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mercoledì 26 ottobre 2011

MADALEINE WELD: FEMMINISMO E SOVRAPPOPOLAZIONE

LA CONFERENZA DELLE NAZIONI UNITE SULLA POPOLAZIONE: ULTIMA OCCASIONE O OCCASIONE PERDUTA?
PRESENTAZIONE DI MADALEINE WELD*
ALL’UNITED NATIONS ASSOCIATION IN CANADA,
AND GLOBAL POPULATION CONCERNS-OTTAWA
SULLA POSSIBILITÀ DI ATTUARE LE DECISIONI DELLA CONFERENZA DEL CAIRO 1994.

Quand’ero ragazzina, ricordo che mia nonna, nata in Europa nel 1880, mi raccontò di avere visto arrestare delle suffragette che dimostravano. Mia nonna sembrava pensare che queste suffragette fossero un gruppo di squinternate che si davano a comportamenti indecorosi. In un’altra occasione, mia nonna mi raccontò un fatto avvenuto poco dopo il suo matrimonio. Suo marito era fuori città e lei si era trovata senza soldi. Perciò andò in banca per prendere del denaro dal suo conto, ma scoprì che non poteva farlo, perché aveva bisogno del permesso del marito per prendere dei soldi che lei stessa aveva portato in dote! E poiché egli era fuori città, non c’era niente da fare. La sua voce era tremante per l’indignazione quando mi raccontò questa storia.
Mi parve piuttosto strano che mia nonna non vedesse la connessione tra questi due episodi e mi accorsi che questo tipo di connessione sfuggiva all’attenzione di molte persone. Per molto tempo le parole “Non sono una femminista, ma...” mi parevano come delle bandiere sventolate davanti a un toro. Per me significavano: “non ho il coraggio di riconoscere il mio debito verso le femministe, che hanno sfidato l’ingiustizia del significato insito nella definizione di ‘femminista’, tuttavia usufruirò sicuramente di tutti i vantaggi che le femministe hanno ottenuto per me attraverso le loro azioni coraggiose.”
Forse fui sin dalla più giovane età un campione dei diritti della donna, perché dovevo lavare i piatti io e non mio fratello.
Per fortuna, per via dei nostri frequenti viaggi, ero cosciente che i problemi delle donne erano universali. Nell’estate rovente del Pakistan, mi chiedevo come le donne potessero sopportare questi burka neri che le coprivano interamente. In Svizzera, dove frequentai le scuole pubbliche, fui sorpresa nel sentire che il diritto di voto delle donne fosse oggetto di così animata discussione. Nel 1970 esistevano ancora in Europa delle persone che dibattevano se fosse giusto dare il voto alle donne! Incredibile! Per quanto non abbia seguito quelli che si chiamano “women’s studies” sono sempre stata interessata all’argomento e fui rincuorata dallo sviluppo di un movimento femminile internazionale. Pensavo che, lavorando insieme per i loro diritti, le donne avrebbero potuto aiutare a costruire un mondo migliore.
Di recente però, leggendo certa letteratura femminile, mi sono sorpresa a pensare : “Non sono femminista!”. Non lo sono se essere femminista significa pensare alla maniera di certe donne che si auto-definiscono femministe... In questa presentazione, mi dedicherò soltanto alla prospettiva femminista sulla popolazione.
Secondo me, è ovvio che il mondo ha un serio problema demografico. Questo mio punto di vista è condiviso dalla vasta maggioranza degli scienziati di ogni paese, che hanno dedicato la loro attenzione a questo problema. L’Union of Concerned Scientists ha prodotto un rapporto, sottoscritto da circa duemila scienziati, inclusi molti scienziati viventi insigniti del Premio Nobel, che sottolinea come il problema della popolazione sia uno dei problemi più gravi che l’umanità deve affrontare. Durante la Conferenza sulla Popolazione che si tenne in New Delhi nel 1993, i rappresentanti di 56 accademie scientifiche premevano per l’attuazione di una politica di “zero population growth” da istituire immediatamente. Se persino la commissione scientifica consultiva del Vaticano proclamava in un comunicato, proprio prima della Conferenza Internazionale sulla Popolazione e Sviluppo, che bisognava contenere le nascite per evitare un problema altrimenti insolubile, questo voleva dire che il pericolo era reale.
