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giovedì 20 ottobre 2011

EIBL-EIBESFELDT: GLI EFFETTI BIOLOGICI E COMPORTAMENTALI DELLA SOVRAPPOPOLAZIONE






"Uno degli effetti della densità di popolazione è una diminuzione della fertilità, come si può osservare quando un luogo è sovrappopolato. Vi è, per esempio, un tenebrionide (Tribolium confusum) che, in caso di alta densità della popolazione, divora le proprie uova. Abbiamo già ricordato vari esempi di influsso reciproco, per via feromonale, fra i componenti del gruppo. Nei mammiferi la sovrappopolazione porta a uno stress che provoca infine un crollo della popolazione, molto prima che si possano notare effettive carenze di cibo. Nel 1916, quattro o cinque individui di cervi sika (Cervus hippon) furono lasciati liberi sull'isoletta di James (centoquattordici ettari) distante ventisei chilometri da Cambridge (Maryland); nel 1955, gli animali, tutti sani, erano diventati trecento. Nel 1958 ne morì circa la metà, sebbene vi fosse cibo sufficiente, e negli anni seguenti la popolazione si ridusse fino a circa ottanta individui. Gli animali visitati negli anni del declino presentavano alterazioni istologiche delle ghiandole surrenali, fatto che lascia presumere che il crollo fosse stato causato unicamente dallo stress dovuto alla sovrappopolazione (J.J. Christian, 1959, 1963).
I fenomeni di stress causati dalla densità di popolazione sono stati osservati ed esaminati accuratamente nelle tupaie (Tupaia belangeri) (H. Autrum e D. von Holst, 1968; D. von Holst 1969, 1975). Essi portano ad un rallentamento della crescita nei giovani e ad alterazioni rilevanti del comportamento e della fisiologia negli adulti. Nella femmina le ghiandole mammarie cessano di funzionare bene e inoltre la ghiandola sternale non secerne più alcun umore, per cui l'animale non può più contrassegnare con esso i propri piccoli, come suo solito. Senza questa protezione dovuta alla marcatura odorosa, i piccoli vengono divorati dalla madre e da altri coabitanti della gabbia (cronismo). Nel caso di uno stress maggiore, poi, le femmine giungono a non partorire più i piccoli, e il loro comportamento subisce una mascolinizzazione, in quanto esse montano conspecifici. Nei giovani maschi viene ritardato il descensus testiculorum, e negli adulti i testicoli si ritraggono addirittura nella cavità addominale. Lo stress è dovuto principalmente all'aggressività degli abitanti della gabbia (effetto di dominazione) , ma,anche a prescindere dall'aggressività, vi contribuisce inoltre il numero di individui che si trovano raggruppati. In questo caso sono le marcature odorose dei conspecifici del medesimo sesso all'origine del disturbo (effetto di densità). Lo stress provoca una attivazione del sistema nervoso simpatico e della corteccia surrenale. Sotto stress, le tupaie rizzano i peli della coda; se si esprime in percentuale la frequenza di questa azione (RPC), rispetto alla frequenza totale di attività in dodici ore o in un giorno, si può misurare il grado di stress a cui l'animale è soggetto. I valori RPC e le altre manifestazioni già trattate dipendono in modo evidente dalla densità della popolazione, come è chiarito dalla figura 15.89 (nel testo originario). Tutto questo porta a un punto in cui gli animali cessano di moltiplicarsi (D. von Holst, 1969).
Questo effetto sociopsichico si osserva pure allorché, dopo una lotta, si instaura una relazione di dominazione, anche se il perdente non subisce più alcun disturbo. All'interno della famiglia si ha soprattutto tolleranza. I giovani leccano spesso insieme la saliva dalla bocca materna -un rituale che rafforza i legami, certo derivato dall'azione di imboccare la prole-, e per dormire si ammucchiano fra loro e con la madre. Se una femmina diventa sessualmente matura, il valore RPC della madre s'innalza rapidamente e altrettanto accade al padre, quando matura un giovane maschio. L'attivazione del sistema nervoso simpatico e delle surrenali rappresenta una reazione adattativa dell'organismo a un disturbo acuto atteso, per esempio nella lotta e nella fuga. La midollare del surrene produce adrenalina e noradrenalina, la corteccia i corticoidi, con l'effetto di un battito cardiaco più frequente e più forte e di un aumento della pressione sanguigna; aumenta l'afflusso di sangue alla muscolatura scheletrica, diminuisce invece per la cute, il tratto digerente, i reni; il fegato libera zucchero nel flusso sanguigno; vengono inibite sia la formazione di costituenti corporei sia l'attività delle ghiandole sessuali. L'animale è in tal modo più preparato a misurarsi con i nemici, ma questa attivazione totale del sistema può diventare dannosa, se la presenza continua e stressante di un conspecifico porta a un'eccitazione costante: il compagno di specie diventa allora una fonte tale di disturbo che l'animale può persino giungere alla morte, soprattutto per blocco renale...Nei sottomessi -passivi- il sistema adrenocorticale permane fortemente attivato. Gli animali perdono rapidamente di peso, si ammalano e muoiono di lì a poco. D.von Holst (1985 b) paragona il loro stato a quello della depressione umana...
Se si tiene un gruppo di ratti in uno spazio limitato e si offre loro cibo sufficiente, gli animali si moltiplicano fino a raggiungere una determinata densità, dopo di che sviluppano un comportamento abnorme: non si prendono più adeguata cura dei piccoli e non costruiscono più bene i nidi; di conseguenza, la mortalità infantile aumenta fino al punto che non si ha più alcun incremento di popolazione, anche se in teoria lo spazio a loro disposizione sarebbe stato sufficiente per un numero superiore di individui, e così pure il cibo. Gli animali si disturbano a vicenda in quanto vengono continuamente a contatto, limitando così la reciproca sfera di libertà (J. Calhoun, 1962). F. Frank (1953) ha trovato condizioni analoghe tra i topi campagnoli. Quando il cibo è fornito in abbondanza, gli animali si riproducono fino a superare la densità ottimale. Come conseguenza delle continue liti tra loro, a poco a poco si manifestano i più svariati disturbi, anche di origine endocrina, che alla fine portano gli animali alla morte. Nelle estati in cui il cibo è abbondante i lemming si riproducono senza alcun freno; la carenza di cibo li spinge infine a migrazioni in massa, che per la maggior parte degli animali terminano con la morte. In questo caso mancano i dispositivi per la limitazione delle nascite. In certi casi, però, il comportamento sociale si è arricchito di adattamenti atti a impedire la sovrappopolazione di un territorio. V.C. Wynne-Edwards (1962) ha spiegato questo fenomeno sulla base della selezione di gruppo. I sociobiologi però, servendosi di modelli matematici, dimostrano che sarebbero sufficienti la selezione a livello individuale e quella familiare (selezione individuale e selezione di parentela). Ciò non esclude che vi sia anche una selezione a livello di gruppo... In molti mammiferi difettano i meccanismi che, rendendo possibile una riduzione del tasso di natalità in rapporto alla densità, impediscano lo sfacelo del sistema sociale; è una circostanza che riguarda in particolare anche l'uomo, come sottolineano H. Autrum (1966), E.T. Hall (1966), Th. Schultze-Westrum (1967)e D. von Holst (1974). " Il nostro futuro" scrive Autrum " è minacciato non dal pericolo della fame, ma dal pericolo che le strutture sociali che sostengono e danno ordine alla nostra società si disgreghino a seguito della sovrappopolazione"."

