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domenica 21 agosto 2011
LA BOMBA AFRICANA
Dopo la fine del colonialismo ci furono grandi speranze. Ma da subito si capì che l'Africa post-coloniale non sarebbe divenuta il promesso paradiso sulla terra. Osservatori disincantati parlarono di un'Africa in preda al disfacimento, alle lotte tribali, alla distruzione ecologica, al massacro degli uomini e degli animali. Il giornalista Gualtiero Jacopetti, che la conosceva bene, disse che "l'Africa dopo la dominazione bianca sarà molto ma molto peggio di prima". Nel lungometraggio "Africa Addio" girato agli inizi degli anni '60 aveva preconizzato: "nel prossimo secolo si scanneranno". E così è stato. Basti pensare alle stragi in Rwanda, Congo, Nigeria, Sudan, in Etiopia, in Somalia, in Guinea Equatoriale, in Liberia, in Costa d'Avorio.
La corruzione e l'incapacità delle classi dirigenti locali ha accentuato il disastro. Le grandi e medie città del continente cresciute senza regole, le discariche sorte ovunque, la mancanza di qualunque regola verso l'ambiente, l'estrazione senza limiti delle risorse ambientali e del sottosuolo da parte degli ex colonizzatori e delle imprese multinazionali con interessi globalizzati, la deforestazione per uso antropico del territorio, il bracconaggio, l'uso massiccio di inquinanti e tossici (tra cui l'eternit), lo sversamento nei fiumi e corsi d'acqua, l'uso da rapina delle fonti idriche in rapido esaurimento, hanno moltiplicato in pochi decenni la devastazione portando alla perdita di vaste aree di foreste e savana e all'accelerazione del già rilevante fenomeno della desertificazione.
Su tutto si è innestato il problema sovrappopolazione, innescando un problema esplosivo che sta preparando per l'Africa e il mondo una vera e propria bomba.Le proiezioni Onu dicono che la popolazione africana aumenterà di oltre il doppio, salendo dagli 850 milioni di unità del 2003 a 1,8 miliardi (ma c'è chi parla di due miliardi) nel 2050.
Quando il Kenia era una colonia britannica aveva cinque milioni di abitanti, oggi ne ha trenta.E quelle terre descritte in maniera sublime da Karen Blixen oggi sono un luogo di sterminio di animali, di aberrazioni ecologiche e umane come la periferia di Nairobi.
Il boom demografico africano ha molte cause. La cultura locale, gli aiuti concessi senza responsabilizzare le popolazioni locali, il disinteresse per una programmazione familiare e uno sviluppo del territorio da parte dei capi di governo africani e delle imprese straniere. Le organizzazioni religiose con la loro lotta alla contraccezione.
Un importante argomento demografico è la relazione fra alta fecondità e povertà: può la povertà essere la causa di un alto tasso di natalità? Oppure, può una rapida impennata demografica provocare povertà? Le risposte che emergono, soprattutto grazie al lavoro dell’economista Partha Dasgupta, sembrano affermative in entrambi i casi. Uno scatto repentino della crescita demografica ostacola la capacità delle istituzioni di soddisfare i bisogni in aumento della popolazione in termini di infrastrutture, scuole, ospedali e produzione alimentare. Questo è particolarmente problematico quando una larga quota della popolazione (in alcuni casi si arriva al 50%) è composta da giovani sotto i 15 anni. Quando la popolazione raddoppia in un lasso temporale di 18-25 anni, è molto difficile anche solo mantenere il passo con la crescita demografica; migliorare è praticamente impossibile. Alcuni dei paesi più poveri e meno sviluppati infatti hanno perso terreno negli ultimi decenni.
Il ruolo della povertà sui tassi di fecondità è invece meno netto, anche se è evidente che di solito è accompagnata da analfabetismo e mancanza di accesso ai servizi sociali. La mancanza di lavoro retribuito e di incentivi culturali, insieme alla scarsa scolarizzazione, limitano l’indipendenza delle donne e la loro capacità di fare scelte personali. Tutto questo a sua volta promuove l’alta fecondità. Nelle famiglie rurali povere allo stesso risultato concorre anche il valore dei bambini, preziosi per il rifornimento di acqua e la ricerca di legna da ardere.