Ma le femministe non sono d’accordo. Forse non dovrei dire “le femministe” perché il movimento delle donne non è monolitico e non esiste certamente un solo punto di vista sul problema della popolazione. Ma esiste un punto di vista che sembra predominare, o, almeno, essere preminente e questo punto di vista non è che raramente criticato. E’ quindi possibile per un “outsider”, che non sia impegnato come me sul problema, dire che sussiste l’impressione che questo sia il punto di vista femminista. Da questo punto di vista, ogni tentativo deliberato di ridurre il tasso di fertilità è errato. I metodi sicuri e l’aborto devono essere consentiti, ma le preoccupazioni riguardo all’aumento demografico sono viste come intrinsecamente opposte all’avanzamento dei diritti femminili.
Persone o enti che si interessano al problema della popolazione sono etichettati come “istituzioni contrarie alla popolazione” e le loro motivazioni sono considerate sospette. Le compagnie farmaceutiche sono sospettate di influenzare le politiche dei governi del sud del mondo e le priorità e il comportamento di chi si occupa di salute delle donne .
Mi sembra che, quando si sviluppa una certa linea politica intorno ad un problema, lo scopo di tale disegno dovrebbe essere giudicato secondo i risultati che si possono ottenere, basandosi sulla realtà e sulle risorse esistenti.
Credo sinceramente che le richieste femministe a favore della salute delle donne, di quella delle madri e dei bambini, non potranno mai essere soddisfatte, considerando la mancanza di risorse, se prima non si risolve il problema della popolazione. Eppure le femministe negano che il fattore “popolazione” sia quello che mette in pericolo la salute delle donne. Insistono affinché tutti i contraccettivi abbiano un fattore di rischio assolutamente zero. Chiedono che TUTTI i contraccettivi proteggano anche dall’Aids. Sostengono, evidentemente per principio, che i contraccettivi dovrebbero essere idonei per tutti, su scala mondiale: circa 370 gruppi di donne stanno cercando di ostacolare la ricerca su dei vaccini anti-fertilità, vaccini con un enorme potenziale di soddisfare il bisogno non soddisfatto di centinaia di milioni di donne di controllare la propria fertilità. La loro opposizione è fondata sul fatto che i governi potrebbero usare tali vaccini su donne povere, senza il loro consenso.
Ho partecipato ad un incontro a Ottawa nel giugno scorso, organizzato da un nutrito gruppo di donne. A questo incontro partecipava una coalizione femminile internazionale che mirava a fermare la ricerca su questi vaccini anti-concezionali. Una donna si alzò e chiese perché mai esistessero dei contraccettivi fatti per donne del terzo mondo (o sviluppati per questo tipo di mercato) diversi da quelli indirizzati alle donne dei paesi più ricchi.
Penso che la risposta sia ovvia. Le realtà di vita e i bisogni delle donne del terzo mondo sono diversi da quelli delle donne delle nazioni industrializzate. La maggior parte di queste ultime hanno almeno delle capacità di base di leggere e scrivere, mentre la maggior parte dei miliardi di analfabeti esistenti vive nel mondo in via di sviluppo e i due terzi di loro sono donne. Prendere nota dei giorni della settimana è facile, per una donna istruita, ma non per chi non lo è. Inoltre, la pillola, che è molto diffusa nel mondo industriale, è piuttosto cara e può essere sequestrata da un marito che non coopera. La possibilità di disporre di una più grande varietà di contraccettivi è semplice realismo, non è pregiudizio contro le donne povere. Ovviamente, tali contraccettivi non sono egualmente adatti a qualsiasi tipo di donna.
Ma perché dovrebbe essere sbagliato fornire dei contraccettivi specifici alle donne del terzo mondo? Almeno 350 milioni di loro vorrebbero avere qualche forma di controllo sul numero dei figli ma non hanno accesso a nessun metodo moderno. Chiedere un contraccettivo che sia totalmente privo di rischio è irrealistico, perché nessuna medicina o apparecchio sanitario è senza rischio.
Il rischio di prodotti che sono il risultato di ricerca e di controllo è nullo in confronto al rischio che affrontano le donne nel terzo mondo, a causa della gravidanza. Un terzo di tutte le malattie femminili nel terzo mondo è connesso a gravidanza, parto, aborto, HIV e infezioni dell’utero e della vagina. Globalmente, un quarto di tutte le gravidanze finiscono con l’aborto e, in quei paesi dove esso è proibito, le conseguenze per la salute femminile sono pesanti.
