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martedì 6 novembre 2012

Gary Peters: Fermare subito la crescita demografica




LA CRESCITA DEMOGRAFICA DEVE CESSARE
Di Gary Peters*.
La popolazione della Terra si sta avvicinando ai sette miliardi di individui, nel momento stesso in cui i limiti delle risorse e il degrado ambientale stanno diventando ogni giorno sempre più evidenti. Le nazioni ricche hanno da tempo assicurato alle nazioni povere che anche loro, un giorno sarebbero state ricche e che i loro tassi di crescita demografica sarebbero calati, ma non è più certo che questo si verifichi per la maggior parte dei Paesi poveri di oggi. La scarsità di risorse, in particolare di petrolio, limitano la futura crescita economica; la transizione demografica che in passato ha accompagnato la crescita economica, oggi potrebbe non essere possibile per molte nazioni. Quasi 220.000 persone si aggiungono al pianeta ogni giorno, aggravando ulteriormente i problemi ambientali e quelli relativi alla scarsità di risorse. Gli Stati Uniti aggiungono alla popolazione un persona nuova ogni undici secondi. Non possiamo più aspettare che l’aumento della ricchezza determini una riduzione della fertilità nelle restanti nazioni ad alta fertilità, abbiamo bisogno di politiche ed incentivi per fermare la crescita demografica ora. Molto è stato scritto circa la crescita della popolazione fin dalla prima edizione del famoso saggio di Malthus pubblicato nel 1798. Tuttavia, una verità di fondo è di solito sottaciuta: la crescita della popolazione sulla Terra deve cessare. E’ più sensato per l’uomo fermare la crescita regolando verso il basso i tassi di natalità in modi umani piuttosto che aspettare che siano i tassi di mortalità a risalire alla ricomparsa dei quattro cavalieri dell’Apocalisse. Coloro che pensano che il controllo della fertilità umana sia disumano non hanno mai sperimentato le condizioni di vita delle baraccopoli del Terzo Mondo, dove la gente lotta giorno per giorno al solo fine di sopravvivere. Nel 1970 Norman Borlaug vinse il premio Nobel per la Pace per il suo lavoro sullo sviluppo di nuovi varietà di piante, che hanno costituito la base per la Rivoluzione Verde che aveva avuto inizio all’inizio degli anni 60. Tuttavia, nel suo discorso di accettazione del Nobel Borlaug disse: “Non ci può essere progresso permanente nella battaglia contro la fame fino a quando le istituzioni che si battono per un aumento della produzione di cibo e quelle che lottano per il controllo della popolazione non si uniranno in un impegno comune. Combattendo da sole, possono vincere scaramucce temporanee, ma unite possono ottenere una vittoria decisiva e duratura per fornire il cibo e le altre amenità di una civiltà progressiva, a vantaggio di tutta l’umanità.” Questo è accaduto quattro decenni fa. Durante questo tempo la popolazione mondiale è aumentata di oltre tre miliardi e la lotta per nutrire, vestire, dare una casa, ed educare un numero sempre crescente di persone continua. Le “Scaramucce temporanee” sembrano un fatto persistente, se non definitivo. Certi autori, talvolta, fanno confusione sulle questioni demografiche. Ad esempio, nel suo post, “E’ stata disinnescata la bomba demografica?”, Fred Pearce ha scritto che” La bomba demografica è stata disinnescata con una notevole rapidità”. Egli confonde i tassi di crescita con i numeri assoluti. È vero che il tasso di crescita della popolazione mondiale è diminuito dal 1970, tuttavia, nello stesso periodo la popolazione globale è cresciuta di oltre tre miliardi di individui;. così attualmente aggiungiamo ogni anno 80 milioni o più persone sul pianeta, fatto che non sembra possibile definire come “disinnesco della bomba demografica”! Gli autori hanno a volte la memoria corta quando scrivono circa la crescita della popolazione. Il post di Fred Pearce in “I Consumi superano la popolazione come principale minaccia ambientale”, è un esempio di tale tipo di dimenticanza. Il post di George Monbiot sul tema “Il mito della popolazione”, è un’altro. Entrambi gli autori sembrano aver scoperto che il nostro tasso di consumo è un problema, minimizzano la questione della popolazione e si concentrano sulle nostre abitudini di consumo. Nessuno dei due cita il lavoro di Paul Ehrlich e la sua equazione I = PAT, dove I appresenta il nostro impatto sulla Terra, la P è uguale popolazione, A è uguale alla ricchezza (e quindi al consumo), e la T sta per tecnologia. Sia la popolazione che il consumo sono parte del problema – nessuno dei due può essere ignorato e entrambi aggravano l’impatto umano sulla Terra. Più penoso, però, è che molti di noi neppure si accorgono del fatto che la crescita della popolazione e quella del benessere creano problemi che pesano