Il tasso di natalità per l’Africa sub-sahariana è di 6,5 figli per donna. Nel Niger addirittura 7,6 il più alto tasso di natalità al mondo. In Uganda, Mali e Zambia siamo a livelli di poco inferiori. Questi tassi così alti hanno solo un significato: morte per le specie viventi uniche e preziose dell'ambiente africano, morte per le savane, morte per bacini e corsi idrici, morte per la varietà genetica tipica di una terra rimasta l'ultimo ecosistema per tante specie animali e vegetali che non hanno altri habitat nel pianeta, e infine morte per un'enorme numero di uomini che saranno condannati a perire per conflitti, malattie e mancanza di risorse ambientali.L’Africa si avvia così verso una catastrofe di dimensioni planetarie. Il boom demografico avviene incontrastato e in presenza di una economia che è poverissima e la più arretrata del pianeta. In presenza di una cultura di deresponsabilizzazione e di impreparazione culturale e materiale al lavoro. Impreparazione, irresponsabilità che, insieme alla corruzione delle classi dirigenti, è figlia delle politiche occidentali verso l’Africa, dal colonialismo all’assistenzialismo fine a se stesso,e poi di quelle politiche di intervento governativo o peggio spontaneo in cui gli aiuti venevano “paracadutati” in territori deserti, senza risorse, tra popolazioni analfabete. Andiamo verso i due miliardi di umani in una terra devastata dall'AIDS che ha trovato qui il proprio terreno ottimale di endemia nella promiscuità, nella povertà, nell’eccesso demografico rispetto alle risorse. Le responsabilità dei governi e delle chiese cristiane sono immani in questa tragedia. Si sono dati aiuti senza chiedere sforzi, senza una politica di istruzione al lavoro, di cultura della produzione in agricoltura e nell’artigianato, senza insegnare i metodi per il commercio locale e la piccola intrapresa in aziende anche rudimentali e adatte al contesto. Aiuti dati senza condizioni, senza un discorso sulle politiche demografiche, sul rapporto tra popolazione e territorio, tra natalità e risorse. Non si è mai affrontato il problema ambientale e dei limiti della crescita demografica. Si è andati lì, prima da parte dei paesi occidentali e dei sovietici, oggi da parte delle nuove economie asiatiche, prospettando un futuro di crescita senza limiti sia dai fautori del mercato che dai socialisti progressisti di ispirazione marxista, a cui hanno dato man forte le chiese di ogni risma con il biblico “andate e prolificate”. Le organizzazioni religiose e politiche onlus hanno avuto un ruolo grave fino a rasentare il crimine, in questa opera di mistificazione mascherata da propositi umanitari. Si è così deresponsabilizzato, si è instillata la cultura del regalo, delle risorse a pioggia che prima o poi sarebbero arrivate a risolvere tutto. Si è predicato alle tribù nel deserto, in un ambiente privo di risorse per popolazioni in forte crescita demografica. Il danno fatto è gigantesco ed epocale. L’Africa è un continente malato e può intossicare il mondo. L’Africa, ha paesaggi stupendi, patrimoni naturali e zoologici meravigliosi che però stanno morendo sotto una pressione antropica incontrastata ed esplosiva. Spariranno per sempre specie viventi ormai uniche, già ridotte a poche migliaia di esemplari dal bracconaggio e dal commercio di prodotti animali come l’avorio e le pelli, gli animali stessi usati come fenomeni da baraccone o come "divertissement" domestici. La distruzione delle foreste e delle savane procede incontrastata e si accentuerà con l'aumento esplosivo della popolazione. Ma la bomba demografica non distruggerà solo il continente africano. Milioni di migranti, spinti dalla fame, dalla povertà, dalla scarsità di risorse e dai miraggi artificiali dei midia occidentali si avvieranno con tutti i mezzi verso le coste del Nord Africa che guardano all’Europa. E’ un fenomeno che riguarderà tutto il secolo XXI e che contribuirà al declino economico e alla devastazione ambientale della già sovrappopolata terra europea.
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