(Irenaus Eibl-Eibesfeldt: I Fondamenti dell'Etologia -il comportamento degli animali e dell'uomo- pag.588-592. Adelphi 1995).

Commento del curatore del Blog:
Le parole di Eibl-Eibesfeldt (allievo di Konrad Lorenz ) sono di quelle che ci illuminano sull'uomo, sui suoi comportamenti, sulla sua organizzazione sociale. Sono importanti perché ci riportano ad un verità che non va mai dimenticata e la cui dimenticanza, anzi, è alla base di tanti disastri contemporanei, primo fra tutti la distruzione del pianeta Terra da parte della specie Homo. Questa verità cui ci richiama Eibl-Eibesfeldt è che l'uomo è un animale, nel senso che appartiene al regno animale, e che la struttura dei suoi comportamenti si ritrova spesso negli animali. La cosa fa inorridire qualcuno? Beh, scenda dal piedistallo e si renda conto che è un animale come gli altri, e che la sua vita dipende dalla salute della biosfera come tutti gli altri animali. Il brano riportato sopra è tra i più affascinanti, da esso si possono capire tante cose. Vi è ad esempio una spiegazione etologica alla caduta della prolificità negli individui che vivono in territori sovrappopolati. C'è la spiegazione di come lo stress da alta densità di popolazione porti a malattie che oggi sono sempre più diffuse come quelle cardiovascolari, l'ipertensione, l'infarto, e quelle psichiche come la depressione. C'è la spiegazione di come la sovrappopolazione sia una delle cause della aggressività intraspecifica e di come, mediata da motivazioni storiche, politiche,culturali e religiose, sia spesso anche alla base sia di criminalità e di violenza legata a lotte civili, sia di guerre per il controllo e il dominio del territorio. Certo, nell'uomo subentrano fattori complessi di natura culturale ma alla fine gli elementi alla base dei comportamenti, spogliati dalle sovrastrutture, rimangono di tipo animale. La scarsa fecondità delle popolazioni occidentali ha certamente a che fare con l'alta densità di individui che insistono sulle stesso territorio, allo stress conseguente che agisce sui sistemi biologici, alle strutture comportamentali che tale stato determina. Basti pensare a come l'aborto e la sua giustificazione sociale nella nostra società somigli a certi comportamenti anti-prole di alcuni mammiferi in stato di sovrappopolazione. Oppure a come l'accettazione sempre più diffusa della omosessualità possa rientrare in questa visione. La liberalizzazione dei rapporti omosessuali che noi consideriamo una conquista della democrazia, della libertà e dei diritti umani, ha probabilmente motivazioni assai più prosaiche. Il manifestarsi di comportamenti  e modificazioni del corpo nel senso della omosessualità è molto più collegato alla appartenenza al mondo animale e alle conseguenze della sovrappopolazione della nostra specie di quanto noi crediamo. Esso è infatti un comportamento che finalisticamente tende a ridurre i tassi di natalità in una popolazione ad alta densità demografica ed alti livelli di stress collegato.   Anche i costumi della donna hanno determinazioni etologiche, come ad esempio il comportamento mascolino, la libertà sessuale non finalizzata alla procreazione, il diverso ruolo sociale, tutte manifestazioni tipiche della vita nelle moderne megalopoli. Quello che colpisce è che, mentre negli animali i comportamenti che tendono a compensare squilibri come la sovrappopolazione, alla fine hanno successo, nell'uomo ciò non avviene. Finché le società umane erano legate al territorio, ai fattori locali, le compensazioni etologiche hanno funzionato. Ma la tecnica ha generato trasporti rapidi, globalizzazione tecnologica, rapida migrazione di masse umane e di merci, diffusione istantanea di conoscenze e di aspettative, economia e finanza mondiale, e tanti altri fenomeni contemporanei. la tecnologia non accompagnata da un adeguata presa di coscienza della responsabilità che questa comporta, ha generato quell'eccesso demografico senza più alcun limite che sta portando il pianeta al destino di distruzione verso cui stiamo correndo.

