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venerdì 8 luglio 2011

Verso il vegetarianesimo

E' ormai imperativo: lo stop alla infinita arroganza umana passa per la scelta del vegetarianesimo. Lo dice Umberto Veronesi, persona sensibile e illuminata. Magnifici sono gli articoli di Susanna Tamaro sulla crudeltà degli uomini. Gli scritti di Ceronetti ci richiamano filosoficamente alla essenza della vita: il rispetto per la natura e per gli animali. I vegetariani sono sempre di più in tutto il mondo. Non è un imperativo ideologico. Non è necessario smettere di mangiare carne ora e per sempre ed in maniera rigorosa. Ciò che conta nel vegetarianesimo è il richiamo di fondo al rispetto della natura, al rispetto di tutti gli esseri viventi (anche degli uomini). Nella civiltà contadina si mangiava carne, ma gli animali crescevano insieme alle persone che vivevano in case in cui la stalla era posta al pianterreno. Il mangiar carne era un lusso raro e se ne percepiva il valore. Gli animali avevano un valore, una considerazione diversa. Nessuno vuole far credere che il mondo contadino era un idillio. Ma c'era un rapporto che oggi si è perso divenendo una sopraffazione che si riverbera in una società sovrappopolata, sovralimentata, in cui la cifra di fondo è l'eccesso e lo spreco efferato. Oggi gli animali vengono allevati industrialmente, al chiuso per la maggior parte del tempo, alimentati con mangimi di origine animale addizionati di additivi chimici, imbottiti di ormoni per produrre più peso e più denaro, e la morte per macellazione è un'impresa industriale. I campi di sterminio nazisti sono solo una pallida imitazione di quello che avviene in questi campi di morte. L'immane sofferenza degli animali ce la ritroviamo a tavola e ci intossica la vita. Ci intossica moralmente e fisicamente. Moralmente perché ci instilla indifferenza verso la sorte di esseri viventi che, specialmente per quel che riguarda i mammiferi, sono vicini geneticamente e dal punto di vista evolutivo alla nostra specie. Fisicamente perché ci condanna alla voracità, al sovrappeso, al colesterolo, alla gotta, e ad ogni sorta di malattie metaboliche della società opulenta. Lo spettacolo di masse di persone che si affollano nei supermercati intorno ai banconi della carne richiama quello della voracità di frotte di topi intorno al formaggio. Non esiste spettacolo più osceno e disgustoso di questo: umani che, già obesi e aterosclerotici, frugano vogliosi i resti gelati e incellofanati della sofferenza di creature innocenti, alla ricerca di ulteriore soddisfazione della propria libido di morte. Dunque fermiamoci. Cerchiamo di ritrovare un limite, di tornare ad un rispetto del mondo e di noi stessi. La carne degli animali ridivenga il lusso concesso con parsimonia. O meglio si scelga una vita più salutare che riduca i consumi inutili, privilegi il cibo vegetale o solo i prodotti indiretti della coabitazione tra uomini e animali (uova, latte, formaggi). Che ci porti ad un rapporto diverso con l'esistenza degli altri esseri viventi e con il pianeta. Al primo posto di questo diverso rapporto è ristabilire un equilibrio quantitativo tra umani e gli altri animali e le piante. Un Si gigantesco alle politiche di denatalità e di decrescita demografica, contro gli ideologismi e i dogmi di tutte le "chiese" sia religiose che laiche. Poi un modo diverso di vedere il mondo che ci restituisca i luoghi nel loro valore originario con i suoi abitanti umani, animali e vegetali. Per l'uomo ciò significa un modo diverso di pensare, più profondo e meditato, meno legato alla oggettualità, cioè al considerare le cose, i luoghi, gli esseri viventi come oggetti di cui disporre senza limiti. Questo è vegetarianesimo.

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