quelle stanziali basate sull’agricoltura e la
pastorizia, circa 10000 anni fa. L’estinzione di Neanderthal fu probabilmente
dovuta ad eccessiva rigidità mentale, ad una chiusura affettiva nella propria tribu’. Cambiamenti
altrettanto importanti si sono avuti con la creazione dello Stato moderno e con
lo sviluppo della tecnologia negli ultimi 4-5 secoli. Questi cambiamenti sono
stati il portato di situazioni di crisi generale della vecchia organizzazione
economica e sociale, in cui condizioni esterne venivano a mettere in tensione e
a rompere le precedenti visioni morali e i valori su cui si basava la società
tradizionale. La natura ancestrale e tribale alla base della rigidità della
mente degli individui è
stato un fattore decisivo nel progresso per “crisi” delle società umane e nel procedere per rotture traumatiche.
Elemento costante delle situazioni di crisi è la necessità di fondare rapidamente nuovi valori condivisi
per uscire dalla situazione critica. Spesso il cambiamento necessario è troppo
rapido per poter conservare i precedenti valori di riferimento, e può avvenire
solo con un distacco netto.
E’ innegabile che oggi ci troviamo in
un momento di crisi generale delle società umane tradizionali, nessuna delle
quali –pur nella loro molteplicità di valori e visioni morali- è in grado di
affrontare in maniera adeguata la situazione che abbiamo di fronte. Il mondo,
dopo quattro secoli di sviluppo tecnologico illimitato, è sull’orlo di una
catastrofe climatica, di un esaurimento delle risorse ambientali, di una devastazione ambientale irreversibile . L’ esplosione demografica umana che è
alla base della crisi ambientale
si è sviluppata in un lasso di tempo brevissimo, ed è stata così dirompente da
passare in poco più di cento anni da uno a sette miliardi di individui. Haidt
afferma che siamo in un momento cruciale, in cui è necessario un cambiamento
radicale dei nostri valori, fino ad oggi basati su credenze e sistemi morali
che vedono l’uomo al centro di tutto e considerano la natura al nostro
servizio. Un cambiamento epocale come quelli che in passato hanno portato a
superare momenti difficili è oggi ancor più necessario di fronte alla
prospettiva di un collasso globale del pianeta. La possibilità di effettuare
rapidi cambiamenti nelle nostre condotte riguardo la sessualità, la natalità,
il concetto di famiglia, il modo di produrre e di consumare, implicano la necessità di uscire dagli
schemi troppo rigidi delle appartenenze tribali. È necessario un cambiamento
profondo delle nostre menti ancora legate a schemi del passato. Le nostre profonde divisioni religiose,
ideologiche e politiche hanno ancora un senso in un mondo sovrappopolato e
teleconnesso? In un mondo di
migrazioni di massa e convivenze
forzate, la mente dell’uomo è chiamata ad una presa di coscienza sui nuovi
valori e su una nuova morale che veda al centro non la propria tribù, ma la
natura e tutte le specie viventi.
<< La natura ancestrale e tribale alla base della rigidità della mente degli individui è stato un fattore decisivo nel progresso per “crisi” delle società umane e nel procedere per rotture traumatiche. >>
RispondiEliminaPer l'appunto.
Sarebbe bello poter governare il cambiamento con la nostra preziosa e illuminata razionalità, ma non ne saremo capaci.
E questo, proprio a causa dell fondamento irrazionale delle nostre credenze, così ben illustrato da Haidt.
Peccato.
Di questo dobbiamo essere coscienti. Le pulsioni istintive dominano i comportamenti umani. Sperare solo nel controllo razionale dei processi, tipico di una certa cultura che male interpreta Kant, conduce a strade senza uscita. Questa mentalità è tipicamente espressa da chi presume che possa bastare una legge per cambiare comportamenti e fenomeni epocali o comunque storici. Quando poi, ovviamente, si constata il fallimento (quando va bene) o il peggioramento del fenomeno che si voleva correggere (il più delle volte...) si elaborano ragionamenti giustificativi ex post. In questo modo si perpetuano i comportamenti tribali in un circolo chiuso...
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