Translate

lunedì 26 agosto 2013

Il Fracking: l'utopia delle rinnovabili e la realtà petrolifera




Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive
                                               (Giacomo Leopardi) 


Gli ambientalisti si cullano con l'idea che le rinnovabili stanno avanzando ovunque, ma la realtà è ben diversa dai sogni: il petrolio ha una nuova giovinezza e lo shale oil e lo shale gas stanno riportando in alto le curve di consumo degli idrocarburi, insieme all'esplosione del carbone in Cina. In America e Canada si aprono ogni giorno nuovi pozzi che utilizzano la tecnologia del fracking per estrarre petrolio e gas naturale  dagli scisti bituminosi  a forti profondità. Si prevede che nei prossimi anni gli Stati Uniti diventeranno il primo produttore al mondo di greggio. Questo, lungi da riguardare solo la sfera dell'economia, si sta già da qualche anno ripercuotendo sugli equilibri geo-politici. Gli Stati Uniti si stanno ritirando dall'influenza diretta  sui regimi nelle aree dell'oro nero: si sono ritirati dall'Irak, hanno tolto l'appoggio ai regimi arabi del nord Africa, hanno allentato la presa sul medio oriente, permettendo la caduta dei dittatori con cui fino a pochi anni fa avevano controllato l'area strategica. Con una forte iniezione di real politik hanno così lasciato la patata bollente dell'approvvigionamento energetico all'Europa, alla Cina e al Giappone che ora se la debbono vedere da soli. 

Sulla nuova realtà del Fracking negli Stati Uniti riporto la seguente personale rielaborazione di un bell'articolo sulla febbre dell'oro nero  nel North Dakota apparso su National Geographic del marzo 2013 a firma di Edwin Dobb. 