su un pianeta finito. Fingere che l’aggiunta di 80 milioni di persone all’anno non sia un problema perché sono tutti nelle nazioni povere del mondo non ha alcun senso. Molti di loro finiranno nelle nazioni ricche, migrando, legalmente o illegalmente, e tutto farà ulteriormente aggravare i problemi ambientali, dalle tensioni sul petrolio e su altre risorse fossili, alla deforestazione e alle emissioni di gas a effetto serra. Come Kenneth Boulding ha notato decenni fa, “Chiunque creda che la crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è o un pazzo o un economista”. La popolazione, i consumi e le emissioni di gas serra continueranno a crescere fino a che non prenderemo atto del fatto che ci sono limiti fisici alla nostra Terra oppure fino a quando ci troveremo di fronte ad una catastrofe di dimensioni sufficienti da farci modificare la nostra rotta attuale. Secondo Jared Diamond se cinesi, indiani ed altri paesi del mondo più povero raggiungessero livelli di consumi pari a quelli attuali occidentali sarebbe come se la popolazione della Terra aumentasse d’improvviso a 72 miliardi. Lo stesso Diamond ha poi scritto: “Alcuni ottimisti affermano che si possa sostenere un mondo con nove miliardi di persone, ma non ho incontrato nessuno così pazzo da affermare che si possa sostenere una popolazione di 72 miliardi di persone. Eppure spesso noi promettiamo ai paesi in via di sviluppo che se adottano buone politiche - ad esempio, istituire governi onesti e una libera economia di mercato - anche loro saranno in grado di godere di uno stile di vita da primo mondo. Questa promessa è impossibile, una beffa crudele: abbiamo difficoltà a sostenere uno stile di vita da primo mondo già anche per un solo miliardo di persone”. Spesso le persone che fanno questa promessa credono che la crescita della popolazione si fermerà grazie alla transizione demografica, opportunamente dimenticandosi delle eccezioni come la Cina. Come Tom Athanasiou ha sostenuto, in Divided Planet: The Ecology of rich and poor “In un mondo diviso tra opulenza e povertà, i realisti pazzi dicono ai poveri, che devono vivere giorno per giorno, che tutto andrà bene nel lungo periodo. In mezzo all’approfondirsi delle crisi ecologiche, si precipitano ad adottare piccoli adattamenti cosmetici.” L’accettazione diffusa e l’influenza politica della moderna economia neoclassica è una parte centrale del nostro problema globale. In un ampiamento usato libro di testo di economia, Principi di Economia, Greg Mankiw ha scritto che “una popolazione numerosa significa più lavoratori per produrre beni e servizi. Allo stesso tempo, significa più persone a consumare tali prodotti e servizi”. Parlando a nome di molti economisti neoclassici, Tim Harford ha concluso, nel suo libro “The logic of life”, che “più di noi ci sono nel mondo, a vivere la nostra vita logica, maggiori sono le nostre possibilità di vedere il prossimo milione di anni”. L’assurdità della dichiarazione di Harford deve essere riconosciuta e messa in discussione. Gli economisti non meritano tutta la colpa. Come ha osservato Thomas Berry, nel grande lavoro: “La nostra strada verso il Futuro”, la civiltà occidentale, dominata dall’arroganza culturale, non poteva accettare il fatto che l’uomo, come ogni specie, sia vincolato da limiti in relazione agli altri membri della comunità della terra.” Sul suo blog intitolato Arcidruid, John Greer ha aggiunto l’osservazione che “la mitologia della nostra cultura del progresso prevede come obiettivo della civiltà uno stato utopico in cui la povertà, la malattia, la morte, e ogni altro aspetto della condizione umana siano stati trasformati in problemi e risolti dalla tecnologia “. Non vogliamo sentir parlare di limiti. In nessun luogo l’accettazione delle due torri gemelle costituite dalla crescita economica e dall’aumento dei consumi è più evidente che negli Stati Uniti, dove “far crescere l’economia” è ancora fondamentale, nonostante ciò che resta di un tracollo finanziario creato da un sistema bancario impazzito e con il Golfo devastato dal petrolio. Come osservato Andrew Bacevich, ne “I limiti del potere: The End of American Exceptionalism” “Per la maggioranza degli americani contemporanei, l’essenza della vita, della libertà e del perseguimento della felicità è incentrato sulla ricerca personale incessante di acquisire, consumare, indulgere, e di eliminare qualsiasi vincolo che possa interferire con tale intento”. Ma abbiamo ampie evidenze che l’economia moderna ha lasciato indietro la maggioranza delle persone. Più di due decenni fa, Edward Abbey ha scritto, in “Una vita alla volta, per favore”, che “si può vedere che la religione della crescita senza fine -