Negli ultimi 20 anni, la popolazione è aumentata di 1,7 miliardi di persone. In questo periodo il numero di esseri umani che vivono in povertà è aumentato proporzionalmente del 30%, mentre il numero di donne povere è cresciuto del 50%. Che le femministe lo riconoscano oppure no, esiste una correlazione tra l’enorme aumento della popolazione e l’aumento della povertà femminile. La maggior parte degli 1.3 miliardi di persone che vivono in estrema povertà sono donne. La scarsità di risorse è anche all’origine di conflitti etnici che mettono le donne, come vittime civili, in pericolo di dover lasciare il proprio paese o di subire violenze sessuali. Almeno 850 donne e bambini ogni mese sono uccisi o mutilati dall’esplosione di mine. Il numero di rifugiati è cresciuto di 10 volte negli ultimi decenni e l’80% di essi sono donne e bambini. Oltre ai 23 milioni di rifugiati tradizionali (coloro che fuggono a guerre etniche, oppressione politica o persecuzione religiosa), esistono anche 25 milioni di rifugiati ambientali e il loro numero è destinato a raddoppiare dopo il 2010.
Le femministe che si oppongono ad ogni azione di contenimento demografico, pensando che costituisca una violazione dei diritti della donna, non devono convivere con la miseria e la violenza a cui l’aumento della popolazione contribuisce maggiormente. Molte sembrano avere un pregiudizio anti-scientifico e rifiutano semplicemente di riconoscere l’evidenza scientifica del ruolo che l’aumento della popolazione ha nei problemi globali, sociali e politici. Quindi fanno delle richieste assurde e così rifiutano di trovare le soluzioni che, per quanto imperfette, potrebbero rappresentare dei veri benefici per molte donne povere. Esse sono, in altre parole, mosse da ideologia.
E’ innegabile che certi programmi di controllo della popolazione, nel passato, sono stati malamente concepiti e non erano conformi ai bisogni femminili. E’ anche vero, però, che questi programmi, pur con i loro difetti, hanno portato sollievo alle vite di molte donne e delle loro famiglie. Poiché oggi i governi possono fare di più, usando l’istruzione e la persuasione, si riduce il rischio che essi debbano usare, un domani, dei mezzi draconiani come quelli cinesi. I governi devono preoccuparsi dei problemi delle risorse e della disoccupazione e non è sbagliato che si impegnino a incoraggiare i cittadini a limitare la dimensione delle loro famiglie per adeguarsi a usufruire delle risorse esistenti. L’alternativa alla dittatura e alla coercizione governativa non è la libertà della donna, ma potrebbe essere un inferno di conflitti e carestie.
La verità è che abbiamo già oltrepassato quel punto della crisi da sovrappopolazione, oltre il quale non esistono delle alternative dolci. Abbiamo già riprovato la coercizione nella situazione cinese, ma, se la Cina non avesse istituito la politica di un solo figlio, non ci sarebbero stati più carenza di cibo, più disoccupazione e più conflitti? Forse il Ruanda, e non l’Utopia, sarebbe da considerare l’alternativa alla Cina. Il governo del Ruanda non si era occupato della limitazione del tasso di natalità, che, in quel paese, è uno dei più alti nel mondo. La forma di coercizione attuata in Ruanda è risultata ancor più pericolosa di quella cinese, e sta verificandosi, in modo più o meno attenuato, in altre parti dell’Africa. Piuttosto che negare la realtà della crisi della popolazione globale, le femministe dovrebbero incoraggiare i loro governi ad occuparsi di questo problema al più presto, mentre ancora abbiamo la possibilità di utilizzare l’istruzione e la persuasione.
(Trad. Maria Luisa Cohen)
• Madaleine Weld, B. Sc, M.C., Ph.D, è stato un membro del Population Institute of Canada sin dalla fondazione nel 1992 e ne è Presidente dal
1995. Lavora come un biologo all’Health Canada. Oltre al PIC, Madaleine è un membro da lunga data ed ex direttore dell ‘Associazione
Umanista del Canada, membro della Canadian Association of Club of Rome, ed ex direttore del Planned Parenthood di Ottawa. Si è a lungo occupata dei problemi della popolazione ed è frequentemente autrice di scritti e di interventi pubblici sull’argomento.
(president@populationinstituteofcanada.ca)
TRATTO DAL SITO DELL’ ASSOCIAZIONE RIENTRODOLCE

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