Il paesaggio è spettrale, una grande distesa di un colore scuro tra il grigio e il marrone, enormi strutture di tubi e travi di metallo, ruote dentate arrugginite, catene intrecciate,  imbuti, trivelle, cavi, silos, cilindri, pozze maleodoranti di bitume, reti, elevatori, gru, luci vicine e lontane ondeggianti nel fumo, palizzate…Tre operai di imprese petrolifere della zona sono intorno ad una trivella sotto un grande argano,   le facce dei tre uomini sono nerastre, sporche di grasso petrolio che ricopre le tute, i guanti, le scarpe, la terra intorno e sembra estendersi oltre l’orizzonte. La vasta pianura intorno è spettrale, un deserto lunare da cui si alzano strani vapori ondeggianti che fanno tremolare la terra e il cielo come su uno schermo di un cinema sgangherato di periferia. Nell’aria un puzzo fortissimo: un misto di catrame e zolfo e sembra quasi che questo sia il mondo del futuro, un mondo a cui ci dovremo abituare e che somiglia all’inferno di Dante. E’ l’acido solfidrico che appesta l’aria di tutta la zona. D’improvviso all’orizzonte appare una grossa sagoma scura circondata da nuvole di polvere  marrone, che si avvicina fino a rivelarsi come  un mostro di metallo in mezzo al rombo infernale del motore: è un autoarticolato di 18 ruote con una enorme cisterna sul groppone. Alla guida c’è Susan (35 anni in un corpo di un metro e settanta e 45 chili di peso) una donna coraggiosa che fa la camionista trasportando acqua sporca o petrolio tra il North Dakota e il Missouri. Scende dal mostro e senza tanti complimenti srotola un grosso tubo a nastro e va a connetterlo ad un bocchettone di un gigantesco serbatoio. Apre il portellone con grande circospezione ma oggi va sul sicuro e non indossa la maschera antigas che si porta dietro, il rilevatore di gas tossici infatti si ferma sui livelli bassi.
Quello del camionista è il mestiere più diffuso in questo distretto petrolifero che occupa metà del territorio del Nord Dakota, più vasto dell’intera Italia centrale, dove, grazie ai progressi nelle tecnologie di trivellazione ed estrazione, è diventato possibile prelevare il petrolio da giacimenti molto profondi e distanti tra loro. Dall’inizio del 2006 l’estrazione del greggio dalla cosiddetta  Formazione di Bakken è aumentata di quasi 150 volte, raggiungendo più di 660 mila barili al giorno. Oggi il North Dakota è secondo nella classifica Usa degli stati produttori di petrolio, dopo il Texas e prima dell’Alaska. Nessuno si aspettava uno sviluppo del genere. Oggi si prevede che la produzione giornaliera dello stato potrebbe uguagliare in poco tempo  quella del Texas, circa due milioni di barili, e che il numero dei pozzi attivi potrebbe salire dagli 8000 di oggi ai 40-50 mila. C’è però la minaccia del danno ambientale. Qui si usa il fracking, o fatturazione idraulica,  una tecnologia che consiste nel pompare grandi quantità di acqua dolce o salata mescolata a sabbia e altre sostanze, alcune delle quali tossiche, ad altissima pressione negli strati profondi di roccia scistosa, in modo da creare crepe attraverso le quali le bolle di petrolio o di gas naturale intrappolate in profondità possono risalire in superficie. Serve tanta acqua. Come evitare che l’acqua sporca pompata dal pozzo contamini la falda acquifera come è accaduto in altre parti del paese? Intanto la grande prateria del North Dakota con il suo silenzio, solitudine, serenità, muore sotto lo sviluppo frenetico della regione e soffocata dall’ansia di estrarre la massima quantità di petrolio il più in fretta possibile. La verde prateria ha lasciato spazio ad un territorio lunare, sfregiato da orribili tecnostrutture estrattive di decine di tonnellate di acciaio, cilindri d’acciaio, mostruose tubature, intervallato da pozze e immerso in un’aria irrespirabile e miasmatica. Le possibili ripercussioni vanno molto al di là del territorio del North Dakota. I depositi scistosi simili alla Formazione di Bakken si trovano in tutti gli Stati Uniti, anzi in tutto il mondo. Davanti alla sbalorditiva efficacia di questa tecnologia e alla situazione dei mercati, che ha reso conveniente lo sfruttamento di giacimenti difficili da raggiungere e quindi più costosi, alcuni esperti si sono convinti che l’economia basata sui combustibili fossili possa durare più a lungo del previsto. A detta di Harold Hamm, petroliere miliardario e pioniere dello sfruttamento della Fondazione di Bakken, le previsioni di un prossimo esaurimento delle riserve di petrolio e gas naturale sono semplicemente false. Altro che picco del petrolio, di cui farneticano certi ambientalisti, qui si andrà avanti ad idrocarburi ancora per secoli –certamente per tutto il nostro secolo-. Hamm sostiene che gli Stati Uniti dovrebbero adottare una politica energetica basata sull’abbondanza di petrolio e gas e smettere di privilegiare le fonti rinnovabili. “I cambiamenti climatici? Da queste parti non se ne parla”, dice Susan risalendo sul sul autotreno di 18 ruote che torna a rombare e sbuffare fumo nel deserto marrone.
Molti proprietari terrireri hanno dovuto cedere i diritti di sfruttamento del sottosuolo (che , secondo la legge locale, sono separabili dalla proprietà di superficie) per superiore pubblica utilità. Si vedono così fattorie con ampie distese di campi di grano, erba medica e girasole che si estendono a perdita d’occhio, e poi d’improvviso gigantesche trivelle formate da tonnellate di metallo che si ergono come giganti e che urlano giorno e notte con il loro ritmico rumore della pompa petrolifera. Poi c’è il viavai del traffico di autoarticolati,  le immense cisterne di petrolio alternate in lontananza con i silos dei cereali, la vecchia risorsa del North Dakota.