come ogni religione basata sulla fede cieca piuttosto che sulla ragione - è una sorta di mania, una forma di follia, anzi una malattia “, aggiungendo che “la crescita fine a se stessa è l’ideologia delle cellule cancerose “. Egli ha anche espresso la sua preoccupazione riguardante l’economia moderna con queste parole: “L’economia, a prescindere da quanto pretende di essere econometrica, assomiglia più alla meteorologia che alla matematica. Una scienza inconsistente quanto le nuvole, che non significa niente”. Allo stesso modo, Nassim Taleb ha scritto, in Il Cigno Nero:, che “L’economia è la più insulare delle materie, è quella più autoreferenziale”. Gus Speth sostiene nel suo “In The Bridge at the End of the World: Capitalism, the Environment, and Crossing from Crisis to Sustainability” che: “Alla fine, ciò che deve essere modificato è l’impegno costante per la crescita economica - la crescita che sta consumando capitale ambientale e sociale, che iniziano a scarseggiare”. Barbara Ehrenreich ha scritto, in “Questa terra è la loro terra!”: “Strana fissazione quella degli economisti sulla crescita come misura del benessere economico, essa li mette in un universo parallelo [...] il mantra della crescita ci ha ingannato per troppo tempo “. Sia a livello locale, negli Stati Uniti, o nel mondo, nessun problema che mi viene in mente sarà più facilmente risolto aggiungendo altri milioni di persone. La futura produzione di petrolio avverrà a costi crescenti. Come Bill McKibbin+ ha notato, in Deep Economy: “i combustibili fossili abbondanti e a buon mercato [in particolare il petrolio] hanno plasmato il sistema agricolo che ci siamo abituati a pensare come normale; è il motivo principale per cui si può andare al supermercato e acquisire tutto quello che vogliamo in qualsiasi momento e con poca spesa.” Un aumento del prezzo del petrolio andrà ad intaccare la produzione alimentare mondiale, soprattutto se si continuerà ad utilizzare prodotti alimentari per riempire i serbatoi delle auto. Gli scienziati devono incoraggiare una riflessione più profonda e realistica sulla crescita della popolazione in un pianeta finito e sui suoi effetti su molti dei grandi temi del nostro tempo. Ignoreremo le implicazioni della crescita della popolazione a nostro rischio e pericolo. Nel 1971 Wilbur Zelinsky, in un articolo intitolato “Oltre gli esponenziali” disse che “Il problema che scuote la nostra fiducia nella perpetuazione e dell’arricchimento della civile esistenza umana o addirittura della nostra sopravvivenza biologica è quello della crescita: del tasso, del volume e del tipo di crescita, e se essi possono essere controllati in modo intelligente e ben finalizzato”. La continua la crescita della popolazione è insostenibile, così come la continua crescita della produzione di petrolio e di altri combustibili fossili. Come Lester Brown ha sostenuto, in Plan B: “Se non riusciamo a stabilizzare la popolazione e se non riusciamo a stabilizzare il clima, non c’è ecosistema sulla terra che si possa salvare.” Come ha scritto Alan Weisman, in Il mondo senza di noi, “La soluzione intelligente [al problema della crescita della popolazione] richiederebbe il coraggio e la saggezza di mettere la nostra conoscenza alla prova. E di porre ad ogni femmina umana fertile sulla Terra il limite di partorire un solo figlio. “ Una tale politica scelta adesso, potrebbe ridurre la popolazione della Terra a circa 1,6 miliardi entro il 2100, circa la stessa popolazione mondiale nel 1900. Se avessimo mantenuto la popolazione della Terra a quel livello non staremmo facendo queste considerazioni.
(Trad. Alberto Licheri)
*Gary Peters è un professore di geografia esperto in demografia, che cura da anni l’interesse per le questioni legate alla popolazione. Questo articolo è uscito in inglese su The Oil Drum

2 commenti:

  1. il guaio è stato fare in passato 8 figli per famiglia in media. quel che proprio non va per la via è la mentalità dello spingere a procreare al punto da farvi decidere tutti quelli che se lasciati in pace non l'avrebbero fatto. espressioni come -l'orologio biologico ha le ore contate, quando sarai vecchio/vecchia ti pentirai amaramente di non avere nipoti, alla tua età c'è chi è mamma e nonna, vedrete che poi le cose si mettono a posto bisogna essere ottimisti (questi qui poi credono addiritttura di poter vedere il futuro, che genialata!), poi da vecchio se sei solo che fai- tali espressioni dovrebbero smettere di esistere. sarebbe già un passo avanti

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  2. il guaio è anche oggi spingere alla procreazione indiscriminata e dire che è egoista chi non vuole figli. ma mi sentirei egoista a mettere un bambino in un ambiente come quello che oggi ci ritroviamo

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