Fra gli studi che hanno fornito i risultati più importanti, lo studio ACS (American Cancer Society ) ha osservato una correlazione fra aumentato rischio di morte per cardiopatie ischemiche ed esposizione a lungo termine a elevate concentrazioni di PM2,5 nell’aria atmosferica. Infatti, gli eventi ischemici cardiaci contribuivano al maggior incremento del rischio relativo (RR 1,18; IC 95% .1,14-1,23) e di quello assoluto per la mortalità per un aumento della concentrazione di PM2,5 di 10 µg/metro cubo
L’analisi dei soggetti sopravvissuti ad un infarto miocardico condotta su 196.000 residenti in 21 città degli Stati Uniti e assistiti da Medicare ha dimostrato che il rischio di un evento avverso post-infarto (morte, recidiva dell’infarto, primo ricovero per scompenso cardiaco congestizio) era aumentato dopo l’esposizione ad elevati livelli di PM10. In un altro studio è stato osservato che l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico da traffico veicolare era associato con un significativo aumento del rischio di infarto miocardico. Tuttavia in diversi studi condotti su donne, soltanto gli eventi coronarici fatali, ma non l’infarto miocardico non fatale da solo, erano statisticamente correlati con le concentrazioni di PM2,5. In entrambi gli studi l’ampiezza dell’effetto sulla mortalità cardiovascolare era molto maggiore e molto più robusto dal punto di vista statistico rispetto agli eventi non fatali come infarto del miocardio.
Diversi studi hanno anche riportato un aumento dei ricoveri in ospedale per cardiopatie ischemiche associate con aumenti nel breve termine delle concentrazioni del particolato atmosferico. In uno studio americano, una riduzione di 10 µg/delle concentrazioni di PM2,5 riduceva, secondo stime attendibili, il tasso di ricoveri per cardiopatie ischemiche di 1523 casi all’anno. Numerosi studi hanno osservato un’associazione positiva fra aumento del particolato ed esposizione al traffico, anche per poche ore o alcuni giorni, con un aumentato rischio di infarto del miocardio.
In generale un aumento acuto del rischio di cardiopatie ischemiche è stato osservato ripetutamente, persino dopo l’esposizione per poche ore ad elevate concentrazioni di particolato. Altri studi hanno riportato un aumentato rischio d’infarto del miocardio poco dopo esposizione al traffico. Nello studio di Peters et al. pubblicato nel 2004 fu osservata una correlazione tra l’infarto e l’ esposizione al traffico nell’ora precedente all’attacco ischemico, e non è certo se il risultato fosse dovuto all’inquinamento atmosferico o una combinazione di altri fattori, per esempio l’affaticamento o lo stress emotivo. Altri studi non confermano un’associazione tra recentissima esposizione al particolato atmosferico e sviluppo dell’infarto del miocardio, anche se i livelli di PM2,5 e di diversi altri inquinanti atmosferici nei giorni precedenti erano correlati all’insorgenza dell’infarto.
La mancanza di una correlazione fra infarto e particelle di PM2,5 può essere dovuta al fatto che in questo studio le concentrazioni di particolato erano misurate a livello regionale e lontano dalla zona di residenza dei soggetti infartuati.
Infine nel solo studio in cui partecipanti furono sottoposti a coronarografia, eseguita prima dell’infarto, l’esposizione all’inquinamento atmosferico era correlata al livello di particolato soltanto nei soggetti con lesioni aterosclerotiche ostruttive in almeno una coronaria. Queste osservazioni suggeriscono l’importanza della predisposizione del paziente, ad esempio in presenza di una preesistente coronaropatia, agli effetti negativi del particolato atmosferico, il quale deve essere considerato come causa scatenante di un evento ischemico cardiaco, nei soggetti predisposti, nelle ore o nei giorni successivi all’esposizione.
Conclusioni
Sulla base dei risultati degli studi epidemiologici che hanno valutato l’associazione dell’esposizione al particolato atmosferico con i principali endpoint cardiovascolari (morbilità, mortalità, tasso di ricoveri ospedalieri), è oggi possibile affermare che le prove attualmente disponibili depongono in modo robusto e consistente per un effetto scatenante del particolato atmosferico sulle cardiopatie ischemiche.
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