2 commenti:

  1. Salve, mi permetto di lasciare un piccolo commento...

    Articolo molto interessante. Trovo però che le conclusioni a cui si giunge sono un po' troppo azzardate: prima di dare la colpa per le malattie dell'età contemporanea (ipertensione, depresione, malattie cardiovascolari, ecc.) a fattori "esterni" come la sovrappopolazione, si dovrebbe credo puntare prima il dito su altri effetti molto più "interni", in primo luogo l'alimentazione. Ogni attività corporea è legata in primo luogo alla qualità del proprio sangue, determinato a sua volta dalla qualità e dalla quantità dei cibi di cui ci si nutre. Ho visto troppe volte persone malatissime, spesso incurabili, guarire grazie ad un radicale cambio di dieta. Vivere in posti più a contatto con la natura aiuta senza il minimo dubbio, ma è pericoloso dimenticare che la natura la portiamo comunque dentro di noi, persino in una megalopoli, se mangiamo un cibo il più possibile naturale, completo, in armonia con le stagioni. Quando uno è sano, il fatto che intorno ci siano 3 o 3000 persone non cambia molto; se invece ci sono problemi evidenti già con il proprio "interno", figuriamoci come si riesce ad affrontare quelli "esterni"...
    In generale, relativamente alla tematica della sovrappopolazione, credo attualmente che non sia tanto il numero, il problema, ma la densità. La terra potrebbe probabilmente sostenere anche una popolazione 10 volte superiore (dico un numero tanto per dire), SE fosse distribuita in modo molto diverso da quello attuale (http://it.wikipedia.org/wiki/Popolazione_mondiale) e si cibasse di cibi molto diversi da quelli della dieta media attuale.
    Boh! Speriamo che cambi qualcuno degli attuali paradigmi, perchè così (siamo tutti d'accordo!) non si può andare avanti...

    Saluti!

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  2. Concordo ovviamente che malattie come l'ipertensione e l'infarto siano legate alla alimentazione e alla "qualità del proprio sangue". Tuttavia anche per queste malattie la sovrappopolazione, la vita stressante nelle megalopoli, hanno la loro importanza. Sia direttamente come effetto dello stress causato dall'alta densità di individui e dai ritmi cittadini, sia indirettamente in quanto lo stress da densità agisce sul tipo e la quantità della alimentazione. I prodotti impacchettati e sotto conservanti, con alta percentuale di grassi e zuccheri, sono prodotti tipici delle megalopoli e della civiltà che le sostiene. Per il poco tempo a disposizione si tende a cucinare sempre meno e ad alimentarsi con cibi preconfezionati. Sono tutti prodotti che vanno ad influenzare, con il colesterolo e i triglicerdidi, la qualità del sangue e le malattie cardiovascolari. Come riportato in un post precedente, vi sono evidenze scientifiche che anche la qualità dell'aria delle megalopoli, il Pm10, gli inquinanti, influiscono pesantemente sulla incidenza di ipertensione ed infarto. Mi permetto infine di non essere daccordo sul fatto che il problema non sia il numero di umani, ma la densità. Matematicamente il discorso potrebbe anche filare, se si trattasse di un contenitore e un contenuto da ben distribuire. Ma il problema non è matematico e distributivo. Il problema è in quel rapporto tra uomo e natura, in quel senso che vogliamo dare alla nostra vita e al mondo che rende la vita degna di essere vissuta. La bellezza del mondo è un valore, o è un accessorio? Certo, costruendo distese di grattacieli nelle savane africane e nelle foreste pluviali amazzoniche riusciremmo a far vivere sulla terra 50 miliardi di umani. Ma, a quel punto, che cosa sarebbe la Terra? Che sarebbe l'uomo? Che senso avrebbe la nostra vita?

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