Brent Sanford è il sindaco di Watford City, una cittadina trasformata dal boom. Quarant’anni, discendente da una famiglia che vive qui da quattro generazioni, sta seduto davanti a un computer nel suo ufficio alla S & S Motors, l’azienda che suo nonno ha fondato nel1946. “E’ un’operazione mineraria su vasta scala, e io l’appoggio in pieno”, dice. “La mia città stava morendo”.  La crisi che fino a poco fa attanagliava Watford City e decine di altri centri era tale che qualche geografo aveva proposto di abbandonare del tutto la regione e lasciarla ripopolare dai bisonti (un’idea che è però meglio non ricordare a Sanford o ai suoi compaesani se non si è pronti alla rissa). Le strade sono intasate da mezzi rumorosi e inquinanti: autocisterne, camion di ghiaia, autocarri a pianale, autoribaltabili, furgoncini e quegli enormi pickup che, nonostante i consumi esorbitanti, sono i mezzi preferiti anche per il trasporto privato. La città si è espansa con tanto brutto cemento, grigi casermoni o villette tutte uguali e squallide. Ma le case non bastano mai con tutti gli arrivi di gente che cerca di svoltare e fare qualche soldo. Ci sono anche baraccopoli, e molti addirittura dormono in roulotte o nei camion, mentre il vento misto a sabbia e a volte neve  sferza i vetri con la temperatura spesso sotto lo zero. Aumentano i reati, gli incidenti stradali, le emergenze mediche. Famiglie a reddito fisso sono costrette a traslocare perché non possono permettersi gli affitti rincarati. Il sistema idrico e fognario regge a stento all’uso eccessivo. Si diffonde la prostituzione. Pregiudicati per reati sessuali girano indisturbati per la città.
Fin dagli anni Novanta al fracking veniva affiancata la cosiddetta perforazione direzionale: una volta trivellato il pozzo si continuava a scavare in orizzontale per raggiungere gli strati sottili di roccia contenenti petrolio e gas. Nella Formazione di Bakken, la Continental Resources di Harold Hamm e altre aziende lungimiranti avevano perfezionato questa tecnica, allungando i tratti orizzontali dei pozzi fino a tre chilometri e migliorando la miscela di sostanze usate per la fatturazione. “L’entusiasmo era alle stelle”, ricorda Lynn Helms, direttore del Dipartimento delle Risorse minerarie del North Dakota. Le aspettative crebbero. Il punto di svolta fu raggiunto nel 2009, quando la Brigham Oil & Gas riuscì a scavare 25 gallerie orizzontali in un unico pozzo, applicando a tutte la fatturazione, e aumentando la produzione giornaliera a centinaia di barili al giorno. Serviva di tutto: più manodopera, più autostrade, più ferrovie, più linee elettriche. E anche molta pazienza in più.
E’ prevista la costruzione nel prossimo futuro di una rete fitta di condutture per portare nei centri di smistamento in Missouri e altri stati il petrolio, il gas, e smistare nei siti di smaltimento l’acqua sporca e gli altri liquidi reflui. La lunghezza delle tubature che dovrebbero attraversare il North Dakota occidentale basterebbe a circondare l’intero pianeta.
“Eventi estremi causati dal riscaldamento globale”, titola il numero dell’11 luglio 2012 del Minot Daily News, quotidiano conservatore di una cittadina conservatrice sita al margine orientale del distretto petrolifero. Si riferisce ai cambiamenti climatici provocati dall’uomo e a eventi meteorologici estremi come le recenti ondate di caldo e siccità negli Stati Uniti. Oggi i proprietari terrieri temono che l’industria petrolifera svuoti le falde acquifere. Chiedono che l’acqua per il farcking sia raccolta dal Missouri e non dalle falde. In ogni caso, nella regione del boom la siccità potrebbe continuare per decenni, prolungata e intensificata dall’uso dei combustibili fossili. Se è vero che non esistono pasti gratis, un banchetto così abbondante non avrà un prezzo troppo alto da pagare?
Da queste parti un’altra risorsa che abbonda è il vento, e nel 2010 Google ha scelto il North Dakota per il suo primo investimento in una centrale eolica su scala commerciale. Ma riuscirà mai lo stato a sostituire le risorse del petrolio con quelle dell’eolico, che tra l’altro costano molto in tecnologia  e rendono poco?
Sembra che il mondo vada per conto suo e lasci ai teorici baloccarsi con le belle teorie sulla decrescita e sulle rinnovabili, sullo sviluppo sostenibile e sulle tante buone intenzioni eque e compatibili. Quello che conta è come sempre l’interesse economico, la necessità di dare energia a prezzi competitivi ai sette miliardi di umani, molti dei quali si stanno avvicinando ora allo sviluppo e alle opportunità della globalizzazione. La Cina chiede energia, l’India chiede energia, tutta l’Asia chiede energia, l’America chiede energia, l’Africa presto chiederà energia. Il North Dakota ha risposto, sta rispondendo: sono gli affari, bellezza!  Mentre la tedesca Siemens chiude il fotovoltaico, giudicandolo antieconomico, le grandi distese del North Dakota sono la dimostrazione materiale che ciò che domina il mondo sono gli interessi e la necessità. La sovrappopolazione vuole altra  energia a prezzi abbordabili dalle nuove economie emergenti e più aumentano i miliardi di umani più energia è necessaria, altro che decrescita felice. E non solo energia visto che anche il cibo sta per diventare un’emergenza perché la produzione agricola richiede fertilizzanti (che si ottengono dagli idrocarburi, cioè ancora dal petrolio, sempre petrolio) in quantità sempre maggiore. Il petrolio brucierà ancora e per molto tempo, alla faccia del riscaldamento globale e di  quello che pensano gli ambientalisti del politicamente sostenibile.
Nella notte della prateria del petrolio in North Dakota brillano ogni tanto immense fiammate delle torce di combustione del gas, alte decine di metri, e si espandono all’improvviso con un ruggito minaccioso. Lo spettacolo è suggestivo e inquietante. La Terra grida la sua potenza, o il suo dolore per una fine imminente?
Susan spiega che la vita da camionista in questo paese irreale non le da solo guadagni  economici, ma anche soddisfazioni meno materiali, più impalpabili. Perfino in queste lande da inferno dantesco esiste un po’ di poesia e di sensibilità.  “Sono su un pozzo, è notte e sono sola”, racconta. Il cielo stellato sulla testa, le fiammate di gas in lontananza, a volte l’urlo lontano di un coyote. Susan è sulla passerella, a una certa altezza da terra, e apre il portello di un serbatoio che raccoglie acqua salina proveniente dalle viscere del sottosuolo, da migliaia di metri di profondità, nel bel mezzo del continente nordamericano. Si piega in avanti e fa un grande respiro. “Sembra proprio di sentire l’odore del mare”, dice."




Nessun commento:

Posta un commento